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Autore: Hiram

COMUNICAZIONE NON VERBALE a cura di Maurizio D’Agostino

1.      I movimenti e le caratteristiche statiche del corpo Comprendono i gesti, il movimento generale del corpo, le espressioni facciali, il movimento degli occhi, la postura ed anche altri aspetti del corpo che durante una conversazione rimangono stabili come l’altezza, il peso e il fisico in generale.
2.      La dimensione paralinguistica Comprende non solo il tono della voce, le vocalizzazioni, i ritmi del discorso ma anche le pause di silenzio, gli errori di lingua, i lapsus e così via.
3.      La dimensione prossemica Comprende le distanze fisiche che si tengono nelle conversazioni, le posizioni che si assumono in piedi o da seduti, l’uso che si fa dello spazio personale e il modo di gestire i confini del contesto fisico, come la disposizione degli oggetti quali i tavoli e le sedie e il modo di muoversi in relazione ad essi.
4.      L’ambiente in generale Come l’ordine, il disordine, la presenza o assenza di fiori, di quadri sulle pareti, abbondanza o scarsezza di luce, controllo o meno dei rumori, la tappezzeria, ecc…, trasmette molti significati e stimola particolari reazioni emotive nelle persone.
5.      Il tempo Fanno parte della dimensione tempo i ritardi, gli anticipi, la puntualità nella chiusura delle sedute, il tempo dedicato a contenuti particolari e così via (gestione del tempo nelle relazioni). Di solito l’utente ha meno controllo sull’espressione non verbale che su quella verbale e spesso ciò può contribuire a ottenere informazioni che “sfuggono” all’utente e sono preziose all’operatore per la comprensione dell’utente.Il più delle volte la persona è consapevole dei significati delle espressioni non verbali, altre volte invece esse riflettono significati con i quali la persona ha perso contatto, e può essere importante recuperare tale contatto, rendendosi conto di quali sono i sentimenti e le intenzioni che nascondono e così riportare in tutto sotto il proprio potere decisionale.

COMUNI COMPORTAMENTI NON VERBALI

1.  MOVIMENTI E CARATTERISTICHE STATICHE DEL CORPO 

Espressione degli occhi:
Contatto diretto con gli occhi: attenzione, affetto, voglia di contatto.
Occhi sfuggenti: rispetto, interruzione del contatto, soggezione.
Abbassare gli occhi:
impaccio, riflessione, colpevolizzazione.
Fissare con gli occhi: rigidità, preoccupazione, paura, odio.
Occhi che si spostano continuamente: entusiasmo, ansia, curiosità.
Palpebre che si aprono e si chiudono velocemente: riflessione, perplessità, compiacimento, evitare il contatto con la persona.
Sopracciglia arcuate in su con fronte corrugata: vulnerabilità, senso di povero me, adattamento compiacente.
Occhi inumiditi: tristezza, frustrazione, area emotiva importante toccata, gioia, rabbia.
Spostamento occhi in su, in giù, di lato: riflessione, richiamo di memorie, concentrazione, interesse.
Dilatazione della pupilla: spavento, interesse uso di droga.
Apertura ampia delle palpebre: spavento, interesse.

In genere nei colloqui maggiore contatto con gli occhi tende a indicare:
1.      distanza fisica tra le due persone
2.      discussione di contenuti meno personali
3.      che c’è coinvolgimento interpersonale
4.      posizione di ascolto piuttosto che di comunicazione attiva
5.      che sei donna
6.      appartieni ad una cultura che usa molto contatto visivo nelle interazioni

Minore contatto con gli occhi si ha di solito quando:
1.      le persone sono fisicamente vicine
2.      si discutono contenuti intimi, difficili da comunicare
3.      si è nella posizione di comunicatore piuttosto che di ascolto
4.      c’è imbarazzo, vergogna, soggezione
5.      si appartiene ad una cultura che usa poco il contatto visivo nelle interazioni

Espressioni della bocca
Bocca atteggiata a sorriso: saluto, gioia, timidezza.
Labbra tirate e chiuse: decisione, riservatezza, ostilità.
Mordere le labbra: ansia, controllo di sé, tristezza.
Labbra aperte e rilassate: sorpresa, meraviglia.
Labbra inferiori che tremano: tristezza, solitudine.
Labbra arcuate con estremi in basso: sconforto, rabbia.
Labbra chiuse tirate verso l’esterno: adattamento, gioia formale.

Molte espressioni delle labbra vanno lette in combinazione con altri muscoli ed espressioni facciali.

Espressioni facciali
Contatto con gli occhi e sorriso: soddisfazione, contentezza.
Fronte accigliata, occhi tesi, bocca chiusa. Preoccupazione, rabbia, tristezza.
Occhi e bocca tirati: paura, preoccupazione.
Rossore in volto e sul collo: imbarazzo, ansia, disagio.

Segni del capo
Movimento in su e in giù del capo: accordo, consenso, attenzione.
Oscillazione del capo a sinistra e a destra in modo circolare senza cambiare la posizione verticale: negazione, disapprovazione, disaccordo.
Oscillazione del capo da sinistra a destra scostandosi dalla verticale ma rimanendo nel piano verticale: benevola approvazione ( se occhi vivaci e labbra distese e allargate ), benevola disapprovazione ( se occhi leggermente accigliati e labbra tese e chiuse ), adattamento ( se gli occhi fissano e le labbra sono atteggiate a sorriso forzato ).
Testa inclinata o bocca semiaperta: tristezza, sconforto, preoccupazione.
Testa piegata a destra: passività, accettazione.
Colpo in su della testa e ritorno alla posizione di partenza: sfida.
Colpo in su della testa con blocco nella posizione sollevata: ordine perentorio, sfida.
Sollevamento relativamente lento della testa in su e ritorno meno lento al punto di partenza: incertezza, manca informazione richiesta.

Spalle e arti
Alzata di spalle e immediato abbassamento: rifiuto, non coinvolgimento.
Sollevamento relativamente lento delle spalle: incertezza, ambivalenza.
Spalle alzate con testa incassata tra le spalle: paura, spavento.
Braccia incrociate sul petto (braccia conserte): riposo, chiusura emotiva verso l’altro.
Braccia distese e rigide con pochi movimenti: tensione, rabbia.
Mani tremanti: stanchezza, ansia, rabbia.
Mani chiuse a pugno: ansia rabbia.
Dita che picchiettano: ansia rabbia.
Mano aperta con indice e pollice congiunti ai polpastrelli: determinazione, intransigenza, precisione spinta.
Gambe incrociate: riposo, rilassamento, chiusura verso l’altro.
Gambe aperte e rilassate: apertura allo scambio sociale.
Gambe aperte e piedi girati  all’indentro o piegati sui fianchi: adattamento, passività.
Ginocchia chiuse e piedi uniti: tensione, riservatezza, chiusura a relazioni che implicano intimità.

Il corpo nel suo insieme:
In piedi su un solo piede con l’altro appoggiato alla gamba: precarietà, incertezza, instabilità.
In piedi con gambe leggermente allargate e peso bilanciato su tutte e due le gambe:stabilità, sicurezza.
Inclinazione in avanti: interesse, coinvolgimento, attenzione.
Posizione seduta, gambe distese, spalle rilassate e appoggiate con capo rilasciato in dietro o su un lato: passività, rinuncia.
Da seduto oscillazione avanti e indietro o continuo cambiamento di posizione: agitazione, ansia, preoccupazione.
Seduto sullo spigolo della sedia: tensione, ansia, incertezza.
Giocare con capelli occupare mani con oggetti: distrazione, parziale sgancio dalla relazione.

2. La voce: dimensione paralinguistica Voce bassa non udibile: timidezza, difficoltà ad aprirsi. Rapidi cambiamenti di tono: alternarsi di diversi stati d’animo.Esitazione, balbettamenti, interruzioni: ansia, disagio, forte contatto emotivo.Tono piagnucoloso: dipendenza, compiacimento, manipolazione.Silenzi: preoccupazione, rabbia, confusione, tranquillità, riflessione, impaccio, attesa.Ritmo del discorso lento, veloce, interrotto: cambiamenti rapidi degli stati emotivi e sensibilità ad essi.I toni della voce possono essere informatori involontari molto preziosi degli stati d’animo delle persone che fanno il colloquio.

2.     Gli spazi fisici: dimensione prossemica La persona si distanzia: è stata creata eccessiva intimità, percepita invasività.La persona abbrevia le distanze: desiderio di interazione più calda e personalizzata.Sedersi mettendo oggetti tra sé e l’altra persona: ricerca di protezione e adeguati confini.Sedersi direttamente di fronte: disponibilità a confronto diretto e formale.Sedersi ad angolo: desiderio di contatto socialmente e affettivamente piacevole e non aperto ai invasività.Sedersi di fianco: desiderio di contatto affettivamente profondo con o senza desiderio di contatto fisico.

3.     L’ambiente 

Di solito è utile avere un ambiente fisico piacevole e moderatamente stimolante. Parte di questo ambiente è la persona stessa che conduce il colloquio, il suo portamento, i suoi vestiti, la sua voce, i suoi modi di fare.

4.     Il tempo 

Non tutti gli utenti hanno la stessa percezione del tempo: ad es. alcuni preferiscono molta strutturazione e osservanza fedele degli orari, altri invece hanno un concetto più elastico del tempo e i ritardi possono essere visti parte normale della vita. Anche i limiti di tempo degli incontri sono letti in modi diversi da diverse persone e nei contesti di diversi modelli terapeutici.

In genere gli utenti si sentono poco rispettati se non si sta ai tempi concordati o se gli appuntamenti vengono spostati in assenza di giustificazioni proporzionate al disagio che procurano.

Uso del comportamento non verbale nei colloqui 

Passons offre diversi suggerimenti sul come affrontare il comportamento non verbale:

1.      Verificare la congruenza tra comportamento verbale e non verbale.
2.      Annotare o reagire ai messaggi discrepanti o misti riscontrati.
3.      Annotare o reagire agli stimoli non verbali quando l’utente sta zitto.
4.      Focalizzarsi sul comportamento non verbale per cambiare il contenuto del colloquio.
5.      Annotare i cambiamenti nel comportamento non verbale durante il colloquio o nel corso di diversi colloqui. 

 

1.   Alcune modalità comuni di gestire il comportamento non verbale incongruente sono:

  1. Lasciar correre e non farci nulla (perché riguarda aspetti marginali rispetto alla focalizzazione del colloquio, l’obiettivo del colloquio, per esplorare in modo generale la situazione, il confronto è prematuro (difese, fiducia, rispetto, identità non ancora raggiunti per una confrontazione utile)
  2. Farlo notare e chiedere cosa significa
  3. Esaminare il comportamento incongruente in modo focalizzato, esagerandolo, in modo che l’utente ne prenda piena consapevolezza oppure proponendo una lettura interpretativa se il livello di consapevolezza dell’utente è già ad un livello tale che questa strategia attiva la consapevolezza personale nell’utente.

Strategie da evitare

Sfidare a catena le incongruità che si notano, perché l’utente si sentirà osservato, scrutato, esaminato, giudicato con conseguente chiusura e riduzione del livello di collaborazione.

