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Autore: Hiram

L’uso del contatto diretto in psicoterapia organismica

Prenderemo in considerazione due modi di valutazione del contatto:
I) Il contatto come comunicazione non-verbale;
2) Il contatto come trasmissione di energia da una persona all’altra.
L’uso del contatto diretto in psicoterapia organismica
di Cesare Lena
L’uso del contatto diretto del corpo da parte del terapista è fonte di controversia tra diverse scuole di psicoterapia.
Ken Wilber, nel suo libro No Boundary, formula un’ipotesi interessante di come possano sussistere psicoterapie con diverse concezioni teoriche che raggiungono tutte risultati positivi. Egli parte dal concetto che l’uomo, unico fra gli esseri viventi ad avere una “coscienza di Sé”, per sviluppare tale coscienza, ha la necessità di creare dei confini, o separazioni, fra ciò che egli vive come “Sé” e ciò che egli vive come “diverso da Sé o estraneo”.
La linea di confine più accettata è la pelle, che differenzia quello che sta al suo interno e viene percepito come “Sé” da ciò che sta al suo esterno e viene vissuto come “mondo esterno”.
Oltre il confine delimitato dalla nostra pelle, esiste all’interno del “Sé” un altro confine che separa la mente dal corpo. La maggior parte di noi non ha un vero contatto col proprio corpo, ma con un’immagine di esso che ci siamo creati nella mente e chiamiamo “Io”.
All’interno dell’Io esiste un’ulteriore separazione tra parti consce, che accettiamo, e parti inconsce, che neghiamo o proiettiamo all’esterno.
L’ipotesi di Wilber è che vi sono essenzialmente tre gruppi di scuole di psicoterapia o teorie filosofiche il cui fine terapeutico è quello di eliminare o di attenuare questi tre confini. Si riferisce ad esempio alla Psicanalisi freudiana o ad altre terapie dell’Io che tentano di eliminare il confine fra conscio e inconscio affinché la persona riconosca come propri certi aspetti della personalità che prima rifiutava.
Tuttavia, queste terapie non si pongono il problema di eliminare il confine fra mente e corpo, che è invece lo scopo di altre forme di terapia, cosiddette umanistiche, come ad esempio quella Organismica, la Bioenergetica e la Gestaltica. Un terzo gruppo di terapie come quella Junghiana e lo Zen cercano invece di allargare i confini che dividono l’uomo dal mondo esterno.

Alla luce di questa ipotesi che mi appare suggestiva, è comprensibile come il giudizio sul valore del contatto da un punto di vista terapeutico sia diverso nelle varie scuole, in quanto diverso è il loro fine terapeutico.

Prenderemo in considerazione due modi di valutazione del contatto:
1) Il contatto come comunicazione non-verbale
L’uomo usa il contatto manuale o di altre parti del corpo per comunicare. Una carezza, una stretta di mano, una pacca sulla spalla hanno tutti un significato simbolico di comunicazione. Questa comunicazione può essere normale o altamente carica di emotività. Un abbraccio, un bacio possono creare tra due persone un circuito emotivo molto importante per il rapporto. Possiamo chiamare questo tipo di contatto comunicativo nel senso più vasto (comprende anche la comunicazione di stati emotivi).
2) Il contatto come trasmissione di energia da una persona all’altra

Questo aspetto del contatto è naturalmente parte del contatto emotivo, ma possiamo immaginare che un certo tipo di contatto sia abbastanza neutrale come messaggio e crei più che altro modificazioni energetiche. Il bambino piccolo tenuto in braccio dalla madre viene nutrito attraverso la pelle ed è ampiamente dimostrata l’importanza di questo nutrimento per il benessere e l’esistenza stessa del bambino.

Il contatto come mezzo di comunicazione non verbale è stato quello più studiato e usato nelle varie psicoterapie. In un recente simposio su “Toccare o non toccare”, alcuni terapisti di Scuola freudiana ammettevano l’uso del contatto solo se considerato fattore essenziale di maturazione nel rapporto terapeutico.
Questi autori parlavano del contatto come mezzo di comunicazione e ponevano in rilievo dei potenziali pericoli.
1) Lo stesso contatto può assumere significati diversi e divergenti con persone diverse.
2) Il messaggio che si cerca di comunicare attraverso il contatto può essere modificato dall’atteggiamento del ricevente (per esempio una carezza può essere interpretata come un attacco).
3) La ripetizione cambia il significato di un contatto.

4) Il contatto, con la sua capacità di risvegliare i più profondi desideri infantili, ha il potere di creare una forte regressione.

Esiste inoltre la possibilità che il bisogno di contatto dipenda da problemi orali irrisolti del terapeuta che, essendo frustrato dalla lentezza della terapia e dalla mancanza di risultati, attraverso il contatto col paziente riesce a risvegliare emozioni che lo gratificano.
Un’altra obiezione all’uso del contato diretto è che se il contatto crea una situazione di piacere nel paziente è probabile che ciò determini un arresto al processo terapeutico, in quanto il paziente tende a fissarsi allo stadio di sviluppo che crea piacere, invece di affrontare le frustrazioni e le ansie indotte da un lavoro terapeutico di crescita.

Queste considerazioni sono senz’altro valide se teniamo presente che lo scopo delle terapie analitiche è di diminuire la separazione fra conscio e inconscio e non la separazione fra mente e corpo.

