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Autore: Hiram

Le barriere della comunicazione (o metodi tradizionali di aiuto) a cura di Maurizio D’Agostino

  1. Dare ordini, dirigere, comandare

Questi messaggi comunicano alle persone che le loro sensazioni, bisogni e problemi non sono importanti; egli deve conformarsi ai sentimenti e bisogni del counsellor. Si comunica che la persona non è accettabile per com’è al momento. Aumenta la paura dell’altro, è sottintesa la minaccia di punizioni. Teme di essere ferito da chi è più forte e più grande di lui. Nella persona vengono provocati sentimenti di rancore e rabbia, collera, ritorsione e resistenza al fine di mettere alla prova il potere dell’altro. Questi messaggi possono comunicare che il counsellor non si fida delle capacità e del giudizio del cliente.

Dire alla persona di fare qualcosa, dargli un ordine o un comando:

  • Non m’importa quello che vuoi fare tu, rientra subito nella stanza!
  • Non parlare a tua madre in quel modo!
  • Torna subito a giocare con Alessandra e Marta!
  • Smettila di lamentarti!

 

  1. Avvertire, ammonire, minacciare, promettere

Messaggi simili ai precedenti, ma con esplicitazione delle conseguenze in caso di rifiuto. Ciò può rendere la persona timorosa e sottomessa, creare ostilità e l’idea che non ci sia rispetto per i propri bisogni e desideri. A volte può esserci una reazione di sfida, rimanendo rigidamente sulle proprie posizioni, anche in verifica della minaccia (“Non m’importa cosa succede, la penso lo stesso così”).

Dire alla persona quali saranno le conse­guenze delle sue azioni:

  • Se fai una cosa del genere, te ne pentirai!
  • Un’altra parola, e finisci dritto in camera tua!
  • Se non vuoi che finisca male, è meglio che lasci perdere!
  • Se non ti decisi a provare non imparerai mai, e te ne pentirai per il resto della tua vita!

 

  1. Esortare, moralizzare, fare prediche, o usare espressioni tipo: “dovresti, sarebbe opportuno, si deve, non si deve”

Questi messaggi fanno pesare il potere esterno dell’autorità, del dovere, degli obblighi (“dovresti…”, “E’ bene che tu…” “Devi…”); spesso la reazione è la resistenza e la difesa delle proprie scelte, ancor più tenacemente. Inoltre questi interventi disconfermano la capacità di autoregolazione di ognuno, la persona non si sente considerata capace di formarsi opinioni o di esprimersi con valori propri. Si può produrre un senso di colpa o inadeguatezza. Dire alla persona che cosa dovrebbe fare o sarebbe bene che facesse:

  • Ma non dovresti fare così, …
  • Sarebbe opportuno che tu…
  • Devi sempre rispettare chi è più vecchio di te.

 

  1. Consigliare, offrire suggerimenti o soluzioni

Questi messaggi spesso comunicano alla persona sfiducia nelle sue capacità di giudizio o di trovare soluzioni ai suoi problemi. Si può creare dipendenza dall’altro, fino a smettere di pensare da soli e rivolgersi ad un’autorità esterna per qualunque risposta (“Che dovrei fare, dottore?”).

Chi consiglia sta affermando la sua superiorità (“so io ciò che è meglio per te”), e questo può irritare persone che stanno identificando e verificando le proprie capacità e la propria autonomia, provocando forti ed improduttivi contrasti con l’altro (“voglio farcela da me”, “non voglio sentirmi dire cosa devo fare”).

Altre volte si possono strutturare sensi di inferiorità (“Tu sai sempre tutto”). Inoltre può verificarsi un senso di incomprensione, rispetto a consigli sbagliati.

Dire alla persona come risolvere un problema, dargli consigli e suggerimenti, fornirgli risposte e soluzioni:

–  Perché non chiedi ad Alessandra e Marta di scendere a giocare con te? Così non avresti bisogno di…
–  Aspetta ancora un paio di anni, prima di deci­dere se fare o meno l’università.
–  Prova a parlarne con l’insegnante.

–          Cercati altre amiche.
–          Perché non…; io farei così…; secondo me…

 

  1. Insegnare, persuadere, argomentare, fare discorsi

 La persona vive l’altro come qualcuno più in alto, con sentimenti di inferiorità, inadeguatezza, subordinazione (“credi sempre di sapere tutto”). A volte il risentimento (“credi che non lo sap­pia?”) può provocare difesa. Nessuno ama sentirsi dimostrare di aver sbagliato, e spesso la per­sona difende con accanimento le proprie posizioni (“tu hai torto, io ho ragione”, “non riuscirai a convincermi”). Inoltre il fare discorsi può annoiare e provocare distrazione. C’è da tenere in conto che la persona ha già di per sé molte informazioni su se stessa, molte di più di quelle che può fornire l’altro.

Cercare di influenzare l’altro con fatti, argomentazioni, ragionamenti, informazioni o con le proprie opinioni:

  • Andare all’università potrebbe essere l’espe­rienza più bella della tua vita.
  • I bambini devono imparare ad andare d’accor­do tra loro.
  • Guardiamo cosa dicono le statistiche sui giova­ni laureati.
  • Se i ragazzi imparano ad assumersi le proprie responsabilità, sapranno farlo anche da grandi.
  • Considera la cosa da questo punto di vista: tua madre ha bisogno di aiuto in casa.
  • Quando avevo la tua età, dovevo fare il doppio di quello che fai tu.

 

  1. Giudicare, criticare, condannare, non essere d’accordo, opporsi, biasimare

Questi messaggi, forse più di tutti, fanno sentire la persona inadeguata, inferiore, stupida, indegna, cattiva. E se siamo d’accordo che l’idea di noi stessi si forma anche attraverso i giudizi che le figure significative ci danno ciò provocherà un abbassamento dell’autostima.

Le critiche negative provocano contro-critiche (“tu fai lo stesso, nemmeno tu sei così perfetto”).

Le idee e i sentimenti vengono tenuti nascosti per paura che siano criticati. Può svilupparsi un senso di non essere amati/accettati. La reazione aggressiva da parte della persona giudicata serve a salvaguardare l’immagine di sè, ma limita nel rapporto di scambio e di alleanza.

Dare un giudizio o una valutazione negativa dell’altro:

  • Parli senza riflettere.
  • E’ un punto di vista immaturo.
  • Qui ti sbagli di grosso.
  • Non sono assolutamente d’accordo.

 

  1. Elogiare, assecondare

Ciò può essere dannoso se la valutazione positiva non coincide con l’immagine di sé che ha la persona, creando ostilità (“odio i miei capelli”, “non ho giocato affatto bene, ho fatto schifo”). Se la persona si sente giudicata positivamente può supporre che in altri momenti verrà giudicata negativamente. Oppure l’assenza di elogi in un ambiente che normalmente ne è ricco può essere vista come critica (“se non mi ha detto nulla sui miei capelli vuol dire che non gli piacciono”). A volte l’elogio viene visto come manipolazione, un modo sottile per l’altro di ottenere ciò che vuole (“lo dici solo per indurmi a studiare di più”). A volte la persona può sentirsi non capita quando elogiata (“non lo diresti se sapessi veramente come mi sento”). La lode pubblica può essere imbarazzante come del resto la critica pubblica. C’è inoltre il rischio della dipendenza dal riconoscimento altrui, a volte arrivando persino a pretenderlo (“non hai detto nulla rispetto al mio successo”, “Nono sono stato bravo?”).

Dare un giudizio o una valutazione positiva, oppure essere d’accordo:

  • Secondo me sei un ragazzo in gamba, sono sicuro che sai il fatto tuo.
  • Sei perfettamente in grado di riuscirci.
  • Credo che tu abbia ragione.
  • Sono d’accordo con te.

 

  1. Etichettare, dare soprannomi, ridicolizzare, prendere in giro, umiliare

 Questi messaggi possono avere effetti devastanti sull’immagine di sè, facendo sentire la persona indegna, cattiva, non amata. A volte la reazione è di restituire all’altro lo stesso messaggio (“senti chi parla di pigrizia”). Probabilmente il messaggio barriera verrà ignorato e la persona cercherà di giustificarsi (“Non sembro volgare con l’ombretto”).
Indurre il figlio a sentirsi stupido, affibbiargli una etichetta, umiliarlo:

  • Sei un ragazzino viziato.
  • Eccolo, il sapientone.
  • Ti stai comportando da selvaggio.
  • Va bene, piccolino.

 

  1. Interpretare, analizzare, diagnosticare

Questi messaggi dicono che la persona è stata “inquadra­ta”, l’altro lo ha capito, conosce le sue motivazioni o le ragioni del suo modo di essere , e sa tutti i perché.

Questo crea frustrazione e intimidazione: se l’analisi è corretta la persona si sente nuda, scoperta, imbarazzata (“Lo fai solo per attrarre l’attenzione”); se invece è sbagliata la persona si sentirà definita ingiustamente e spesso si arrabbierà (“Non sono geloso, è ridicolo”).

Inoltre la persona percepisce che l’altro si sente più saggio, superiore (“Io so il perché”, “Ti leggo dentro”): spesso questi messaggi interrompono bruscamente il desiderio di continuare a comunicare se stesso ed insegnano che è meglio astenersi dal condividere i propri problemi.

Dire all’altro quali sono i motivi del suo comportamento o analizzare perché sta facendo o dicendo qualcosa, comunicargli la vostra diagnosi o l’idea che vi siete fatta di lui:

  • Secondo me la verità è che sei gelosa di Marta.
  • Lo stai dicendo per infastidirmi.
  • Non ci credi veramente.
  • Ti senti così perché non vai bene a scuola.

 

  1. Rassicurare, simpatizzare, consolare, sostenere

L’essere rassicurato può far sentire incompreso il problema nell’importanza che ha per la persona (“Non diresti così se sapessi lo spavento che provo”). I counsellor spesso rassicurano e consolano perché si sentono a disagio quando la persona è ferito, arrabbiato, disperato ecc. e ciò può far sentire la persona non accettata per quello che sente. Questi messaggi comunicano che il counsellor desidera che l’altro smetta di sentirsi in un determinato modo (“Non abbatterti, tutto si risolverà”)

Questo tentativo di cambiare la persona fa perdere la fiducia negli altri, visto che gli altri non danno fiducia a lei (“Lo dici solo per farmi sentire meglio”).

Minimizzando o compatendo si arresta la comunicazione perché il cliente sente che il counsellor vuole che egli smetta di provare ciò che prova.

Le forme di rassicurazione implicano spesso che la persona ansiosa è esagerata, non è ancorata alla realtà, in qualche modo un po’ “folle”. Questo crea ostilità rispetto ai tentativi di consolare o rassicurare.

Cercare di farlo sentire meglio, di distrar­lo dal suo stato d’animo, di dissipare le sue emozioni, di negare la pesantezza dei suoi sentimenti:

  • Domani ti sentirai diversamente.
  • A tutti i ragazzi capitano queste cose.
  • Non preoccuparti, le cose si aggiusteranno.
  • Potresti essere un ottimo studente, con le tue capacità.
  • Anch’io la pensavo così.
  • E già! A volte la scuola può essere proprio noiosa.
  • Di solito, vai abbastanza d’accordo con gli altri ragazzi.

 

  1. Inquisire, fare domande, interrogare, indagare

 

Questi messaggi possono indurre la persona a credere che non ci sia fiducia in lei, ma che esistano dubbi e sospetti (“Hai fatto come ti avevo detto?”). Spesso i clienti si sentono minacciati dalle domande, soprattutto se non ne capiscono la ragione.

Le domande a volte vengono interpretate come “trappole”, tentativi di far uscire allo scoperto per poi aggredire. Non a caso spesso la risposta è un’altra domanda (“perché me lo chiedi? Dove vuoi arrivare?”).

Se la persona sta parlando di un suo problema può avere l’idea che le domande gli vengano fatte al fine di raccogliere informazioni per risolvergli il problema, più che lasciargli trovare la propria soluzione.

Il fare una domanda vuol dire indirizzare la persona a parlare di un solo aspetto, e di nient’altro; ciò limita la libertà della persona di parlare di ciò che desidera. Interrogare è il modo meno funzionale per avere una comunicazione aperta e costruttiva.

Cercare ragioni, motivi, cause; richiedere altre informazioni che possano aiutarvi a risolvere il problema:

  • Quando hai incominciato a sentirti così?
  • Perché ti sembra di odiare la scuola?
  • Ma le tue amiche ti dicono perché non vogliono giocare con te?
  • Con quanti altri ragazzi hai parlato del lavoro che devono fare?
  • Chi ti ha messo in testa queste idee?
  • Che cosa farai se non andrai all’università?

 

  1. Cambiare argomento, sottrarsi, distrarre, sdrammatizzare, minimizzare, fare battute scherzose, ironizzare

 

Questi messaggi possono comunicare che non si è interessati alla persona, che non vengono rispettati i suoi sentimenti, o addirittura il rifiuto per la persona stessa. La serietà del discorso può venire svalorizzata, e la persona offesa. Quando si risponde scherzando, possono sentirsi feriti o respinti.

Si può riuscire temporaneamente a distrarli o ad alleggerire l’intensità di alcuni sentimenti o problemi, che però non sempre svaniscono. Spesso, anzi, ricompaiono in un altro momento. Posticipare la soluzione di un problema non vuol dire risolvere il problema.

Se la persona non si sente ascoltata e capita con rispetto si reprimerà e cercherà soluzioni altrove.

Distogliere l’attenzione della persona dal problema, tirarvi indietro, distrarre, fare dello spirito o eludere il problema:

  • Cerca di non pensarci adesso. Piuttosto, raccontami cosa hai fatto di bello oggi…
  • Ma dai! Parliamo di argomenti più piacevoli.
  • Come va con la pallacanestro?
  • Già che ci sei, perché non dai fuoco alla scuola?
  • È una storia vecchia.

 

Le «Dodici Risposte Tipiche»

Per comprendere gli effetti che queste Dodici Ri­sposte Tipiche possono avere su un utente o sul rappor­to genitore-figlio, insegnante-alunno ecc. occorre innanzitutto comprendere che le risposte verbali contengono in genere più di un significato o di un messaggio.

Quando il counsellor dice qualcosa a un cliente, spesso dice qualcosa su di lui. Questo è il motivo per cui qualsiasi comunicazione con un cliente ha un impatto tanto grande su di lui e sulla sua relazione col counsellor. Ogni volta che parlate con un utente aggiungete un altro mattone alla relazione che state costruendo insieme. E ogni messaggio gli comunica cosa pensate di lui. Gradualmente l’altro costruisce un’immagine di come lo percepite in quanto persona. La parola può essere costruttiva per l’altro e per la relazione, ma può anche essere distruttiva.

Ecco alcuni effetti segnalati dalle persone circa le risposte barriera:

  • –  Mi fanno smettere di parlare, mi bloccano;
  • –  Mi fanno mettere sulla difensiva;
  • –  Mi fanno discutere e controbattere;
  • –  Mi fanno sentire inadeguato e inferiore;
  • –  Mi suscitano rancore e rabbia;
  • –  Mi fanno sentire colpevole e cattivo;
  • –  Mi fanno sentire obbligato a cambiare, non accettato così come sono;
  • –  Mi fanno pensare che l’altro non mi crede capace di risolvere il mio problema;
  • –  Mi sento trattato in modo paternalistico, come se fossi un bambino;
  • –  Mi fanno sentire incompreso;
  • –  Mi fanno credere che i miei stati d’animo siano inammissibili;
  • –  Mi fanno sentire interrotto;
  • –  Mi fanno sentire frustrato;
  • –  Mi fanno sentire sul banco dell’imputato;
  • –  Mi fanno capire che l’ascoltatore non è interessato.

Queste dodici risposte verbali sono esattamente quelle che gli psicoterapeuti e i counsellor hanno imparato a evitare lavorando con i clienti. Sono risposte potenzialmente non-terapeutiche. I professionisti imparano a fare affidamento su altre modalità di risposta che sembrano comportare un rischio assai minore di indurre l’utente a interrompere la comunicazione, di suscitare in lui sensi di colpa o di inadeguatezza, di ridurre la sua autostima, di costringerlo a mettersi sulla difensiva, di scatenare risentimento, di farlo sentire non accettato, e così via.

La Classe di Esercizi di Bioenergetica quale prevenzione e promozione della salute di M. Alborghetti

Introduzione

L’essere umano individuale e sociale ha una grande difficoltà ad integrare, nel suo stile di vita, l’abitudine giornaliera per la promozione della salute, con l’obiettivo di prevenire malattie psicofisiche e situazioni ambientali nocive.

Nel 1986 l’organizzazione mondiale per la salute (OMS) stilò “La Carta di Ottawa” per definirne un concetto internazionale: “La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere. La salute è un concetto positivo che valorizza le risorse personale e sociali, come pure le capacità fisiche. Quindi la promozione della salute non è una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere”.

Il documento effettua un progetto creativo in cui individuo e ambiente riescono ad integrarsi dinamicamente in un sistema ecologico, energetico collettivo. Purtroppo a tutt’oggi questa sana visione sembra essere un’utopia.

Basti pensare allo stress che accumuliamo giorno per giorno seduti in macchina o ammassati nei mezzi pubblici, ai bambini con le spalle appesantite da zaini colmi di kili di libri, seduti in banchi niente affatto ergonomici, alle contrazioni muscolari e alle posture dannose che tutto questo procura, per chiedersi:

“ma come poter promuovere la salute ?”.

Se aggiungiamo a tutto ciò l’aria inquinata, i cibi contraffatti, le comunicazioni manipolative ingannevoli, provocanti emozioni negative represse o rimosse, abbiamo a sufficienza quanto serve per sentirsi impotenti di fronte a questa triste evidenza.

Entrare nel corpo, scaricare le tensioni, catturare tra le sensazioni agglomerate in noi fin dalla vita prenatale è compito della Bioenergetica, tecnica psicocorporea che attraverso il movimento aiuta ad aumentare le difese immunitarie, uniche sane salvaguardie per non soccombere in una realtà disumana e per potersi assumere la responsabilità della propria salute.

