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Autore: Hiram

MEDITAZIONE E ANSIA di Corrado Pensa

UN’ANSIA PARTICOLARE
Nel volume di Mark Epstein Pensieri senza pensatore leggiamo:

Gli psicologi Daniel Brown e Jack Engler hanno fatto uno studio su un gruppo di praticanti esperti e hanno scoperto che chi medita è ansioso esattamente quanto chiunque altro. Tra i soggetti da loro osservati non hanno riscontrato un allentamento del conflitto interno, ma soltanto un atteggiamento ‘marcatamente privo di difese nel vivere tali conflitti’ 1.

Vorrei fare qualche annotazione riguardo al rapporto tra meditazione ed ansia prendendo le mosse dal brano appena citato.
A parte il carattere molto relativo, per definizione, di esperimenti del genere (quanto ci autorizza un gruppo di meditanti a trarre conclusioni generali sulla meditazione?), mi sembra, tuttavia, che anche questo gruppo di meditanti esperti ed ansiosi ha mostrato una caratteristica interessante e poco frequente e cioè il fatto che l’ansia fosse accompagnata da una certa accettazione, da una non-contrazione. Tale caratteristica non ricorre tra le caratteristiche tipiche degli stati ansiosi, dato che essa, in qualche modo, si pone agli antipodi dell’ansia. Non vedo, infatti, quanto nutrimento e quanto incoraggiamento possano venire a un’ansia che è tenuta in mano con un atteggiamento così abbandonato, così ‘marcatamente privo di difese’. Ciò significa che la perentoria affermazione che ‘chi medita è ansioso esattamente quanto chiunque altro’ è parecchio ridimensionata dall’osservazione successiva, niente affatto marginale, sulla non-difensività. Però, facilmente, l’unica cosa che resterà in mente a un buon numero di lettori è solo la conclusione perentoria, a tutto discapito della verità.

Le tre afflizioni e l’ansia
Comunque, esperimenti a parte, a me pare che sia legittimo chiedersi questo: un cammino interiore che si ripromette di trascendere o quanto meno di attenuare l’attaccamento, l’avversione e l’ignoranza può lasciare intatta l’ansia? Sarebbe una contraddizione in termini. Se l’ansia è intatta, ciò può voler dire soltanto che ugualmente immutate sono le tre ‘afflizioni’ summenzionate. Infatti dire le tre afflizioni significa dire l’io-mio e la sua forza. E io-mio vuol dire, tra l’altro, tutta l’insicurezza e la paura (ossia l’ansia) generata dalla continua identificazione con reazioni, emozioni, aspettative, etc.
Come è noto, la meditazione di consapevolezza si occupa primariamente di questa ‘coazione all’identificazione’. Allora, come è immaginabile praticare la consapevolezza meditativa seriamente e per lunghi anni, raccogliere buon frutto su vari fronti eccetto che sul fronte dell’ansia? Naturalmente se la motivazione alla pratica è labile o male orientata, se la pratica stessa è un fatto occasionale e saltuario e per giunta priva di supervisione da parte di insegnanti esperti, nessuno si stupirà (nemmeno lo stesso meditante) se non si vedono frutti di alcun genere. E può ben darsi che la ragione principale di questa stasi e di questa confusione sia proprio un insieme di conflitti ansiosi nel quale il meditante è invischiato. A questo punto, come Epstein variamente suggerisce, una buona psicoterapia potrà essere provvidenziale nello sbloccare tali conflitti e nel mettere in grado la persona di intraprendere un rinnovato cammino meditativo.