Il contatto nell’ottica della Psicoterapia organistica
E’ necessario premettere alcuni concetti chiave che stanno alla base del meccanismo di cambiamento determinato dal contatto diretto.
Kurt Goldstein, nel suo libro The organism (L’organismo), postula che qualsiasi essere vivente funzioni come una totalità, nel senso che qualsiasi modificazione in una parte dell’organismo determina inevitabilmente una reazione nel resto dell’organismo. Per capire come ciò avvenga, bisogna riferirsi al concetto di figura-sfondo, sviluppato dalla psicologia della Gestalt. In ogni essere vivente uno stimolo, sia esterno che interno, per essere percepito deve differenziarsi o emergere come “figura” rispetto a un’altra parte che funziona invece come “sfondo”.
In un organismo sano, ogni stimolo che emerga nella consapevolezza ha come sfondo l’intero organismo. Lo stimolo crea sempre una modificazione dello sfondo, perché l’energia che determina in un certo punto un’eccitazione si diffonde al resto dell’organismo. L’importanza di ciò risiede nel fatto che qualsiasi stimolo può creare reazioni o percezioni diverse, secondo la situazione dello sfondo, cioè dell’intero organismo. Quindi, il rapporto fra figura e sfondo è un rapporto dialettico, mutevole, che si influenza reciprocamente. Lo sfondo modifica la figura e la figura modifica lo sfondo. Seguendo questo concetto, Goldstein vede la mente, l’insieme delle emozioni e il corpo come tre aspetti del comportamento dell’intero organismo, che possono emergere di volta in volta come figura o recedere per creare lo sfondo. In questo modo si supera il concetto dualistico di mente e corpo o di emozioni e corpo. Esiste un organismo unitario che si manifesta in tre modi diversi. In un organismo senza blocchi, la mente, l’anima (cioè la componente emotiva) e il corpo acquistano una posizione predominante, diventando figura, in funzione dei bisogni dell’organismo in quella data situazione. Quando vi è invece un isolamento, dovuto a lesioni organiche o a blocchi funzionali (che Reich chiama corazza caratteriale) di una parte del sistema nervoso o più in generale dell’organismo, cosicché non esiste più una libera circolazione di energia, allora non avviene più una spontanea alternanza nell’emergere come figura di questi tre modi di essere dell’organismo. La psicoterapia organismica (assieme alle altre forme di psicoterapia del corpo) vede quindi la disfunzione psichica come segnale di un cattivo funzionamento dell’organismo in toto e cerca di intervenire sui tre aspetti comportamentali prima descritti per rendere l’organismo capace di soddisfare i propri bisogni cioè di auto-attualizzarsi.
L’uso del contatto diretto del corpo è una delle tecniche che usiamo per arrivare a questo scopo. Malcolm Brown, il fondatore della Psicoterapia organismica, nella descrizione di questo tipo di terapia afferma: “La pratica della psicoterapia organismica si basa essenzialmente sulla efficacia terapeutica del contatto fisico diretto“.
Stimolare l’energia o produrre una reazione
Cercherò di spiegare come l’aspetto energetico del contatto prende il sopravvento sull’aspetto di comunicazione.
Fondamentalmente, il contatto diretto corporeo usato dalla psicoterapia organismica può rientrare in due categorie: il contatto nutritivo e il contatto catalitico.
Il contatto nutritivo viene dato ponendo la mano o un’altra parte del corpo a contatto della pelle del paziente, senza movimento e con un minimo di pressione.
Questo contatto può essere mantenuto per lungo tempo. Lo scopo è di stimolare il flusso energetico profondo, o “endodermico”. Quando il flusso di energia profonda ha raggiunto una certa intensità, cercherà di espandersi verso la periferia del corpo, incontrando la barriera della corazza muscolare, che reagirà a questo flusso di energia in vari modi.
Il contatto catalitico, invece, consiste in una pressione sui muscoli con lo scopo di creare una reazione direttamente sulla corazza muscolare.
Per comprendere le reazioni dell’organismo all’uso del contatto diretto, non è possibile usare il linguaggio della psicologia classica, ma bisogna conoscere quello organismico, in particolare è necessario sapere ciò che succede in un organismo in cui vi è un isolamento delle parti che lo compongono, sia per cause organiche che funzionali. Alle teorie di Goldstein, aggiungiamo due importanti fenomeni che si verificano quando una parte del sistema nervoso è isolata dal resto del corpo:
1) varia l’effetto di uno stimolo sulla formazione di una figura rispetto allo sfondo;
2) quando vi è un danno cerebrale o quando vi è un isolamento particolarmente marcato, anche di tipo funzionale, cioè dovuto alla corazza muscolare caratteriale (in realtà la corazza può esistere anche a livello viscerale), l’organismo può reagire a uno stimolo non particolarmente stressante in maniera abnorme (reazione catastrofica) perché è incapace di adattarsi a un ambiente vissuto come sfavorevole e quindi ha paura di un annichilimento totale (situazioni di forte ansia o di panico).
Coinvolgere l’intero organismo
Per quanto riguarda il punto 1), noi osserviamo che all’inizio della terapia il paziente rimane in contatto con le sensazioni che la mano del terapeuta gli crea a livello della pelle o in strutture sottostanti solo per breve tempo e poi perde il contatto e inizia a fantasticare su situazioni spesso esterne alla situazione terapeutica, o si addormenta oppure comincia ad avere fantasie trasferenziali sul terapeuta.
Man mano che si procede nella terapia il paziente riesce sempre più a rimanere in contatto con le reazioni determinate dalla mano del terapeuta sotto forma di calore e di energia che provocano sensazioni piacevoli e sempre meno tende a creare reazioni di tipo trasferenziale.
Una spiegazione di questo fenomeno potrebbe essere che, in un organismo frammentato energeticamente a causa dei blocchi creati dalla corazza caratteriale, uno stimolo esterno o interno, invece di determinare una figura chiara, e cioè per esempio nel caso del contatto diretto una sensazione di calore e di energia, tende a stimolare lo sfondo che potrebbe essere rappresentato da un insieme di avvenimenti, emozioni, condizionamenti legati all’esperienza passata. In questo modo, la mano del terapeuta evoca tutta una serie di sensazioni mentali di tipo trasferenziale e la percezione vera e propria del contatto è vaga e non ben differenziata. Tutto ciò cambia quando parti sempre maggiori dell’organismo sono coinvolte in un flusso energetico e ogni stimolo ha come sfondo l’intero organismo.
Il risvegliare sensazioni piacevoli dovute a un maggior flusso energetico in parti del corpo che prima erano insensibili, risveglia naturalmente anche le situazioni conflittuali che originariamente avevano creato il blocco delle sensazioni. A livello corporeo si manifesta la polarità libido-antilibido, e quindi l’espressione somatica dell’ansia, per esempio sotto forma di rigidità muscolari.
Ciò è particolarmente evidente nel fenomeno della reazione catastrofica, quando il contatto nutritivo o catalitico stimolano troppa energia in un organismo con larghe parti del sistema nervoso isolate. In questo caso, l’individuo non si sente in grado di controllare l’ambiente interno troppo carico di energia e reagisce con forte ansia, a volte interrompendo la terapia o semplicemente interrompendo il contatto e vivendo il terapeuta come persona pericolosa.
È quindi evidente che quando usiamo il contatto diretto dobbiamo sempre valutare la reazione dell’organismo in toto, per evitare questi stati di panico.
Quindi, per concludere, possiamo dire che l’esperienza clinica di anni di lavoro sul corpo dimostra che i pericoli dovuti all’uso del contatto corporeo diretto sono diversi da quelli paventati dalle scuole di psicoterapia, che usano il transfert come modalità di cambiamento, e possiamo anche affermare che le divergenze di opinione possono dipendere dall’uso di un linguaggio (inteso come modo di spiegare un fenomeno) non adatto a chiarire i fenomeni energetici a livello organismico.
Ritengo quindi importante affrontare questo nuovo e in parte inesplorato campo dell’interazione a livello corporeo di due organismi con mente scevra da pregiudizi ma anche con un atteggiamento di osservazione consapevole e critica.