Mobilitando voce e corpo all’unisono, considerando anche la motricità delle dita dei piedi e del volto, gli esercizi delle classi di Bioenergetica permettono di approfondire il respiro in modo naturale con l’obiettivo di:

1) entrare in contatto con le proprie emozioni per trasformarle creativamente;

2) promuovere processi energetici e metabolici quali funzioni basilari della vita;

3) scaricare le tensioni accumulate e ricaricarsi di energia positiva;

4) aumentare l’autostima;

5) sentire il senso di appartenenza al gruppo per estenderlo nel mondo;

6) sentire le contrazioni muscolari per migliorare la postura corporea e la deambulazione.

Prendendo atto che la salute psicofisica è interdipendente con le percezioni emozionali e con fattori affettivi, ambientali, nutritivi e socioculturali, il ruolo delle emozioni è il principale motivo scatenante degli squilibri organici e psicologici.

La capacità di riadattarsi continuamente all’ambiente, di modulare le emozioni, di integrarle e gestirle secondo il principio di realtà interiore ed esteriore, rende l’individuo responsabile della propria salute malgrado tutti i fattori esterni dannosi.

L’essere umano in questa ottica non è più in balia del destino, dell’ambiente e dei medici, egli è attore, produttore e regista della propria vita, del proprio benessere fisico ed emotivo.

La padronanza della propria salute richiede un continuo contatto con le proprie sensazioni e contrazioni corporee, con il proprio respiro e battito cardiaco in connessione alle emozioni e i pensieri stimolati dall’ambiente.

Sentire che ciò “che accade nella mente riflette quello che succede nel corpo e viceversa”(1) significa avere la cognizione dei propri bisogni e aspettative, del proprio respiro, del modo di camminare e della postura corporea per attuare una trasformazione creativa che rispetti i ritmi personali e collettivi.

Sono rari gli individui consapevoli che i malesseri organici e psicologici sono determinati anche dal modo di respirare, incedere e sedersi: “i piedi allargati verso l’esterno, le loro dita contratte, le ginocchia rigide, le spalle curve e il bacino retratto” fanno ridurre la respirazione ed irrigidire la mascella producendo danni alla vista, alla gola, alla colonna vertebrale, ai polmoni ed a tutti gli organi della digestione.

La restrizione del respiro in lunghi tempi provoca l’ansia e l’abbassamento delle difese immunitarie, conseguentemente gravi malattie organiche. Purtroppo i disagi posturali e respiratori si innescano fin dalla prima infanzia creando continui problemi psicofisici, comportamentali, familiari, scolastici e lavorativi.

Attraverso il movimento Bioenergetico si entra a contatto con tutte le difficoltà del proprio corpo, in una continua interazione con se stessi e con gli altri. L’energia che scaturisce si orienta spontaneamente verso un processo di crescita e di responsabilità della propria esistenza salubre e socializzante.

L’integrazione delle classi di esercizi di Bioenergetica nelle scuole, nelle università, negli uffici, nei centri anziani e nella preparazione al parto, è una vera fonte di prevenzione e promozione della salute.

L’esperienza psicocorporea Bioenergetica differisce da tutte le altre pratiche motorie, perché permette di entrare a contatto con le emozioni percettive e comportamentali esploranti il profondo senso del SE corporeo.

(1) A. e L. Lowen “Espressione ed integrazione del corpo in Bioenergetica” – Astrolabio Roma 1979.

Il concetto di radicamento (Grounding), messo a punto da A. Lowen, conduce le persone nella realtà interiore ed esteriore ampliando la possibilità di sviluppo attraverso l’autoconoscenza e il progresso delle risorse individuali rispettando i ritmi personali. Mente e corpo si integrano tra di loro esprimendo un comportamento proteso alla sintonia personale e collettiva.

La classe di esercizi Bioenergetici costituisce un investimento proficuo nel benessere familiare, lavorativo, scolastico e sociale.

Cos’è la classe di esercizi di Bioenergetica?

La classe di esercizi di Bioenergetica è un tempo ed uno spazio donato al benessere personale attraverso movimenti psicofisici che prendono in considerazione la totalità di un corpo vibrante, riduce lo stress, agevola l’ascolto delle sensazioni cenestesiche, delle emozioni, del respiro e dell’equilibrio posturale.

Gli esercizi Bioenergetici si definiscono psicofisici, poiché ogni espressione motoria studiata da Alexander Lowen prevede l’unità mente corpo.

L’essere umano è preso in considerazione nell’aspetto psicologico, nella postura corporea radicata (grounding), nella respirazione profonda, nell’anatomia del movimento di ogni segmento corporeo, scientificamente messi a punto per permettere l’armonia dei centri di energia vitale, il risveglio dei naturali potenziali di auto guarigione e l’espansione individuale.

Ogni motilità espressiva viene enfatizzata da suoni vocali spontanei che sgorgano dal proprio corpo, in sintonia con i movimenti; la voce promuove e recupera la respirazione profonda senza ricorrere alla mente che volitivamente pensa “inspiro……….espiro………….”, inoltre dà carica e significato all’azione corporea. E’ solo il corpo che muovendosi ed esprimendo vocalmente il suo sentire, ritrova il naturale respiro e il contatto con le emozioni del periodo ancestrale.

Grounding e Voce sono le caratteristiche fondamentali della Bioenergetica, le quali permettono la carica e la scarica dell’energia, nel giusto fluire della circolazione sanguigna, di tutti i flussi corporei e dell’acqua, senza provocare inversioni energetiche pericolose per l’equilibrio psicofisico personale. Il suono del corpo e la postura corporea differenziano la Bioenergetica da qualsiasi altra tecnica motoria (aerobica, yoga, balli latini americani, biodanza, talvolta denominati abusivamente come “terapie”),

Si denomina “Classe” e non “Gruppo” perché non sono le parole che raccontano e dinamizzano gli incontri attraverso rilevanti conflitti che cercano soluzioni verbali, ma è un corpo che si esprime nel movimento psicofisico, accompagnato da vocalizzi, il cui unico scopo è quello di percepire le tensioni che lentamente si sciolgono come neve al sole, di ammorbidire le asperità nel sentire le vibrazioni corporee e nel liberarsi dello stress accumulato.

Nella classe di esercizi di Bioenergetica le dinamiche intrinseche ad ogni gruppo, ora distruttive, ora creative e salutari, nello loro dualità si palesano e si risolvono solo nell’espressione motoria e vocale che all’unisono manifestano significativamente l’emozione che sgorga dal cuore con la genuina spontaneità del bambino.

La naturalezza dei movimenti e della voce non feriscono come quando si usano le parole, perché l’espressione non è il prodotto della mente razionale, ma è il libero spontaneo linguaggio del corpo che offre la catarsi giocosa di un’innocenza perduta, il cui unico scopo è quello di crescere gioiosamente vitali.

La classe di esercizi di Bioenergetica non è una psicoterapia, ma un valido aiuto, un sostegno per chi vuole liberarsi dallo stress dei giorni rutilanti; è uno spazio protetto, contenuto e adeguato.

Il bisogno psicofisico di liberarsi dalle tensioni accumulate può scaricarsi attraverso movimenti che permettono l’espressione della rabbia repressa, senza perdere i propri confini e senza sentirsi in colpa.

Ogni emozione espressa profondamente, vissuta nel corpo e nella mente, aiuta a lasciare andare il surplus di energia bloccata nelle contrazioni muscolari e nelle rigidità articolari donando sensazioni rigeneranti che aumentano il personale radicamento nella realtà esteriore ed interiore.

L’energia vitale e l’entusiasmo della vita aumentano visibilmente entrando a contatto con le percezioni sensoriali della pianta dei piedi (collassata o ben radicata), delle dita (aggrappate o rilassate), delle ginocchia (rigide o flessibili), delle anche, del bacino, del respiro (profondo o superficiale), della colonna vertebrale (contratta o flessibile), man mano con tutte le parti del corpo fino ad arrivare alla mascella, alla lingua, agli occhi ed al cuoio capelluto.

Il corpo nel far fluire in un’unica corrente continua (energia, acqua, circolazione sanguigna, flussi interstiziali, intercellulari e linfa vitale) inizia a sentire e conoscere come darsi gioia e salute.

La persona vibrante non si pensa più come immagine, ma sente l’unità, la totalità tra mente e corpo, l’intima percezione di trovare la porta per poter uscire da quella falsa percezione di se, aggrappata alle illusioni, al potere, allo status, alle opinioni precostituite, al credere che ogni accadimento appartenga al caso accidentale e mai alla partecipazione inconscia.

La comunicazione creativa tra mente e corpo, tra sensazioni e inconscio, permettono la sintonia musicale di “un’orchestrina interna” in cui la tenerezza del bambino, il gioco del fanciullo, il romanticismo dell’adolescente, l’avventura del giovane adulto e la responsabilità dell’adulto padrone degli eventi della vita, si armonizzano tra loro donando salute e bellezza interiore.

Quanto più sono chiare le percezioni del proprio corpo in tutti i suoi distretti, del contatto profondo con se stessi e con il terreno che sostiene, tanto più sono forti e profonde le radici della persona e le sue possibilità di espandersi secondo il principio di realtà personale, spazio temporale.

Quando Alexander Lowen parla di espansione sottolinea l’importanza di sentire i propri confini, quelli che riguardano, innanzi tutto, il rispetto del quantum di energie che abbiamo a disposizione, al fine di far vivere “l’orchestrina interiore” e mantenere la salute vibrante.

Solo se riconosciamo ad ogni orchestrale, interiore, il diritto di esistere nelle sue specifiche funzioni, riusciamo a mantenere il salutare equilibrio psicofisico. Se uno di essi si sente dimenticato il corpo fa sciopero, si ammala, il suo S.O.S ci fa scuotere, reclama il riconoscimento del bisogno profondo di far suonare in sintonia ogni componente “dell’orchestrina interiore”.

La musica del corpo va rispettata perché è ciò che ci offre salute e tanta energia vitale, essa può esprimersi in modo equilibrato solo se si è veramente grounding.

 

Grounding

Il primo obiettivo della Bioenergetica è il radicamento, definito da Alexander Lowen “grounding”, poiché è ciò che riesce a far sentire l’unità tra il corpo e la mente, l’integrazione tra la realtà interna e quella esterna.

Nella posizione grounding i piedi e le gambe hanno un contatto interattivo con la terra, per prendere energia, per scaricare le tensioni, per sentirsi sostenuti e mai traditi, poiché la terra è sempre lì e ovunque a nostra disposizione, poiché la terra è la realtà stabile, è la piattaforma dove si costruiscono le fondamenta della persona.

Stando in grounding l’apertura dei piedi è perpendicolare alle spalle oppure ai fianchi (se sono più larghi), gli alluci sono lievemente convergenti tra loro, per essere in linea con le ginocchia che a loro volta sono leggermente flesse, il bacino è lievemente retratto per agevolare il rilassamento della spina dorsale, la profondità del respiro, e del fluire dell’energia fino alle dita dei piedi.

Le ginocchia rigide provocano una forte contrazione dell’ano, della spina dorsale e della respirazione, non permettono il fluire dell’energia, del sangue e di tutti i flussi corporei, non danno un equilibrio stabile come contrariamente avviene quando le ginocchia sono flesse.

Il corpo, nella posizione grounding, si appropria di una postura solida e radicata nella terra e nella propria interiorità, si rende pronto all’espansione verso il cielo come i rami di un albero il cui tronco ha messo lunghe radici nel sottosuolo.

La terra offre un senso di sicurezza psicofisica stabile, il cielo dona l’energia universale di cui ci nutriamo attraverso il respiro.

Cielo e terra, padre e madre simbolici che nel dare il giusto orientamento nel mondo in cui si sta in piedi, nutrono ed aprono il varco alle percezioni sensoriali di tutte le parti del corpo.

Il principale scopo del grounding è la salute in un corpo vibrante con solide fondamenta, proprio per questo obiettivo ogni classe inizia con molti movimenti dei piedi, delle gambe, della respirazione e dell’orientamento nello spazio.

L’esercizio utile ad un buon radicamento è l’automassaggio della pianta piedi con un bastoncino cilindrico, per sentire dove sono le contrazioni corporee corrispondenti, per scioglierle e per radicarsi nella terra rilassati. Si procede poi con motilità protese a sciogliere le dita dei piedi ed a rendere forte e flessibile l’arco plantare.

Salendo verso l’alto si sciolgono le caviglie, le ginocchia, le anche e il bacino. I numerosi movimenti si alternano di volta in volta in modo creativo, tenendo sempre conto delle difficoltà e della crescita dei partecipanti.

Piccole vibrazioni che rendono le gambe e il bacino pieni di energia vitale si percepiscono e si notano dopo che i muscoli delle parti inferiori del corpo sono stati mobilitati e decontratti.

Gli esercizi per il busto, per le braccia e le mani, offrono l’opportunità di sentire l’armonia tra il basso e l’alto, tra la destra e la sinistra, tra la parte tenera del cuore e la parte dura della colonna vertebrale.

I numerosi movimenti degli arti superiori sono sempre espressi in sintonia con la parte inferiore; il grounding è continuamente presente in tutte le espressioni corporee, poiché è l’unica postura corporea, attentamente studiata da Alexander Lowen, che permette a tutte le libere espressioni motorie di mantenere i personali confini senza sovraccaricare di energia la testa.

Le espressioni motorie svolte in grounding permettono il libero fluire dei sentimenti che nascono dal cuore in una corrente continua con l’energia, il sangue e tutti i flussi corporei che scivolano fino alle dita dei piedi, nelle braccia, nel collo e nella testa, coinvolgendo labbra ed occhi. Dopo una classe la pelle del viso e gli occhi sono più luminosi, tutto il corpo estrinseca vitalità.


Voce e Respiro

La voce accompagna ogni movimento ed ogni postura in grounding per esprimere le emozioni, per approfondire la respirazione ed agevolare le vibrazioni. Respiro e vibrazioni attraversano le vertebre come dentro una canna di bambù, sciogliendo le eventuali contrazioni che man mano si rilassano per rendere la colonna vertebrale forte e flessibile.

A questo proposito voglio ricordare una paziente che era convinta di non riuscire mai a piegare in avanti la spina dorsale fino a toccare con le dita la terra, si curvò solo quando si decise a urlare forte tanti “NO” facendo flettere in su e in giù le caviglie e le ginocchia, ciò provocò in lei una lieta meraviglia tanto che esclamò “ma che miracolo!”.

Il corpo nell’esprimere ad alta voce tutti i “NO” che aveva introiettato e che non aveva mai manifestato durante tutta la sua vita, spontaneamente aveva approfondito la respirazione che ha sciolto tutte le contrazioni e i blocchi energetici, creando così spazi tra le vertebre per il libero fluire dell’energia corporea, dando luogo a piacevoli vibrazioni.


Carica, Scarica e Vibrazioni

La corrente continua dell’energia, della circolazione sanguigna, dell’acqua, di tutti i flussi corporei, interstiziali e intercellulari, nel caso descritto, hanno rilassato la colonna vertebrale promuovendo le vibrazioni e lasciando scaricare le energie stagnanti e caricare il corpo di energie positive.

Il flusso che scorre lungo la parte anteriore carica il cuore, gli occhi, le braccia e le mani dando origine all’amore ed alla creatività, il flusso che attraversa la parte posteriore carica la colonna vertebrale, le gambe, le braccia, gli occhi, dando origine alla collera.

L’incontro dei due flussi permette una sintesi positiva tra l’elemento tenero e l’elemento aggressivo che all’unisono conferiscono alla persona una espressione oculare e corporea viva, donante la capacità di raggiungere i propri obiettivi e di lasciarsi andare al piacere della vita, mantenendo sempre i propri confini.

La scarica del surplus di energia avviene verso la terra sciogliendo l’addome e tutte le contrazioni, facendo sentire la persona fiduciose di poter tenere sempre in sintonia la salute e la gioia di vivere, dando luogo a piccole vibrazioni in tutto il corpo.

Alcune persone, particolarmente rigide e congelate, per non sentire le emozioni, contraggono le vibrazioni, la carica e la scarica dell’energia, bloccando il percorso naturale dei flussi del corpo.

Il percorso della corrente continua dell’energia vitale è vissuto con molta paura, con un senso di vuoto allo stomaco, e con ansia, perciò s’irrigidiscono ancora di più autoprovocandosi dolori muscolari o contrazioni spasmodiche molto simili ad una crisi isterica, oppure il panico inconscio crea un’inversione di energia che anziché scaricarsi in terra sale verso la testa.

In questo caso interviene la preparazione scientifica del conduttore di classi di esercizi di Bioenergetica, il quale, riconoscendo le varie strutture caratteriali attraverso l’espressione corporea, farà in modo di prevenire l’eventuale disagio intervallando i movimenti con il bend-over oppure con posture adeguate all’ascolto interiore, posizione del sultano o fetale, grounding sdraiato o in piedi, con una mano sul cuore ed una mano sulla zona pelvica.

Il conduttore, durante il training, apprende come modulare l’andamento delle espressioni corporee seguendo i ritmi e le pulsazioni dei molteplici corpi che spontaneamente si muovono nello spazio.

Lentamente anche le persone più rigide e congelate sentiranno che la carica e la scarica, che i piccoli movimenti involontari creati dalle vibrazioni corporee, sono essenziali per l’organismo quanto per la psiche; che le vibrazioni non sono indice di debolezza, ma sono utili per rilassare le tensioni e per sentire la vitalità.


Bend-over

Le motilità in posizione eretta sono spesso alternate con il bend-over che si svolge flettendosi lentamente verso il basso, sentendo vertebra per vertebra fino ad appoggiarsi al suolo con tutti e 10 i polpastrelli delle mani, abbandonando il collo verso la terra e guardando dietro di se, mantenendo sempre le ginocchia flesse ed i piedi distanti paralleli ai propri fianchi e gli alluci convergenti tra loro.