IL FONDAMENTO DELLA STABILITÀ MENTALE
Fatte queste precisazioni e ricordando ancora una volta, per scrupolo, che la meditazione è controindicata nei casi di ansia grave (laddove la psicoterapia è sovente lo strumento più indicato), mi pare che convenga ora interrogarci su quale debba essere il giusto atteggiamento del meditante quanto a forme di ansia ‘ordinarie’.
Intanto è opportuno tenere presente che la meditazione, al pari della psicoterapia, non è un ansiolitico. Al contrario entrambe in certe fasi, allorché emerge materiale rimosso, tendono a generare ansia. Perciò se imbocchiamo la via del Dharma dobbiamo mettere in conto il fatto che incontreremo ansie nuove oltre a quelle antiche. Quale che sia il livello di ansia nel meditante, mi sembra assolutamente cruciale sottolineare per prima cosa questo: tentare un’esplorazione diretta dell’ansia sin dal principio di un tragitto meditativo avrà come risultato più probabile solo un aumento dell’ansia, con l’inevitabile confusione e scoraggiamento che ciò comporterà.
Invece prima di affrontare l’esplorazione diretta dell’ansia e, in generale, di stati emotivi, occorrerà anzitutto ‘farsi le ossa’ addestrando l’attenzione a sostare su oggetti non conturbanti, quali, ad esempio, le sensazioni del respiro o altre sensazioni fisiche semplici. Infatti, una disciplinata pratica meditativa di calma concentrata su oggetti semplici sviluppa, col tempo, una relativa stabilità mentale.
Quanto alla stabilità che sopravviene dopo vari anni di pratica per la maggior parte dei meditanti, essa, se da un lato è lungi da una condizione di ferma equanimità, dall’altro è anche ben distante da quello stato di doloroso caos mentale che per molti vigeva prima che intraprendessero il lavoro interiore. Perciò la stabilità di cui parliamo è una vera e propria forza nuova, anche se spesso il meditante non la percepisce come tale a causa dell’effetto combinato di preconcetti circa la meditazione (del tipo: pace mentale = assenza di pensieri e di emozioni) e di una tendenza all’autosvalutazione.
Ora questa forza nuova è, in effetto, il presupposto indispensabile per poter lavorare di consapevolezza con tutto quanto è turbamento mentale. Giacché, senza quella relativa stabilità di cui stiamo parlando, noi abbiamo solo due possibilità: o essere risucchiati nel turbamento oppure fuggire dal turbamento. L’idea di non essere né risucchiati né in fuga bensì, invece, fermi e in ascolto, risulterà affascinante ma abbastanza astratta e inapplicabile. Perché ci accorgeremo ben presto che la mente non vuole guardare il turbamento o, al massimo, lo guarda impazientemente chiedendogli in continuazione di andarsene: pretendendo, in tal modo, di superare il turbamento aggiungendo altro turbamento.

CALMA CONCENTRATA E FIDUCIA; PRATICA DI METTA E DEL RIFUGIO
Invece il primo passo consiste proprio nello sviluppo di quella ‘non-difensività’ di cui scrive Epstein, ovvero la capacità di guardare l’ansia senza aggiungere ansia. Ma questo presuppone un qualcosa che ci regga, un sostegno. Il sostegno, appunto, della stabilità mentale che proviene dal tirocinio nella calma concentrata. Da notare che il cuore di questa certa forza tranquilla che si sviluppa – come si diceva – senza che nemmeno ce ne accorgiamo, ha a che fare con la fiducia. Una fiducia generica e implicita, più che una esplicita fiducia in questo o quello: la mente che negli anni ha appreso a raccogliersi ha visto che non è condannata al caos e all’angoscia e ciò in qualche misura la rassicura e la rasserena.
È opportuno specificare che qui, nel menzionare la naturale necessità di un addestramento alla calma concentrata, non ci riferiamo alla coltivazione della concentrazione come fattore isolato. Infatti la concentrazione, separata da tutte le altre virtù e qualità liberanti, non sembra avere alcuna connessione significativa con la saggezza. Basti pensare al caso ben possibile di individui dotati di una certa innata facilità alla concentrazione senza che ciò si accompagni a sostanziosi indizi di sviluppo interiore. Ci riferiamo, piuttosto, a un tirocinio sistematico di calma concentrata nel contesto di una pratica di consapevolezza.
Ciò significa che il meditante, prima di affrontare l’esplorazione diretta e ravvicinata dell’ansia, avrà già lungamente lavorato con varie forme ‘minori’ ma insidiose di ansia. Vale a dire tutta quell’ansia generata dal rapporto del meditante con la pratica meditativa. E dunque i sensi di colpa per non essersi seduto in meditazione regolarmente, gli scoraggiamenti davanti alla elusività del respiro, il confronto con altri meditanti, etc. In un contesto di meditazione vipassana il praticante è incoraggiato a guardare-contemplare tutti questi moti ansiosi sin dall’inzio, laddove in un training puramente concentrativo gli verrebbe detto di ignorarli. Inoltre, sempre nell’ambito della meditazione di consapevolezza, la guida degli insegnanti e lo studio del Dharma favoriscono la comprensione di tali dinamismi e contribuiscono in tal modo a piantare importanti semi di disidentificazione dall’ansia.
Infine una seria pratica di metta e il ricorso a una regolare presa di rifugio (ovviamente intesa in maniera non puramente formale) aiutano non poco a relativizzare l’ansia da una parte e ad alimentare la fiducia dall’altro. Poiché l’evocazione del bene di tutti gli esseri viventi (metta), insieme con lo spirito di servizio che ciò gradualmente suscita, distoglie dalla fissazione egoica e dall’inevitabile ansia che essa genera. E così pure il regolare prendere rifugio nel Dharma e dunque nella pratica di liberazione e nella liberazione stessa favorisce l’emergere di un orizzonte transegoico.