Cesare Lena
, medico psichiatra e psicoterapeuta, è presidente della Società Italiana di Psicoterapia Organismica (S.I.P.O.). Vive e lavora a Bologna.

SINERGISMO POTENZIALE DELL’APPROCCIO REICHIANO E ROGERSIANO di Luigi De Marchi

In quest’articolo, cerco di spiegare in modo più articolato, anche se necessariamente sommario e preliminare, quali sono ai miei occhi i motivi specifici di questo interesse e le potenzialità di sviluppo reciproco intrinseche ad una integrazione creativa tra approccio reichiano e approccio rogersiano.

Per cominciare a comprendere i rapporti attuali e potenziali tra psicologia umanistica e terapie reichiano e post-reichiane si può rifarsi ad alcuni principi originari dell’approccio rogersiano, confrontandoli poi con quelli dell’approccio reichiano.
Ai fini della nostra analisi, cinque vitali principi mi sembrano particolarmente rilevanti:
1) Finalizzazione del trattamento al massimo sviluppo del potenziale umano presente in ciascun individuo.
2) Smedicalizzazione del rapporto terapeutico
3) Dilatazione di tale rapporto nel sociale
4) Rivalutazione dell’intuizione e della sensazione come strumento diagnostico
5) Rivalutazione della fondamentale “bontà” dell’essere umano.