2.  I Messaggi misti

Può essere utile prendere consapevolezza dei messaggi misti verbali e non verbali anche se non sono contraddittori, perché possono riflettere modi di porsi di fronte alla vita.

3.  Silenzi e messaggi non verbali

Anche se il silenzio può significare rispettosa attesa in alcune situazioni e in alcune culture, il più delle volte ha altri significati. In particolare impaccio, riflessione, confusione, rabbia, preoccupazione, tranquillità.

Durante i silenzi le espressioni non verbali sono particolarmente importanti perché aiutano a decifrare cosa effettivamente sta succedendo.

Modi comuni di intervento sono:

  1. Dare adeguato tempo perché l’utente esca dal silenzio
  2. Descrivere all’utente cosa si osserva durante e poco prima del silenzio
  3. Chiedere direttamente cosa significa il silenzio

4.   Cambiamento del contenuto del colloqui

Tipici segnali che suggeriscono interventi che cambiano direzione al colloquio sono:

  • logorrea inconcludente
  • continuo cambiamento di focalizzazione da parte dell’utente
  • segnali indicanti elevati livelli emotivi che interferiscono col fluire del discorso su un argomento concordato o proposto

5.  Cambiamenti nel comportamento non verbale

Può essere importante far riflettere l’utente su cambiamenti nel comportamento non verbale in quanto possono essere segnali importanti di ristrutturazione di processi sui quali si è focalizzato il colloquio, tenendo presenti soprattutto tre condizioni:

  • tempestività del confronto nel senso di farlo mentre il comportamento è in atto e non come racconto di qualche cosa avvenuto nel passato.
  • Rispetto del livello di generalità del cambiamento osservato in riferimento al quadro di focalizzazione.
  • Scelta adatta del momento nel quale esplicitare il comportamento non verbale cambiato.

Il comportamento non verbale del Counsellor 

Molto di quanto è stato detto vale anche per il Counsellor: i suoi comportamenti non verbali possono provocare nell’utente reazioni costruttive o controproducenti per la relazione di aiuto.

Aiutano a fornire contesti costruttivi soprattutto:

1.      La sensibilità. Sembra che gli operatori esperti siano più efficaci nel trasmettere e nel leggere messaggi non verbali.

2.      La congruenza. Possono avere un effetto negativo e provocare confusione i messaggi misti nel Counsellor. Nell’utente vi è la tendenza di far uso del messaggio non verbale quando l’operatore comunica in modo incongruente.

Effetti opposti di natura positiva si riscontrano se i messaggi verbali e non verbali sono congruenti. La congruenza dei messaggi è facilitata se il Counsellor ha buon contatto con sé e si è preso cura seriamente delle proprie conflittualità.

3.      La sincronicità. Per sincronicità si intende l’allineamento del comportamento non verbale del Counsellor con quello dell’utente in modo che si attui un fluire armonioso tra l’espressione non verbale di tutti e due; ciò aiuta a creare rapporto e potenzia la compresione empatica.

La Famiglia nelle diverse culture: islamica, italiana e cinese


LA FAMIGLIA ISLAMICA

La famiglia nella cultura islamica è estremamente importante in quanto base della società ed è fondata sul matrimonio.

A differenza di quanto avviene in occidente in cui il matrimonio può essere religioso o civile, per l’Islam La famiglia  non è di tipo nucleare e il matrimonio è esclusivamente un contratto e non ha valenza di sacramento in quanto questo concetto non è presente nella religione musulmana. Nonostante ciò il matrimonio non è un’istituzione solamente profana, ma si radica nella tradizione religiosa di cui la famiglia ha il compito di trasmettere il messaggio.

Come qualsiasi contratto, il matrimonio è concluso con il consenso delle parti contrattanti. Le parti del contratto non coincidono necessariamente con gli sposi; secondo la sharia infatti ogni persona può essere titolare del rapporto matrimoniale, anche il bambino appena nato. Se l’individuo a causa dell’età immatura non è in grado di decidere e di concludere il matrimonio, qualcuno lo farà al suo posto, di solito il padre.

Il matrimonio può essere sciolto su iniziativa di uno dei coniugi oppure consensualmente dopo che sono stati analizzati i motivi dello scioglimento. Pur essendo permesso, però, il tasso di divorzio nei paesi islamici è estremamente basso e irrilevante, segno della considerazione in cui sono tenuti il matrimonio e la famiglia.

Nella coppia, i coniugi hanno diritti e doveri in comune, ma i ruoli delle due parti sono ben definiti: la responsabilità di sostenere economicamente la famiglia è a carico del padre, mentre a carico della donna è la responsabilità di educare e allevare i figli e di far funzionare la famiglia nel miglior modo possibile.

Se una donna desidera contribuire economicamente al sostentamento della famiglia, può farlo anche se l’idea di realizzazione femminile conquistata lavorando fuori casa, anche a costo di trascurare i propri figli, non appartiene all’Islam e rappresenta per l’Islam una sorta di perversione da condannare. Al contrario di ciò che spesso si pensa la poligamia è permessa, ma non incoraggiata e d è considerata come una soluzione da adottare in casi estremi: nel Corano è scritto “se temete di non poter prendervi cura degli orfani che vi sono affidati, sposate allora, tra le donne che vi piacciono due, o tre, o quattro. E se temete di non essere equi una soltanto”e ancora “Dio sa  che per quanto proviate non potete mai essere equi”.

Il marito, inoltre, al momento del primo matrimonio può promettere di non sposare altre donne attraverso una clausola o può dare alla donna il diritto di autoripudiarsi.

I figli devono essere dunque curati con amore e dedizione, incoraggiando il loro spirito d’iniziativa. La madre non deve però essere serva dei figli; la donna ha infatti la sua propria individualità ed ha il diritto al rispetto assoluto e all’obbedienza da parte dei sui figli che secondo il profeta islamico devono amare la madre tre volte più del padre.

Nella famiglia islamica, inoltre un posto centrale è occupato dagli anziani: non esistono case di riposo nell’Islam e il sostegno ed il mantenimento dei genitori sono precisi doveri religiosi.

Il Corano infatti dice:” il tuo Signore ti ha ordinato di non adorare alcuno all’infuori di lui e di essere benevolo verso i tuoi genitori”. Gli anziani non devono quindi essere respinti, disprezzati, ma rispettati.

 

FAMIGLIA CINESE

La Cina è sempre stata riconosciuta come un paese in cui varie generazioni vivono sotto lo stesso tetto, formando una unità familiare numerosa.

In questa cellula, comunque, non è importante il numero dei suoi componenti, quanto la relazione “padre – figlio”, che rappresenta la funzione vitale della famiglia cinese. Questa relazione risulta essere, per sua natura, complementare:da una parte ci sono i genitori, o meglio il padre, il quale, avendo dato origine al soggetto, è così anche l’origine dei successi sociali e finanziari dello stesso, dall’altra il figlio, al quale sono imposti doveri di obbedienza e di mantenimento dei genitori, quando questi avranno raggiunto una certa età. Gli elementi più importanti nel nucleo familiare, infatti, non sono i giovani ma gli anziani ai quali viene riservato il massimo rispetto ed aiuto.

Questa dedizione per gli anziani esisteva già nella coscienza primitiva dei popoli cinesi ed è stata rafforzata dalla dottrina confuciana. Unitamente al sentimento per gli anziani vi è la venerazione per gli antenati. Nella famiglia dell’Estremo Oriente, che è un ente collettivo a capo del quale vi è il padre o il nonno, l’amore ed il rispetto per gli anziani è un principio generalmente accettato e portato quasi ad una passione.  In Cina è, infatti,  l’anziano che comanda, che deve essere ascoltato ed ubbidito. I doveri del giovane, comunque, continueranno anche dopo la morte dei genitori, perché dovrà venerarli anche attraverso il culto degli antenati.

In Occidente il matrimonio è quasi sempre una questione di scelta individuale, dettata da sentimenti o da convenienze.

In Cina invece era, fino a qualche tempo fa e forse questa tradizione non è del tutto scomparsa, frutto della scelta dei genitori o di patti che si stipulavano tra famiglie, ancora prima che i figli nascessero.

In armonia alle norme dettate da Confucio, per il quale i figli debbono il massimo rispetto e devozione ai genitori, la nuora, che entrava in famiglia, aveva come primo dovere l’obbedienza ai suoceri.

Sotto il profilo sociologico la famiglia cinese è organizzata su base patrilineare, tuttavia nelle famiglie di una certa posizione, quando la coppia non ha figli maschi ma solo figlie, è possibile fare sposare la figlia secondo il sistema matrilineare.

In questo caso il marito diventa figlio dei suoceri e ne assume il cognome.

I figli della nuova coppia avranno il cognome della madre, tutti saranno membri della famiglia materna, meno uno, che farà parte della famiglia paterna. Ciò  è però valido solamente per una generazione.

Nella famiglia cinese è esistito ed esiste ancora, in alcuni centri dell’immensa Cina, malgrado il movimento femminista dei nostri giorni, il concubinaggio che però sta scomparendo a seguito delle riforme del 1950, riguardanti le leggi sul matrimonio, in cui si stabiliva la parità  tra i coniugi.

La famiglia tradizionale cinese sopra descritta, è sostanzialmente anche la famiglia di oggi, sebbene siano intervenuti notevoli mutamenti. Molti  sono i giovani che non sopportano la ferrea autorità del capo famiglia, né gli obblighi che la vita familiare comporta.

Lo sviluppo industriale, il movimento delle grandi masse dalle zone rurali ai grossi centri urbani, ha quindi modificato la famiglia patriarcale.

I giovani hanno preteso di scegliere la propria compagna e di formarsi una famiglia del tipo nucleare, benché ancora radicato sia il concetto dell’assistenza ai  genitori, non più come obbligo, ma come dovere morale.

Anche la donna  oggi ha la sua dimensione sociale.  La sua attività non è più limitata alle cure domestiche all’interno della famiglia o del clan, ma è rivolta all’esterno, verso delle comunità più vaste, come le organizzazioni di quartiere, le comuni e le fabbriche. La donna oggi ha accesso all’università e fa i lavori più disparati.

La famiglia nella società odierna continua comunque ad avere un ruolo fondamentale in quanto è il luogo in cui comincia l’educazione del bambino e dove vengono trasmessi valori quali il rispetto, la cortesia l’obbedienza e la gratitudine verso i genitori ed il rispetto degli anziani.

 

LA FAMIGLIA ITALIANA

Agli inizi del Novecento si parlava di famiglia patriarcale, dove i ruoli dei coniugi erano nettamente distinti: il capofamiglia, l’uomo pensava a lavorare e a mantenere la famiglia, mentre la donna si preoccupava delle faccende di casa e della crescita dei figli. I rapporti con tutta la parentela erano saldi e fortemente connessi con la morale cristiana, così la vita quotidiana girava intorno al focolare domestico.  A partire dagli anni Cinquanta, tuttavia, la famiglia tradizionale ha cominciato a conoscere notevoli mutamenti, dovuti soprattutto ai cambiamenti della società e all’emancipazione femminile. Proprio la donna: negli ultimi decenni con il riconoscimento di diritti fondamentali si è sempre più inserita nella società, ma al di fuori dell’ambito familiare.