OSSERVARE SENZA AVVERSIONE, OSSERVARE CON INTERESSE
Riepilogando: il presupposto per una fruttuosa contemplazione esplorativa dell’ansia (così come di qualsiasi disagio interiore) è quella relativa stabilità mentale non priva di fiducia che risulta da un tirocinio prolungato di calma concentrata in un contesto di meditazione di consapevolezza. Diamo inoltre per scontato che in tale contesto siano naturalmente presenti la pratica di metta e dei rifugi, la supervisione degli insegnanti, lo studio/ascolto del Dharma e un certo spirito di servizio.
Abbiamo visto come tale presupposto renda possibile il primo passo dell’esplorazione (che per certi versi è il passo fondamentale), ossia la possibilità di osservare senza avversione l’ansia. Da notare che allorché questa possibilità comincia a manifestarsi in modo non episodico ciò già comporta una diminuzione dell’ansia. Ancor di più se da una osservazione senza avversione approdiamo a una osservazione animata da interesse. In proposito, non è forse superfluo annotare che il fatto di essere già in grado di lavorare in questo modo non implica che non sia talora necessario – se l’ansia è forte o se noi siamo stanchi – abbandonare il lavoro della osservazione diretta e arroccarsi, piuttosto, su una pratica semplice di pacificazione mentale, ivi inclusa la meditazione camminata.

LAVORARE CON L’ANSIA
Ma vediamo ora più da presso la pratica rivolta in modo diretto all’ansia. Anzitutto un consiglio pratico: il più possibile non lasciarsi sfuggire i molteplici episodi quotidiani di ansia, anche minima. Poiché questi episodi di ‘piccola ansia’ sono un eccellente terreno di pratica, soprattutto quando cominciamo a sviluppare un vero e proprio talento nel coglierli e metterli nella luce della consapevolezza. Il percepire sempre più chiaramente che ad ogni intervento di pratica sull’ansia corrisponde un seme di equanimità è un forte e naturale incentivo a perseguire questa modalità di lavoro interiore. Anche perché ci rendiamo conto che senza un buon allenamento a lavorare con i piccoli turbamenti non è possibile lavorare con quelli grandi. Per compiere questo lavoro riguardo alle piccole ansie quotidiane è necessario imparare a riconoscerle come tali, il che è meno elementare di quanto sembri. Infatti le ‘ansiette’ possono essere diventate così abituali da essersi mimetizzate da normalità.
Un altro consiglio pratico, che è anche un invito a scendere a un livello più profondo di consapevolezza: nel riconoscere piccoli stati ansiosi, impariamo a percepire il potere del riconoscimento, quanto a dire il potere della consapevolezza. Vedremo così che già nel momento del riconoscimento, netto e chiaro, per il solo fatto del riconoscimento comincia a instaurarsi un cambiamento di relazione con l’ansia.
Nel lungo termine l’effetto di questa pratica di osservazione via via più pronta, sollecita e interessata degli stati ansiosi sarà quello di ritrovarci meno identificati con detti stati. E una minore identificazione porta con sé un miglioramento della nostra vista interiore. Cominciamo a vedere, per esempio, quanto è stretto e familiare il rapporto con la nostra ansia, piccola o grande che sia. Un po’ come se si trattasse di un parente insopportabile dal quale, tuttavia, non intediamo congedarci per alcun motivo. Perché sarà insopportabile ma, appunto, è troppo familiare, è troppo un pezzo di noi per rinunciarci. Che ne sarà di noi – è come se dicessimo – senza il consueto pullulare di immagini-pensieri ansiosi in reazione a questo e quello?
Senza pensare al poderoso e, insieme, abituale e quotidiano rinforzo che all’ansia individuale giunge dalla società in cui viviamo: i mezzi di comunicazione, i ritmi di lavoro, il traffico etc. Sicché, oltre a essere una dimensione così intima, l’ansia è anche una dimensione condivisa dalla maggioranza delle persone. Il che le aggiunge, si potrebbe dire, il tocco finale di ‘naturalezza’. Sarà dunque naturale credere con tutto il cuore all’ansia, mentre ci parrà illusorio e astratto anche il solo ipotizzare dentro di noi una zona franca di pace vera.
Questa prima disidentificazione dall’ansia e la relativa maggior comprensione dell’ansia che ne consegue alimenta un moto non occasionale di samvega, ossia una riluttanza salutare, un rifiuto silenzioso a vivere sotto il segno dell’ansia mescolato con un acuìto desiderio di praticare. Ciò porta, in progresso di tempo, a un ulteriore raffinamento della comprensione. In termini classici buddhisti, le tre caratteristiche universali (impermanenza, dolorosità, impersonalità) cominciano a profilarsi con evidenza crescente anche riguardo all’ansia. Anzitutto la specifica dolorosità dell’ansia. Diversamente da ciò che facilmente tendiamo a credere e cioè che l’ansia sia la risposta inevitabile a situazioni di dolore attuale o potenziale, vediamo che l’ansia è già dolore, dolore sicuro davanti a sofferenze talora solo ipotetiche, dolore mentale accuratamente fabbricato. E così pure, insieme alla dolorosità, prende a manifestarsi il carattere costantemente cangiante (anicca) e fondamentalmente condizionato (anatta) dell’ansia.
Il toccare con mano che questi tre aspetti connotano anche l’ansia ci mette in una posizione di accresciuta libertà nei confronti dell’ansia stessa. E ciò – va da sé – rende più forte la nostra presa di rifugio nella pratica per la liberazione. Liberazione che, significativamente, è stata definita “il totale e completo rilassamento di tutte le tensioni: fisiche, emotive e mentali” 2.