1) E’ evidente che il massimo sviluppo del potenziale umano non può scaturire che da una piena vitalizzazione della psiche e del corpo e da una loro profonda armonia.
Poiché con le terapie di derivazione reichiana si sono messi a punto validi strumenti per individuare e risolvere i radicamenti somatici dei disturbi psichici, per riarmonizzare le nostre realtà psichiche e fisiche e per ripristinare i processi naturali di autoregolazione dell’organismo, la crescente integrazione tra terapie del corpo e psicologia umanistica era ed è nella logica delle cose.
Con le terapie del corpo, infatti, si affrontano nodi in aggredibili con le terapie puramente verbali e, soprattutto, si può promuovere lo sviluppo del potenziale umano nella sua globalità psicofisica.
2) Anche a liberare il rapporto psicoterapeutico dai modelli medici (cioè direttivi e autoritaristici) in cui era invischiato prima dell’avvento della psicologia umanistica, le terapie del corpo possono contribuire costruttivamente. Abolendo il tabù del contatto fisico, avvicinando terapista e cliente come esseri umani affratellati dalla loro fisicità, la terapia del corpo demolisce quella barriera di distacco, di intangibilità, di contactlessness dietro cui lo psicoterapista direttivo e convenzionale si è a lungo trincerato per esaltare la sua autorità.
3) La dilatazione della psicologia umanistica nel sociale è avvenuta essenzialmente in due modi: attraverso l’attenzione per le forme generalizzate di alienazione e attraverso il gruppo di incontro o di terapia. Anche a questi livelli l’apporto dell’approccio corporeo di derivazione reichiana è stato prezioso.
Già negli anni ’30 e ’40 Reich segnalava il carattere generalizzato di certe distorsioni della personalità e della convivenza sociale (basti pensare a Psicologia di massa del fascismo).
Inoltre, l’approccio corporeo reichiano e post-reichiano offre nel gruppo un essenziale strumento di comunicazione, contatto e catarsi, tanto che oggi è praticamente inattuabile un “gruppo” che escluda la corporeità.
4) “L’esperienza-scrive Carl Rogers in On becoming a person– è per me la suprema autorità…
Ho imparato che la mia percezione organismica totale di una situazione è più valida del mio intelletto, come strumento di conoscenza”. Sono parole che ricalcano analoghe dichiarazioni di Wilhelm Reich. Ma è evidente che ai fini di questa “percezione organismica totale”, l’approccio corporeo è indispensabile, sia nel momento diagnostico che in quello terapeutico.
5) “Uno dei concetti più rivoluzionari che emergono dalla nostra esperienza clinica-afferma ancora Carl Rogers nell’opera citata- è il riconoscimento sempre più chiaro del fatto che il nucleo più profondo dell’essere umano, gli strati più interni della sua personalità, le basi della sua “natura animale” sono sostanzialmente buone e positive, improntate alla socialità, al realismo e alla razionalità”.
Di nuovo, si tratta di espressioni che si incontrano di continuo nelle più diverse opere di Reich: da Funzione dell’organismo ad Analisi del carattere, da Individuo e Stato ad Ascolta, piccolo uomo.
Reich aveva anzi articolato una teoria della personalità a livello politico, che vedeva nella personalità “progressista” di stampo convenzionale lo strato più esterno e superficiale della stratificazione caratteriale odierna; in quella totalitaria e fanatica, lo strato intermedio, ancora in contatto, seppure in modo perverso e distorto, col nucleo biologico istintuale della natura umana; e in quella “genitale”, cioè in armonia con i propri impulsi d’amore e d’aggressività e con l’ambiente, il nucleo biologico stesso, fondamentalmente buono e autoregolato, dell’uomo.
Fin qui le affinità, più o meno consapevoli, ma ormai chiaramente assimilate, tra psicologia umanistica e approccio corporeo e quello umanistico che potranno scambiarsi con reciproco vantaggio.
A mio parere, dalla psicologia umanistica le terapie di ispirazione reichiana potranno imparare una sempre maggiore e più salutare smitizzazione della figura del terapista, che nel modello reichiano (e spesso anche in quello post-reichiano) resta troppo direttiva e carismatica.
Inoltre, penso che le terapie di ispirazione reichiana potranno trarre un grande vantaggio da quello che a mio parere costituisce il massimo contributo dell’approccio rogersiano alla psicoterapia: cioè il concetto di empatia, di partecipazione emozionale, come strumento terapeutico.
Quando ebbe l’idea semplicemente geniale di imitare l’espressione facciale e corporea dei clienti per meglio comprendere, al di là delle dichiarazioni verbali, quali fossero le loro emozioni profonde, Reich di fatto intuì e insegnò che per comprendere fino in fondo lo stato d’animo e la condizione del cliente il terapista deve riuscire a viverlo in prima persona, nel proprio corpo.
Nella tecnica mimetica di Reich, dunque, il concetto di empatia è implicito: ma solo implicito. Gli manca quella carica di empatia e incondizionata partecipazione umana che si estende in Rogers a tutto il rapporto terapista-cliente e che da all’empatia le sue preziose virtù terapeutiche. Infine, penso che la spinta rogersiana alla smedicalizzazione del rapporto terapeutico abbia un suo essenziale corrispettivo nel sociale: il rifiuto, cioè, dei ruoli salvazionisti, degli atteggiamenti didattici, dei dogmatismi teorici anche in campo politico. Purtroppo ne’ Reich ne’ la maggior parte dei suoi continuatori ortodossi o eretici hanno saputo sottrarsi, sul piano personale, alle lusinghe e alle trappole del messianismo, ma per parte mia ritengo che lo spirito autentico dell’opera reichiana sia libertario (si pensi del resto alle pagine bellissime sul “nuovo leader” ) e che, proprio in quanto finalizzato alla ricerca della verità, sia antidogmatico, inconciliabile con i concetti di “vera Chiesa” o di “sacro testo”.
A sua volta la psicologia umanistica potrà attingere dalle terapie di derivazione reichiana un recupero del passato e dell’inconscio pienamente conciliabile con la particolare attenzione rogersiana al “qui e adesso”. Attraverso il trattamento corporeo, i nodi emozionali sommersi eppure attivi (troppe volte esorcizzati ma non risolti dal costante appello umanistico alla coscienza e alla responsabilità) possono trovare finalmente espressione e soluzione se, come diceva Reich, “il nostro corpo racchiude nei suoi blocchi muscolari la storia del nostro inconscio”.
E per analogia, dall’approccio corporeo la psicologia umanistica potrà trarre indicazioni preziose per una “lettura” appunto corporea delle distorsioni caratteriali.
Del resto, si tratta di scambi teorici e tecnici in via di crescente diffusione tra le varie scuole.
Concludendo, vorrei solo accennare brevemente a un rischio inerente a certi riciclaggi del pensiero reichiano e del suo approccio corporeo nel grande crogiuolo della psicologia umanistica.
Nato in America, questo movimento risente di un certo ottimismo programmatico che ha sempre caratterizzato la cultura americana. La carica critica e riformatrice del pensiero reichiano rischia di perdere quindi molto del suo mordente e della sua incisività (come è accaduto anche nel pensiero freudiano) nelle ibridazioni di stampo californiano e newyorkese.
Ma dotto questo profilo noi europei possiamo, e a mio parere dobbiamo, cercare di dare un contributo correttivo e costruttivo.
Tratto dal numero 4 del giugno 1979 della rivista “Pulsazione”, rassegna dell’Istituto di bioenergetica “W. Reich”.