Questa posizione agevola un senso di rilassamento, di auto protezione delle parti tenere ed allunga le vertebre della colonna vertebrale. La testa completamente abbandonata e l’appoggio del corpo sui piedi e sulle mani, consente un maggior flusso energetico ed un migliore radicamento tanto da agevolare piacevoli vibrazioni.

Dalla posizione bend-over si può decidere di risalire lentamente in grounding o di scendere verso la terra per eseguire esercizi in posizione seduta o sdraiata. In questo ultimo percorso dal bend-over si passa nella posizione del sultano.


Posizione del Sultano

Scendere verso la terra con le ginocchia flesse, appoggiare la fronte solo sulle dita delle mani, allargare i gomiti, rimanere a contatto con il battito cardiaco e la respirazione, per sentire il respiro che si prolunga verso i genitali e l’ano, lasciati aperti, rilassati e pulsatili, per percepire la schiena distesa, lo sterno ed il cuore completamente aperti e fiduciosi perché protetti da madre terra.

Il senso di abbandono verso il pavimento fa sentire la tenerezza e l’energia vibrante senza timore di perdersi in essa.

La posizione del sultano può essere seguita da molteplici attività motorie in posizione seduta o in ginocchio, oppure completamente sdraiati e aderenti alla terra con tutta la parte tenera del proprio corpo;

in posizione prona in ascolto del ritmo cardiaco, del respiro che nella sua profondità riesce a rilassare e sollevare il bacino passivamente; lo stomaco e gli intestini si dilatano e si restringono grazie ai movimenti involontari prodotti dall’inspirazione ed espirazione.

L’ascolto del proprio corpo in silenzio è un momento magico in cui si è soli con le intime pulsazioni che in sintonia con tutti i presenti alla classe creano un’unica energia vitale aggregante senza parole.


Colonna Vertebrale

Seguiranno esercizi supini particolarmente adatti per fortificare e rendere flessibile la colonna vertebrale quale struttura portante di tutto il corpo.

In molte persone si manifestano patologie della spina dorsale quali la scogliosi, la cifosi e la lordosi. Il danno non è soltanto estetico ma psicofisico, poiché la spina dorsale è direttamente collegata a tutti gli organi interni della testa, del collo e del tronco, coinvolgendo indirettamente occhi, mascella, braccia, mani, gambe e piedi.

Le deviazioni della colonna vertebrale producono la deformità del torace o dell’addome o entrambe con conseguenti affezioni degli organi ivi contenuti (polmoni, cuore e reni). Purtroppo queste malattie, essendo l’esito finale di forti blocchi emozionali intervenuti nei primi 5 anni di vita, sono anche l’origine di molte gravi difficoltà psicologiche.

La Bioenergetica, avendo chiara questa premessa, prende in considerazione la muscolatura del tronco, i sentimenti e le forti emozioni di dolore in esso contenuti.

Tutti gli organi interni che vivono nel busto e tutte le emozioni in essi connessi, si irradiano verso la testa, le spalle, le braccia e le mani.

Nella parte posteriore del tronco c’è la spina dorsale dove sono congelate tutte le forti emozioni di rabbia repressa dalla prima infanzia in poi, ciò ha prodotto una alterazione a livello muscolare. Il funzionamento anomalo dei muscoli paravertebrali influenza lo sviluppo della colonna, portandola ad assumere posture innaturali che influenzano negativamente la respirazione e la salute psicofisica.

In virtù di queste constatazioni, nella classe di bioenergetica si svolgono numerosi esercizi sdraiati per la colonna vertebrale, accompagnati da brevi espressioni vocali che manifestano l’antica rabbia incastonata nelle vertebre. I “NO”, i “BASTA”, i “VIA”, i “FUORI”, si sintonizzano ai movimenti, aiutano a scaricare il non espresso e il non vissuto per anni, con lo scopo di scongelare le emozioni rimosse e caricare il corpo di energia vitale.

L’energia, il sangue e tutti i flussi del corpo iniziano a fluire seguendo la corrente continua della circolazione sanguigna, la persona distesa sul materasso o sul pavimento sente il giusto sostegno dalla terra e dalla posizione grounding da sdraiati, le ginocchia sono flesse, gli alluci sono lievemente convergenti tra loro, aperti quanto la larghezza dei propri fianchi, per dare rilassatezza ai genitali, all’ano, alle vertebre e alla profondità del respiro.

Nei movimenti si pone molta attenzione alle articolazioni della cervicale e lombo sacrale poiché sono il punto d’incontro tra forze opposte: la gravità che viene dall’alto (doveri, pressioni autoritarie e sensi di colpa) e il piacere che viene dal basso (gioco, avventure e orgasmo). Il conflitto tra l’alto ed il basso, misconosciuto, rimuove la rabbia, il dolore, la paura, la vergogna e il bisogno d’amore e si converte in patologie della spina dorsale, della cervicale, del desiderio sessuale, dell’equilibrio psicologico e in molteplici malattie organiche dell’infanzia, dell’adolescenza, dell’età adulta e della senilità.

Il movimento bioenergetico permette di sentire ed esprimere i propri reali disagi interiori durante la condivisione corporea nella classe.

Gli esercizi aiutano ad eliminare la scissione tra sintomo ed emozione, tra l’alto ed il basso, creando un’unità corporea dove si sente la luce del giorno dal diaframma alla testa e la luce della notte dal bacino ai piedi. Sole e luna, nella loro reciprocità altalenante appartengono all’equilibrio dell’universo che si perpetua nell’essere umano. Questo equilibrio nella sua perenne dualità manifesta l’essenza del bene, del male, della calma e della furia.

Le espressioni motorie protese a liberare le vertebre dall’antica rabbia repressa, sono sempre seguite da stretching individuali o in coppia, per accrescere la tonicità dei muscoli, per creare stati di rilassamento e per aprire le contrazioni cocso-femorali.


Stretching

Lo stretching è indispensabile per allungare i muscoli e i tendini, al fine di lasciare spazio sufficiente tra una vertebra e l’altra, per la flessibilità articolare e per il fluire dell’energia e di tutti i flussi del corpo.

Quando si accorciano i muscoli e i tendini, le vertebre e tutte le giunture articolari non hanno spazio tra loro, sono costrette ad incastonarsi e restringersi, provocando attriti che in lunghi tempi danno luogo a patologie a carico delle ossa e degli organi ivi connessi.

Il sintomo è un S.O.S. corporeo che ci dice che stiamo facendo qualcosa di errato, va ascoltato attentamente per aiutarci a trovare la strada giusta per la nostra salute.

Lo stretching in coppia aiuta a sciogliere le tensioni, le rigidità e i blocchi energetici in modo gradevole.

Il contatto dei piedi o delle gambe o della colonna vertebrale crea uno scambio di calore corporeo e di energia che agevola senza sforzo gli allungamenti delle vertebre della colonna e delle gambe, promuove il fluire di tutti i flussi, del sangue e dell’energia.

L’aumento della comunicazione positiva tra corpi interagenti tra loro, scioglie le rigidità dove sono incastonate le antiche emozioni rimosse convertite in sintomi, rende l’organismo sano e vibrante.

Il forte stress nella zona lombo sacrale e cervicale si manifesta in seguito al conflitto rimosso, tra desiderio, che corrisponde alle regole formali del collettivo e bisogni personali; con lo stretching in coppia, la dualità tra forze inconscie trova una soluzione salutare.


Espressione della rabbia

Il lavoro corporeo Bioenergetico a differenza di altre tecniche motorie utilizza la manifestazione della rabbia e della risata col corpo e con la voce, poiché si è constatato che i disagi psicofisici che si manifestano in qualsiasi età sono la manifestazione sintetica di emozioni congelate nel corpo.

L’impoverimento delle espressioni emotive a volta può disturbare il movimento spontaneo.

Nel nostro corpo rimangono i segni delle emozioni infantili represse che hanno generato una serie di blocchi che impediscono il fluire liberamente dell’energia.

Scopo delle espressioni corporee aggressive è quello di far bloccare le stasi di energia per ristabilire il flusso della propria vitalità in armonia con se stessi e il sociale.

Le rabbie morte, le paure sepolte, le emozioni represse, attraverso espressioni motorie aggressive si manifestano stabilendo una efficace catarsi tra il passato e il presente; si sciolgono i blocchi energetici che avevano paralizzato il movimento e l’autoaffermazione, danneggiando la salute.

La rabbia rimossa nell’inconscio e nelle stasi di energia che si traduce in sintomi organici o psicologici, trova uno scarico in una situazione protetta e contenuta dal conduttore della classe e dalla postura corporea grounding (in posizione eretta o sdraiata).

Il grounding, la respirazione, la voce ed i movimenti corporei scientificamente studiati, permettono l’espressione di rabbia, di dolore o di autoaffermazione, senza perdere i personali confini, senza entrare in uno stato di isteria o di eccessiva eccitazione dovute ad una inversione di energia.

Il senso di colpa, il sovraccarico di energia nella testa e le interazioni distruttive col prossimo sono saggiamente contenute dalla postura. La posizione grounding accompagnata da una parola capace di esprimere, sinteticamente, l’emozione personale consente l’incontro tra energia posteriore (aggressiva) ed energia anteriore (tenera), aprendo così il cuore all’amore.

La combinazione tra azione fisica e parola concentrano il sentimento emozionale. I sentimenti teneri in armonia con i bisogni personali, adeguati al principio di realtà, proteggono e mantengono l’integrità psicofisica dell’organismo dove regna la pulsione di vita, di amore, rispetto e solidarietà.


Bacino

Gli esercizi per la colonna vertebrale sono alternati con quelli del bacino e della rabbia per sbloccare le stasi di energia della zona pelvica la cui immobilità è causa di difficoltà di natura sessuale, lavorativa e di gioia di vivere.

I movimenti del bacino si possono svolgere in posizione eretta, in ginocchio, in posizione supina e prona, individualmente o in coppia se si rende necessario il contrasto verbale o corporeo.

Ogni esercizio sia in posizione sdraiata che eretta tiene sempre presente le regole del grounding, la connessione tra l’alto ed il basso.

Il bacino vibrante apre le persone all’amore, alla conoscenza, al piacere della vita non solo sessuale ma nella totalità del proprio SE.

Seguono poi le attività Bioenergetiche per le braccia, mani, collo e volto.


Esercizi del volto

I movimenti della mimica facciale, pur essendo vissuti come qualcosa di ridicolo, sono d’enorme utilità per dare salute alla pelle, agli occhi, alle orecchie e ai denti, alimentano i pensieri positivi, mantengono attiva la memoria e l’intelligenza creativa, rilassano le vertebre cervicali, approfondiscono il respiro in modo naturale. Permettono di sentire come ogni atteggiamento abituale delle labbra e degli occhi, nel sorridere e nel parlare, possono aumentare o diminuire le contrazioni a carico degli occhi, del naso, della gola, delle vertebre cervicale e del respiro, provocando numerose problematiche psicologiche o gravi patologia agli organi deputati.


Massaggio e rilassamento

Ogni classe si conclude con il massaggio o con il rilassamento corporeo, per percepire in modo selettivo ogni segmento corporeo in uno stato di passività, per sentire il piacere del contatto e della reciprocità.

Gli esercizi di rilassamento quali la visualizzazione dei colori per ogni piccola parte del corpo o il training autogeno, permettono uno stato di pace con il mondo interno ed esterno in un sentimento di vicinanza con i partecipanti alla classe.


Conclusione

Sentire l’energia corporea significa migliorare la salute e fare scelte spontaneamente salubri, morali e felici, perché la persona che fa Bioenergetica quotidianamente è ben radicata nel proprio corpo e lo sente sano e vibrante, pronto a dare e ricevere sostegno in una partecipazione empatica con la propria totalità e con il mondo.

Tratto da www.bioenergeticaonline.it

L’abilità di prestare attenzione a cura di Maurizio D’Agostino

La relazione di aiuto serve a facilitare, all’interno della persona, lo sviluppo di tre fondamentali processi intrapersonali: ESPLORAZIONE, COMPRENSIONE, AZIONE.

FASE DI PRE-AIUTO
L’abilità di “prestare attenzione” facilita il coinvolgimento della persona nella relazione d’aiuto e getta le basi per una risposta che faciliti l’autoesplorazione della persona.

PRESTARE ATTENZIONE COINVOLGIMENTO
“Prestare attenzione” richiede la capacità di comunicare alla persona un’attenzione totale e incondizionata.
“Prestare attenzione” è la pre-condizione necessaria dell’aiuto.

SCHEMI: Le abilità di “prestare attenzione” comprendono:
· prepararsi all’attenzione:
· Preparare gli utenti
· Contattare
· Informare
· Incoraggiare
· Preparare il contesto (o ambiente fisico) (facilitare-familiarizzare-tenere ordine)
· Predisporre il mobilio
· Predisporre gli oggetti
· Luogo (setting)
· Preparare noi stessi
· Ripassare (ciò che sappiamo della situazione d’aiuto, appunti, ecc.)
· Rivedere gli obiettivi del processo di aiuto (scopi dei nostri contatti o colloqui con l’utente)
· Rilassarsi (esercizi di rilassamento, ecc.)
· prestare attenzione alla persona
· Mettersi di fronte
· Postura aperta, piegarsi leggermente in avanti
· Contatto con gli occhi
· osservare: le abilità di osservare richiedono la capacità del Counsellor di vedere e di comprendere il comportamento non-verbale dell’utente.
· Osservare l’aspetto esteriore e il comportamento
· Inferire il grado di energia
· Osservare la postura
· Osservare la cura di sé
· Espressioni non verbali
· Osservare le caratteristiche corporee (strutture bioenergetiche)
· Inferire i sentimenti (stato emotivo)
· Osservare le espressioni del viso
· Osservare le posture del corpo
· Osservare i movimenti del corpo
· Inferire la disponibilità intellettuale a ricevere aiuto (dall’osservazione dell’aspetto, del comportamento, posizioni del corpo, movimenti del corpo ed espressioni del viso)
· ascoltare
· Avere un motivo per ascoltare
· Modo di presentarsi
· Tono della voce
· Parole dell’utente
· Sospendere il giudizio
· Sospendere i nostri valori personali
· Sospendere le nostre opinioni personali
· Sospendere le soluzioni premature
· Concentrarsi sull’utente
· Resistere alle distrazioni
· Concentrarsi sui comportamenti esteriori degli utenti
· Concentrarsi sui comportamenti interiori degli utenti
· Concentrarsi sul contenuto
· Chi?
· Cosa? Perché?
· Quando? Dove? Come?
· Ricordare le espressioni
· Contenuto
· Sentimento
· “buchi”
· Ricordare i temi ricorrenti
· Ripetizione
· Intensità
· Temi ricorrenti

L’intero processo di aiuto verbale dipende dalla nostra abilità di ascoltare e di decodificare il contenuto e il sentimento delle molteplici espressioni che le persone tentano di inviarci.

COMUNICAZIONE NON VERBALE a cura di Maurizio D’Agostino

1.      I movimenti e le caratteristiche statiche del corpo Comprendono i gesti, il movimento generale del corpo, le espressioni facciali, il movimento degli occhi, la postura ed anche altri aspetti del corpo che durante una conversazione rimangono stabili come l’altezza, il peso e il fisico in generale.
2.      La dimensione paralinguistica Comprende non solo il tono della voce, le vocalizzazioni, i ritmi del discorso ma anche le pause di silenzio, gli errori di lingua, i lapsus e così via.
3.      La dimensione prossemica Comprende le distanze fisiche che si tengono nelle conversazioni, le posizioni che si assumono in piedi o da seduti, l’uso che si fa dello spazio personale e il modo di gestire i confini del contesto fisico, come la disposizione degli oggetti quali i tavoli e le sedie e il modo di muoversi in relazione ad essi.
4.      L’ambiente in generale Come l’ordine, il disordine, la presenza o assenza di fiori, di quadri sulle pareti, abbondanza o scarsezza di luce, controllo o meno dei rumori, la tappezzeria, ecc…, trasmette molti significati e stimola particolari reazioni emotive nelle persone.
5.      Il tempo Fanno parte della dimensione tempo i ritardi, gli anticipi, la puntualità nella chiusura delle sedute, il tempo dedicato a contenuti particolari e così via (gestione del tempo nelle relazioni). Di solito l’utente ha meno controllo sull’espressione non verbale che su quella verbale e spesso ciò può contribuire a ottenere informazioni che “sfuggono” all’utente e sono preziose all’operatore per la comprensione dell’utente.Il più delle volte la persona è consapevole dei significati delle espressioni non verbali, altre volte invece esse riflettono significati con i quali la persona ha perso contatto, e può essere importante recuperare tale contatto, rendendosi conto di quali sono i sentimenti e le intenzioni che nascondono e così riportare in tutto sotto il proprio potere decisionale.

COMUNI COMPORTAMENTI NON VERBALI

1.  MOVIMENTI E CARATTERISTICHE STATICHE DEL CORPO 

Espressione degli occhi:
Contatto diretto con gli occhi: attenzione, affetto, voglia di contatto.
Occhi sfuggenti: rispetto, interruzione del contatto, soggezione.
Abbassare gli occhi:
impaccio, riflessione, colpevolizzazione.
Fissare con gli occhi: rigidità, preoccupazione, paura, odio.
Occhi che si spostano continuamente: entusiasmo, ansia, curiosità.
Palpebre che si aprono e si chiudono velocemente: riflessione, perplessità, compiacimento, evitare il contatto con la persona.
Sopracciglia arcuate in su con fronte corrugata: vulnerabilità, senso di povero me, adattamento compiacente.
Occhi inumiditi: tristezza, frustrazione, area emotiva importante toccata, gioia, rabbia.
Spostamento occhi in su, in giù, di lato: riflessione, richiamo di memorie, concentrazione, interesse.
Dilatazione della pupilla: spavento, interesse uso di droga.
Apertura ampia delle palpebre: spavento, interesse.