1. M. Epstein, Pensieri senza un pensatore, Roma, Ubaldini 1996, p. 122.

2. Nella sua opera A. Desjardins cita di frequente questa definizione della liberazione che il suo maestro Swami Prajñanpad amava proporre. Cfr. p. es. Alla ricerca del Sé, Roma, Mediterranee 1992, p. 137.


CORRADO PENSA
Uno dei più apprezzati maestri di meditazione attualmente in attività. E’ insegnante guida dell’Associazione per la Meditazione di Consapevolezza (A.Me.Co.) di Roma e conduce ritiri in Europa e negli Stati Uniti, dove è insegnante senior dell’Insight Meditation Society (Barre, Usa), uno dei più importanti centri al mondo per la pratica meditativa di scuola buddhista. Già docente ordinario di Religioni e Filosofie dell’India all’università La Sapienza di Roma, è stato anche psicoterapeuta junghiano.

OSHO Chakra Sounds Meditation™

Questa meditazione usa suoni vocali per aprire e armonizzare i chakra o centri energetici, portandovi allo stesso tempo consapevolezza. Può condurti in un profondo, quieto, silenzio interiore, attraverso i tuoi suoni vocali, o semplicemente ascoltando la musica e sentendo i suoni dentro di te.
La meditazione può essere fatta in qualsiasi momento della giornata.
Tutti i chakra sono situati nel profondo, piuttosto che sulla superficie del corpo. La seguente “mappa” viene utilizzata per indicare le loro posizioni approssimative:
   1. chakra di base: il centro sessuale, bacino inferiore
   2. chakra sacrale: appena sotto l’ombelico
   3. chakra del plesso solare: sopra l’ombelico, sotto lo sterno
   4. chakra del cuore: il centro del torace
   5.chakra della gola: la gola
   6. chakra del terzo occhio: tra le sopracciglia
   7. chakra della corona: parte superiore della testa
Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Chakra Sounds Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.
Istruzioni:
La meditazione dura un’ora e ha due fasi. La meditazione termina quando senti tre colpi di gong. I tuoi occhi rimangono chiusi per tutto il tempo.
Primo stadio: 45 minuti
Puoi stare in piedi, comodamente seduto o, anche sdraiato, mantieni la schiena dritta e il corpo sciolto. Respira nella pancia piuttosto che nel petto. I suoni vanno fatti con la bocca aperta e la mascella rilassata, mantenendo la bocca aperta tutto il tempo.
Chiudi gli occhi e ascolta la musica; inizia con il primo chakra e, se lo desideri, inizia a emettere dei suoni – in un singolo tono o variando il tono. Mentre ascolti il ​​suono della musica o i suoni che stai producendo, senti i suoni che pulsano proprio nel centro del chakra. Se necessario all’inizio puoi usare la tua immaginazione, e poi sentire le vibrazioni interne di quel chakra.
Sentirai che la musica si muove verso una tonalità più alta – ora ascolta e senti i suoni nel secondo chakra e continua a emettere suoni se lo desideri. Questo processo continua fino al settimo chakra. Con ogni chakra successivo, lascia che i suoni diventino più acuti.
Dopo aver raggiunto il settimo chakra, i suoni scenderanno progressivamente attraverso tutti i chakra, uno alla volta. Sentendo il tono discendere, ascolta ed emetti i suoni in ciascun chakra. Senti che il tuo corpo diventa vuoto come un flauto di bambù, e lascia che i suoni risuonino dall’alto verso il basso.
Alla fine della sequenza, e prima che inizi la successiva sentirai una pausa. L’intera sequenza verso l’alto e verso il basso viene ripetuto tre volte.
Secondo stadio: 15 minuti
Siedi o sdraiati in silenzio. Osserva tutto ciò che accade dentro – rilassato, senza alcun giudizio, rimanendo un testimone.
N.B.
Istruzioni più dettagliate per questa meditazione sono date in Meditation: The First and Last Freedom, di Osho.