La famiglia è così passata da patriarcale a nucleare: infatti la famiglia moderna è composta dai genitori ed uno o due figli  ed entrambi i genitori generalmente lavorano fuori casa.

Inoltre è anche in aumento la percentuale dei divorzi.

La trasformazione della famiglia, causata dalla conversione dell’Italia da un paese prevalentemente agricolo ad uno industriale, non ha, tuttavia, ancora cancellato ogni traccia del vecchio modello. Ci sono ancora abitudini e modi di pensare che legano la famiglia del passato a quella del presente, molto più di quanto non avvenga in altri paesi occidentali: le famiglie italiane si riuniscono sempre, per almeno un pasto al giorno, intorno allo stesso tavolo. La cena è un momento di dialogo tra genitori e figli, uno dei pochi nei quali tutti i membri della famiglia hanno la possibilità di stare insieme.

Accanto al modello famigliare basato sul matrimonio  religioso, ci sono inoltre altri modelli famigliari, anche se spesso non pienamente riconosciuti quali le convivenze, le famiglie ricostituite ovvero quelle che si formano dall’unione tra divorziati, la famiglia composta da un solo genitore e anche quelle composte da una sola persona. Per la completa accettazione di questi modelli la società italiana si trova ad un punto arretrato rispetto a molti altri stati europei. Emerge un’altra caratteristica del modello italiano: è molto comune che i figli vivano con i propri genitori molto più a lungo che negli altri paesi occidentali, spesso fino ai trenta/trentacinque anni. Prima di sposarsi e di iniziare una nuova famiglia, infatti, è normale per un giovane italiano, soprattutto per gli uomini, continuare a vivere nella stessa casa dei genitori e dipendere economicamente da loro.

 

Considerazioni Finali

I  tre diversi modelli famigliari presentati sono tra loro molto differenti: la famiglia islamica, nonostante il matrimonio non sia un sacramento, è molto più legata alla tradizione religiosa di quanto non lo sia quella italiana. Infatti in Italia il matrimonio religioso rimane quello più comune, ma anche le coppie sposate con cerimonia civile sono accettate, nella società laica, come famiglie a tutti gli effetti.

La famiglia islamica e quella cinese sono accomunate dal rispetto per gli anziani che in quella cinese si trasforma addirittura in un culto per gli antenati

Questo concetto in Italia si è, invece, indebolito con l’abbandono della società patriarcale e sempre di più sono gli anziani soli e con gravi difficoltà economiche.

Si può infine considerare che il modello famigliare che più ha subito mutamenti è stato quello occidentale in cui la donna ha cominciato in misura maggiore a partecipare attivamente all’economia familiare e in cui il modello patriarcale è stato soppiantato da quello nucleare, sebbene anche in Italia, soprattutto nelle aeree periferiche venga riproposto un modello famigliare più tradizionale.

Questa differenza tra aeree di uno stesso paese è ancora più forte per quanto riguarda la Cina in quanto spesso nelle campagne si mantiene un tipo di famiglia patriarcale, mentre nelle città e nella popolazione giovane si è affermata la famiglia nucleare.

LA SCUOLA come luogo di cambiamento e formazione

Nel linguaggio comune la parola scuola assume diversi significati come, per esempio, edifici, scolaresche e docenti , attività didattiche e infine, correnti letterarie o di pensiero.

Nelle scienze sociali per scuola si intende l’istituzione scolastica volta a educare, nello specifico,  le nuove generazioni.

La scuola nasce nell’età moderna, con l’avvento del movimento illuminista, ma si afferma solo nella metà dell’ Ottocento, quando in Europa, in particolare,  si aprì un dibattito tra chi era favorevole a politiche di diffusione dell’istruzione e chi era contrario: i favorevoli dicevano che un popolo istruito si gestisce meglio, i contrari che sfugge al controllo.

Nella fase di scolarizzazione, accrebbero le aspettative della gente circa l’utilità della scuola, in quanto si era diffusa la convinzione che per stare al mondo era necessario avere istruzione per far fronte alle aspettative del mondo del lavoro e della società, e per avere un maggiore benessere.

La scuola con il passare del tempo ha subito diversi cambiamenti: autoritaria prima, flessibile e pronta ad accogliere intelligenze alternative e creatività, oggi.

Ovviamente il processo evolutivo della scuola ha incontrato molte difficoltà, e soprattutto molte teorie hanno dato voce al cosiddetto “sistema scolastico”.

Le teorie scolastiche sono sistemi di convinzioni e atteggiamenti che tendono a descrivere tale realtà  e chiarirne le dinamiche.

Spesso quelle scolastiche sono ideologie di sostegno e conservazione che tendono a legittimare la scuola così com’è.

Però sono comuni anche le ideologie di contestazione e innovazione, tese a giustificare interventi di cambiamento, e le utopie, essenzialmente critiche, ma prive di proposte alternative realizzabili.

Tali ideologie, sono diverse da un paese all’altro e cambiano nel corso del tempo a causa delle trasformazioni sociali o da specifici avvenimenti.

Le ideologie scolastiche presentano, inoltre, dei contenuti analoghi, come le credenze sull’utilità della scuola, che vanno essenzialmente in due direzioni: dell’efficienza e dell’umanizzazione.

La prima crede che la scuola possa essere un luogo che offre all’individuo gli strumenti necessari per affrontare società sempre più complesse e inoltre, le persone più istruite sono capaci di affrontare con più entusiasmo il lavoro, di padroneggiare meglio i mezzi di tecnologici e infine, di adattarsi ai cambiamenti e a nuove esigenze.

Avere masse istruite rappresenta per una società un immenso patrimonio.

D’altra parte, nella linea dell’umanizzazione, si pensa che l’istruzione possa dare un volto umano alla società e possa dare risposte ai problemi sociali, dalla devianza alla tossicodipendenza, al razzismo e alle organizzazioni mafiose.

Troviamo tra i contenuti, inoltre,  le opinioni sul metodo scolastico, strettamente legato alla formazione dell’alunno.

La scuola dovrebbe formare l’alunno in base alle sue capacità e alle sue competenze, dovrebbe collocarli in base al posto che merita in società, deve essere in grado di capire le differenze e le difficoltà, arrivando a recuperare tutti.

Ovviamente tali ideologie sono frutto di tendenze e influenze politiche, e molti pensieri riguardo la scuola potrebbero risultare dubbie o addirittura errate, in quanto tali ideologie mirano al controllo e alla mobilitazione sociale, non alla mera conoscenza della verità.

Le ideologie scolastiche vanno distinte dalle teorie scolastiche, non solo perché più fondate, in quanto studiate dal punto di vista di molteplici discipline come, la pedagogia, l’economia e la sociologia, ma soprattutto perché è diversa l’ottica con cui vengono prodotte e le metodologie sono assai più concrete e riscontrabili nella realtà.

Le teorie della scuola fanno emergere dei programmi educativi che si affrontano nella scuola, che rispondono a dei programmi latenti che pur non essendo espliciti circolano nelle scuole.

Questi insegnano ai ragazzi la disciplina, il rispetto per l’autorità e la sottomissione al potere formale. Eppure i programmi di oggi di solito non accennano a questi obbiettivi, piuttosto lontani dall’ideale corrente di educazione.

Quando la sfiducia nelle ideologie scolastiche di sostegno supera determinate soglie, possono nascere ideologie di contestazione o di innovazione, alle quali si possono ispirare pedagogisti e studiosi della scuola, elaborando teorie nuove.

Teorie sociologiche della scuola

Funzionalismo: la scuola trasmette bisogni e conoscenze tra nuove e vecchie generazioni, rispondendo a precisi bisogni della società: è un’ istituzione utile alla sopravvivenza della società.

Secondo l’ottica funzionalista la scuola assume compiti specifici all’interno della società:

trasmissione di conoscenze e promozione culturale:

la funzione della società è quella di trasmettere alle nuove generazioni sapere e tradizione.

La scuola non si limita a tramandare conoscenze ma è luogo di conoscenze nuove acquisite, anche se spesso questa tende a scoraggiare l’iniziativa degli alunni in quanto ci sono determinati sistemi che non funzionano. Essa d’altra parte, fa maturare all’interno dell’individuo curiosità, pensiero critico e autonomo.

La scuola dovrebbe mantenere un equilibrio tra conservazione e innovazione, in quanto è bene che trasmetta l’esistente, e quindi i fatti reali, in quanto deve misurarsi con le novità culturali e tecnologiche, per evitare la dissoluzione della cultura. Si dice che la scuola è ciclica e allo stesso tempo contro ciclica, in fase con l’andamento della novità e in controtendenza.

Socializzazione: secondo Parsons, sostenitore e teorico funzionalista, la scuola ha il compito di socializzazione intermedia in quanto deve educare il bambino, che è appena uscito dall’ambiente famigliare, ad affrontare rapporti sempre più neutrali e universali. La scuola deve insegnare al bambino che nel mondo ci si fa strada da soli, con le proprie capacità, meriti e impegno.

Selezione e allocazione nel sistema sociale: la selezione è uno strumento che utilizza la scuola attraverso la bocciatura o promozione, e quindi, il formatore, seleziona l’alunno in base alle sue capacità e all’impegno. L’allocazione è la competenza che l’individuo deve possedere per raggiungere un posto nella società.

Ciascuno quindi, finisce per occupare un posto nella società. La scuola fa da filtro, perché spinge le nuove generazioni a scolarizzarsi in massa e poi ferma gli individui a diversi livelli di scolarità. L’attività scolastica funziona anche da orientamento. Durante il cammino la scuola smista gli studenti incanalandoli in un tipo di formazione piuttosto che in un’altra.

Controllo sociale: secondo Durkheim, padre fondatore del funzionalismo, l’istituzione scolastica è necessaria alla sopravvivenza della società. La scuola crea coesione tra gli individui e gruppi gettando le basi per mantenere l’ordine sociale.

Essa offre una sorta di controllo interno, in quanto agisce sulle coscienze in modo che gli individui interiorizzino valori e norme e maturino una visione comune, di conseguenza i membri della società finiscono per sentirsi uniti e riescono a controllarsi per proprio conto.

In realtà il controllo sociale operato dalla scuola consiste in una combinazione di controllo interno ed esterno che interagendo  si potenziano reciprocamente, generando meccanismi particolarmente raffinati ed efficaci.

Nella loro vita i ragazzi sperimentano un sistema di premi e punizioni, che non solo servono a plasmare le loro menti ma anche a irrigidirli. La scuola, dunque, non è un oasi formativa ma è già società che disciplina e massifica con tutta la durezza delle sue regole.

Conflitti e integrazione alla marginalità: in ogni società si creano tensioni e contrasti tra gruppi. Si affida alla scuola il compito di gestire i conflitti e di integrare le presenze marginali. Qui si sottovaluta però le ingiustizie che in realtà, vengono a crearsi all’interno del sistema scolastico creando oggettive disuguaglianze (x es: il primo della classe). Inoltre, si tende a sottovalutare i conflitti che spesso sono generati dagli obbiettivi e i valori che vengono generati dalla scuola e che vanno contro quelli della famiglia o del gruppo dei pari. Quindi non è vero che la scuola svolge un ruolo di intermediazione in perfetto accordo con le altre agenzie di socializzazione.