In genere nei colloqui maggiore contatto con gli occhi tende a indicare:
1.      distanza fisica tra le due persone
2.      discussione di contenuti meno personali
3.      che c’è coinvolgimento interpersonale
4.      posizione di ascolto piuttosto che di comunicazione attiva
5.      che sei donna
6.      appartieni ad una cultura che usa molto contatto visivo nelle interazioni

Minore contatto con gli occhi si ha di solito quando:
1.      le persone sono fisicamente vicine
2.      si discutono contenuti intimi, difficili da comunicare
3.      si è nella posizione di comunicatore piuttosto che di ascolto
4.      c’è imbarazzo, vergogna, soggezione
5.      si appartiene ad una cultura che usa poco il contatto visivo nelle interazioni

Espressioni della bocca
Bocca atteggiata a sorriso: saluto, gioia, timidezza.
Labbra tirate e chiuse: decisione, riservatezza, ostilità.
Mordere le labbra: ansia, controllo di sé, tristezza.
Labbra aperte e rilassate: sorpresa, meraviglia.
Labbra inferiori che tremano: tristezza, solitudine.
Labbra arcuate con estremi in basso: sconforto, rabbia.
Labbra chiuse tirate verso l’esterno: adattamento, gioia formale.

Molte espressioni delle labbra vanno lette in combinazione con altri muscoli ed espressioni facciali.

Espressioni facciali
Contatto con gli occhi e sorriso: soddisfazione, contentezza.
Fronte accigliata, occhi tesi, bocca chiusa. Preoccupazione, rabbia, tristezza.
Occhi e bocca tirati: paura, preoccupazione.
Rossore in volto e sul collo: imbarazzo, ansia, disagio.

Segni del capo
Movimento in su e in giù del capo: accordo, consenso, attenzione.
Oscillazione del capo a sinistra e a destra in modo circolare senza cambiare la posizione verticale: negazione, disapprovazione, disaccordo.
Oscillazione del capo da sinistra a destra scostandosi dalla verticale ma rimanendo nel piano verticale: benevola approvazione ( se occhi vivaci e labbra distese e allargate ), benevola disapprovazione ( se occhi leggermente accigliati e labbra tese e chiuse ), adattamento ( se gli occhi fissano e le labbra sono atteggiate a sorriso forzato ).
Testa inclinata o bocca semiaperta: tristezza, sconforto, preoccupazione.
Testa piegata a destra: passività, accettazione.
Colpo in su della testa e ritorno alla posizione di partenza: sfida.
Colpo in su della testa con blocco nella posizione sollevata: ordine perentorio, sfida.
Sollevamento relativamente lento della testa in su e ritorno meno lento al punto di partenza: incertezza, manca informazione richiesta.

Spalle e arti
Alzata di spalle e immediato abbassamento: rifiuto, non coinvolgimento.
Sollevamento relativamente lento delle spalle: incertezza, ambivalenza.
Spalle alzate con testa incassata tra le spalle: paura, spavento.
Braccia incrociate sul petto (braccia conserte): riposo, chiusura emotiva verso l’altro.
Braccia distese e rigide con pochi movimenti: tensione, rabbia.
Mani tremanti: stanchezza, ansia, rabbia.
Mani chiuse a pugno: ansia rabbia.
Dita che picchiettano: ansia rabbia.
Mano aperta con indice e pollice congiunti ai polpastrelli: determinazione, intransigenza, precisione spinta.
Gambe incrociate: riposo, rilassamento, chiusura verso l’altro.
Gambe aperte e rilassate: apertura allo scambio sociale.
Gambe aperte e piedi girati  all’indentro o piegati sui fianchi: adattamento, passività.
Ginocchia chiuse e piedi uniti: tensione, riservatezza, chiusura a relazioni che implicano intimità.

Il corpo nel suo insieme:
In piedi su un solo piede con l’altro appoggiato alla gamba: precarietà, incertezza, instabilità.
In piedi con gambe leggermente allargate e peso bilanciato su tutte e due le gambe:stabilità, sicurezza.
Inclinazione in avanti: interesse, coinvolgimento, attenzione.
Posizione seduta, gambe distese, spalle rilassate e appoggiate con capo rilasciato in dietro o su un lato: passività, rinuncia.
Da seduto oscillazione avanti e indietro o continuo cambiamento di posizione: agitazione, ansia, preoccupazione.
Seduto sullo spigolo della sedia: tensione, ansia, incertezza.
Giocare con capelli occupare mani con oggetti: distrazione, parziale sgancio dalla relazione.

2. La voce: dimensione paralinguistica Voce bassa non udibile: timidezza, difficoltà ad aprirsi. Rapidi cambiamenti di tono: alternarsi di diversi stati d’animo.Esitazione, balbettamenti, interruzioni: ansia, disagio, forte contatto emotivo.Tono piagnucoloso: dipendenza, compiacimento, manipolazione.Silenzi: preoccupazione, rabbia, confusione, tranquillità, riflessione, impaccio, attesa.Ritmo del discorso lento, veloce, interrotto: cambiamenti rapidi degli stati emotivi e sensibilità ad essi.I toni della voce possono essere informatori involontari molto preziosi degli stati d’animo delle persone che fanno il colloquio.

2.     Gli spazi fisici: dimensione prossemica La persona si distanzia: è stata creata eccessiva intimità, percepita invasività.La persona abbrevia le distanze: desiderio di interazione più calda e personalizzata.Sedersi mettendo oggetti tra sé e l’altra persona: ricerca di protezione e adeguati confini.Sedersi direttamente di fronte: disponibilità a confronto diretto e formale.Sedersi ad angolo: desiderio di contatto socialmente e affettivamente piacevole e non aperto ai invasività.Sedersi di fianco: desiderio di contatto affettivamente profondo con o senza desiderio di contatto fisico.

3.     L’ambiente 

Di solito è utile avere un ambiente fisico piacevole e moderatamente stimolante. Parte di questo ambiente è la persona stessa che conduce il colloquio, il suo portamento, i suoi vestiti, la sua voce, i suoi modi di fare.

4.     Il tempo 

Non tutti gli utenti hanno la stessa percezione del tempo: ad es. alcuni preferiscono molta strutturazione e osservanza fedele degli orari, altri invece hanno un concetto più elastico del tempo e i ritardi possono essere visti parte normale della vita. Anche i limiti di tempo degli incontri sono letti in modi diversi da diverse persone e nei contesti di diversi modelli terapeutici.

In genere gli utenti si sentono poco rispettati se non si sta ai tempi concordati o se gli appuntamenti vengono spostati in assenza di giustificazioni proporzionate al disagio che procurano.

Uso del comportamento non verbale nei colloqui 

Passons offre diversi suggerimenti sul come affrontare il comportamento non verbale:

1.      Verificare la congruenza tra comportamento verbale e non verbale.
2.      Annotare o reagire ai messaggi discrepanti o misti riscontrati.
3.      Annotare o reagire agli stimoli non verbali quando l’utente sta zitto.
4.      Focalizzarsi sul comportamento non verbale per cambiare il contenuto del colloquio.
5.      Annotare i cambiamenti nel comportamento non verbale durante il colloquio o nel corso di diversi colloqui. 

 

1.   Alcune modalità comuni di gestire il comportamento non verbale incongruente sono:

  1. Lasciar correre e non farci nulla (perché riguarda aspetti marginali rispetto alla focalizzazione del colloquio, l’obiettivo del colloquio, per esplorare in modo generale la situazione, il confronto è prematuro (difese, fiducia, rispetto, identità non ancora raggiunti per una confrontazione utile)
  2. Farlo notare e chiedere cosa significa
  3. Esaminare il comportamento incongruente in modo focalizzato, esagerandolo, in modo che l’utente ne prenda piena consapevolezza oppure proponendo una lettura interpretativa se il livello di consapevolezza dell’utente è già ad un livello tale che questa strategia attiva la consapevolezza personale nell’utente.

Strategie da evitare

Sfidare a catena le incongruità che si notano, perché l’utente si sentirà osservato, scrutato, esaminato, giudicato con conseguente chiusura e riduzione del livello di collaborazione.

2.  I Messaggi misti

Può essere utile prendere consapevolezza dei messaggi misti verbali e non verbali anche se non sono contraddittori, perché possono riflettere modi di porsi di fronte alla vita.

3.  Silenzi e messaggi non verbali

Anche se il silenzio può significare rispettosa attesa in alcune situazioni e in alcune culture, il più delle volte ha altri significati. In particolare impaccio, riflessione, confusione, rabbia, preoccupazione, tranquillità.

Durante i silenzi le espressioni non verbali sono particolarmente importanti perché aiutano a decifrare cosa effettivamente sta succedendo.

Modi comuni di intervento sono:

  1. Dare adeguato tempo perché l’utente esca dal silenzio
  2. Descrivere all’utente cosa si osserva durante e poco prima del silenzio
  3. Chiedere direttamente cosa significa il silenzio

4.   Cambiamento del contenuto del colloqui

Tipici segnali che suggeriscono interventi che cambiano direzione al colloquio sono:

  • logorrea inconcludente
  • continuo cambiamento di focalizzazione da parte dell’utente
  • segnali indicanti elevati livelli emotivi che interferiscono col fluire del discorso su un argomento concordato o proposto

5.  Cambiamenti nel comportamento non verbale

Può essere importante far riflettere l’utente su cambiamenti nel comportamento non verbale in quanto possono essere segnali importanti di ristrutturazione di processi sui quali si è focalizzato il colloquio, tenendo presenti soprattutto tre condizioni:

  • tempestività del confronto nel senso di farlo mentre il comportamento è in atto e non come racconto di qualche cosa avvenuto nel passato.
  • Rispetto del livello di generalità del cambiamento osservato in riferimento al quadro di focalizzazione.
  • Scelta adatta del momento nel quale esplicitare il comportamento non verbale cambiato.

Il comportamento non verbale del Counsellor 

Molto di quanto è stato detto vale anche per il Counsellor: i suoi comportamenti non verbali possono provocare nell’utente reazioni costruttive o controproducenti per la relazione di aiuto.

Aiutano a fornire contesti costruttivi soprattutto:

1.      La sensibilità. Sembra che gli operatori esperti siano più efficaci nel trasmettere e nel leggere messaggi non verbali.

2.      La congruenza. Possono avere un effetto negativo e provocare confusione i messaggi misti nel Counsellor. Nell’utente vi è la tendenza di far uso del messaggio non verbale quando l’operatore comunica in modo incongruente.

Effetti opposti di natura positiva si riscontrano se i messaggi verbali e non verbali sono congruenti. La congruenza dei messaggi è facilitata se il Counsellor ha buon contatto con sé e si è preso cura seriamente delle proprie conflittualità.

3.      La sincronicità. Per sincronicità si intende l’allineamento del comportamento non verbale del Counsellor con quello dell’utente in modo che si attui un fluire armonioso tra l’espressione non verbale di tutti e due; ciò aiuta a creare rapporto e potenzia la compresione empatica.

La Famiglia nelle diverse culture: islamica, italiana e cinese


LA FAMIGLIA ISLAMICA

La famiglia nella cultura islamica è estremamente importante in quanto base della società ed è fondata sul matrimonio.

A differenza di quanto avviene in occidente in cui il matrimonio può essere religioso o civile, per l’Islam La famiglia  non è di tipo nucleare e il matrimonio è esclusivamente un contratto e non ha valenza di sacramento in quanto questo concetto non è presente nella religione musulmana. Nonostante ciò il matrimonio non è un’istituzione solamente profana, ma si radica nella tradizione religiosa di cui la famiglia ha il compito di trasmettere il messaggio.

Come qualsiasi contratto, il matrimonio è concluso con il consenso delle parti contrattanti. Le parti del contratto non coincidono necessariamente con gli sposi; secondo la sharia infatti ogni persona può essere titolare del rapporto matrimoniale, anche il bambino appena nato. Se l’individuo a causa dell’età immatura non è in grado di decidere e di concludere il matrimonio, qualcuno lo farà al suo posto, di solito il padre.

Il matrimonio può essere sciolto su iniziativa di uno dei coniugi oppure consensualmente dopo che sono stati analizzati i motivi dello scioglimento. Pur essendo permesso, però, il tasso di divorzio nei paesi islamici è estremamente basso e irrilevante, segno della considerazione in cui sono tenuti il matrimonio e la famiglia.

Nella coppia, i coniugi hanno diritti e doveri in comune, ma i ruoli delle due parti sono ben definiti: la responsabilità di sostenere economicamente la famiglia è a carico del padre, mentre a carico della donna è la responsabilità di educare e allevare i figli e di far funzionare la famiglia nel miglior modo possibile.

Se una donna desidera contribuire economicamente al sostentamento della famiglia, può farlo anche se l’idea di realizzazione femminile conquistata lavorando fuori casa, anche a costo di trascurare i propri figli, non appartiene all’Islam e rappresenta per l’Islam una sorta di perversione da condannare. Al contrario di ciò che spesso si pensa la poligamia è permessa, ma non incoraggiata e d è considerata come una soluzione da adottare in casi estremi: nel Corano è scritto “se temete di non poter prendervi cura degli orfani che vi sono affidati, sposate allora, tra le donne che vi piacciono due, o tre, o quattro. E se temete di non essere equi una soltanto”e ancora “Dio sa  che per quanto proviate non potete mai essere equi”.

Il marito, inoltre, al momento del primo matrimonio può promettere di non sposare altre donne attraverso una clausola o può dare alla donna il diritto di autoripudiarsi.

I figli devono essere dunque curati con amore e dedizione, incoraggiando il loro spirito d’iniziativa. La madre non deve però essere serva dei figli; la donna ha infatti la sua propria individualità ed ha il diritto al rispetto assoluto e all’obbedienza da parte dei sui figli che secondo il profeta islamico devono amare la madre tre volte più del padre.

Nella famiglia islamica, inoltre un posto centrale è occupato dagli anziani: non esistono case di riposo nell’Islam e il sostegno ed il mantenimento dei genitori sono precisi doveri religiosi.

Il Corano infatti dice:” il tuo Signore ti ha ordinato di non adorare alcuno all’infuori di lui e di essere benevolo verso i tuoi genitori”. Gli anziani non devono quindi essere respinti, disprezzati, ma rispettati.

 

FAMIGLIA CINESE

La Cina è sempre stata riconosciuta come un paese in cui varie generazioni vivono sotto lo stesso tetto, formando una unità familiare numerosa.

In questa cellula, comunque, non è importante il numero dei suoi componenti, quanto la relazione “padre – figlio”, che rappresenta la funzione vitale della famiglia cinese. Questa relazione risulta essere, per sua natura, complementare:da una parte ci sono i genitori, o meglio il padre, il quale, avendo dato origine al soggetto, è così anche l’origine dei successi sociali e finanziari dello stesso, dall’altra il figlio, al quale sono imposti doveri di obbedienza e di mantenimento dei genitori, quando questi avranno raggiunto una certa età. Gli elementi più importanti nel nucleo familiare, infatti, non sono i giovani ma gli anziani ai quali viene riservato il massimo rispetto ed aiuto.

Questa dedizione per gli anziani esisteva già nella coscienza primitiva dei popoli cinesi ed è stata rafforzata dalla dottrina confuciana. Unitamente al sentimento per gli anziani vi è la venerazione per gli antenati. Nella famiglia dell’Estremo Oriente, che è un ente collettivo a capo del quale vi è il padre o il nonno, l’amore ed il rispetto per gli anziani è un principio generalmente accettato e portato quasi ad una passione.  In Cina è, infatti,  l’anziano che comanda, che deve essere ascoltato ed ubbidito. I doveri del giovane, comunque, continueranno anche dopo la morte dei genitori, perché dovrà venerarli anche attraverso il culto degli antenati.

In Occidente il matrimonio è quasi sempre una questione di scelta individuale, dettata da sentimenti o da convenienze.

In Cina invece era, fino a qualche tempo fa e forse questa tradizione non è del tutto scomparsa, frutto della scelta dei genitori o di patti che si stipulavano tra famiglie, ancora prima che i figli nascessero.

In armonia alle norme dettate da Confucio, per il quale i figli debbono il massimo rispetto e devozione ai genitori, la nuora, che entrava in famiglia, aveva come primo dovere l’obbedienza ai suoceri.

Sotto il profilo sociologico la famiglia cinese è organizzata su base patrilineare, tuttavia nelle famiglie di una certa posizione, quando la coppia non ha figli maschi ma solo figlie, è possibile fare sposare la figlia secondo il sistema matrilineare.

In questo caso il marito diventa figlio dei suoceri e ne assume il cognome.

I figli della nuova coppia avranno il cognome della madre, tutti saranno membri della famiglia materna, meno uno, che farà parte della famiglia paterna. Ciò  è però valido solamente per una generazione.

Nella famiglia cinese è esistito ed esiste ancora, in alcuni centri dell’immensa Cina, malgrado il movimento femminista dei nostri giorni, il concubinaggio che però sta scomparendo a seguito delle riforme del 1950, riguardanti le leggi sul matrimonio, in cui si stabiliva la parità  tra i coniugi.

La famiglia tradizionale cinese sopra descritta, è sostanzialmente anche la famiglia di oggi, sebbene siano intervenuti notevoli mutamenti. Molti  sono i giovani che non sopportano la ferrea autorità del capo famiglia, né gli obblighi che la vita familiare comporta.

Lo sviluppo industriale, il movimento delle grandi masse dalle zone rurali ai grossi centri urbani, ha quindi modificato la famiglia patriarcale.

I giovani hanno preteso di scegliere la propria compagna e di formarsi una famiglia del tipo nucleare, benché ancora radicato sia il concetto dell’assistenza ai  genitori, non più come obbligo, ma come dovere morale.

Anche la donna  oggi ha la sua dimensione sociale.  La sua attività non è più limitata alle cure domestiche all’interno della famiglia o del clan, ma è rivolta all’esterno, verso delle comunità più vaste, come le organizzazioni di quartiere, le comuni e le fabbriche. La donna oggi ha accesso all’università e fa i lavori più disparati.