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

OSHO Chakra Breathing Meditation™

Questa meditazione attiva usa la respirazione profonda e rapida e il movimento del corpo per aprire e portare consapevolezza, vitalità e silenzio a ciascuno dei sette chakra e quindi nella tua vita.
La musica e le campane supportano energeticamente il processo e segnalano l’inizio di ogni fase. La meditazione viene eseguita a stomaco vuoto.

Tutti i chakra sono situati nel profondo, piuttosto che sulla superficie del corpo. La seguente “mappa” viene utilizzata per indicare le loro posizioni approssimative:
1. chakra di base: il centro sessuale, bacino inferiore
2. chakra sacrale: appena sotto l’ombelico
3. chakra del plesso solare: sopra l’ombelico, sotto lo sterno
4. chakra del cuore: il centro del torace
5. chakra della gola: la gola
6. chakra del terzo occhio: tra le sopracciglia
7. chakra della corona: parte superiore della testa

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Chakra Breathing Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura un’ora e ha due fasi. La meditazione termina quando senti tre colpi di gong. I tuoi occhi rimangono chiusi durante la meditazione.

Primo stadio: 45 minuti
Stai con i piedi un po’ divaricati, il corpo sciolto e rilassato. Con la bocca aperta respira profondamente e rapidamente nel primo chakra, con la stessa enfasi sull’inspirazione e sull’espirazione. Mantieni la tua attenzione nell’area pelvica, dove si trova il primo chakra. Respira con un ritmo  gradevole per te e prendi consapevolezza delle emozioni e delle sensazioni del chakra.
Ogni volta che senti una campanella, sposta lo stesso respiro profondo e rapido al chakra successivo, lasciando che il respiro diventi più rapido e più sottile. Prendeti circa il doppio dei respiri nel settimo chakra rispetto al primo.
Puoi muoverti, scuoterti, ruotare o muovere il corpo e le mani come ti senti, ma i tuoi piedi rimangono sullo stesso posto. Dopo aver messo in movimento la respirazione e il corpo, il movimento diventerà continuo e senza sforzo. La tua consapevolezza rimane principalmente con le sensazioni dei chakra.
Dopo aver respirato nel settimo chakra, sentirai tre campanelle. Ora lascia che il respiro e la consapevolezza si trasformino e scendano giù attraverso ogni chakra, il respiro che rallenta da chakra a chakra. Hai circa due minuti per tornare al primo chakra. Lascia che l’intero spettro dei chakra, dall’alto verso il basso, si mescoli in un arcobaleno di energia.

Dopo questa sequenza, rimani in silenzio per un momento, quindi avvia la sequenza successiva. Completerai tre sequenze complete verso l’alto e verso il basso.

Secondo stadio: 15 minuti
Dopo la terza sequenza di respirazione, siediti rilassato e in silenzio. Resta testimone di ciò che sta accadendo all’interno, senza giudizio.

Nota
Istruzioni più dettagliate per questa meditazione sono date in Meditation: The First and Last Freedom, di Osho.

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

OSHO Prayer Meditation™

In questa meditazione puoi sperimentare la preghiera come un fenomeno energetico, non una devozione a Dio ma una fusione, un’apertura. Questa fusione con l’energia è preghiera. Ti cambia. Una nuova élan, una nuova vita inizierà a penetrarti.
È meglio fare la meditazione di notte, in una stanza buia, e andare a dormire subito dopo; oppure può essere fatta al mattino, ma deve essere seguita da quindici minuti di riposo. Questo riposo è necessario, altrimenti ti sentirai ubriaco, stordito.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Prayer Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
Uno stadio con cicli di due parti: circa 20 minuti
Inginocchiati, sollevato sulle ginocchia con gli occhi chiusi. Alza entrambe le braccia verso il cielo, i palmi delle mani in alto, con la testa verso il cielo, sentendo solo l’esistenza che scorre in te. Mentre l’energia o il prana scorre lungo le tue braccia sentirai un lieve tremore. Sii come una foglia in una brezza, trema – abbandonati, favorisci questa sensazione. Quindi lascia che tutto il tuo corpo vibri di energia e lasciati trasportare da qualsiasi cosa accada.
Dopo 2-3 minuti o ogni volta che ti senti completamente riempito, chinati a terra, appoggiando la fronte a terra. Diventa semplicemente un veicolo per consentire all’energia divina di unirsi a quella della terra.
Sentiti di nuovo fluire con la terra. Terra e cielo, sopra e sotto, yin e yang, maschio e femmina – fluisci, fonditi, abbandonati completamente. Tu non sei più. Diventi un’unità, ti sciogli.