Teorie del conflitto: la società è teatro di divisioni divisione e oppressione con gruppi che finiscono per dominare su altri. La scuola è coinvolta nelle divisioni e nelle lotte sociali ed è un mezzo di perpetuazione di potere e di disuguaglianze.

La scuola riproduttore di rapporti di dominio: secondo Marx, padre delle teorie del conflitto, la forma che la società assume e la cultura sono sovrastrutture, che prendono le basi strutturali dalla civiltà, costituita dall’organizzazione economica, cioè il modo di produrre e il criterio con il quale poi vengono sfruttate le risorse materiali.

Queste sovrastrutture sono al tempo stesso importanti perché assicurano e rendono possibile un ordine economico. La scuola e l’educazione sono importanti perché fanno proprie le nozioni socio-culturali tramandandole di generazione in generazione. Cosi i grandi sistemi economici possono esistere nel tempo finché si verificheranno grandi cambiamenti nei modi di produzione.

Per Marx, la scuola può essere sfruttata per fini rivoluzionari, in quanto crede che questa possa risvegliare le coscienze portando la civiltà ad un assetto nuovo.

Produzione di ideologie e cultura: la scuola non è neutrale, ma schierata dalla parte dei gruppi dominanti, i quali non solo detengono il potere e le risorse, ma a cui appartengono le idee e i valori insegnati nella scuola.

Produzione di forza-lavoro, sottomissione e consenso: la scuola si presta a reclutare forza lavoro per l’apparato produttivo, subordinandosi agli interessi imprenditoriali. Per questo masse di giovani vengono sottoposti a un processo di formazione tutto orientato al sistema produttivo.

 

Sociologie comprendenti: il presupposto di tali teorie è che i fenomeni si studiano dall’interno se si vuole davvero capirli. Occorre entrare dentro la vita scolastica, e mettersi nei panni degli studenti e guardare le cose dal loro punto di vista. Il risultato della scuola sta nel vissuto scolastico degli studenti.

La scuola finte di risorse di dominio: secondo Weber, maestro della sociologia, la società è fonte di lotte, ma il predominio d un gruppo sull’altro non dipende solo da un fattore economico, come pensava Marx, ma, si lotta per uno status più elevato che è caratterizzato dal controllo delle risorse materiali, dal prestigio, e con l’appartenza a un gruppo che ha un identità contrapposta all’identità di altri.

La scuola distribuisce risorse di dominio, cioè mezzi che consentono di porsi al di sopra degli altri, quest’ ultime  hanno un valore essenzialmente simbolico, tanto che spesso sono prive di utilità pratica.

La vita interna alla scuola: le sociologie comprendenti hanno cercato di guardare all’interno della scuola scendendo in un o studio micro sociologico dell’interpersonalità e dei vissuti individuali. Hanno adoperato metodi come, l’osservazione partecipante e le storie di vita.

i sistemi scolastici nei paesi avanzati

il sistema scolastico in ciascun paese è caratteristico e può essere compreso solo con un esame dettagliato, che tenga conto della sua struttura, del suo funzionamento e del suo  sfondo culturale e storico in cui si inserisce.

Sistemi democratici e di èlite: i sistemi elitari privilegiano una fascia della popolazione offrendo un’ istruzione di maggior qualità e prestigio, mentre i sistemi democratici tendono ad offrire pari opportunità a tutti. Di fatto il tipo di alunni che vanno avanti e si incanalano nelle vie migliori corrisponde in larga misura ai delle classi dominanti o dei gruppi che detengono il potere. I sistemi scolastici democratici hanno caratteristiche opposte: differenze meno accentuate tra percorsi formativi, incanalamento tardivo, filtri meno severe, minore tendenza a riprodurre disuguaglianze nelle carriere scolastiche.

Unificati e differenziati: questi tipi di sistemi si sforzano di creare scuole uguali per tutti. D’altra parte presentano vantaggi e svantaggi, in quanto mettendo insieme studenti di tradizioni , culture, lingue diverse  si rischia di rinnegare le identità di origine e creare un’unita forzata.

Centralizzati e decentrati: il controllo dell’attività scolastica può essere accentrato nelle mani dello stato o delegato in parte agli enti locali o a organismi scolastici locali. Conviene distinguere un controllo economico,che si esercita attraverso l’erogazione di fondi, e un controllo decisionale, che consiste nella facoltà di operare scelte in vari campi importanti per la definizione dell’attività scolastica.

A gestione statale e mista: nel mondo ci sono paesi dove l’istruzione è interamente gestita dallo Sato e altri a gestione mista, in parte statale, in parte privata. La gestione strettamente statale è poco democratica. Espone al rischio che chi detiene il potere, cioè lo stato, pieghi ai propri disegni l’istruzione. Inoltre non lascia che la pluralità dei soggetti presenti nella società si esprima, dando vita a scuole diverse e contribuendo alla promozione culturale, all’innovazione pedagogica e al miglioramento del sistema.

Orientamento tecnico-professionale e formativo-generale: la scuola può preparare in vista  del lavoro, insegnando nozioni pratiche presupponendo però delle basi miste solide che possano contribuire alle esperienze tecnico-professionali.

 

La scolarizzazione

Per scolarizzazione s’intende quel fenomeno tipicamente sociale  attraverso cui una popolazione viene sottoposta a istruzione.

I governi promuovono varie strategie affinché l’istruzione sia accessibile a tutti: istruzione gratuita, obbligo scolastico e di formazione anche per chi lavoro. Spesso ad ampliare il fenomeno della scolarizzazione di massa è anche la richiesta che viene dal basso, dalla presenza, quindi, di individui che si iscrivono e premono per acquisire competenze e titoli. A tutelare tale diritti, nasce nel 1946 l’UNESCO, che contribuisce al mantenimento della pace, rafforzando la cooperazione delle nazioni, favorendo l’educazione, la scienza e la cultura.

 

Indicatori di alfabetizzazione assoluti

Analfabetismo e alfabetismo: sono le scuole inferiori ad essere impegnate alla lotta all’analfabetismo. Il tasso di alfabetizzazione e alfabetizzazione indicano quanto è incisiva la scolarizzazione di base,

Struttura della popolazione per grado ritorno: rappresenta la distribuzione dei vari livelli d’istruzione nell’intera popolazione. È un indicatore che ci dà l’idea di quale tipo d’istruzione caratterizza un determinato paese allargato a tutte le fasce d’età.

Durata della scolarizzazione: sono gli anni di obbligo scolastico. Ovviamente in tutti i paesi questo è soggettivo, in quanto dipende dalla domanda d’istruzione dalle classi più basse.

Pubblicazioni: la scolarizzazione di un paese dipende dall’editoria, dai libri, dalle riviste e dai giornali che vi si pubblicano, in quanto tanto più verranno letti, tanto più sarà sviluppata l’istruzione.

Indicatori di alfabetizzazione relativi

Tasso di scolarità: è la percentuale di persone che frequentano la scuola nella fascia di età specifica in cui vi si accede. Possiamo calcolare il tasso globale di scolarità, prendendo in esame l’intero cammino formativo che la scuola mette a disposizione o , i tassi di scolarità differenziati, per ivari gradini della carriera scolastica.

Tasso di riuscita scolastica: la percentuale di studenti che supera l’esame finale di un ciclo tra i ragazzi e i giovani della fascia di età di riferimento.

Scolarizzazione attesa: esprime il numero di anni che uno studente al primo anno di scuola ha davanti al suo cammino formativo.

L’esplosione scolastica

Nel corso del XX secolo, la scolarizzazione nel mondo ha assunto proporzioni gigantesche. L’esplosione scolastica è avvenuta in due tempi. In un primo momento c’è stata la fase di alfabetizzazione, in cui la scolarizzazione di base si è estesa fino a investire l’intera massa delle nuove generazioni, con il risultato di ridurre sempre di più l’analfabetismo in seno alla popolazione arrivando a farlo quasi scomparire.

In un secondo momento c’è stata la fase di scolarizzazione, sempre più gente si è iscritta a scuole di livello più alto e ha conseguito titoli di studio avanzato.

In Europa la scolarizzazione di massa si è diffusa più tardi in quanto erano ancora fortemente presenti sistemi legati fortemente alla tradizionale istruzione elitaria, e  dunque questi regimi, guardavano con sospetto la l’idea di democratizzare il sistema scolastico, aprendo la scuola a tutti.

Negli Stati Uniti la diffusione della scolarizzazione e del principio di democratizzazione dell’istruzione era già un fenomeno largamente diffuso e condiviso. Qui l’istruzione veniva considerata un bene prezioso di per sé, qualcosa di fortemente valido, indipendentemente dal fatto dell’importanza di avere una società scolarizzata.

L’esplosione scolastica è avvenuta essenzialmente grazie a due fattori: quello industriale e quello religioso.

Il primo trae le sue origini nei cambiamenti del sistema produttivo che ha creato l’esigenza di forza lavoro più istruita. Nella fase di alfabetizzazione c’è richiesta di manodopera per l’industria e il personale alfabetizzato è preferibile a quello non alfabetizzato. Inoltre le persone che sanno leggere e scrivere, e quindi il lavoratore istruito, sono più capaci di adattarsi ai cambiamenti ai macchinari e di procedimenti lavorativi e alle continue innovazioni causate dal progresso tecnologico.

Il processo di alfabetizzazione nasce da necessità diverse, sotto la spinta della religione, in particolare con il protestantesimo, che ha promosso tale abilità con l’obbiettivo di far accedere ogni singolo individuo alle sacre scritture e di diffonderle.

in Italia:  l’esplosione scolastica in Italia è arrivata in ritardo e la popolazione non era ancora scolarizzata ai livelli esistenti altrove. La cosa si spiega in parte perché da noi l’industrializzazione è avvenuta effettivamente nel dopoguerra, e in parte a vicende storico-politiche,culturali e ideologiche e in particolare all’impostazione data alla scuola nelle riforme che si sono susseguite.

L’analfabetismo si è ridotto a causa dell’evasione e dell’elusione dell’obbligo. Nonostante già nel 1923 a livello legislativo fosse stato stabilito il vincolo di frequentare la scuola fino ai 14 anni , di fatto è stato al censimento del 1981 che, per la prima volta, si è riscontrato un tasso di scolarità intorno al 100% sia alle elementari, sia alle medie.

In Italia si registra un ritardo anche nella fase di scolarizzazione di massa. A partire dagli anni ’50 e’60  sono nate la scuola di massa e l’università di massa. Le sedi universitarie si sono moltiplicate e il numero degli studenti iscritti alle superiori e all’università è aumentato.