La famiglia nella società odierna continua comunque ad avere un ruolo fondamentale in quanto è il luogo in cui comincia l’educazione del bambino e dove vengono trasmessi valori quali il rispetto, la cortesia l’obbedienza e la gratitudine verso i genitori ed il rispetto degli anziani.

 

LA FAMIGLIA ITALIANA

Agli inizi del Novecento si parlava di famiglia patriarcale, dove i ruoli dei coniugi erano nettamente distinti: il capofamiglia, l’uomo pensava a lavorare e a mantenere la famiglia, mentre la donna si preoccupava delle faccende di casa e della crescita dei figli. I rapporti con tutta la parentela erano saldi e fortemente connessi con la morale cristiana, così la vita quotidiana girava intorno al focolare domestico.  A partire dagli anni Cinquanta, tuttavia, la famiglia tradizionale ha cominciato a conoscere notevoli mutamenti, dovuti soprattutto ai cambiamenti della società e all’emancipazione femminile. Proprio la donna: negli ultimi decenni con il riconoscimento di diritti fondamentali si è sempre più inserita nella società, ma al di fuori dell’ambito familiare.

La famiglia è così passata da patriarcale a nucleare: infatti la famiglia moderna è composta dai genitori ed uno o due figli  ed entrambi i genitori generalmente lavorano fuori casa.

Inoltre è anche in aumento la percentuale dei divorzi.

La trasformazione della famiglia, causata dalla conversione dell’Italia da un paese prevalentemente agricolo ad uno industriale, non ha, tuttavia, ancora cancellato ogni traccia del vecchio modello. Ci sono ancora abitudini e modi di pensare che legano la famiglia del passato a quella del presente, molto più di quanto non avvenga in altri paesi occidentali: le famiglie italiane si riuniscono sempre, per almeno un pasto al giorno, intorno allo stesso tavolo. La cena è un momento di dialogo tra genitori e figli, uno dei pochi nei quali tutti i membri della famiglia hanno la possibilità di stare insieme.

Accanto al modello famigliare basato sul matrimonio  religioso, ci sono inoltre altri modelli famigliari, anche se spesso non pienamente riconosciuti quali le convivenze, le famiglie ricostituite ovvero quelle che si formano dall’unione tra divorziati, la famiglia composta da un solo genitore e anche quelle composte da una sola persona. Per la completa accettazione di questi modelli la società italiana si trova ad un punto arretrato rispetto a molti altri stati europei. Emerge un’altra caratteristica del modello italiano: è molto comune che i figli vivano con i propri genitori molto più a lungo che negli altri paesi occidentali, spesso fino ai trenta/trentacinque anni. Prima di sposarsi e di iniziare una nuova famiglia, infatti, è normale per un giovane italiano, soprattutto per gli uomini, continuare a vivere nella stessa casa dei genitori e dipendere economicamente da loro.

 

Considerazioni Finali

I  tre diversi modelli famigliari presentati sono tra loro molto differenti: la famiglia islamica, nonostante il matrimonio non sia un sacramento, è molto più legata alla tradizione religiosa di quanto non lo sia quella italiana. Infatti in Italia il matrimonio religioso rimane quello più comune, ma anche le coppie sposate con cerimonia civile sono accettate, nella società laica, come famiglie a tutti gli effetti.

La famiglia islamica e quella cinese sono accomunate dal rispetto per gli anziani che in quella cinese si trasforma addirittura in un culto per gli antenati

Questo concetto in Italia si è, invece, indebolito con l’abbandono della società patriarcale e sempre di più sono gli anziani soli e con gravi difficoltà economiche.

Si può infine considerare che il modello famigliare che più ha subito mutamenti è stato quello occidentale in cui la donna ha cominciato in misura maggiore a partecipare attivamente all’economia familiare e in cui il modello patriarcale è stato soppiantato da quello nucleare, sebbene anche in Italia, soprattutto nelle aeree periferiche venga riproposto un modello famigliare più tradizionale.

Questa differenza tra aeree di uno stesso paese è ancora più forte per quanto riguarda la Cina in quanto spesso nelle campagne si mantiene un tipo di famiglia patriarcale, mentre nelle città e nella popolazione giovane si è affermata la famiglia nucleare.

LA SCUOLA come luogo di cambiamento e formazione

Nel linguaggio comune la parola scuola assume diversi significati come, per esempio, edifici, scolaresche e docenti , attività didattiche e infine, correnti letterarie o di pensiero.

Nelle scienze sociali per scuola si intende l’istituzione scolastica volta a educare, nello specifico,  le nuove generazioni.

La scuola nasce nell’età moderna, con l’avvento del movimento illuminista, ma si afferma solo nella metà dell’ Ottocento, quando in Europa, in particolare,  si aprì un dibattito tra chi era favorevole a politiche di diffusione dell’istruzione e chi era contrario: i favorevoli dicevano che un popolo istruito si gestisce meglio, i contrari che sfugge al controllo.

Nella fase di scolarizzazione, accrebbero le aspettative della gente circa l’utilità della scuola, in quanto si era diffusa la convinzione che per stare al mondo era necessario avere istruzione per far fronte alle aspettative del mondo del lavoro e della società, e per avere un maggiore benessere.

La scuola con il passare del tempo ha subito diversi cambiamenti: autoritaria prima, flessibile e pronta ad accogliere intelligenze alternative e creatività, oggi.

Ovviamente il processo evolutivo della scuola ha incontrato molte difficoltà, e soprattutto molte teorie hanno dato voce al cosiddetto “sistema scolastico”.

Le teorie scolastiche sono sistemi di convinzioni e atteggiamenti che tendono a descrivere tale realtà  e chiarirne le dinamiche.

Spesso quelle scolastiche sono ideologie di sostegno e conservazione che tendono a legittimare la scuola così com’è.

Però sono comuni anche le ideologie di contestazione e innovazione, tese a giustificare interventi di cambiamento, e le utopie, essenzialmente critiche, ma prive di proposte alternative realizzabili.

Tali ideologie, sono diverse da un paese all’altro e cambiano nel corso del tempo a causa delle trasformazioni sociali o da specifici avvenimenti.

Le ideologie scolastiche presentano, inoltre, dei contenuti analoghi, come le credenze sull’utilità della scuola, che vanno essenzialmente in due direzioni: dell’efficienza e dell’umanizzazione.

La prima crede che la scuola possa essere un luogo che offre all’individuo gli strumenti necessari per affrontare società sempre più complesse e inoltre, le persone più istruite sono capaci di affrontare con più entusiasmo il lavoro, di padroneggiare meglio i mezzi di tecnologici e infine, di adattarsi ai cambiamenti e a nuove esigenze.

Avere masse istruite rappresenta per una società un immenso patrimonio.

D’altra parte, nella linea dell’umanizzazione, si pensa che l’istruzione possa dare un volto umano alla società e possa dare risposte ai problemi sociali, dalla devianza alla tossicodipendenza, al razzismo e alle organizzazioni mafiose.

Troviamo tra i contenuti, inoltre,  le opinioni sul metodo scolastico, strettamente legato alla formazione dell’alunno.

La scuola dovrebbe formare l’alunno in base alle sue capacità e alle sue competenze, dovrebbe collocarli in base al posto che merita in società, deve essere in grado di capire le differenze e le difficoltà, arrivando a recuperare tutti.

Ovviamente tali ideologie sono frutto di tendenze e influenze politiche, e molti pensieri riguardo la scuola potrebbero risultare dubbie o addirittura errate, in quanto tali ideologie mirano al controllo e alla mobilitazione sociale, non alla mera conoscenza della verità.

Le ideologie scolastiche vanno distinte dalle teorie scolastiche, non solo perché più fondate, in quanto studiate dal punto di vista di molteplici discipline come, la pedagogia, l’economia e la sociologia, ma soprattutto perché è diversa l’ottica con cui vengono prodotte e le metodologie sono assai più concrete e riscontrabili nella realtà.

Le teorie della scuola fanno emergere dei programmi educativi che si affrontano nella scuola, che rispondono a dei programmi latenti che pur non essendo espliciti circolano nelle scuole.

Questi insegnano ai ragazzi la disciplina, il rispetto per l’autorità e la sottomissione al potere formale. Eppure i programmi di oggi di solito non accennano a questi obbiettivi, piuttosto lontani dall’ideale corrente di educazione.

Quando la sfiducia nelle ideologie scolastiche di sostegno supera determinate soglie, possono nascere ideologie di contestazione o di innovazione, alle quali si possono ispirare pedagogisti e studiosi della scuola, elaborando teorie nuove.

Teorie sociologiche della scuola

Funzionalismo: la scuola trasmette bisogni e conoscenze tra nuove e vecchie generazioni, rispondendo a precisi bisogni della società: è un’ istituzione utile alla sopravvivenza della società.

Secondo l’ottica funzionalista la scuola assume compiti specifici all’interno della società:

trasmissione di conoscenze e promozione culturale:

la funzione della società è quella di trasmettere alle nuove generazioni sapere e tradizione.

La scuola non si limita a tramandare conoscenze ma è luogo di conoscenze nuove acquisite, anche se spesso questa tende a scoraggiare l’iniziativa degli alunni in quanto ci sono determinati sistemi che non funzionano. Essa d’altra parte, fa maturare all’interno dell’individuo curiosità, pensiero critico e autonomo.

La scuola dovrebbe mantenere un equilibrio tra conservazione e innovazione, in quanto è bene che trasmetta l’esistente, e quindi i fatti reali, in quanto deve misurarsi con le novità culturali e tecnologiche, per evitare la dissoluzione della cultura. Si dice che la scuola è ciclica e allo stesso tempo contro ciclica, in fase con l’andamento della novità e in controtendenza.

Socializzazione: secondo Parsons, sostenitore e teorico funzionalista, la scuola ha il compito di socializzazione intermedia in quanto deve educare il bambino, che è appena uscito dall’ambiente famigliare, ad affrontare rapporti sempre più neutrali e universali. La scuola deve insegnare al bambino che nel mondo ci si fa strada da soli, con le proprie capacità, meriti e impegno.

Selezione e allocazione nel sistema sociale: la selezione è uno strumento che utilizza la scuola attraverso la bocciatura o promozione, e quindi, il formatore, seleziona l’alunno in base alle sue capacità e all’impegno. L’allocazione è la competenza che l’individuo deve possedere per raggiungere un posto nella società.

Ciascuno quindi, finisce per occupare un posto nella società. La scuola fa da filtro, perché spinge le nuove generazioni a scolarizzarsi in massa e poi ferma gli individui a diversi livelli di scolarità. L’attività scolastica funziona anche da orientamento. Durante il cammino la scuola smista gli studenti incanalandoli in un tipo di formazione piuttosto che in un’altra.

Controllo sociale: secondo Durkheim, padre fondatore del funzionalismo, l’istituzione scolastica è necessaria alla sopravvivenza della società. La scuola crea coesione tra gli individui e gruppi gettando le basi per mantenere l’ordine sociale.

Essa offre una sorta di controllo interno, in quanto agisce sulle coscienze in modo che gli individui interiorizzino valori e norme e maturino una visione comune, di conseguenza i membri della società finiscono per sentirsi uniti e riescono a controllarsi per proprio conto.

In realtà il controllo sociale operato dalla scuola consiste in una combinazione di controllo interno ed esterno che interagendo  si potenziano reciprocamente, generando meccanismi particolarmente raffinati ed efficaci.

Nella loro vita i ragazzi sperimentano un sistema di premi e punizioni, che non solo servono a plasmare le loro menti ma anche a irrigidirli. La scuola, dunque, non è un oasi formativa ma è già società che disciplina e massifica con tutta la durezza delle sue regole.

Conflitti e integrazione alla marginalità: in ogni società si creano tensioni e contrasti tra gruppi. Si affida alla scuola il compito di gestire i conflitti e di integrare le presenze marginali. Qui si sottovaluta però le ingiustizie che in realtà, vengono a crearsi all’interno del sistema scolastico creando oggettive disuguaglianze (x es: il primo della classe). Inoltre, si tende a sottovalutare i conflitti che spesso sono generati dagli obbiettivi e i valori che vengono generati dalla scuola e che vanno contro quelli della famiglia o del gruppo dei pari. Quindi non è vero che la scuola svolge un ruolo di intermediazione in perfetto accordo con le altre agenzie di socializzazione.

Teorie del conflitto: la società è teatro di divisioni divisione e oppressione con gruppi che finiscono per dominare su altri. La scuola è coinvolta nelle divisioni e nelle lotte sociali ed è un mezzo di perpetuazione di potere e di disuguaglianze.

La scuola riproduttore di rapporti di dominio: secondo Marx, padre delle teorie del conflitto, la forma che la società assume e la cultura sono sovrastrutture, che prendono le basi strutturali dalla civiltà, costituita dall’organizzazione economica, cioè il modo di produrre e il criterio con il quale poi vengono sfruttate le risorse materiali.

Queste sovrastrutture sono al tempo stesso importanti perché assicurano e rendono possibile un ordine economico. La scuola e l’educazione sono importanti perché fanno proprie le nozioni socio-culturali tramandandole di generazione in generazione. Cosi i grandi sistemi economici possono esistere nel tempo finché si verificheranno grandi cambiamenti nei modi di produzione.

Per Marx, la scuola può essere sfruttata per fini rivoluzionari, in quanto crede che questa possa risvegliare le coscienze portando la civiltà ad un assetto nuovo.

Produzione di ideologie e cultura: la scuola non è neutrale, ma schierata dalla parte dei gruppi dominanti, i quali non solo detengono il potere e le risorse, ma a cui appartengono le idee e i valori insegnati nella scuola.

Produzione di forza-lavoro, sottomissione e consenso: la scuola si presta a reclutare forza lavoro per l’apparato produttivo, subordinandosi agli interessi imprenditoriali. Per questo masse di giovani vengono sottoposti a un processo di formazione tutto orientato al sistema produttivo.

 

Sociologie comprendenti: il presupposto di tali teorie è che i fenomeni si studiano dall’interno se si vuole davvero capirli. Occorre entrare dentro la vita scolastica, e mettersi nei panni degli studenti e guardare le cose dal loro punto di vista. Il risultato della scuola sta nel vissuto scolastico degli studenti.

La scuola finte di risorse di dominio: secondo Weber, maestro della sociologia, la società è fonte di lotte, ma il predominio d un gruppo sull’altro non dipende solo da un fattore economico, come pensava Marx, ma, si lotta per uno status più elevato che è caratterizzato dal controllo delle risorse materiali, dal prestigio, e con l’appartenza a un gruppo che ha un identità contrapposta all’identità di altri.

La scuola distribuisce risorse di dominio, cioè mezzi che consentono di porsi al di sopra degli altri, quest’ ultime  hanno un valore essenzialmente simbolico, tanto che spesso sono prive di utilità pratica.

La vita interna alla scuola: le sociologie comprendenti hanno cercato di guardare all’interno della scuola scendendo in un o studio micro sociologico dell’interpersonalità e dei vissuti individuali. Hanno adoperato metodi come, l’osservazione partecipante e le storie di vita.

i sistemi scolastici nei paesi avanzati

il sistema scolastico in ciascun paese è caratteristico e può essere compreso solo con un esame dettagliato, che tenga conto della sua struttura, del suo funzionamento e del suo  sfondo culturale e storico in cui si inserisce.

Sistemi democratici e di èlite: i sistemi elitari privilegiano una fascia della popolazione offrendo un’ istruzione di maggior qualità e prestigio, mentre i sistemi democratici tendono ad offrire pari opportunità a tutti. Di fatto il tipo di alunni che vanno avanti e si incanalano nelle vie migliori corrisponde in larga misura ai delle classi dominanti o dei gruppi che detengono il potere. I sistemi scolastici democratici hanno caratteristiche opposte: differenze meno accentuate tra percorsi formativi, incanalamento tardivo, filtri meno severe, minore tendenza a riprodurre disuguaglianze nelle carriere scolastiche.

Unificati e differenziati: questi tipi di sistemi si sforzano di creare scuole uguali per tutti. D’altra parte presentano vantaggi e svantaggi, in quanto mettendo insieme studenti di tradizioni , culture, lingue diverse  si rischia di rinnegare le identità di origine e creare un’unita forzata.

Centralizzati e decentrati: il controllo dell’attività scolastica può essere accentrato nelle mani dello stato o delegato in parte agli enti locali o a organismi scolastici locali. Conviene distinguere un controllo economico,che si esercita attraverso l’erogazione di fondi, e un controllo decisionale, che consiste nella facoltà di operare scelte in vari campi importanti per la definizione dell’attività scolastica.

A gestione statale e mista: nel mondo ci sono paesi dove l’istruzione è interamente gestita dallo Sato e altri a gestione mista, in parte statale, in parte privata. La gestione strettamente statale è poco democratica. Espone al rischio che chi detiene il potere, cioè lo stato, pieghi ai propri disegni l’istruzione. Inoltre non lascia che la pluralità dei soggetti presenti nella società si esprima, dando vita a scuole diverse e contribuendo alla promozione culturale, all’innovazione pedagogica e al miglioramento del sistema.

Orientamento tecnico-professionale e formativo-generale: la scuola può preparare in vista  del lavoro, insegnando nozioni pratiche presupponendo però delle basi miste solide che possano contribuire alle esperienze tecnico-professionali.

 

La scolarizzazione

Per scolarizzazione s’intende quel fenomeno tipicamente sociale  attraverso cui una popolazione viene sottoposta a istruzione.

I governi promuovono varie strategie affinché l’istruzione sia accessibile a tutti: istruzione gratuita, obbligo scolastico e di formazione anche per chi lavoro. Spesso ad ampliare il fenomeno della scolarizzazione di massa è anche la richiesta che viene dal basso, dalla presenza, quindi, di individui che si iscrivono e premono per acquisire competenze e titoli. A tutelare tale diritti, nasce nel 1946 l’UNESCO, che contribuisce al mantenimento della pace, rafforzando la cooperazione delle nazioni, favorendo l’educazione, la scienza e la cultura.