Queste due fasi dovrebbero essere ripetute altre sei volte in modo che ciascuno dei chakra o centri energetici possa sbloccarsi. Si possono ripetere più di sette volte, ma se ne fai di meno ti sentirai irrequieto e incapace di dormire.

 

Osho spiega questa meditazione:
Al mattino ti sentirai più fresco di quanto non ti sia mai sentito in passato, più vivo che mai! Ti sentirai pervaso da uno slancio e da una vitalità nuovi, e per tutto il giorno avvertirai la presenza di un’energia diversa, una nuova vibrazione. Un nuovo canto colmerà il tuo cuore, i tuoi passi avranno una nuova danza.

Questa fusione con l’energia è preghiera. Ti cambia. E quando cambi, l’intera esistenza cambia perché con il tuo atteggiamento, l’intera esistenza cambia per te. Non che l’esistenza stia cambiando – l’esistenza rimane la stessa – ma ora stai fluendo con essa, non c’è antagonismo. Non c’è lotta, nessuna lotta; ti sei arreso ad essa.”

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

OSHO Whirling Meditation®

Il whirling è un’antica tecnica sufi. Mentre tutto il tuo corpo sta girando su se stesso diventi consapevole del tuo essere, l’osservatore che è nel centro e che non si muove. Impari ad essere un osservatore disidentificato al centro del ciclone.
Il Whirling viene praticato al meglio a stomaco vuoto e indossando abiti comodi.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Whirling Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura un’ora e ha due fasi, il whirling e il rilassamento. La meditazione termina quando senti tre colpi di gong.

Primo stadio: 45 minuti
Il Whirling viene fatto girando su se stessi sul posto in senso anti-orario, con il braccio destro in alto, il palmo rivolto verso l’alto ed il braccio sinistro in basso, il palmo rivolto verso il basso. Continua a girare su te stesso proprio come fa un bambino. Le persone che si sentono a disagio a girare in senso anti-orario, possono cambiare e girare in senso orario, cambiando anche la posizione delle braccia. Lascia che il corpo sia rilassato e tieni gli occhi aperti ma non focalizzati, in modo che le immagini si confondano e possano fluire. Resta in silenzio. Per i primi 15 minuti gira lentamente. Poi aumenta gradualmente la velocità fino a che il girare prenda il sopravvento facendoti diventare un vortice d’energia – la periferia è una tempesta in movimento, al centro il testimone silenzioso e immobile.
Quando girerai così velocemente da non poter restare in piedi, il corpo cadrà da solo. Fai in modo da non essere tu a prendere la decisione e non cercare di “organizzare” la caduta in anticipo; se il tuo corpo è rilassato cadrai dolcemente e la terra assorbirà la tua energia. Una volta che sei caduto per terra, rimani là, questo è il momento in cui inizia la seconda parte della meditazione.

Secondo stadio: 15 minuti
Se non sei ancora caduto quando la musica finisce, permetti al corpo di cadere per terra. Girati immediatamente sullo stomaco, in modo che l’ombelico sia a contatto con la terra, ascolta il tuo corpo fondersi con la terra, come un bambino piccolo nel grembo materno. Se ti senti a disagio in questa posizione puoi sdraiarti sulla schiena.

 

N.B.
Alcune persone possono provare nausea durante il whirling, ma questa sensazione dovrebbe scomparire entro due o tre giorni. Interrompere la meditazione solo se questa sensazione persiste.