Considerazione sull’Analisi Bioenergetica di Alexander Lowen

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale…

Considerazioni sull’analisi bioenergetica
di Alexander Lowen

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale. Se una persona ha una malattia di cuore, la persona è malata, non solo il cuore. Allo stesso modo se una persona soffre d’ansia, depressione, fobia o compulsione, il corpo ne viene coinvolto così come la mente. Un trauma fisico coinvolge la psiche così come un trauma psichico coinvolge il corpo. Il dolore del desiderio ardente insoddisfatto che un bambino prova nei confronti della madre non è soltanto un dolore mentale, è strutturato fisicamente nella tensione e costrizione della gola e della bocca tramite le quali quel desiderio sarebbe espresso in pianto o nel protendersi per succhiare o baciare. La presenza di questa tensione e costrizione è la prova del trauma primario e della sua persistenza nel presente.

Il principio di unità stabilisce anche che l’intero corpo è coinvolto nel trauma. Il desiderio insoddisfatto del bambino disturba la sua respirazione, il suo senso di sicurezza nelle gambe e il suo senso di fiducia in se stesso. Ogni trauma disturba i movimenti pulsatori di base del corpo. Queste sono le complessive espansioni e contrazioni dell’organismo (che, a questo livello, funziona come una cellula singola) e i movimenti ondulatori longitudinali che fluiscono in su e giù lungo il corpo.

La pulsazione è una qualità di ogni cellula nel corpo. Quando la pulsazione è forte, la vita è forte. Alla morte cessa tutta l’attività pulsatoria. Quando la pulsazione è piena e libera la persona sperimenta una sensazione di gioia e piacere nel corpo, qualsiasi disturbo di questi naturali movimenti pulsatori causa una perdita di sensazioni piacevoli e, se intenso, produce dolore.
La qualità della pulsazione del corpo si manifesta maggiormente nella respirazione che combina i movimenti di espansione e contrazione con quelli dell’onda longitudinale. Il respiro non è limitato ai polmoni, al contrario tutto il corpo partecipa ai movimenti respiratori. Il respiro è accompagnato da un’onda che inizia in profondità nella pelvi e si muove su verso la bocca. Durante l’espirazione l’onda si muove al contrario. Dato che il respiro è disturbato in tutti i problemi emozionali o nevrotici, si può determinare l’esistenza di questi problemi dalla natura del disturbo respiratorio. Quando si va risolvendo il problema del paziente il respiro diventa completamente libero, il problema scompare.

L’aspetto antitetico del processo vivente viene al meglio riflesso nella relazione tra mente e corpo. L’unità tra di loro non altera il fatto che ciascuno influenza l’altro e che a livello superficiale c’è dualità nella natura umana. Rispettare queste dualità da la possibilità di riconoscere che l’attitudine conscia di una persona ha una influenza considerevole sul suo funzionamento totale. L’analisi bioenergetica aggiunge una dimensione assolutamente nuova alla psicoterapia: il lavoro con il corpo. L’espressione corporea del paziente viene studiata per determinare quali sono i problemi e conflitti nella sua personalità.

C’è sempre accordo tra quello che rivela il corpo e quello che dice il paziente. Così, se il paziente si lamenta di essere depresso, quella lagnanza può essere messa in relazione al livello di funzionamento energetico depresso del paziente. Al paziente il cui respiro è superficiale può essere mostrato che non sta permettendo che venga espresso nessun sentimento. Al paziente che si lamenta di problemi sessuali può essere dimostrato che ha gravi tensioni nella pelvi, il che riduce la potenza sessuale. La maggior parte dei pazienti non sono consapevoli che i loro problemi sono manifesti nel corpo fino a che non viene loro fatto vedere ciò. Una volta che viene stabilita questa comprensione diviene possibile lavorare bioenergeticamente col paziente.
Vi sono quattro dimensioni dell’analisi bioenergetica:
(a) comprensione e lavoro con le tensioni muscolari
(b) analisi delle associazioni, del comportamento e de transfert
(c) comprensione delle dinamiche energetiche
(d) focalizzazione sul ruolo della sessualità.

Tutti i terapisti bioenergetici conoscono queste quattro dimensioni, ma la loro enfasi su ciascuna di essa varia secondo il loro retroterra culturale ed esperienza: molti si focalizzano fortemente sull’aspetto psicologico, con una certa attenzione al corpo perché è la fonte del sentire. Altri fanno più lavoro sul corpo, largamente indirizzato all’espressione delle sensazioni. Comunque tutti gli analisti bioenergetici notano aree di contrazione e tensione, interpretano la contrazione e poi mobilizzano il corpo tramite il respiro ed il movimento per rilasciare le contrazioni. Ogni contrattura blocca un flusso di eccitazione all’insù fin dentro la testa e gli occhi, o all’ingiù fin dentro la pelvi, i genitali e le gambe. In questi blocchi troviamo sempre dolore. Da un certo punto di vista il trattenimento o la contrazione sono manovre per alleviare il dolore, il dolore di una ferita o di un’umiliazione o il dolore di una perdita o di una frustrazione. La contrazione diminuisce il dolore riducendo la sensazione e rendendo insensibile al dolore la persona. Si rende la parte insensibile. Rilasciare ciò che si trattiene è dapprima sperimentato, perciò, come doloroso. Il passaggio di una forza energetica (sangue) attraverso un’area compressa è doloroso. Ma dopo che è avvenuto, il rilascio viene sperimentato come piacere. Nessuno può raggiungere alcun cambiamento caratterologico significativo senza sperimentare il dolore del cambiamento.

La terapia bioenergetica, sebbene il suo centro di attenzione primario sia il corpo, è un approccio combinato che lavora sia con il corpo che con la mente. Durante il colloquio iniziale il terapeuta dedicherà del tempo ad ascoltare i disturbi e la storia del paziente, ponendo domande sulla sua situazione attuale e passata e studiando le espressioni facciali, l’atteggiamento corporeo e la voce, tutte cose che forniscono informazioni sulla personalità del paziente. Si possono ricavare ulteriori informazioni dallo studio della forma e motilità del corpo stesso. Il modo in cui ci si siede, si sta in piedi, si respira e ci si muove, tutto ciò è in grado di rivelare problemi e conflitti.