 

La dispersione scolastica: un certo numero di studenti, nonostante gli sforzi, restano sottoscolarizzati o malscolarizzati. Per varie ragioni e in vari modi sfuggono a un intervento incisivo della scuola, ricevono un’ istruzione inferiore al previsto, non si integrano adeguatamente e si collocano ai margini del sistema. Qui ha luogo la dispersione scolastica, che è il fenomeno per cui una quota di studenti si discosta dai percorsi formativi ideali. Comunemente la dispersione viene considerata qualcosa di fisiologico, in quanto siccome tale istituzione richiede determinate competenze e sacrifici non tutti hanno un temperamento in grado di superare le difficoltà, e quindi c’è chi ce la fa e chi no. Sicuramente un’analisi alquanto semplicistica, appunto perché qualunquista in quanto la dispersione ha una serie di conseguenze negative. sia sul piano economico, in quanto comporta uno spreco per la società che investe un patrimonio per scolarizzare, e si vede l’obbiettivo non raggiunto. I giovani non scolarizzati vanno poi a formare masse di marginali e di svantaggiati che certo non assicurano una crescita sociale o una garanzia all’assetto della società.

Gli studi ci suggeriscono che la dispersione, specie quando è alta, è un processo disfunzionale, che non serve a migliorare le qualità dell’istruzione, non risponde a criteri razionali e denuncia l’inefficienza della scuola.

Incongruenza tra dispersione e produttività: non è vero che le scuole con più dispersione scolastica sono quelle che offrono i prodotti migliori e dove si richiedono delle competenze più elevate. in quanto può dipendere anche dalla mancanza di continuità tra le scuole medie e quelle superiore,in cui si rileva il più alto tasso di dispersione.

La maldistribuzione delle ripetenze e degli abbandoni può dipendere da:

organizzazione: la mancata continuità tra un ciclo e l’altro costituiscono un difetto di organizzazione che si traduce in respinti e ragazzi che interrompono e poi riprendono dopo qualche tempo.

Psicologiche: esistono alcuni individui con dei disturbi psicologici e relazionali, come la timidezza, le tendenze depressive e via dicendo. Spesso però le ragioni psicologiche della dispersione vanno cercate nelle interazioni con la scuola e nell’adattamento dei metodi. Qui possono inferire vari tipi di ragioni come l’insicurezza, un ragionamento freddo e distaccato riguardo la vita e la scuola, il non essere portati per lo studio, la sofferenza e l’inadeguatezza del clima scolastico.

Socio-culturali:le differenze socio-culturale in Italia, attraverso uno studio si è visto che sono determinanti, in quanto è più facile che ripetano o abbandonino ragazzi di famiglie povere e con genitori poco scolarizzati. L’ambiente poco stimolante incoraggia poco allo studio.

 

Scuola e disuguaglianze sociali

Affinché la scuola funzioni da strumento di eguaglianza sociale, il primo passo è che offra a tutti le stesse possibilità di istruirsi. Se il grado di istruzione che le persone raggiungono sono influenzate dal sesso, dalla classe sociale, dalla razza vuol dire che la scuola non offre pario opportunità. In secondo luogo la scuola deve assicurare un alto livello di istruzione cosicché  l’individuo poi possa raggiungere uno status altrettanto elevato , occupando posti più importanti di maggior livello e più retribuiti. In questo modo la mobilità sociale diventerebbe un canale ascendente per salire dagli strati più bassi a quelli più alti. Infine, è importante chiedersi in che direzione stiamo andando , anche se tutt’oggi la scuola non offre pari opportunità, ci sono comunque le basi per raggiungere la parità d’inserimento sociale. In Italia in particolare, c’è un divario tra Nord e Sud, che riguarda essenzialmente la scuola dell’obbligo che tende a penalizzare le fasce del sud favorendo quello del nord.

Il singolo di estrazione bassa non è predestinato, tuttavia a una carriera poco brillante : il singolo può avere successo, ma la sua fascia di appartenenza ha complessivamente meno opportunità di successo.

 

Istruzione e mobilità sociale: questo fenomeno lo ritroviamo in modo specifico negli studi del sociologo funzionalista Anderson, il quale notò che non c‘era relazione tra l’istruzione relativa,  quindi il livello di studi in più o in meno dei suoi genitori, e lo status relativo, quindi il divario tra la posizione sociale acquisita dall’individuo nella vita e la posizione sociale dei suoi genitori. Le due variabili risultavano assolutamente indipendenti. E’ il noto paradosso di Anderson. Il fatto di aver ottenuto u titolo di studi superiore al padre non assicura uno status sociale superiore a quello del proprio genitore, dunque la relazione tra livello d’istruzione e mobilità è complessa, in quanto vi intervengono vari fattori.

La via di oggi, e di fatto quella più accreditata e la più seguita, è quella di migliorare la scuola. Il fatto che finora la scuola abbia fallito nell’offrire pari opportunità e uguali strumenti agli individui per raggiungere determinati obbiettivi, non significa che sarà cosi per sempre.

C’è bisogno di un forte cambiamento e di forti presupposti. Si deve concretizzare l’idea che la scuola debba tener conto delle differenze esistenti nella società e farsene carico, adeguando di volta in volta, metodi, competenze, pratiche e didattica, creando una scuola che sappia rispondere flessibilmente alle differenze. Il miglioramento della scuola passa attraverso una trasformazione complessa, fatta di riforme, che favoriscano l’ individuo, e non interessi di altra natura come è tutt’ora.

Far crescere all’interno dell’individuo un benessere intellettuale e creativo, cosicché i contrasti sociali  e le disuguaglianze si trasformino in un lontano ricordo.

La dinamica della comunicazione umana

Il processo comunicativo può essere considerato come comunicazione interpersonale o tra gruppi, oppure come grandi sistemi artificiali, ma in entrambi i casi sono presenti: EMITTENTI, RICEVENTE, MESSAGGIO, FEEDBACK.

La caratteristica di un messaggio è quella di rendere trasmissibile un’idea. Questo accade quando l’idea viene tramutata in messaggio . L’azione del comunicare si svolge tra il trasmittente e il ricevente, fra i quali si instaura un rapporto di reazione-trasmissione che definiamo feedback.

L’emittente deve far ricorso ad un canale di cui servirsi per trasmettere il proprio messaggio e ad un codice di espressione che gli consentano di porre l’idea in forma trasmissibile. Il ricevente si troverà a decodificare il messaggio e può anche interpretarlo.

Qui interviene il feedback, o messaggio di ritorno, in cui il ricevente fornisce la propria risposta restituendo il messaggio di ritorno che risulta arricchito dall’interpretazione.

LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE

La funzione emotiva (o espressiva) riguarda la capacità di esprimere il sé.

La funzione fatica consiste nel lavoro che si fa per garantire il contato.

La  funzione metalinguistica definisce il codice in uso e i rapporti fra gli interlocutori.

La funzione referenziale permette al messaggio di mettersi in rapporto con il mondo.

La funzione poetica riguarda l’organizzazione interna del messaggio, il modo in cui esso è realizzato.

La funzione conativa è quella per cui si cercano degli effetti sull’emittente, gli si danno degli ordini, dei consigli ecc.

Ogni atto comunicativo contiene almeno in potenza tutti i fattori della comunicazione e ne comprende anche tutte le funzioni.

COMUNICAZIONE NON VERBALE

Della comunicazione non verbale fanno parte tutti quegli elementi comunicativi diversi dal linguaggio articolato che usiamo per chiarire rapporti reciprochi: gesti, espressioni, posture, movimenti e azioni, atteggiamenti, distanze, intonazioni della voce, odori, grafie, segni tracciati sul corpo, abbigliamento ecc.

ESPRESSIONE/COMUNICAZIONE

Le espressioni emanate dall’individuo forniscono informazioni sul soggetto che le esprime. A differenza delle espressioni, la comunicazione può essere astratta. Una persona può iniziare o interrompere le comunicazioni, ma non può smettere di esprimersi. Le comunicazioni si trasmettono in modo consapevole, ma le espressioni si emanano inconsapevolmente e cono costanti e molto meno controllabile delle comunicazioni.

CINESICA

Un ramo della semiotica che si occupa dei gesti è la cinesica. I movimenti umani che hanno funzione significativa e di coordinazione sono classificati in dieci gruppi:

  • Contatto fisico
  • Prossimità
  • Orientamento
  • Aspetto
  • Postura
  • Cenni del capo
  • Espressioni del volto
  • Gesti
  • Sguardo
  • Aspetti non verbali del parlato

I gesti sono i movimenti più articolati e complessi e sono classificati ulteriormente:

    1. gesti illustratori
    2. gesti convenzionali e linguaggi dei segni
    3. movimenti che esprimono stati emotivi e atteggiamenti interpersonali
    4. movimenti che esprimono la personalità
    5. movimenti usati nei rituali e nelle cerimonie

La comunicazione non verbale è sempre materia di interpretazione, più o meno consapevole. È difficile dare una grammatica di queste interpretazioni che per lo più sono informali e opinabili, ma è comunque possibile distinguere differenti gradi di apertura/chiusura del corpo.

PROSSEMICA: sistema di comunicazione non verbale semplice e sistematico che regola il senso della distanza fra le persone.

I minori

Il tecnico dei servizi sociali è quella figura professionale, che ha il compito di soddisfare i bisogni primari della persona, favorire il benessere e l’autonomia; viene a contatto, con persone come anziani, disabili e bambini.

Con il termine “minori” ci si riferisce a tutte quelle persone che si trovano comprese nella fascia d’età che va da 0 a 18 anni e, che, tradizionalmente viene considerata come età evolutiva.

I bisogni che i minori hanno, sono diversi, a seconda dell’età che stanno attraversando, nel senso che i bisogni di un bambino di 3 anni non sono gli stessi bisogni, di un bambino di 6 anni o di un adolescente. L’idea che ad ogni età, corispondano caratteristiche e bisogni diversi, e che essi sono molto differenti da quelli dell’adulto, è una conquista recente della nostra civiltà.

Il primo ad introdurre questa concezione, fu Jean Jacques Rousseau che, verso la metà del 1700, avanzò l’idea che il bambino fosse fondamentalmente “buono”, e che fosse compito degli educatori, predisporre le condizioni, perchè potessero emergere tutte le sue potenzialità. Più in generale, si può affermare, che ogni società, in ogni periodo storico, ha avuto una particolare idea dell’infanzia, e di come questa dovesse essere vissuta in relazione alla vita adulta.

I dipinti che ritraggono i bambini nei secoli precedenti o non rilevano le fattezze infantili e li propongono come “piccoli adulti” oppure li rappresentano abbigliati e agghindati come gli adulti. Si deve aspettare il 1700 perchè emerga una visione dell’infanzia come età propedeutica a quella adulta, e della quale occorre occuparsi, perchè si gettano le fondamenta per il futuro uomo, e solo alla fine del 1800, si diffondono le biografie di bambini, redatte da genitori, con le prime descrizioni del comportamento, in genere, dei propri figli.

Posiamo dividere l’età evolutiva in prima, seconda, terza infanzia e adolescenza.

 

PRIMA INFANZIA

Secondo Bowlby, il bambino presenta una predisposizione innata, a stabilire rapporti sociali; il primo rapporto sociale significativo è con la figura con cui si stabilisce un legame di attaccamento e, dall’evolversi del rapporto con essa, secondo Erikson, si strutturerà il senso di fiducia o sfiducia.