 

Indicatori di alfabetizzazione assoluti

Analfabetismo e alfabetismo: sono le scuole inferiori ad essere impegnate alla lotta all’analfabetismo. Il tasso di alfabetizzazione e alfabetizzazione indicano quanto è incisiva la scolarizzazione di base,

Struttura della popolazione per grado ritorno: rappresenta la distribuzione dei vari livelli d’istruzione nell’intera popolazione. È un indicatore che ci dà l’idea di quale tipo d’istruzione caratterizza un determinato paese allargato a tutte le fasce d’età.

Durata della scolarizzazione: sono gli anni di obbligo scolastico. Ovviamente in tutti i paesi questo è soggettivo, in quanto dipende dalla domanda d’istruzione dalle classi più basse.

Pubblicazioni: la scolarizzazione di un paese dipende dall’editoria, dai libri, dalle riviste e dai giornali che vi si pubblicano, in quanto tanto più verranno letti, tanto più sarà sviluppata l’istruzione.

Indicatori di alfabetizzazione relativi

Tasso di scolarità: è la percentuale di persone che frequentano la scuola nella fascia di età specifica in cui vi si accede. Possiamo calcolare il tasso globale di scolarità, prendendo in esame l’intero cammino formativo che la scuola mette a disposizione o , i tassi di scolarità differenziati, per ivari gradini della carriera scolastica.

Tasso di riuscita scolastica: la percentuale di studenti che supera l’esame finale di un ciclo tra i ragazzi e i giovani della fascia di età di riferimento.

Scolarizzazione attesa: esprime il numero di anni che uno studente al primo anno di scuola ha davanti al suo cammino formativo.

L’esplosione scolastica

Nel corso del XX secolo, la scolarizzazione nel mondo ha assunto proporzioni gigantesche. L’esplosione scolastica è avvenuta in due tempi. In un primo momento c’è stata la fase di alfabetizzazione, in cui la scolarizzazione di base si è estesa fino a investire l’intera massa delle nuove generazioni, con il risultato di ridurre sempre di più l’analfabetismo in seno alla popolazione arrivando a farlo quasi scomparire.

In un secondo momento c’è stata la fase di scolarizzazione, sempre più gente si è iscritta a scuole di livello più alto e ha conseguito titoli di studio avanzato.

In Europa la scolarizzazione di massa si è diffusa più tardi in quanto erano ancora fortemente presenti sistemi legati fortemente alla tradizionale istruzione elitaria, e  dunque questi regimi, guardavano con sospetto la l’idea di democratizzare il sistema scolastico, aprendo la scuola a tutti.

Negli Stati Uniti la diffusione della scolarizzazione e del principio di democratizzazione dell’istruzione era già un fenomeno largamente diffuso e condiviso. Qui l’istruzione veniva considerata un bene prezioso di per sé, qualcosa di fortemente valido, indipendentemente dal fatto dell’importanza di avere una società scolarizzata.

L’esplosione scolastica è avvenuta essenzialmente grazie a due fattori: quello industriale e quello religioso.

Il primo trae le sue origini nei cambiamenti del sistema produttivo che ha creato l’esigenza di forza lavoro più istruita. Nella fase di alfabetizzazione c’è richiesta di manodopera per l’industria e il personale alfabetizzato è preferibile a quello non alfabetizzato. Inoltre le persone che sanno leggere e scrivere, e quindi il lavoratore istruito, sono più capaci di adattarsi ai cambiamenti ai macchinari e di procedimenti lavorativi e alle continue innovazioni causate dal progresso tecnologico.

Il processo di alfabetizzazione nasce da necessità diverse, sotto la spinta della religione, in particolare con il protestantesimo, che ha promosso tale abilità con l’obbiettivo di far accedere ogni singolo individuo alle sacre scritture e di diffonderle.

in Italia:  l’esplosione scolastica in Italia è arrivata in ritardo e la popolazione non era ancora scolarizzata ai livelli esistenti altrove. La cosa si spiega in parte perché da noi l’industrializzazione è avvenuta effettivamente nel dopoguerra, e in parte a vicende storico-politiche,culturali e ideologiche e in particolare all’impostazione data alla scuola nelle riforme che si sono susseguite.

L’analfabetismo si è ridotto a causa dell’evasione e dell’elusione dell’obbligo. Nonostante già nel 1923 a livello legislativo fosse stato stabilito il vincolo di frequentare la scuola fino ai 14 anni , di fatto è stato al censimento del 1981 che, per la prima volta, si è riscontrato un tasso di scolarità intorno al 100% sia alle elementari, sia alle medie.

In Italia si registra un ritardo anche nella fase di scolarizzazione di massa. A partire dagli anni ’50 e’60  sono nate la scuola di massa e l’università di massa. Le sedi universitarie si sono moltiplicate e il numero degli studenti iscritti alle superiori e all’università è aumentato.

 

La dispersione scolastica: un certo numero di studenti, nonostante gli sforzi, restano sottoscolarizzati o malscolarizzati. Per varie ragioni e in vari modi sfuggono a un intervento incisivo della scuola, ricevono un’ istruzione inferiore al previsto, non si integrano adeguatamente e si collocano ai margini del sistema. Qui ha luogo la dispersione scolastica, che è il fenomeno per cui una quota di studenti si discosta dai percorsi formativi ideali. Comunemente la dispersione viene considerata qualcosa di fisiologico, in quanto siccome tale istituzione richiede determinate competenze e sacrifici non tutti hanno un temperamento in grado di superare le difficoltà, e quindi c’è chi ce la fa e chi no. Sicuramente un’analisi alquanto semplicistica, appunto perché qualunquista in quanto la dispersione ha una serie di conseguenze negative. sia sul piano economico, in quanto comporta uno spreco per la società che investe un patrimonio per scolarizzare, e si vede l’obbiettivo non raggiunto. I giovani non scolarizzati vanno poi a formare masse di marginali e di svantaggiati che certo non assicurano una crescita sociale o una garanzia all’assetto della società.

Gli studi ci suggeriscono che la dispersione, specie quando è alta, è un processo disfunzionale, che non serve a migliorare le qualità dell’istruzione, non risponde a criteri razionali e denuncia l’inefficienza della scuola.

Incongruenza tra dispersione e produttività: non è vero che le scuole con più dispersione scolastica sono quelle che offrono i prodotti migliori e dove si richiedono delle competenze più elevate. in quanto può dipendere anche dalla mancanza di continuità tra le scuole medie e quelle superiore,in cui si rileva il più alto tasso di dispersione.

La maldistribuzione delle ripetenze e degli abbandoni può dipendere da:

organizzazione: la mancata continuità tra un ciclo e l’altro costituiscono un difetto di organizzazione che si traduce in respinti e ragazzi che interrompono e poi riprendono dopo qualche tempo.

Psicologiche: esistono alcuni individui con dei disturbi psicologici e relazionali, come la timidezza, le tendenze depressive e via dicendo. Spesso però le ragioni psicologiche della dispersione vanno cercate nelle interazioni con la scuola e nell’adattamento dei metodi. Qui possono inferire vari tipi di ragioni come l’insicurezza, un ragionamento freddo e distaccato riguardo la vita e la scuola, il non essere portati per lo studio, la sofferenza e l’inadeguatezza del clima scolastico.

Socio-culturali:le differenze socio-culturale in Italia, attraverso uno studio si è visto che sono determinanti, in quanto è più facile che ripetano o abbandonino ragazzi di famiglie povere e con genitori poco scolarizzati. L’ambiente poco stimolante incoraggia poco allo studio.

 

Scuola e disuguaglianze sociali

Affinché la scuola funzioni da strumento di eguaglianza sociale, il primo passo è che offra a tutti le stesse possibilità di istruirsi. Se il grado di istruzione che le persone raggiungono sono influenzate dal sesso, dalla classe sociale, dalla razza vuol dire che la scuola non offre pario opportunità. In secondo luogo la scuola deve assicurare un alto livello di istruzione cosicché  l’individuo poi possa raggiungere uno status altrettanto elevato , occupando posti più importanti di maggior livello e più retribuiti. In questo modo la mobilità sociale diventerebbe un canale ascendente per salire dagli strati più bassi a quelli più alti. Infine, è importante chiedersi in che direzione stiamo andando , anche se tutt’oggi la scuola non offre pari opportunità, ci sono comunque le basi per raggiungere la parità d’inserimento sociale. In Italia in particolare, c’è un divario tra Nord e Sud, che riguarda essenzialmente la scuola dell’obbligo che tende a penalizzare le fasce del sud favorendo quello del nord.

Il singolo di estrazione bassa non è predestinato, tuttavia a una carriera poco brillante : il singolo può avere successo, ma la sua fascia di appartenenza ha complessivamente meno opportunità di successo.

 

Istruzione e mobilità sociale: questo fenomeno lo ritroviamo in modo specifico negli studi del sociologo funzionalista Anderson, il quale notò che non c‘era relazione tra l’istruzione relativa,  quindi il livello di studi in più o in meno dei suoi genitori, e lo status relativo, quindi il divario tra la posizione sociale acquisita dall’individuo nella vita e la posizione sociale dei suoi genitori. Le due variabili risultavano assolutamente indipendenti. E’ il noto paradosso di Anderson. Il fatto di aver ottenuto u titolo di studi superiore al padre non assicura uno status sociale superiore a quello del proprio genitore, dunque la relazione tra livello d’istruzione e mobilità è complessa, in quanto vi intervengono vari fattori.

La via di oggi, e di fatto quella più accreditata e la più seguita, è quella di migliorare la scuola. Il fatto che finora la scuola abbia fallito nell’offrire pari opportunità e uguali strumenti agli individui per raggiungere determinati obbiettivi, non significa che sarà cosi per sempre.

C’è bisogno di un forte cambiamento e di forti presupposti. Si deve concretizzare l’idea che la scuola debba tener conto delle differenze esistenti nella società e farsene carico, adeguando di volta in volta, metodi, competenze, pratiche e didattica, creando una scuola che sappia rispondere flessibilmente alle differenze. Il miglioramento della scuola passa attraverso una trasformazione complessa, fatta di riforme, che favoriscano l’ individuo, e non interessi di altra natura come è tutt’ora.

Far crescere all’interno dell’individuo un benessere intellettuale e creativo, cosicché i contrasti sociali  e le disuguaglianze si trasformino in un lontano ricordo.

La dinamica della comunicazione umana

Il processo comunicativo può essere considerato come comunicazione interpersonale o tra gruppi, oppure come grandi sistemi artificiali, ma in entrambi i casi sono presenti: EMITTENTI, RICEVENTE, MESSAGGIO, FEEDBACK.

La caratteristica di un messaggio è quella di rendere trasmissibile un’idea. Questo accade quando l’idea viene tramutata in messaggio . L’azione del comunicare si svolge tra il trasmittente e il ricevente, fra i quali si instaura un rapporto di reazione-trasmissione che definiamo feedback.

L’emittente deve far ricorso ad un canale di cui servirsi per trasmettere il proprio messaggio e ad un codice di espressione che gli consentano di porre l’idea in forma trasmissibile. Il ricevente si troverà a decodificare il messaggio e può anche interpretarlo.

Qui interviene il feedback, o messaggio di ritorno, in cui il ricevente fornisce la propria risposta restituendo il messaggio di ritorno che risulta arricchito dall’interpretazione.

LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE

La funzione emotiva (o espressiva) riguarda la capacità di esprimere il sé.

La funzione fatica consiste nel lavoro che si fa per garantire il contato.

La  funzione metalinguistica definisce il codice in uso e i rapporti fra gli interlocutori.

La funzione referenziale permette al messaggio di mettersi in rapporto con il mondo.

La funzione poetica riguarda l’organizzazione interna del messaggio, il modo in cui esso è realizzato.

La funzione conativa è quella per cui si cercano degli effetti sull’emittente, gli si danno degli ordini, dei consigli ecc.

Ogni atto comunicativo contiene almeno in potenza tutti i fattori della comunicazione e ne comprende anche tutte le funzioni.

COMUNICAZIONE NON VERBALE

Della comunicazione non verbale fanno parte tutti quegli elementi comunicativi diversi dal linguaggio articolato che usiamo per chiarire rapporti reciprochi: gesti, espressioni, posture, movimenti e azioni, atteggiamenti, distanze, intonazioni della voce, odori, grafie, segni tracciati sul corpo, abbigliamento ecc.

ESPRESSIONE/COMUNICAZIONE

Le espressioni emanate dall’individuo forniscono informazioni sul soggetto che le esprime. A differenza delle espressioni, la comunicazione può essere astratta. Una persona può iniziare o interrompere le comunicazioni, ma non può smettere di esprimersi. Le comunicazioni si trasmettono in modo consapevole, ma le espressioni si emanano inconsapevolmente e cono costanti e molto meno controllabile delle comunicazioni.

CINESICA

Un ramo della semiotica che si occupa dei gesti è la cinesica. I movimenti umani che hanno funzione significativa e di coordinazione sono classificati in dieci gruppi:

  • Contatto fisico
  • Prossimità
  • Orientamento
  • Aspetto
  • Postura
  • Cenni del capo
  • Espressioni del volto
  • Gesti
  • Sguardo
  • Aspetti non verbali del parlato

I gesti sono i movimenti più articolati e complessi e sono classificati ulteriormente:

    1. gesti illustratori
    2. gesti convenzionali e linguaggi dei segni
    3. movimenti che esprimono stati emotivi e atteggiamenti interpersonali
    4. movimenti che esprimono la personalità
    5. movimenti usati nei rituali e nelle cerimonie

La comunicazione non verbale è sempre materia di interpretazione, più o meno consapevole. È difficile dare una grammatica di queste interpretazioni che per lo più sono informali e opinabili, ma è comunque possibile distinguere differenti gradi di apertura/chiusura del corpo.

PROSSEMICA: sistema di comunicazione non verbale semplice e sistematico che regola il senso della distanza fra le persone.

I minori

Il tecnico dei servizi sociali è quella figura professionale, che ha il compito di soddisfare i bisogni primari della persona, favorire il benessere e l’autonomia; viene a contatto, con persone come anziani, disabili e bambini.

Con il termine “minori” ci si riferisce a tutte quelle persone che si trovano comprese nella fascia d’età che va da 0 a 18 anni e, che, tradizionalmente viene considerata come età evolutiva.

I bisogni che i minori hanno, sono diversi, a seconda dell’età che stanno attraversando, nel senso che i bisogni di un bambino di 3 anni non sono gli stessi bisogni, di un bambino di 6 anni o di un adolescente. L’idea che ad ogni età, corispondano caratteristiche e bisogni diversi, e che essi sono molto differenti da quelli dell’adulto, è una conquista recente della nostra civiltà.

Il primo ad introdurre questa concezione, fu Jean Jacques Rousseau che, verso la metà del 1700, avanzò l’idea che il bambino fosse fondamentalmente “buono”, e che fosse compito degli educatori, predisporre le condizioni, perchè potessero emergere tutte le sue potenzialità. Più in generale, si può affermare, che ogni società, in ogni periodo storico, ha avuto una particolare idea dell’infanzia, e di come questa dovesse essere vissuta in relazione alla vita adulta.

I dipinti che ritraggono i bambini nei secoli precedenti o non rilevano le fattezze infantili e li propongono come “piccoli adulti” oppure li rappresentano abbigliati e agghindati come gli adulti. Si deve aspettare il 1700 perchè emerga una visione dell’infanzia come età propedeutica a quella adulta, e della quale occorre occuparsi, perchè si gettano le fondamenta per il futuro uomo, e solo alla fine del 1800, si diffondono le biografie di bambini, redatte da genitori, con le prime descrizioni del comportamento, in genere, dei propri figli.

Posiamo dividere l’età evolutiva in prima, seconda, terza infanzia e adolescenza.

 

PRIMA INFANZIA

Secondo Bowlby, il bambino presenta una predisposizione innata, a stabilire rapporti sociali; il primo rapporto sociale significativo è con la figura con cui si stabilisce un legame di attaccamento e, dall’evolversi del rapporto con essa, secondo Erikson, si strutturerà il senso di fiducia o sfiducia.

Si sviluppano i primi legami affettivi, soprattutto con chi svolge la funzione materna, vale a dire con chi si occupa di lui, fornendo protezione, rassicurazione e dando risposta ai bisogni primari di alimentazione e accudimento. Secondo la Mahler, inizialmente il bambino non percepisce la distinzione tra sè e la madre poichè, il processo che porterà alla separazione dalla madre e all’individuazione, cioè capacità di riconoscersi differenti dalla madre e quindi individui a sè stanti, terminerà verso la fine del secondo anno, inizio del terzo.

A partire dai 12 mesi, con la conquista della deambulazione, il bambino amplia le sue capacità di esplorazione del mondo circostante.

Verso i 18 mesi compare la funzione simbolica o rappresentativa del pensiero, vale a dire la capacità di sostituire la realtà concreta con una sua rappresentazione mentale.

Dopo i 18 mesi, il bambino comincia a rappresentarsi mentalmente l’esistenza della figura d’attaccamento, indipendentemente dalla sua presenza, e questo anche in relazione allo sviluppo delle capacità cognitive. Con lo sviluppo contemporaneo della memoria, il bambino stabilisce dei legami affettivi anche con persone con cui entra più frequentemente in contatto. In questo periodo, secondo la teoria di Piaget, lo sviluppo dell’intelligenza è legato all’uso di schemi percettivi e motori.

Il linguaggio è inizialmente ristretto all’olofrase, cioè parola che ha funzione di un’intera frase, in seguito, a due parole accostate senza legami grammaticali, ma capaci di comunicare un significato completo.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogni primari, come mangiare, dormire, l’essere puliti, la creazione di routines e, non nel significato più propriamente fisiologico, ma perchè attraverso le attività di accudimento sono veicolati scambi affettivi, si interagisce con il mondo esterno ecc.