 

Suggerimenti di Osho per il primo stadio di questa meditazione:
“Questo whirling, sufi whirling, è una delle tecniche più antiche, una delle più potenti. È così profondo che anche una singola esperienza può renderti totalmente diverso. Devi roteare con gli occhi aperti, proprio come i bambini piccoli continuano a girare su se stessi, come se il tuo essere interiore sia diventato un centro e tutto il tuo corpo sia diventato una ruota che si muove, un tornio da vasaio in movimento. Sei al centro, ma l’intero corpo si sta muovendo.
Diventa un mulinello, un mulinello di energia, completamente perso in esso: non cercare di essere un testimone, non sforzarti di osservare. Non provare a vedere; sii il vortice, diventa il whirling.
All’inizio potresti non essere in grado di resistere così a lungo, ma ricorda una cosa: non fermarti da solo, non fermare il vortice. Se ritieni che sia impossibile, il corpo cadrà automaticamente, ma non ti fermare. Se cadi nel mezzo [del primo stadio] non c’è problema; il processo è completo. Ma non prendere in giro te stesso, non ingannarti. Non pensare che ora sei stanco, quindi è meglio smettere. No, non prendere una decisione da parte tua. Se sei stanco, come puoi andare avanti? Cadrai automaticamente. Quindi non ti fermare; lascia che il turbine stesso arrivi a un punto in cui cadi.”

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

OSHO Gourishankar Meditation™

Osho dice che se nel primo stadio la respirazione viene fatta correttamente, l’anidride carbonica che si forma nel sangue ti farà sentire così in alto come se fossi sulla cima del Gourishankar (Monte Everest). Questo “picco” va mantenuto anche negli stadi seguenti, sia nel guardare in modo sfocato, sia nel “Latihan” di movimenti delicati e spontanei, che nella presenza silenziosa dello star fermi.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Gourishankar Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura un’ora e ha quattro fasi. La meditazione termina quando sentri tre colpi di gong.

Primo stadio: 15 minuti
Siediti con gli occhi chiusi. Inspira profondamente attraverso il naso, riempi i polmoni. Trattieni il respiro il più a lungo possibile; quindi espira dolcemente attraverso la bocca, e mantieni i polmoni vuoti il più a lungo possibile. Continua questo ciclo di respirazioni per tutta la prima fase.

Secondo stadio: 15 minuti
Ritorna ad una respirazione normale e con sguardo dolce e sfocato, guarda una luce blu lampeggiante o la fiamma di una candela. Rimani immobile.

Terzo stadio: 15 minuti
Con gli occhi chiusi, alzati in piedi e lascia il tuo corpo morbido e ricettivo. Le energie sottili faranno si che il corpo si muova al di fuori del tuo normale controllo. Permetti al Latihan di accadere. Non fare il movimento: lascia che il movimento accada, dolcemente e con grazia.

Quarto stadio: 15 minuti
Sdraiati con gli occhi chiusi, in silenzio ed immobile.

Nota 1:
Coloro che hanno un disturbo neurologico come l’epilessia non dovrebbero mai usare una luce stroboscopica o lampeggiante per questa meditazione. Possono invece fare il secondo stadio con gli occhi bendati.

Nota 2:
La musica nel secondo stadio di questa meditazione ha una sequenza ritmica che è sette volte il normale battito cardiaco. Se possibile, il lampeggiante dovrebbe essere una luce strobo sincronizzata, con una frequenza di 490 al minuto. Se non è disponibile una luce stroboscopica, si può usare una candela.

 

Puoi scaricare la musica per questa meditazione  qui

OSHO Devavani Meditation™

In questa meditazione una lingua che non si conosce, in modo quieto e carezzevole si muove e parla attraverso il meditatore che diventa un vaso vuoto, un canale, un tramite.
Questa tecnica rilassa profondamente la mente e crea una pace interiore. Può essere praticata in qualsiasi momento del giorno; se fatta come ultima attività della sera, genera anche un sonno profondo.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Devavani Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura un’ora ed è composta da quattro stadi. La meditazione termina con tre colpi di gong.
Tieni gli occhi chiusi per tutto il tempo.

Primo stadio: 15 minuti
Siedi tranquillo e ascolta la musica.

Secondo stadio: 15 minuti
Inizia a emettere suoni senza senso, ad esempio: “La la la…” e continua fino a quando cominceranno ad affiorare suoni simili a parole sconosciute. Questi suoni devono giungere dalla parte del cervello con cui non hai familiarità, usata da bambini prima di apprendere il linguaggio. Fa’ in modo di avere un’intonazione dolce, come se stessi conversando; senza piangere o gridare, ridere o urlare.

Terzo stadio: 15 minuti
Alzati in piedi e continua questo tipo di linguaggio sconosciuto, permettendo al tuo corpo di muoversi dolcemente in armonia con i suoni. Se il tuo corpo è rilassato, le energie sottili creeranno un Latihan – un movimento spontaneo e non strutturato, fuori dal tuo controllo.

Quarto stadio: 15 minuti
Sdraiati, rimani in silenzio e immobile.