Una volta che la relazione tra lo psicologico e il fisico viene stabilita, il paziente sa che il suo corpo dovrà cambiare se la personalità deve cambiare in modo significativo. Se il corpo è troppo rigido, cioè, se si trattengono le sensazioni, il corpo dovrà ammorbidirsi. Se le sensazioni sono trattenute da tensioni muscolari che tendono a comprimere il corpo e chiuderne gli sbocchi, queste tensioni dovranno essere ridotte per permettere l’espressione del sentire. Ma cambiare il corpo in modo significativo è un’impresa ardua. In quasi tutti i casi, cambiamenti positivi ma superficiali accadono piuttosto rapidamente con la terapia bioenergetica. La mobilizzazione iniziale del corpo per mezzo di una respirazione più profonda e di esercizi bioenergetici evoca spesso sensazioni a lungo soppresse. Il paziente può sperimentare tristezza che può a sua volta trasformarsi in pianto o rabbia, che può essere espressa colpendo il letto. Il paziente può sentire una certa quantità di paura che veniva in precedenza negata e può sperimentare vibrazioni che forniscono nuove sensazioni corporee. La risposta iniziale alla terapia bioenergetica è come l’apertura di una porta verso un eccitante mondo nuovo di sentire ed essere. Produce spesso dei benvenuti cambiamenti nel comportamento. Al meglio fornisce una base di comprensione e fiducia per il compito più difficoltoso che ci sta davanti. Lavorando con il corpo vi sono due principi di somma importanza.

(1) Qualsiasi limitazione della motilità è sia un risultato che la causa di difficoltà emozionali. I limiti si creano in quanto risultato di conflitti infantili irrisolti, ma la persistenza della tensione crea difficoltà emozionali nel presente che si scontrano con le richieste della realtà adulta. Ogni rigidità fisica interferisce ed impedisce una risposta unitaria alle situazioni.
(2) Qualsiasi restrizione della respirazione naturale è sia il risultato che la causa dell’ansia. L’ansia nelle situazioni infantili disturba la respirazione naturale. Se la situazione che produce ansia persiste ed è prolungata, il disturbo della respirazione si struttura in tensioni toraciche e addominali. L’incapacità di respirare liberamente sotto stress emozionale è la base fisiologica dell’esperienza di ansia in tali situazioni stressanti. L’unità e coordinazione delle risposte fisiche dipende dall’integrazione dei movimenti respiratori con i movimenti aggressivi del corpo. Al punto che la respirazione e la motilità sono liberate dalle restrizioni delle tensioni croniche, il funzionamento fisico del paziente migliorerà. A quel punto il contatto con la realtà a livello fisico si espanderà e approfondirà, ma ciò accadrà soltanto a condizione che vi sia un miglioramento concomitante e corrispondente della comprensione della realtà da parte del paziente sia sul piano psichico che su quello interpersonale. Non ci si dovrebbe, però, farsi fuorviare dagli apparenti miglioramenti nel funzionamento del paziente sul piano psichico ed interpersonale che non sono accompagnati da un miglioramento analogo del funzionamento fisico.

Per mezzo di movimenti particolari e posizioni del corpo i pazienti in terapia bioenergetica ottengono un contatto più profondo col corpo ed un sentire migliore nei suoi confronti. Da questo contatto e sentire iniziano a capire la relazione tra il loro stato fisico attuale e le esperienze della prima e seconda infanzia che lo hanno determinato. I clienti imparano che la negazione del corpo è un rifiuto del bisogno di amore, questa negazione viene usata per evitare di essere feriti e disillusi. Imparano ad interpretare le rigidità come difese contro varie emozioni. Data l’opportunità di dar voce alla negatività i pazienti scoprono che non verranno abbandonati o distrutti per avere espresso il loro sentire; tramite l’accettazione dei loro corpi e dei loro sentimenti gli individui ampliano il contatto con tutti gli altri aspetti della realtà.

Poiché il corpo è la base di tutte le funzioni di realtà, qualsiasi accrescimento nel contatto di una persona con il corpo produrrà un miglioramento significativo nell’immagine di sè (immagine corporea), nelle relazioni interpersonali, nella qualità del pensare e sentire e nella gioia di vivere.

Con questa comprensione energetica si procede ad interpretare il trattenere o la contrazione in termini di sentimenti soppressi. Poiché il sentire è stato soppresso, il paziente ne è inconsapevole. Ad ogni modo, la natura del trattenimento (linguaggio del corpo) ne identificherà il sentimento. Generalmente la sensazione può essere portata alla coscienza attivando il movimento espressivo. Per esempio una mascella che viene rigidamente trattenuta da muscoli tesi può trattenere impulsi o mordere. Far mordere un asciugamano, a qualcuno può attivare questi impulsi cosicché il desiderio soppresso di mordere diventa conscio. Una gola rigidamente contratta inibisce l’espressione del pianto o delle urla, ma la persona può non essere conscia di questa inibizione fino a che non cerca di piangere o urlare. Spalle rigide possono bloccare impulsi a colpire con rabbia. Spesso far si che la persona colpisca il letto con i pugni evoca una sensazione di rabbia. Allo stesso modo si può identificare la mancanza di aggressività sessuale in un individuo dalla immobilità della pelvi. Comunque la capacità di leggere il linguaggio del corpo non viene acquisita facilmente o rapidamente. Sono necessari un considerevole training ed esperienza per sviluppare questa abilità ad un alto livello di competenza.
Interpretare schemi diversi di tensione in parti del corpo separate (bocca, occhi, spalle, pelvi, piedi ecc. ) è molto simile a leggere le parole. Anche se si riescono a leggere le parole correttamente non ne consegue che si riesca a trarne un senso compiuto.