– bisogni di affetto e attaccamento

– bisogni di esplorazione e gioco: prime attività di esplorazione riguardano se stessi, la madre, gli oggetti, lo spazio che, progressivamente, con la maturazione delle capacità motorie, può raggiungere.

 

SECONDA INFANZIA

Il bambino in età prescolare si rivela come un bambino che tende ad essere sempre più indipendente  ed autonomo. Aumentano le sue capacità motorie, sia di motricità globale, sia di motricità fine, è in grado di spostarsi con facilità e di farsi comprendere attraverso il linguaggio.

Intorno ai 2 anni, in concomitanza con le esperienze legate al controllo sfinterico, fase anale descritta da Freud, secondo Erikson, si presentano sentimenti di dubbio relativo alle capacità di controllo del proprio corpo e di vergogna qualora l’atteggiamento educativo dei genitori sottolinei queste incapacità. Contemporaneamente, si verifica la cosidetta fase di opposizione, nel senso che, secondo Spitz, il bambino utilizza il “no” come forma di rivendicazione della propria autonomia. Verso i 3 anni, con l’insorgenza del complesso edipico, descritto da Freud, fa la sua comparsa, una serie di sentimenti conflittuali, quali rivalità, invidia e aggressività, nei confronti del genitore dello stesso sesso e di sentimenti di desiderio e di possessività nei confronti del genitore di sesso opposto. La risoluzione del complesso edipico, si attua attraverso l’identificazione, con il genitore dello stesso sesso, processo che porterà ad una prima identità sessuale e all’introizione delle regole morali; in questo periodo sono molto evidenti comportamenti e fantasie legati alla sessualità.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di gioco e scoperta, cioè scoprire nuovi ambienti; il gioco è l’attività fondamentale dei bambini, che non ha il significato di “perdere tempo”, ma è una delle forze che agiscono promuovendo contemporaneamente processi cognitivi, affetivi e sociali;

– bisogno di autonomia e iniziativa;

– bisogno di interazione con i coetanei.

 

TERZA INFANZIA     

È il periodo che va dai 6 agli 11 anni, coincide con la prima scolarizzazione ed è il momento dei massimi apprendimenti.

Secondo Piaget, il pensiero diviene capace di reversibilità, vale a dire che riesce a prendere in esame contemporaneamente aspetti diversi della realtà, indipendentemente dalla loro presenza e dalle loro caratteristiche percettive. Si ampliano e si affinano le strategie cognitive, in particolare quelle relative alla memoria (cognitivismo). Il linguaggio si adegua sempre più alle regole dell’esposizione corretta, il lessico si arricchisce di vocaboli e, l’entrata nella scuola, permette al bambino di utilizzare con più sicurezza gli alfabeti e, il ruolo dell’insegnante, assume notevole importanza, perchè funge da mediatore. Se il bambino sente di riuscire bene nei compiti che gli vengono assegnati, incrementa il proprio livello di autostima, se al contrario, riscuote sempre insuccessi, e, al confronto con i compagni, risulta un perdente, sviluppa un sentimento di inferiorità. Si consolidano le amicizie con i coetanei, anche se le aggregazioni sono ancora prevalentemente legate all’appartenere allo stesso sesso.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di avventura, nel senso, fare un qualcosa di nuovo e di emozionamte; per il bambino l’avventura è rappresentata dalla possibilità di esplorare il mondo contando sulle proprie forze

– bisogno di aggregazione, che da qui in poi è un bisogno fondamentale

– bisogno di stima, affetto, riconoscimento

Secondo la Montessori, la prima donna medico italiana e prima operatrice di strada, è il mondo che si deve adattare ai bambini e non viceversa, e da qui nascono, le piccole sedie, i tavolini, i lavandini, ecc. tutto a misura di bambino per favorire al meglio la loro autonomia.

 

L’ADOLESCENZA

Può essere definita come un lento processo, che porta al suo interno rotture e disarmonie, che interessano il corpo, la personalità, i comportamenti, la relazione con se stesso e con gli altri, ed è anche considerata, come la fase centrale di sviluppo psicologico, durante la quale avvengono delle trasformazioni e si verificano degli “abbandoni” di aspetti considerati tipicamente infantili:

– a livello fisico, con l’abbandono di un corpo infantile e il raggiungimento di un corpo adulto con tutte le implicazioni di tipo sessuale e riproduttivo;

– a livello cognitivo, con il superamento del pensiero operatorio concreto e il conseguimento della logica formale e del pensiero deduttivo;

– a livello affettivo, con l’abbandono degli oggetti d’amore infantili e la ricerca di un impegno in legami affettivi al di fuori dell’ ambito familiare;

– a livello sociale, con l’abbandono della dipendenza dalla famiglia e la ricerca di un’autonomia di azione e di giudizio da esercitare al di fuori del contesto familiare.

Il periodo adolescenziale può essere diviso in:

– preadolescenza, che corrisponde alla pubertà, all’età compresa tra gli 11 e i 14 anni circa;

– adoloescenza propriamente detta, che va dai 14 ai 17 anni circa;

– post-adolescenza, che va dai 17 anni circa ai 20 anni ed è caratterizzata dall’assunzione di un ruolo sociale preciso.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di identità

– bisogno di indipendenza

– bisogno di “senso”

Oltre a quelli che sono i bisogni tipici delle diverse fasce d’età, esistono, poi, situazioni che si connotano per una loro specificità e che evidenziano altri tipi di bisogno. Alcune tipologie di problemi, riguardano o situazioni vissute dai minori stranieri, o minori maltrattati e dagli adolescenti. Il disagio corrisponde ad una percezione soggettiva di malessere, di  fatica, di sofferenza psicologica. I minori stranieri, non sono di per sè soggetti a rischio di disagio, ma lo diventano, perchè il processo di integrazione all’interno del paese nel quale sono immigrati, si rivela denso di problemi. Si tratta di un processo che presenta caratteristiche diverse in relazione a una molteplicità di fattori, il primo dei quali è la tipologia di minore straniero che può essere:

– minore nato in Italia;

– minore giunto per adozione internazionale;

– minore presente da solo;

– minore “ricongiunto”;

– minore in cerca d’asilo;

– figlio di coppia mista.

Il processo di integrazione, pone un problema difficile da affrontare, sia per il minore, sia per la società, ed è riconducibile all’incontro/scontro, tra diverse identità culturali, tra modelli di vita ed educativi, tra richieste sociali differenti, tra modi diversi di concepire e agire i ruoli familiari e sociali. L’insieme di questi elementi è riconducibile alla definizione di identità etnica, vale a dire, a quelle dimensioni di carattere non solo biologico, ma prevalentemente culturale e sociale, di una specifica comunità, con una particolare attenzione alla lingua.

I bisogni dei minori stranieri sono gli stessi degli altri bambini con l’aggiunta del bisogno di integrazione, e accettazione della propria persona, senza prendere in considerazione la razza, la cultura, la società.

 

MINORI MALTRATTATI

Il maltrattamento nell’infanzia e nell’adolescenza, si presenta in modi diversi, sia perchè può essere ricoducibile ad azioni ben definite, come la violenza fisica, emozionale, l’abuso sessuale, sia perchè si può manifestare come conseguenza di “mancanze” come, ad esempio, la mancanza di cure adeguate, tipica della trascuratezza.

La caratteristica che accomuna i diversi tipi di maltrattamento, è data dalle gravi conseguenze sul piano fisico e/o psicologico del minore, che vanno direttamente a compromettere la sicurezza del bambino, il suo equilibrio emotivi, il suo sviluppo psico-relazionale, la stima di sè nel presente, ed il futuro ruolo sociale.

 

MALTRATTAMENTO FISICO

Le lesioni, conseguenza di un maltrattamento fisico, debbono essere distinte da quelle derivanti da un incidente e per questo, vi sono alcuni elementi che possono essere indicativi, come per esempio, il ritardo a cercare aiuto medico, il racconto vago, povero di dettagli e variabile da persona a persona su quanto sarebbe successo, possono far insospettire; inoltre, occorre porre attenzione anche all’atteggiamento del bambino e dei genitori. Diversamente dal medico che ha strumenti diagnostici più raffinati e può valutare fratture o lesioni interne, chi si occupa del bambino o ragazzo, individua segni, che si riferiscono principalmente alla cute come ecchimosi, ematomi multipli, abrasioni, impronte come denti, mani ecc.

Le lesioni al capo sono molto frequenti e nei casi di maltrattamento costituiscono la pricipale causa di morte per abuso fisico.

Sono facilmente rilevabili anche le ustioni volontarie causate da liquidi bollenti, specie acqua o da sigaretta.

 

ABUSO SESSUALE

Ci si riferisce a quell’insieme di situazioni in cui viene coinvolto in attività sessuali un soggetto minorenne, al quale manca, a causa dell’età, la consapevolezza delle proprie azioni e la capacità di scegliere. L’eventuale conenso del minore, non va considerato, perchè per poter parlare di consenso, è necessario che il soggetto abbia una conoscenza di ciò che sta per fare, e di tutte le relative conseguenze ed implicazioni e che ci sia la libertà interiore per autodeterminarsi. Nei bambini queste due condizioni non possono esserci, perchè anche se c’è una conoscenza intellettiva di ciò che sta per fare, non c’è la capacità di gestire le proprie pulsioni affettive e manca la capacità di sottrarsi alle pressioni fisiche o psicologiche dell’adulto, soprattutto se si tratta di un familiare. L’abuso è un fenomeno che colpisce tutte le fasce sociali, nel senso che, sia l’abusante, sia la vittima, possono appartenere ad una famiglia qualsiasi, benestante o marginalizzata, metropolitana o contadina ecc…e sono colpiti indifferentemente maschi e femmine, anche se vi è una netta prevalnza di bambine, di sempre più giovane età. Se l’abuso avviene in famiglia, il problema principale che si presenta è il silenzio e l’omertà. Le reazioni alle violenze, soprattutto all’interno della famiglia, non sono di  rifiuto o di difesa, perchè il bambino non ha una personalità strutturata in grado di opporsi al desiderio degli adulti, in particolare se vi sono vincoli di affetto o di dipendenza emotiva. Il soggetto abusato, una volta adulto, grazie alla rimozione del suo dramma e all’identificazione con l’abusante, non “prova” sofferenza per la sua condizione e così non è in grado di provare compassione o empatia per le sue vittime.

 

INDICAZIONI DI LAVORO

La scuola, si presenta come l’istituto educativo che, dopo la famiglia, ha come suo ruolo istituzionale quello di occuparsi dell’educazione, socializzazione e acculturazione dei minori. Le iniziative che possono essere messe in atto, anche in collaborazione della scuola, in ragione di determinate esigenze, possono interessare direttamente il minore, ma anche il contesto nel quale egli vive, ed in modo particolare, la famiglia. Gli interventi sono di prevenzione primaria e secondaria, anche se non mancano gli interventi da attivarsi quando il problema è già in uno stato avanzato, come l’affido, centri diurni ecc.

 

INTERVENTI DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÁ

Possono essere posti in atto dai Consultori Familiari, dalle agenzie educative, da associazioni di vario tipo.

Agire sulla funzione genitoriale ha il significato di una prevenzione su tutta una serie di fenimeni che possono interferire con lo sviluppo ed il successo scolastico e personale dei bambini.

L’intervento è prevalentemente quello della prevenzione primaria del rischio ed indirizzato a quei momenti della vita che, per la loro criticità e complessità, mettono a prova la stabilità individuale e familiare:

– la scelta della maternità/paternità in cui si lavora con il genitore per portare a galla quali sono le sue convinzioni riguardo al bambino e su come la nascita influirà la condizione della coppia e della famiglia;

– la nascita e i primi anni di vita del bambino in cui gli interventi sono formativi/informativi e volti a far prendere consapevolezza sull’importanza delle prime tappe evolutive, sui bisogni del bambino e su come le pratiche educative diano una risposta a tali bisogni;

– l’adolscenza in quanto è una fase complessa della vita dell’individuo, in cui stanno strutturandosi la sua identità personale e sessuale, le modalità di rapporto con l’altro sesso e per un percorso di scelte autonome.

 

INTERVENTI ALL’INTERNO DEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA CON LE FAMIGLIE

Si tratta di servizi sorti all’interno dei tradizionali servizi per l’infanzia, come l’asilo nido, ecc., con l’obiettivo di dare una risposta più flessibile a esigenze emergenti, in particolare l’esiganza di avere uno spazio e un tempo da condividere con i figli al di fuori dell’ambiente domestico e che si configuri come “buono” per il bambino, perchè può avere occasioni di stare con altri bambini in un ambiente ludico educativo, e per i genitori, perchè possono avere rapporit con altri genitori ed educatori. I servizi per i bambini e le famiglie articolano attorno all’attività di gioco, gran prte della loro progettualità.

Gioco inteso sia come strumaneto attraverso cui il bambino si esprime, comunica, apprende, sia come mezzo che l’ adulto ha per entrare nel suo mondo immaginario.

Un’altra attività è costituita dalla lettura di libri o dalla narazione di storie, e questo, permette di porre il bambino, in un rapporto precoce con un oggetto culturale.

La lettura aiuta l’apprendimento della lingua, la capacità di tradurre pensieri in frasi articolate e stimola l’immaginazione. La capacità di comunicazione è tanto importante nella nostra società che si presente come società della comunicazione, in cui il possesso del codice scritto ed orale è un potente strumento di interazione, integrazione sociale e di potere.

 

ANIMAZIONE ESTIVA

Le attività di animazione effettuate nel periodo estivo sono un’altra occasione per dare risposta ai bisogni dei ragazzi prevalentemente in età scolare, più specificatamente risposte ai bisogni di aggregazione, socializzazione, avventura e scoperta; inoltre risponde a obiettivi legati all’educazione alla solidarietà, alla responsabilità delle proprie azioni, all’autonomia.

 

L’AFFIDO

Si è sviluppato come tentativo di dare una risposta ai bisogni e alle dificoltà del minore e della famiglia d’origine. L’inserimento in una famiglia affidataria offre contemporaneamente un ambiente idoneo per la crescita del bambino  la possibilità di cambiamenti positivi, all’interno del nucleo familiare d’origine. L’affidamento è disposto dai servizi socioassistenziali degli enti locali, previo consenso dei genitori o del tutore, ed è reso esecutivo, dal iudice tutelare, nel caso di affidamento consensuale, mentre, nel caso i genitori neghino l’assenso, esso è predisposto dal Tribunale per i minorenni. In genere si tratta di bambini, anche molto piccoli, allontanati per trascuratezza o maltrattamnti gravi di preadolescenti e adolescenti con disturbo del comportamento.

Vi possono essere diverse forme di affido:

– affido a tempo parziale, in cui l’inserimento in un altro nucleo è previsto per alcuni giorni alla settimana, o per alcune ore ogni giorno;

– affido a tempo pieno, in cui l’affidamento è continuo e residenziale e i rapporti tra le due famiglie vengono definiti dai servizi o dal competente Tribunale e può protrarsi per periodi brevi, medi o lunghi in ragione della situazione o degli obiettivi.

Disfunzioni sessuali maschili di Nada Loffredi

Le attuali tecniche diagnostiche e le nuove terapie mediche e psicologiche hanno permesso, negli ultimi decenni, di conoscere sempre meglio la risposta sessuale e hanno fornito soluzioni mirate a problemi che, un tempo, erano considerati difficili o non trattabili. Queste nuove possibilità di cura dei problemi sessuali, nonostante le ottime percentuali di successo, sono ancora poco conosciute.
È emerso, negli ultimi anni, che il rapporto fra cause organiche e psicologiche può essere molto complesso. Anche quando la diagnosi di un disturbo sessuale pone in evidenza un problema di tipo organico, fattori psicologici possono essere sempre presenti, e tra questi il più importante è la paura dell’insuccesso. Dopo i primi fallimenti può accadere che la paura di ulteriori insuccessi porti a situazioni così ansiogene da diventare un vero e proprio fattore di mantenimento del disturbo stesso.
In questa breve rassegna spiegheremo in modo chiaro e sintetico i principali disagi, le possibili cause e le diverse cure oggi a disposizione per i disturbi sessuali dell’uomo.

  • Carenza di desiderio
  • Avversione o fobia sessuale
  • Desiderio compulsivo
  • Disfunzione erettile (o disturbo dell’erezione)
  • Eiaculazione precoce
  • Eiaculazione ritardata o impossibile
  • Eiaculazione senza orgasmo (o eiaculazione anestetica)
  • Orgasmo senza eiaculazione (o eiaculazione retrograda)

 

CARENZA DI DESIDERIO
L’individuo che presenta una carenza di desiderio appare ‘asessuale’ e si comporta come se i centri sessuali del cervello fossero ‘bloccati’. Non manifesta interesse per la sessualità e, se si presenta un’occasione erotica, non ne approfitta. La caduta del desiderio, in alcuni casi, non coinvolge la normale risposta sessuale. Si può avere una valida erezione e anche un orgasmo, ma ogni esperienza sessuale viene vissuta in modo meccanico, senza provare piacere.

Come si manifesta
Questo sintomo può manifestarsi, secondo i casi, nella masturbazione, con la partner fissa o con qualunque tipo di pratica e partner sessuale.

Possibili cause
Quando il disturbo si manifesta in tutti i casi, compresa la masturbazione, il problema assume maggiore rilevanza e nasconde cause organiche e/o psicologiche più profonde come, ad esempio, una depressione o un trauma sessuale subito durante l’infanzia o l’adolescenza.
Quando è legato alla partner abituale è più probabile che si tratti di un conflitto di coppia.
Quando, invece, è legato a tutte le donne può trattarsi di una fobia generalizzata verso il sesso femminile oppure di una omosessualità latente.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Il testosterone può essere utile solo nei casi in cui sia stata verificata una effettiva carenza. Questa deve essere accertata da un esame del sangue.
In passato il testosterone veniva prescritto in modo sconsiderato come un ‘energetico sessuale’ mentre oggi sappiamo che, se introdotto dall’esterno, quando non esiste una reale carenza, può atrofizzare i testicoli e recare danni alla prostata.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) stimoli erotici (films o vibromassaggiatori da usare all’interno di un processo terapeutico)

AVVERSIONE O FOBIA SESSUALE
Alcuni uomini sviluppano un rifiuto fobico delle sensazioni erotiche e/o di alcune attività legate al sesso. I comportamenti e le situazioni sessuali più frequentemente rifiutati sono: la penetrazione, il rapporto anale, il rapporto orale, la masturbazione, il bacio, le carezze, ecc..
Questi pazienti vanno incontro a forti stati ansiosi e a veri e propri attacchi di panico nelle situazioni che risvegliano la loro reazione fobica. L’ansia che precede le situazioni ‘a rischio’ conduce questi uomini ad evitare a priori qualunque occasione o comportamento di tipo sessuale.