 

Una commento di Osho su questa meditazione:
Quando l’inconscio parla, l’inconscio non conosce una lingua. È un metodo molto antico: “parlare in lingue”. È un metodo meraviglioso, uno dei più profondi per penetrare nell’inconscio.”

 

Puoi scaricare la musica per questa meditazione  qui

OSHO Nataraj Meditation ®

Nataraj è l’energia della danza. Si tratta della danza come una meditazione, in cui tutte le divisioni interiori scompaiono e rimane una consapevolezza sottile e rilassata.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Nataraj Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vai a fondo pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura 65 minuti ed è divisa in tre fasi.

Primo stadio: 40 minuti
Con gli occhi chiusi, danza come se fossi posseduto. Lascia che il tuo inconscio prenda il sopravvento completamente. Non controllare i tuoi movimenti e non essere un testimone che osserva ciò che sta accadendo. Sii soltanto totale nella danza.

Secondo stadio: 20 minuti
Tenendo gli occhi chiusi, sdraiati immediatamente. Rimani in silenzio e immobile.

Terzo stadio: 5 minuti
Celebra danzando, divertiti e gioisci

 

Alcuni suggerimenti di Osho per questa meditazione
“Dimentica colui che danza, il centro dell’ego, diventa la danza. Quella è la meditazione. Danza così intensamente da dimenticare completamente che “tu” stai danzando e comincia a sentire che sei la danza. Ogni divisione deve scomparire, allora diventa meditazione. Se esiste ancora una divisione, si tratta solo di un esercizio: buono, salutare, ma non si può dire che sia spirituale. È una semplice danza. La danza di per sé è una cosa salutare: nei suoi limiti, è ottima. Alla fine ti sentirai fresco e ringiovanito; ma non è ancora meditazione. Colui che danza deve arrivare a scomparire, finché rimane solo la danza.
Non restare in disparte, non essere un osservatore – partecipa!
E sii giocoso. Ricordati sempre questa parola: “Gioco”. Per me è fondamentale.”

“La danza è una delle meditazioni più profonde possibili, per la semplice ragione che quando la danza raggiunge il suo culmine il danzatore scompare. C’è solo la danza, non c’è nessuno che danza.”

“Allora c’è una consapevolezza che non è della mente e non dell’ego. In effetti quella consapevolezza non può essere praticata; qualcos’altro deve essere fatto come preparazione e quella consapevolezza arriva a te. Devi solo diventare disponibile per questo.”

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

OSHO Mandala Meditation™

Ogni cerchio contiene un centro. Nei primi tre stadi di questa energica e potente tecnica di un’ora, lo scopo è centrarsi attraverso la creazione di un circolo d’energia. Poi, nel quarto stadio, il rilassamento.

Questa meditazione deve essere praticata usando la musica specifica per la OSHO Mandala Meditation, che scandisce e sostiene energicamente le diverse fasi.
Per la disponibilità della musica vedi in fondo alla pagina.

Istruzioni:
La meditazione dura un’ora e ha quattro fasi. La meditazione termina quando senti tre colpi di gong.

Primo stadio: 15 minuti
Con gli occhi aperti corri sul posto, portando le ginocchia più in alto possibile. Lascia che il respiro sia profondo e regolare. Continua senza fermarti.
Questo farà muovere l’energia all’interno.

Secondo stadio: 15 minuti
Siediti con gli occhi chiusi, la bocca aperta e rilassata. Lascia che il tuo corpo oscilli partendo dalla vita, come una canna al vento – da un lato all’altro, avanti e indietro, gira e rigira, così come accade.
Questo porterà tutta l’energia risvegliata al centro dell’ombelico.

Terzo stadio: 15 minuti
Sdraiati sulla schiena, mantenendo la testa immobile. Apri gli occhi e falli roteare in senso orario. Fai in modo che i movimenti delle orbite siano ampi come se tu stessi seguendo la seconda lancetta di un grande orologio. Inizia lentamente, poi aumenta gradualmente diventando sempre più veloce. Lascia la bocca aperta e la mascella rilassata, respira dolcemente e in modo regolare.
Questo porterà a centrare la tua energia sul “terzo occhio”.

Quarto stadio: 15 minuti
Chiudi gli occhi e rimani immobile.

 

N.B.
Nel primo stadio c’è un’alternativa per coloro che trovano eccessiva difficoltà nel “fare jogging”. Quell’alternativa è il “pedalare”. Sdraiati sulla schiena, con i fianchi sul pavimento e ruota le gambe come se stessi pedalando. Questo può servire come sostituto del jogging.

 

Puoi scaricare la musica per questa meditazione qui

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