Per avere un senso compiuto le parole devono essere interpretate nel contesto di una frase, un paragrafo, persino un capitolo. Ciascun corpo ha un’espressione unica che rivela la personalità ed il carattere dell’individuo.

La struttura del carattere può essere vista come una tipologia che facilita la comprensione e la comunicazione, ma non si può fare terapia con una tipologia. La terapia ha a che fare con un individuo molto specifico, ed è quella specificità che si deve capire dalla lettura del corpo. Le parti hanno senso rapportate al tutto, ma il tutto non può essere determinato dalle parti. Solo quando capiamo un individuo in questi termini abbiamo comprensione dei suoi problemi e soltanto entro quello schema di riferimento il lavoro sulle parti o segmenti diventa pienamente produttivo.
Se la terapia è un viaggio alla scoperta di sè dovrebbe essere condotta da una guida che ha fatto quel viaggio personalmente. Un terapeuta non può aiutare i pazienti ad avanzare oltre il punto in cui egli è arrivato. Ma troppi terapisti hanno mancato di confrontarsi con la loro struttura caratteriale a livello corporeo. Ciò deriva dalla osservazione che essi non hanno compiuto cambiamenti significativi nella loro struttura corporea. Di conseguenza la loro conoscenza della struttura del carattere è più teorica che esperienziale. Il risultato è che essi contano soltanto sulla consapevolezza per modificare la personalità. Infatti la consapevolezza e l’insight possono far ciò in grado limitato e a livello superficiale. Ad ogni modo l’insight è solo una finestra attraverso la quale si può vedere la ragione di un qualche aspetto del comportamento. Sapere il perché del comportamento non influenza fortemente il come del comportamento. Credere altrimenti è ignorare il fattore energetico. Considerazioni di carattere energetico impongono che un cambiamento profondo implichi un lavoro continuo di scoperta. Questo è il livello in cui si incontrano dolore e paura. La paura proviene dal fatto che la scoperta accade spesso assieme allo sconvolgimento. La vecchia struttura deve rompersi e crollare perché si possa sviluppare un modo più libero di essere. Terapisti di successo hanno sperimentato alcuni di questi sconvolgimenti nel corso della loro crescita e possono essere testimoni del dolore e paura che accompagnano questo processo. Si può apprezzare la riluttanza di molti terapeuti a portare i pazienti al punto di rottura e di scoperta perché temono il possibile sconvolgimento che può succedere.
Tuttavia questo processo, sebbene doloroso, può essere necessario se si vuole che accada un vero cambiamento terapeutico.

Tratto da “Bioenergetic Analysis”

Alexander Lowen, M.D. è il fondatore dell’Analisi Bioenergetica, direttore esecutivo dell’International Institute for Bioenergetic Analysis, è autore di numerosi libri e pubblicazioni curate nell’edizione italiana dal Centro di Documentazione Wilhelm Reich.

Le tipologie caratteriali in bioenergetica di Cosimo Aruta

Le strutture caratteriali sono divise in cinque tipologie. Ogni tipologia presenta un particolare sistema di difesa diverso dagli altri. La struttura caratteriale non indica la persona nella sua totalità, ma unicamente la sua posizione difensiva.

I sistemi difensivi, meglio conosciuti come “corazza” o “armatura”, furono intuiti da Reich. Egli osservò che l’uomo è come prigioniero di una “corazza” muscolare e caratteriale formata da tutti quegli atteggiamenti e posture sviluppati dall’individuo per ridurre il fluire delle emozioni e delle sensazioni dell’organismo. L’energia tende a non scorrere liberamente in alcune parti del corpo, che diventano sede di tensioni muscolari per effetto di conflitti emotivi.
Con il tempo la corazza si cronicizza “indurendosi e rappresenta un impedimento al raggiungimento della propria identità e della propria integrazione. Lo stato cronico di contrazione muscolare amplifica progressivamente la “durezza” del carattere, riducendo la comunicabilità e quindi la qualità delle relazioni, la percezione del piacere e quindi dell’amore.
Mano a mano che il tempo passa si modifica la qualità percettiva e l’individuo “corazzato” non si accorge di allontanarsi sempre più dal flusso spontaneo del movimento, al punto da sentire normale la disarmonia alla quale si è abituato e adattato. In questo modo limita l’emotività e la spontanea espressione dei sentimenti e impedisce il libero scorrere dell’energia vitale.
In bioenergetica, il corpo rappresenta il mezzo per penetrare in ciò che viene comunemente definito carattere. Il carattere suggerisce e in taluni casi condiziona, la modalità di reagire alle situazioni della vita. L’origine della formazione del carattere coincide con l’inizio della vita stessa. Esso rappresenta un meccanismo di protezione, la sintesi del sistema difensivo che un individuo struttura come reazione alle provocazioni dell’ambiente.

Riguardo al tipo di carattere di una persone occorre precisare che non esistono nella realtà tipi “puri”, ognuno miscela all’interno della sua personalità diversi schemi difensivi. Diversamente dal carattere, la personalità di un individuo è determinata soprattutto dalla sua vitalità. Come le impronte digitali sono uniche e irripetibili, così non esistono due persone uguali per vitalità o per schemi di difesa, generati dalle vicissitudini della vita.