Si sviluppano i primi legami affettivi, soprattutto con chi svolge la funzione materna, vale a dire con chi si occupa di lui, fornendo protezione, rassicurazione e dando risposta ai bisogni primari di alimentazione e accudimento. Secondo la Mahler, inizialmente il bambino non percepisce la distinzione tra sè e la madre poichè, il processo che porterà alla separazione dalla madre e all’individuazione, cioè capacità di riconoscersi differenti dalla madre e quindi individui a sè stanti, terminerà verso la fine del secondo anno, inizio del terzo.

A partire dai 12 mesi, con la conquista della deambulazione, il bambino amplia le sue capacità di esplorazione del mondo circostante.

Verso i 18 mesi compare la funzione simbolica o rappresentativa del pensiero, vale a dire la capacità di sostituire la realtà concreta con una sua rappresentazione mentale.

Dopo i 18 mesi, il bambino comincia a rappresentarsi mentalmente l’esistenza della figura d’attaccamento, indipendentemente dalla sua presenza, e questo anche in relazione allo sviluppo delle capacità cognitive. Con lo sviluppo contemporaneo della memoria, il bambino stabilisce dei legami affettivi anche con persone con cui entra più frequentemente in contatto. In questo periodo, secondo la teoria di Piaget, lo sviluppo dell’intelligenza è legato all’uso di schemi percettivi e motori.

Il linguaggio è inizialmente ristretto all’olofrase, cioè parola che ha funzione di un’intera frase, in seguito, a due parole accostate senza legami grammaticali, ma capaci di comunicare un significato completo.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogni primari, come mangiare, dormire, l’essere puliti, la creazione di routines e, non nel significato più propriamente fisiologico, ma perchè attraverso le attività di accudimento sono veicolati scambi affettivi, si interagisce con il mondo esterno ecc.

– bisogni di affetto e attaccamento

– bisogni di esplorazione e gioco: prime attività di esplorazione riguardano se stessi, la madre, gli oggetti, lo spazio che, progressivamente, con la maturazione delle capacità motorie, può raggiungere.

 

SECONDA INFANZIA

Il bambino in età prescolare si rivela come un bambino che tende ad essere sempre più indipendente  ed autonomo. Aumentano le sue capacità motorie, sia di motricità globale, sia di motricità fine, è in grado di spostarsi con facilità e di farsi comprendere attraverso il linguaggio.

Intorno ai 2 anni, in concomitanza con le esperienze legate al controllo sfinterico, fase anale descritta da Freud, secondo Erikson, si presentano sentimenti di dubbio relativo alle capacità di controllo del proprio corpo e di vergogna qualora l’atteggiamento educativo dei genitori sottolinei queste incapacità. Contemporaneamente, si verifica la cosidetta fase di opposizione, nel senso che, secondo Spitz, il bambino utilizza il “no” come forma di rivendicazione della propria autonomia. Verso i 3 anni, con l’insorgenza del complesso edipico, descritto da Freud, fa la sua comparsa, una serie di sentimenti conflittuali, quali rivalità, invidia e aggressività, nei confronti del genitore dello stesso sesso e di sentimenti di desiderio e di possessività nei confronti del genitore di sesso opposto. La risoluzione del complesso edipico, si attua attraverso l’identificazione, con il genitore dello stesso sesso, processo che porterà ad una prima identità sessuale e all’introizione delle regole morali; in questo periodo sono molto evidenti comportamenti e fantasie legati alla sessualità.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di gioco e scoperta, cioè scoprire nuovi ambienti; il gioco è l’attività fondamentale dei bambini, che non ha il significato di “perdere tempo”, ma è una delle forze che agiscono promuovendo contemporaneamente processi cognitivi, affetivi e sociali;

– bisogno di autonomia e iniziativa;

– bisogno di interazione con i coetanei.

 

TERZA INFANZIA     

È il periodo che va dai 6 agli 11 anni, coincide con la prima scolarizzazione ed è il momento dei massimi apprendimenti.

Secondo Piaget, il pensiero diviene capace di reversibilità, vale a dire che riesce a prendere in esame contemporaneamente aspetti diversi della realtà, indipendentemente dalla loro presenza e dalle loro caratteristiche percettive. Si ampliano e si affinano le strategie cognitive, in particolare quelle relative alla memoria (cognitivismo). Il linguaggio si adegua sempre più alle regole dell’esposizione corretta, il lessico si arricchisce di vocaboli e, l’entrata nella scuola, permette al bambino di utilizzare con più sicurezza gli alfabeti e, il ruolo dell’insegnante, assume notevole importanza, perchè funge da mediatore. Se il bambino sente di riuscire bene nei compiti che gli vengono assegnati, incrementa il proprio livello di autostima, se al contrario, riscuote sempre insuccessi, e, al confronto con i compagni, risulta un perdente, sviluppa un sentimento di inferiorità. Si consolidano le amicizie con i coetanei, anche se le aggregazioni sono ancora prevalentemente legate all’appartenere allo stesso sesso.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di avventura, nel senso, fare un qualcosa di nuovo e di emozionamte; per il bambino l’avventura è rappresentata dalla possibilità di esplorare il mondo contando sulle proprie forze

– bisogno di aggregazione, che da qui in poi è un bisogno fondamentale

– bisogno di stima, affetto, riconoscimento

Secondo la Montessori, la prima donna medico italiana e prima operatrice di strada, è il mondo che si deve adattare ai bambini e non viceversa, e da qui nascono, le piccole sedie, i tavolini, i lavandini, ecc. tutto a misura di bambino per favorire al meglio la loro autonomia.

 

L’ADOLESCENZA

Può essere definita come un lento processo, che porta al suo interno rotture e disarmonie, che interessano il corpo, la personalità, i comportamenti, la relazione con se stesso e con gli altri, ed è anche considerata, come la fase centrale di sviluppo psicologico, durante la quale avvengono delle trasformazioni e si verificano degli “abbandoni” di aspetti considerati tipicamente infantili:

– a livello fisico, con l’abbandono di un corpo infantile e il raggiungimento di un corpo adulto con tutte le implicazioni di tipo sessuale e riproduttivo;

– a livello cognitivo, con il superamento del pensiero operatorio concreto e il conseguimento della logica formale e del pensiero deduttivo;

– a livello affettivo, con l’abbandono degli oggetti d’amore infantili e la ricerca di un impegno in legami affettivi al di fuori dell’ ambito familiare;

– a livello sociale, con l’abbandono della dipendenza dalla famiglia e la ricerca di un’autonomia di azione e di giudizio da esercitare al di fuori del contesto familiare.

Il periodo adolescenziale può essere diviso in:

– preadolescenza, che corrisponde alla pubertà, all’età compresa tra gli 11 e i 14 anni circa;

– adoloescenza propriamente detta, che va dai 14 ai 17 anni circa;

– post-adolescenza, che va dai 17 anni circa ai 20 anni ed è caratterizzata dall’assunzione di un ruolo sociale preciso.

I bisogni prevalenti sono:

– bisogno di identità

– bisogno di indipendenza

– bisogno di “senso”

Oltre a quelli che sono i bisogni tipici delle diverse fasce d’età, esistono, poi, situazioni che si connotano per una loro specificità e che evidenziano altri tipi di bisogno. Alcune tipologie di problemi, riguardano o situazioni vissute dai minori stranieri, o minori maltrattati e dagli adolescenti. Il disagio corrisponde ad una percezione soggettiva di malessere, di  fatica, di sofferenza psicologica. I minori stranieri, non sono di per sè soggetti a rischio di disagio, ma lo diventano, perchè il processo di integrazione all’interno del paese nel quale sono immigrati, si rivela denso di problemi. Si tratta di un processo che presenta caratteristiche diverse in relazione a una molteplicità di fattori, il primo dei quali è la tipologia di minore straniero che può essere:

– minore nato in Italia;

– minore giunto per adozione internazionale;

– minore presente da solo;

– minore “ricongiunto”;

– minore in cerca d’asilo;

– figlio di coppia mista.

Il processo di integrazione, pone un problema difficile da affrontare, sia per il minore, sia per la società, ed è riconducibile all’incontro/scontro, tra diverse identità culturali, tra modelli di vita ed educativi, tra richieste sociali differenti, tra modi diversi di concepire e agire i ruoli familiari e sociali. L’insieme di questi elementi è riconducibile alla definizione di identità etnica, vale a dire, a quelle dimensioni di carattere non solo biologico, ma prevalentemente culturale e sociale, di una specifica comunità, con una particolare attenzione alla lingua.

I bisogni dei minori stranieri sono gli stessi degli altri bambini con l’aggiunta del bisogno di integrazione, e accettazione della propria persona, senza prendere in considerazione la razza, la cultura, la società.

 

MINORI MALTRATTATI

Il maltrattamento nell’infanzia e nell’adolescenza, si presenta in modi diversi, sia perchè può essere ricoducibile ad azioni ben definite, come la violenza fisica, emozionale, l’abuso sessuale, sia perchè si può manifestare come conseguenza di “mancanze” come, ad esempio, la mancanza di cure adeguate, tipica della trascuratezza.

La caratteristica che accomuna i diversi tipi di maltrattamento, è data dalle gravi conseguenze sul piano fisico e/o psicologico del minore, che vanno direttamente a compromettere la sicurezza del bambino, il suo equilibrio emotivi, il suo sviluppo psico-relazionale, la stima di sè nel presente, ed il futuro ruolo sociale.

 

MALTRATTAMENTO FISICO

Le lesioni, conseguenza di un maltrattamento fisico, debbono essere distinte da quelle derivanti da un incidente e per questo, vi sono alcuni elementi che possono essere indicativi, come per esempio, il ritardo a cercare aiuto medico, il racconto vago, povero di dettagli e variabile da persona a persona su quanto sarebbe successo, possono far insospettire; inoltre, occorre porre attenzione anche all’atteggiamento del bambino e dei genitori. Diversamente dal medico che ha strumenti diagnostici più raffinati e può valutare fratture o lesioni interne, chi si occupa del bambino o ragazzo, individua segni, che si riferiscono principalmente alla cute come ecchimosi, ematomi multipli, abrasioni, impronte come denti, mani ecc.

Le lesioni al capo sono molto frequenti e nei casi di maltrattamento costituiscono la pricipale causa di morte per abuso fisico.

Sono facilmente rilevabili anche le ustioni volontarie causate da liquidi bollenti, specie acqua o da sigaretta.