Come si manifesta
Può manifestarsi, secondo i casi, verso la donna, verso parti del corpo femminile, come la vagina, le secrezioni vaginali, i peli pubici, o verso il sesso in generale, comprese le immagini erotiche.

Possibili cause
Il disturbo può essere causato da inibizioni e sensi di colpa legati alla sessualità appresi durante l’infanzia all’interno di famiglie molto rigide. Può essere presente, in alcuni casi, una paura inconscia del piacere, del successo, o dell’intimità stessa.
Altre cause configurano conflitti di livello più profondo. Alcuni soggetti appartenenti a questa categoria inibiscono il proprio desiderio perché lo percepiscono come una minaccia da parte di rivali immaginari o di donne vissute come pericolose (nell’immaginario la donna può assumere le forme di una ‘donna ragno’, di una ‘strega’, di una ‘sirena incantatrice’ o di un”amazzone’).

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Le fobie sessuali possono essere curate con lo stesso tipo di trattamento usato per altri tipi di fobie. In particolare, quando la fobia sessuale fa parte di una sindrome complessa fobico-ansiosa, un trattamento appropriato è quello con farmaci antidepressivi della nuova generazione (triciclici) in grado di ridurre gli attacchi di panico sperimentati in situazioni fobiche.

– Le psicoterapie
L’ansia che precede una situazione sessuale fobica può essere diminuita con una desensibilizzazione diretta e sistematica verso lo stimolo ansiogeno. Ciò richiede l’utilizzo di esercizi sessuali graduali all’interno di una terapia sessuale integrata o di una terapia cognitivo-comportamentale. Molto spesso è necessario anche un lavoro di rassicurazione riguardo alla sessualità in generale. Nei casi più gravi, può essere utile una terapia psicoanalitica che aiuti il soggetto a rintracciare le cause remote e i traumi all’origine del sintomo.

DESIDERIO COMPULSIVO
Le persone con un desiderio sessuale compulsivo, o dipendenti sessuali, hanno attività sessuali molto frequenti e, spesso, riescono a raggiungere diversi orgasmi ogni giorno. Si tratta per lo più di uomini, fra i venti e i quarant’anni, ossessionati da sensazioni e fantasie sessuali che interferiscono con l’attività lavorativa e che creano seri problemi all’interno delle relazioni interpersonali. Questi soggetti, solitamente, rispondono a una vasta gamma di stimoli erotici e possono eccitarsi perfino in assenza di sollecitazioni esterne. Ciò che li differenzia dalle persone che hanno semplicemente un sano e forte appetito sessuale, è la qualità compulsiva e coatta dei loro impulsi sessuali.

Come si manifesta
L’auto-controllo dei dipendenti dal sesso è così inadeguato da spingerli ad intraprendere iniziative e attività sessuali – molestie sessuali sul posto di lavoro, rapporti con prostitute, incesto, uso di materiale pornografico, ecc. – anche quando esiste la consapevolezza di rischiare la perdita del lavoro, della compagna o, in caso di rapporti non protetti, della vita. Il problema è che quando queste persone tentano di astenersi dall’attività sessuale divengono tese, ansiose e depresse. Spesso, inoltre, mettono in atto una forte pressione sessuale nei confronti della partner e ciò può avere un impatto molto negativo sulla relazione. I comportamenti sessuali compulsivi possono essere di tipo perverso – sadismo, masochismo, pedofilia, ecc. – oppure di tipo convenzionale – masturbazione, partner multipli, rapporti occasionali, ecc. – ma la caratteristica di fondo è sempre la mancanza di controllo sul comportamento sessuale sintomatico.

Possibili cause
Una singolare caratteristica del disturbo è che i soggetti che ne soffrono sembrano essere ‘insaziabili’. Al contrario, gli uomini che hanno una pulsione sessuale elevata, ma normale, sono generalmente soddisfatti dopo uno o due orgasmi nell’ambito di un singolo rapporto e, comunque, non hanno problemi a tenere sotto controllo i propri impulsi sessuali. Questa peculiarità potrebbe essere causata da un deficit dei normali meccanismi di regolazione degli impulsi che, ordinariamente, modulano i nostri desideri adattandoli alle opportunità e ai pericoli dell’ambiente che ci circonda. Altre ipotesi riguardano le famiglie di origine di queste persone, spesso molto rigide e anaffettive o, al contrario, troppo intrusive e invischianti. All’interno di queste famiglie, inoltre, sono spesso presenti altri tipi di dipendenze, come l’alcolismo, il gioco d’azzardo, i disturbi alimentari, ecc..

Le terapie
– Terapie farmacologiche
I farmaci comunemente usati nel trattamento delle dipendenze sessuali sono gli stessi che vengono utilizzati per curare altri tipi di dipendenze, come quelle alimentari, da gioco d’azzardo, ecc. Si tratta di farmaci anti-depressivi di tipo serotoninergico che hanno l’effetto di favorire il controllo degli impulsi. Inoltre contribuiscono a stabilizzare il tono dell’umore, spesso soggetto a notevoli oscillazioni nelle persone che soffrono di dipendenze.

– Le psicoterapie
Si tratta di un disturbo particolarmente difficile da trattare. Le terapie che si sono dimostrate maggiormente efficaci sono quelle di tipo cognitivo-comportamentale e strategico. Solitamente è opportuno associare la terapia individuale ad una terapia di gruppo (secondo il modello Minnesota) che svolga un ruolo di sostegno durante le fasi critiche del percorso terapeutico. Le terapie di tipo psicodinamico possono aiutare ad approfondire le cause e l’origine del disagio, ma sono indicate solo in una fase successiva del trattamento. Prima è necessario eliminare i comportamenti sessuali sintomatici e aiutare il soggetto a prendere consapevolezza della sua reale motivazione al cambiamento.

DISFUNZIONE ERETTILE (O DISTURBO DELL’EREZIONE)
Il termine ‘disfunzione erettile’ si riferisce a tutte quelle situazioni in cui, pur essendo vivo e presente il desiderio sessuale, si verifica la costante incapacità a raggiungere e/o mantenere l’erezione completa. Si parla quindi di disfunzione erettile non solo di fronte all’assenza di erezione, ma anche di fronte ad un’erezione così fugace da non permettere al soggetto di portare a termine il rapporto sessuale. Il fenomeno deve essere di tipo ricorrente e non episodico.

Come si manifesta
L’erezione può essere soddisfacente all’inizio, ma poi scomparire prima del rapporto sessuale vero e proprio. In altri casi può essere così scarsa da non permettere la penetrazione. In alcuni pazienti l’erezione è soddisfacente e duratura, ma scompare prima del raggiungimento dell’orgasmo.
La fase dell’orgasmo solitamente non viene compromessa perché indipendente dal livello di erezione del pene.

Possibili cause
Quando il disturbo si manifesta in tutti i casi, compresa la masturbazione, il problema assume maggiore rilevanza e può nascondere cause organiche, come ad esempio il diabete mellito, problemi vascolari, oppure cause psicologiche più profonde, come una forte paura inconscia verso la penetrazione in vagina (ansia di castrazione).
Quando il problema si presenta solo con partner occasionali, può essere causato dalla cosiddetta ‘ansia da prestazione’ o da sensi di colpa inconsci verso la partner ufficiale.
Quando, invece, è legato alla partner abituale è più probabile che si tratti di un conflitto di coppia. Spesso, infatti, alla base di una disfunzione erettile, si trova il rancore e la rabbia non espressi all’interno di un conflitto coniugale, una partner poco esperta e maldestra, la noia di un rapporto abitudinario oppure, più semplicemente, la presenza di caratteristiche fisiche decisamente sgradevoli della partner.

Le terapie
– Terapie mediche
Le principali terapie farmacologiche attualmente a disposizione sono le seguenti:
a) terapie ormonali sostitutive
b) iniezioni intracavernose di sostanze vasoattive, come il caverjet
c) farmaci da assumere per via orale, come il sidenafil (viagra)
Le terapie chirurgiche sono essenzialmente di tre tipi:
a) interventi di rivascolarizzazione (oggi meno praticati)
b) i procedimenti per chiudere le vene del pene (oggi meno praticati)
c) le protesi peniene da inserire chirurgicamente all’interno del pene.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) la terapia sessuologica di Masters e Jonhson o quella integrata di Helen Kaplan
d) le terapie della comunicazione di coppia
e) le terapie corporee
f) la terapia ipnotica
g) la terapia strategica

EIACULAZIONE PRECOCE
L’eiaculazione si definisce precoce quando si verifica prima che la persona lo desideri. In questo caso manca un ragionevole controllo volontario dell’eiaculazione e dell’orgasmo.
Il punto centrale è proprio l’assenza di controllo sul riflesso eiaculatorio e non la durata del rapporto: c’è precocità solo quando l’orgasmo interviene di riflesso e non può essere controllato o evitato volontariamente dal soggetto. Il fattore ‘rapidità’, invece, dipende dal contesto culturale e non può essere considerato determinante per la diagnosi.

Come si manifesta
La persona non riesce a tollerare l’eccitazione erotica e questo produce un’accelerazione della risposta sessuale e dell’orgasmo. In questi pazienti, inoltre, manca la percezione delle tipiche sensazioni che precedono l’orgasmo e, pertanto, non riescono a controllarlo.
Può manifestarsi, secondo i casi, con qualunque tipo di partner, solo con la partner abituale o in tutti i tipi di attività sessuale, compresa la masturbazione.

Possibili cause
Il disturbo, quando si manifesta in qualunque tipo di attività sessuale, può avere un’origine organica. Le cause più diffuse sono una fimosi, le infiammazioni o irritazioni dell’uretra prostatica, i deficit dei centri inibitori del sistema nervoso centrale, gli interventi chirurgici effettuati nella zona lombo-sacrale, ecc. Anche l’utilizzo di alcuni farmaci antiadrenergici può giocare un ruolo importante nell’instaurarsi del disturbo.
Quando il disagio interviene soltanto in determinate circostanze o solo con la partner abituale possono essere presenti fattori psicologici che riguardano l’individuo o la coppia. Le cause individuali sono soprattutto relative ad all’ansia generalizzata. Tuttavia se la persona mangia in fretta o cammina in fretta non crea problemi all’altro, cosa che invece avviene quando l’ansia compromette la sfera sessuale. Possono essere presenti anche sentimenti inconsci di ambivalenza nei confronti delle donne (sentimenti spesso sadici e punitivi), l’incapacità di comunicare con la partner o la tendenza ad osservarsi durante il rapporto sessuale (spectatoring). Altre tematiche psicologiche sono un’avversione inconscia verso la partner, i conflitti di potere all’interno della coppia e tutti i disagi che possono pregiudicare, in qualche misura, la comunicazione e l’intesa sessuale della coppia.

Le terapie
– Terapie mediche
Se esiste una base organica, infiammatoria o neurologica, la terapia deve essere mirata alla risoluzione di tali cause attraverso la somministrazione di antibiotici, antinfiammatori, trattamenti chirurgici, ecc.
L’utilizzo di farmaci anti-depressivi o alfa-litici, che moderano i centri nervosi responsabili dell’evento eiaculatorio, è risultato utile soprattutto se supportato da altre tecniche psicoterapeutiche.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
1) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
2) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
3) le terapie della comunicazione di coppia
4) le terapie corporee
5) la terapia sessuale, soprattutto le tecnica della ‘compressione di Masters e Johnson
6) la terapia strategica

EIACULAZIONE RITARDATA O IMPOSSIBILE
L’eiaculazione ritardata è un’inibizione specifica del riflesso eiaculatorio. L’erezione in questi uomini è normale, ma essi non sono in grado di eiaculare o incontrano grande difficoltà nel farlo, anche se hanno il desiderio di avere un orgasmo.

Come si manifesta
Esistono varie forme di eiaculazione ritardata. Si va dall’episodio isolato in cui il disturbo si verifica solo in alcune situazioni particolarmente ansiogene alle situazioni più gravi in cui un uomo non ha mai provato un orgasmo. Tra questi due estremi c’è tutta una serie di forme intermedie, la più comune delle quali è quella dell’uomo che non riesce ad avere un’eiaculazione durante la penetrazione, ma solo attraverso la masturbazione.

Possibili cause
Questo disturbo è relativamente poco frequente ed è generalmente dovuto ad un eccessivo auto-controllo oppure ad una auto-osservazione ossessiva (spectatoring) durante l’attività sessuale.
Una situazione tipica è quella del maschio che ha ricevuto una educazione repressiva e che ha sviluppato pesanti sensi di colpa e ansie verso la propria sessualità. In alcuni casi è presente la paura di una paternità non desiderata, fantasie negative nei confronti del proprio liquido seminale, considerato come ‘sporco’.
Le cause organiche possono essere rappresentate da alterazioni neurologiche legate alla sclerosi o al diabete. Inoltre tutte le malattie che distruggono una parte del sistema nervoso centrale possono determinare un’eiaculazione ritardata.

Le terapie
– Terapie mediche
Se il disturbo ha una base prevalentemente organica possono essere utilizzati farmaci simpaticomimetici che stimolano i centri nervosi responsabili dell’orgasmo. In altri casi possono essere utili tecniche di stimolazione ai genitali che prevedono l’uso di elettrostimolatori.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) la terapia strategica
g) stimoli erotici (films, letteratura erotica o vibromassaggiatori da usare all’interno di un processo terapeutico).

EIACULAZIONE SENZA ORGASMO (O EIACULAZIONE ANESTETICA)
Si tratta di un disturbo della sensazione orgasmica. È una disfunzione abbastanza rara che è caratterizzata da una eiaculazione senza piacere e senza contrazioni orgasmiche.

Come si manifesta
Durante l’eiaculazione il seme dell’uomo sgorga dal pene e viene emesso senza forza perché mancano le contrazioni muscolari. Il pene, dopo l’eiaculazione, ritorna alle dimensioni normali in un tempo più lungo.

Possibili cause
Le cause che possono scatenare un disturbo della sensazione orgasmica sono per lo più di natura psicologica e relazionale. I pazienti con questo disturbo spesso tendono a controllare tutto e ad auto-osservarsi durante il rapporto (spectatoring), senza abbandonarsi mai all’altro. Inoltre, è frequente una tendenza a reprimere l’aggressività.
Esistono, tuttavia, alcuni problemi organici che possono causare una mancanza dell’orgasmo o una riduzione del piacere. Ciò si verifica frequentemente in tutte le patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale come, ad esempio, una sclerosi multipla o un trauma vertebro-midollare.
Inoltre, ci sono una serie di patologie (ad esempio, infiammazioni prostatiche e dell’uretra) che, causando dolore durante l’eiaculazione, creano una strana associazione tra orgasmo e dolore e possono scatenare problemi psicosessuali.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Se esiste una base organica, peraltro rara in questi casi, la terapia deve focalizzarsi prima di tutto sulla risoluzione di tali cause attraverso la somministrazione di antibiotici, antinfiammatori oppure attraverso un trattamento chirurgico.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) la terapia strategica

ORGASMO SENZA EIACULAZIONE (O EIACULAZIONE RETROGRADA)
L’orgasmo senza eiaculazione si verifica quando il liquido seminale, piuttosto che essere espulso all’esterno attraverso l’uretra, viene respinto in vescica. Questo fenomeno viene anche chiamato ‘orgasmo asciutto’ o eiaculazione retrograda.

Come si manifesta
Questa situazione si differenzia dall’eiaculazione ritardata o impossibile, nelle quali manca il riscontro di spermatozoi nelle urine, in quanto l’orgasmo permane ed è accompagnato dalle tipiche contrazioni piacevoli, ma si produce a vuoto, senza fuoriuscita di sperma.

Possibili cause
Le cause dell’eiaculazione retrograda sono sempre di natura organica o medica. Le più comuni sono dovute agli interventi chirurgici che vengono fatti sulla prostata o sul collo vescicale. Tutti i pazienti che vengono operati di prostata dovrebbero essere informati sulla eventualità che si presenti una incapacità di eiaculare all’esterno. Altre cause possono derivare da alcuni interventi sul sistema nervoso, da lesioni al midollo spinale, dal diabete mellito o dall’assunzione di alcuni farmaci antidepressivi o ansiolitici.

Le terapie
– Terapie mediche
Anzitutto, per capire se ci troviamo di fronte a un caso di eiaculazione retrograda, è necessario effettuare una serie di esami neurologici e radiologici e un esame delle urine, subito dopo un orgasmo, per la ricerca degli spermatozoi.
La terapia del disturbo prevede l’utilizzo di farmaci simpaticomimetici che stimolano il sistema nervoso autonomo. In alcuni casi è indicato un intervento chirurgico sul collo vescicale. Spesso si consiglia al paziente di tenere la vescica piena durante il rapporto per favorire la chiusura del collo vescicale durante l’eiaculazione.

– Le psicoterapie
Prima di tutto è molto importante, per evitare altre problematiche psicologiche più gravi, informare dettagliatamente e in modo chiaro i pazienti su tutti i cambiamenti della risposta sessuale che possono verificarsi dopo un intervento chirurgico o in seguito all’assunzione di alcuni farmaci. In molti casi può rivelarsi utile un supporto psicologico, più che una psicoterapia. Il disturbo, infatti, può creare notevole disagio e sofferenza sia al paziente che alla coppia.

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