I tipi in bioenergetica sono cinque:

  1. SCHIZOIDE
  2. ORALE
  3. PSICOPATICO
  4. MASOCHISTA
  5. RIGIDO

La struttura del carattere definisce il modo in cui un individuo tratta il proprio bisogno di amare, la sua ricerca di intimità e il suo desiderio di piacere.
(Alexander Lowen, Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2004, cap. V° – pag. 148)
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Lungo un asse che raggiunge la salute emotiva, caratterizzata dalla spontaneità nel protendersi verso l’esterno per ricercare il contatto e l’amore; il disturbo schizoide si trova all’inizio, con un ritiro dall’intimità, sentita come eccessivamente minacciosa.
Le altre tipologie caratteriali sono distribuite ordinatamente da sinistra verso destra, in funzione di quanto configgono con la salute psichica, intesa come capacità di intimità e contatto.

  1. Il carattere schizoide evita il contatto. A lui è stato negato il diritto di esistere.
  2. Il carattere orale riesce a stabilire una intimità unicamente per soddisfare il suo bisogno di calore e aiuto. Gli è stato negato il diritto ad essere nutrito.
  3. Il carattere psicopatico riesce ad entrare in contatto solo con chi ha bisogno di lui, in modo da poter controllare la relazione. Ha sperimentato la negazione del diritto di essere sostenuto nella propria identità.
  4. Il carattere masochista stabilisce un rapporto con un atteggiamento di sottomissione. La paura tipica del masochista nasce da una convinzione: che l’espressione di un sentimento negativo, o il riconoscimento della propria libertà, provochi la rottura del rapporto e la perdita del contatto intimo. La negazione sofferta riguarda il diritto di essere libero.
  5. Il carattere rigido rimane sempre sulle difensive. In questo modo l’intimità ed il coinvolgimento emotivo nelle relazioni è sempre parziale. L’ultimo piano della sua casa emotiva rimane inaccessibile. L’eziologia della problematica si trova nel complesso edipico, nell’angoscia di castrazione, nel senso di colpa e nell’odio represso.

La costante in tutte le strutture caratteriali è una coabitazione di:

  • Il bisogno di intimità, di auto espressione e
  • paura che i due elementi possano escludersi a vicenda

La struttura del carattere di un individuo rappresenta il miglior compromesso raggiunto nei primi anni della sua vita.

Dr. Cosimo Aruta
Psicologo – studente del XIX° corso di formazione in analisi bioenergetica (SIAB Milano)

Tratto da www.mediazionefamiliaremilano.it

Paura di vivere

Vogliamo amare, ma abbiamo paura di renderci vulnerabili. Vogliamo aprirci, ma abbiamo paura del rifiuto. Vogliamo sentimenti profondi, ma abbiamo paura di farci schiacciare dalle emozioni. Condizionati a cercare il successo in termini sociali invece che umani, ci diamo a un’attività frenetica. Da questo conflitto nasce una tremenda disperazione, perché il dolore è costantemente presente sotto la superficie della nostra vita convulsa.

Il piacere

Una vita più creativa attraverso il piacere è la promessa di questo libro rivoluzionario. Definendo il piacere come una “esperienza del corpo”, Lowen afferma che il piacere mentale puro non esiste e osserva inoltre che la capacità di provare piacere è anche capacità di autoespressione creativa.

La spiritualità del corpo

È solo nella perfetta armonia tra corpo, mente ed emozioni che possiamo raggiungere un senso di integrità morale e personale, di amore per gli altri e di rapporto col divino.

Lowen estende il rapporto mente-corpo ampliandolo fino ad abbracciare la spiritualità, intesa però non nel convenzionale senso religioso bensì come la ricerca di un’armonia tra corpo, mente ed emozioni, cioè di una condizione che Lowen chiama lo ‘stato di grazia’.

Il tradimento del corpo

La coscienza del proprio “io” nel rapporto tra corpo e mente. In quest’opera Lowen descrive e analizza, attraverso le storie di alcuni drammatici casi, il modo in cui nascono i problemi emozionali che conducono l’individuo ad abbandonare la realtà, perdendo il contatto con le necessità e le sensazioni del proprio corpo. Il conflitto tra l’io e il corpo provoca una scissione nella personalità che influenza ogni aspetto della vita e del comportamento. L’io dissociato dal corpo è debole e vulnerabile, così come un sapere privo di sentimenti è vuoto e senza significato. Questi principi, secondo l’autore, vanno applicati nell’educazione e nella terapia psichica, eliminando all’origine i sensi di colpa, di pudore o vergogna che stanno alla base delle dissociazioni schizoidi. Il piacere fisico è una fonte vitale di benessere emotivo. Molte persone, tuttavia, negano al proprio corpo la capacità di godere e la possibilità di essere felice. Questo libro suggerisce una nuova via verso il soddisfacimento emotivo, attraverso la consapevolezza del proprio corpo e un gratificante rapporto tra corpo e mente.

Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica

La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini del corpo e dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita. La nostra risposta alle situazioni della vita, infatti, è determinata dalla quantità di energia di cui disponiamo e da come ne facciamo uso. La bioenergetica è anche una forma di terapia che combina il lavoro con il corpo e con la mente per aiutarci a risolvere i nostri problemi emotivi e a meglio utilizzare il nostro potenziale. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che corpo e mente sono funzionalmente identici: vale a dire, quanto avviene nella mente riflette quanto avviene nel corpo e viceversa: pensare e sentire sono condizionati da fattori energetici. Nel suo lavoro sul corpo la bioenergetica include sia procedimenti di manipolazione sia esercizi speciali. I procedimenti di manipolazione sono costituiti da massaggio, pressione controllata e lievi contatti per rilassare i muscoli irrigiditi. Gli esercizi che questo libro offre, messi a punto nel corso di più di vent’anni di lavoro terapeutico con pazienti, sono intesi per aiutarci a entrare in contatto con le nostre tensioni e a scaricarle attraverso il movimento appropriato.

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