 

ABUSO SESSUALE

Ci si riferisce a quell’insieme di situazioni in cui viene coinvolto in attività sessuali un soggetto minorenne, al quale manca, a causa dell’età, la consapevolezza delle proprie azioni e la capacità di scegliere. L’eventuale conenso del minore, non va considerato, perchè per poter parlare di consenso, è necessario che il soggetto abbia una conoscenza di ciò che sta per fare, e di tutte le relative conseguenze ed implicazioni e che ci sia la libertà interiore per autodeterminarsi. Nei bambini queste due condizioni non possono esserci, perchè anche se c’è una conoscenza intellettiva di ciò che sta per fare, non c’è la capacità di gestire le proprie pulsioni affettive e manca la capacità di sottrarsi alle pressioni fisiche o psicologiche dell’adulto, soprattutto se si tratta di un familiare. L’abuso è un fenomeno che colpisce tutte le fasce sociali, nel senso che, sia l’abusante, sia la vittima, possono appartenere ad una famiglia qualsiasi, benestante o marginalizzata, metropolitana o contadina ecc…e sono colpiti indifferentemente maschi e femmine, anche se vi è una netta prevalnza di bambine, di sempre più giovane età. Se l’abuso avviene in famiglia, il problema principale che si presenta è il silenzio e l’omertà. Le reazioni alle violenze, soprattutto all’interno della famiglia, non sono di  rifiuto o di difesa, perchè il bambino non ha una personalità strutturata in grado di opporsi al desiderio degli adulti, in particolare se vi sono vincoli di affetto o di dipendenza emotiva. Il soggetto abusato, una volta adulto, grazie alla rimozione del suo dramma e all’identificazione con l’abusante, non “prova” sofferenza per la sua condizione e così non è in grado di provare compassione o empatia per le sue vittime.

 

INDICAZIONI DI LAVORO

La scuola, si presenta come l’istituto educativo che, dopo la famiglia, ha come suo ruolo istituzionale quello di occuparsi dell’educazione, socializzazione e acculturazione dei minori. Le iniziative che possono essere messe in atto, anche in collaborazione della scuola, in ragione di determinate esigenze, possono interessare direttamente il minore, ma anche il contesto nel quale egli vive, ed in modo particolare, la famiglia. Gli interventi sono di prevenzione primaria e secondaria, anche se non mancano gli interventi da attivarsi quando il problema è già in uno stato avanzato, come l’affido, centri diurni ecc.

 

INTERVENTI DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÁ

Possono essere posti in atto dai Consultori Familiari, dalle agenzie educative, da associazioni di vario tipo.

Agire sulla funzione genitoriale ha il significato di una prevenzione su tutta una serie di fenimeni che possono interferire con lo sviluppo ed il successo scolastico e personale dei bambini.

L’intervento è prevalentemente quello della prevenzione primaria del rischio ed indirizzato a quei momenti della vita che, per la loro criticità e complessità, mettono a prova la stabilità individuale e familiare:

– la scelta della maternità/paternità in cui si lavora con il genitore per portare a galla quali sono le sue convinzioni riguardo al bambino e su come la nascita influirà la condizione della coppia e della famiglia;

– la nascita e i primi anni di vita del bambino in cui gli interventi sono formativi/informativi e volti a far prendere consapevolezza sull’importanza delle prime tappe evolutive, sui bisogni del bambino e su come le pratiche educative diano una risposta a tali bisogni;

– l’adolscenza in quanto è una fase complessa della vita dell’individuo, in cui stanno strutturandosi la sua identità personale e sessuale, le modalità di rapporto con l’altro sesso e per un percorso di scelte autonome.

 

INTERVENTI ALL’INTERNO DEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA CON LE FAMIGLIE

Si tratta di servizi sorti all’interno dei tradizionali servizi per l’infanzia, come l’asilo nido, ecc., con l’obiettivo di dare una risposta più flessibile a esigenze emergenti, in particolare l’esiganza di avere uno spazio e un tempo da condividere con i figli al di fuori dell’ambiente domestico e che si configuri come “buono” per il bambino, perchè può avere occasioni di stare con altri bambini in un ambiente ludico educativo, e per i genitori, perchè possono avere rapporit con altri genitori ed educatori. I servizi per i bambini e le famiglie articolano attorno all’attività di gioco, gran prte della loro progettualità.

Gioco inteso sia come strumaneto attraverso cui il bambino si esprime, comunica, apprende, sia come mezzo che l’ adulto ha per entrare nel suo mondo immaginario.

Un’altra attività è costituita dalla lettura di libri o dalla narazione di storie, e questo, permette di porre il bambino, in un rapporto precoce con un oggetto culturale.

La lettura aiuta l’apprendimento della lingua, la capacità di tradurre pensieri in frasi articolate e stimola l’immaginazione. La capacità di comunicazione è tanto importante nella nostra società che si presente come società della comunicazione, in cui il possesso del codice scritto ed orale è un potente strumento di interazione, integrazione sociale e di potere.

 

ANIMAZIONE ESTIVA

Le attività di animazione effettuate nel periodo estivo sono un’altra occasione per dare risposta ai bisogni dei ragazzi prevalentemente in età scolare, più specificatamente risposte ai bisogni di aggregazione, socializzazione, avventura e scoperta; inoltre risponde a obiettivi legati all’educazione alla solidarietà, alla responsabilità delle proprie azioni, all’autonomia.

 

L’AFFIDO

Si è sviluppato come tentativo di dare una risposta ai bisogni e alle dificoltà del minore e della famiglia d’origine. L’inserimento in una famiglia affidataria offre contemporaneamente un ambiente idoneo per la crescita del bambino  la possibilità di cambiamenti positivi, all’interno del nucleo familiare d’origine. L’affidamento è disposto dai servizi socioassistenziali degli enti locali, previo consenso dei genitori o del tutore, ed è reso esecutivo, dal iudice tutelare, nel caso di affidamento consensuale, mentre, nel caso i genitori neghino l’assenso, esso è predisposto dal Tribunale per i minorenni. In genere si tratta di bambini, anche molto piccoli, allontanati per trascuratezza o maltrattamnti gravi di preadolescenti e adolescenti con disturbo del comportamento.

Vi possono essere diverse forme di affido:

– affido a tempo parziale, in cui l’inserimento in un altro nucleo è previsto per alcuni giorni alla settimana, o per alcune ore ogni giorno;

– affido a tempo pieno, in cui l’affidamento è continuo e residenziale e i rapporti tra le due famiglie vengono definiti dai servizi o dal competente Tribunale e può protrarsi per periodi brevi, medi o lunghi in ragione della situazione o degli obiettivi.

Disfunzioni sessuali maschili di Nada Loffredi

Le attuali tecniche diagnostiche e le nuove terapie mediche e psicologiche hanno permesso, negli ultimi decenni, di conoscere sempre meglio la risposta sessuale e hanno fornito soluzioni mirate a problemi che, un tempo, erano considerati difficili o non trattabili. Queste nuove possibilità di cura dei problemi sessuali, nonostante le ottime percentuali di successo, sono ancora poco conosciute.
È emerso, negli ultimi anni, che il rapporto fra cause organiche e psicologiche può essere molto complesso. Anche quando la diagnosi di un disturbo sessuale pone in evidenza un problema di tipo organico, fattori psicologici possono essere sempre presenti, e tra questi il più importante è la paura dell’insuccesso. Dopo i primi fallimenti può accadere che la paura di ulteriori insuccessi porti a situazioni così ansiogene da diventare un vero e proprio fattore di mantenimento del disturbo stesso.
In questa breve rassegna spiegheremo in modo chiaro e sintetico i principali disagi, le possibili cause e le diverse cure oggi a disposizione per i disturbi sessuali dell’uomo.

  • Carenza di desiderio
  • Avversione o fobia sessuale
  • Desiderio compulsivo
  • Disfunzione erettile (o disturbo dell’erezione)
  • Eiaculazione precoce
  • Eiaculazione ritardata o impossibile
  • Eiaculazione senza orgasmo (o eiaculazione anestetica)
  • Orgasmo senza eiaculazione (o eiaculazione retrograda)

 

CARENZA DI DESIDERIO
L’individuo che presenta una carenza di desiderio appare ‘asessuale’ e si comporta come se i centri sessuali del cervello fossero ‘bloccati’. Non manifesta interesse per la sessualità e, se si presenta un’occasione erotica, non ne approfitta. La caduta del desiderio, in alcuni casi, non coinvolge la normale risposta sessuale. Si può avere una valida erezione e anche un orgasmo, ma ogni esperienza sessuale viene vissuta in modo meccanico, senza provare piacere.

Come si manifesta
Questo sintomo può manifestarsi, secondo i casi, nella masturbazione, con la partner fissa o con qualunque tipo di pratica e partner sessuale.

Possibili cause
Quando il disturbo si manifesta in tutti i casi, compresa la masturbazione, il problema assume maggiore rilevanza e nasconde cause organiche e/o psicologiche più profonde come, ad esempio, una depressione o un trauma sessuale subito durante l’infanzia o l’adolescenza.
Quando è legato alla partner abituale è più probabile che si tratti di un conflitto di coppia.
Quando, invece, è legato a tutte le donne può trattarsi di una fobia generalizzata verso il sesso femminile oppure di una omosessualità latente.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Il testosterone può essere utile solo nei casi in cui sia stata verificata una effettiva carenza. Questa deve essere accertata da un esame del sangue.
In passato il testosterone veniva prescritto in modo sconsiderato come un ‘energetico sessuale’ mentre oggi sappiamo che, se introdotto dall’esterno, quando non esiste una reale carenza, può atrofizzare i testicoli e recare danni alla prostata.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) stimoli erotici (films o vibromassaggiatori da usare all’interno di un processo terapeutico)

AVVERSIONE O FOBIA SESSUALE
Alcuni uomini sviluppano un rifiuto fobico delle sensazioni erotiche e/o di alcune attività legate al sesso. I comportamenti e le situazioni sessuali più frequentemente rifiutati sono: la penetrazione, il rapporto anale, il rapporto orale, la masturbazione, il bacio, le carezze, ecc..
Questi pazienti vanno incontro a forti stati ansiosi e a veri e propri attacchi di panico nelle situazioni che risvegliano la loro reazione fobica. L’ansia che precede le situazioni ‘a rischio’ conduce questi uomini ad evitare a priori qualunque occasione o comportamento di tipo sessuale.

Come si manifesta
Può manifestarsi, secondo i casi, verso la donna, verso parti del corpo femminile, come la vagina, le secrezioni vaginali, i peli pubici, o verso il sesso in generale, comprese le immagini erotiche.

Possibili cause
Il disturbo può essere causato da inibizioni e sensi di colpa legati alla sessualità appresi durante l’infanzia all’interno di famiglie molto rigide. Può essere presente, in alcuni casi, una paura inconscia del piacere, del successo, o dell’intimità stessa.
Altre cause configurano conflitti di livello più profondo. Alcuni soggetti appartenenti a questa categoria inibiscono il proprio desiderio perché lo percepiscono come una minaccia da parte di rivali immaginari o di donne vissute come pericolose (nell’immaginario la donna può assumere le forme di una ‘donna ragno’, di una ‘strega’, di una ‘sirena incantatrice’ o di un”amazzone’).

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Le fobie sessuali possono essere curate con lo stesso tipo di trattamento usato per altri tipi di fobie. In particolare, quando la fobia sessuale fa parte di una sindrome complessa fobico-ansiosa, un trattamento appropriato è quello con farmaci antidepressivi della nuova generazione (triciclici) in grado di ridurre gli attacchi di panico sperimentati in situazioni fobiche.

– Le psicoterapie
L’ansia che precede una situazione sessuale fobica può essere diminuita con una desensibilizzazione diretta e sistematica verso lo stimolo ansiogeno. Ciò richiede l’utilizzo di esercizi sessuali graduali all’interno di una terapia sessuale integrata o di una terapia cognitivo-comportamentale. Molto spesso è necessario anche un lavoro di rassicurazione riguardo alla sessualità in generale. Nei casi più gravi, può essere utile una terapia psicoanalitica che aiuti il soggetto a rintracciare le cause remote e i traumi all’origine del sintomo.

DESIDERIO COMPULSIVO
Le persone con un desiderio sessuale compulsivo, o dipendenti sessuali, hanno attività sessuali molto frequenti e, spesso, riescono a raggiungere diversi orgasmi ogni giorno. Si tratta per lo più di uomini, fra i venti e i quarant’anni, ossessionati da sensazioni e fantasie sessuali che interferiscono con l’attività lavorativa e che creano seri problemi all’interno delle relazioni interpersonali. Questi soggetti, solitamente, rispondono a una vasta gamma di stimoli erotici e possono eccitarsi perfino in assenza di sollecitazioni esterne. Ciò che li differenzia dalle persone che hanno semplicemente un sano e forte appetito sessuale, è la qualità compulsiva e coatta dei loro impulsi sessuali.

Come si manifesta
L’auto-controllo dei dipendenti dal sesso è così inadeguato da spingerli ad intraprendere iniziative e attività sessuali – molestie sessuali sul posto di lavoro, rapporti con prostitute, incesto, uso di materiale pornografico, ecc. – anche quando esiste la consapevolezza di rischiare la perdita del lavoro, della compagna o, in caso di rapporti non protetti, della vita. Il problema è che quando queste persone tentano di astenersi dall’attività sessuale divengono tese, ansiose e depresse. Spesso, inoltre, mettono in atto una forte pressione sessuale nei confronti della partner e ciò può avere un impatto molto negativo sulla relazione. I comportamenti sessuali compulsivi possono essere di tipo perverso – sadismo, masochismo, pedofilia, ecc. – oppure di tipo convenzionale – masturbazione, partner multipli, rapporti occasionali, ecc. – ma la caratteristica di fondo è sempre la mancanza di controllo sul comportamento sessuale sintomatico.

Possibili cause
Una singolare caratteristica del disturbo è che i soggetti che ne soffrono sembrano essere ‘insaziabili’. Al contrario, gli uomini che hanno una pulsione sessuale elevata, ma normale, sono generalmente soddisfatti dopo uno o due orgasmi nell’ambito di un singolo rapporto e, comunque, non hanno problemi a tenere sotto controllo i propri impulsi sessuali. Questa peculiarità potrebbe essere causata da un deficit dei normali meccanismi di regolazione degli impulsi che, ordinariamente, modulano i nostri desideri adattandoli alle opportunità e ai pericoli dell’ambiente che ci circonda. Altre ipotesi riguardano le famiglie di origine di queste persone, spesso molto rigide e anaffettive o, al contrario, troppo intrusive e invischianti. All’interno di queste famiglie, inoltre, sono spesso presenti altri tipi di dipendenze, come l’alcolismo, il gioco d’azzardo, i disturbi alimentari, ecc..

Le terapie
– Terapie farmacologiche
I farmaci comunemente usati nel trattamento delle dipendenze sessuali sono gli stessi che vengono utilizzati per curare altri tipi di dipendenze, come quelle alimentari, da gioco d’azzardo, ecc. Si tratta di farmaci anti-depressivi di tipo serotoninergico che hanno l’effetto di favorire il controllo degli impulsi. Inoltre contribuiscono a stabilizzare il tono dell’umore, spesso soggetto a notevoli oscillazioni nelle persone che soffrono di dipendenze.

– Le psicoterapie
Si tratta di un disturbo particolarmente difficile da trattare. Le terapie che si sono dimostrate maggiormente efficaci sono quelle di tipo cognitivo-comportamentale e strategico. Solitamente è opportuno associare la terapia individuale ad una terapia di gruppo (secondo il modello Minnesota) che svolga un ruolo di sostegno durante le fasi critiche del percorso terapeutico. Le terapie di tipo psicodinamico possono aiutare ad approfondire le cause e l’origine del disagio, ma sono indicate solo in una fase successiva del trattamento. Prima è necessario eliminare i comportamenti sessuali sintomatici e aiutare il soggetto a prendere consapevolezza della sua reale motivazione al cambiamento.

DISFUNZIONE ERETTILE (O DISTURBO DELL’EREZIONE)
Il termine ‘disfunzione erettile’ si riferisce a tutte quelle situazioni in cui, pur essendo vivo e presente il desiderio sessuale, si verifica la costante incapacità a raggiungere e/o mantenere l’erezione completa. Si parla quindi di disfunzione erettile non solo di fronte all’assenza di erezione, ma anche di fronte ad un’erezione così fugace da non permettere al soggetto di portare a termine il rapporto sessuale. Il fenomeno deve essere di tipo ricorrente e non episodico.

Come si manifesta
L’erezione può essere soddisfacente all’inizio, ma poi scomparire prima del rapporto sessuale vero e proprio. In altri casi può essere così scarsa da non permettere la penetrazione. In alcuni pazienti l’erezione è soddisfacente e duratura, ma scompare prima del raggiungimento dell’orgasmo.
La fase dell’orgasmo solitamente non viene compromessa perché indipendente dal livello di erezione del pene.

Possibili cause
Quando il disturbo si manifesta in tutti i casi, compresa la masturbazione, il problema assume maggiore rilevanza e può nascondere cause organiche, come ad esempio il diabete mellito, problemi vascolari, oppure cause psicologiche più profonde, come una forte paura inconscia verso la penetrazione in vagina (ansia di castrazione).
Quando il problema si presenta solo con partner occasionali, può essere causato dalla cosiddetta ‘ansia da prestazione’ o da sensi di colpa inconsci verso la partner ufficiale.
Quando, invece, è legato alla partner abituale è più probabile che si tratti di un conflitto di coppia. Spesso, infatti, alla base di una disfunzione erettile, si trova il rancore e la rabbia non espressi all’interno di un conflitto coniugale, una partner poco esperta e maldestra, la noia di un rapporto abitudinario oppure, più semplicemente, la presenza di caratteristiche fisiche decisamente sgradevoli della partner.

Le terapie
– Terapie mediche
Le principali terapie farmacologiche attualmente a disposizione sono le seguenti:
a) terapie ormonali sostitutive
b) iniezioni intracavernose di sostanze vasoattive, come il caverjet
c) farmaci da assumere per via orale, come il sidenafil (viagra)
Le terapie chirurgiche sono essenzialmente di tre tipi:
a) interventi di rivascolarizzazione (oggi meno praticati)
b) i procedimenti per chiudere le vene del pene (oggi meno praticati)
c) le protesi peniene da inserire chirurgicamente all’interno del pene.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) la terapia sessuologica di Masters e Jonhson o quella integrata di Helen Kaplan
d) le terapie della comunicazione di coppia
e) le terapie corporee
f) la terapia ipnotica
g) la terapia strategica

EIACULAZIONE PRECOCE
L’eiaculazione si definisce precoce quando si verifica prima che la persona lo desideri. In questo caso manca un ragionevole controllo volontario dell’eiaculazione e dell’orgasmo.
Il punto centrale è proprio l’assenza di controllo sul riflesso eiaculatorio e non la durata del rapporto: c’è precocità solo quando l’orgasmo interviene di riflesso e non può essere controllato o evitato volontariamente dal soggetto. Il fattore ‘rapidità’, invece, dipende dal contesto culturale e non può essere considerato determinante per la diagnosi.

Come si manifesta
La persona non riesce a tollerare l’eccitazione erotica e questo produce un’accelerazione della risposta sessuale e dell’orgasmo. In questi pazienti, inoltre, manca la percezione delle tipiche sensazioni che precedono l’orgasmo e, pertanto, non riescono a controllarlo.
Può manifestarsi, secondo i casi, con qualunque tipo di partner, solo con la partner abituale o in tutti i tipi di attività sessuale, compresa la masturbazione.

Possibili cause
Il disturbo, quando si manifesta in qualunque tipo di attività sessuale, può avere un’origine organica. Le cause più diffuse sono una fimosi, le infiammazioni o irritazioni dell’uretra prostatica, i deficit dei centri inibitori del sistema nervoso centrale, gli interventi chirurgici effettuati nella zona lombo-sacrale, ecc. Anche l’utilizzo di alcuni farmaci antiadrenergici può giocare un ruolo importante nell’instaurarsi del disturbo.
Quando il disagio interviene soltanto in determinate circostanze o solo con la partner abituale possono essere presenti fattori psicologici che riguardano l’individuo o la coppia. Le cause individuali sono soprattutto relative ad all’ansia generalizzata. Tuttavia se la persona mangia in fretta o cammina in fretta non crea problemi all’altro, cosa che invece avviene quando l’ansia compromette la sfera sessuale. Possono essere presenti anche sentimenti inconsci di ambivalenza nei confronti delle donne (sentimenti spesso sadici e punitivi), l’incapacità di comunicare con la partner o la tendenza ad osservarsi durante il rapporto sessuale (spectatoring). Altre tematiche psicologiche sono un’avversione inconscia verso la partner, i conflitti di potere all’interno della coppia e tutti i disagi che possono pregiudicare, in qualche misura, la comunicazione e l’intesa sessuale della coppia.

Le terapie
– Terapie mediche
Se esiste una base organica, infiammatoria o neurologica, la terapia deve essere mirata alla risoluzione di tali cause attraverso la somministrazione di antibiotici, antinfiammatori, trattamenti chirurgici, ecc.
L’utilizzo di farmaci anti-depressivi o alfa-litici, che moderano i centri nervosi responsabili dell’evento eiaculatorio, è risultato utile soprattutto se supportato da altre tecniche psicoterapeutiche.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
1) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
2) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
3) le terapie della comunicazione di coppia
4) le terapie corporee
5) la terapia sessuale, soprattutto le tecnica della ‘compressione di Masters e Johnson
6) la terapia strategica

EIACULAZIONE RITARDATA O IMPOSSIBILE
L’eiaculazione ritardata è un’inibizione specifica del riflesso eiaculatorio. L’erezione in questi uomini è normale, ma essi non sono in grado di eiaculare o incontrano grande difficoltà nel farlo, anche se hanno il desiderio di avere un orgasmo.

Come si manifesta
Esistono varie forme di eiaculazione ritardata. Si va dall’episodio isolato in cui il disturbo si verifica solo in alcune situazioni particolarmente ansiogene alle situazioni più gravi in cui un uomo non ha mai provato un orgasmo. Tra questi due estremi c’è tutta una serie di forme intermedie, la più comune delle quali è quella dell’uomo che non riesce ad avere un’eiaculazione durante la penetrazione, ma solo attraverso la masturbazione.

Possibili cause
Questo disturbo è relativamente poco frequente ed è generalmente dovuto ad un eccessivo auto-controllo oppure ad una auto-osservazione ossessiva (spectatoring) durante l’attività sessuale.
Una situazione tipica è quella del maschio che ha ricevuto una educazione repressiva e che ha sviluppato pesanti sensi di colpa e ansie verso la propria sessualità. In alcuni casi è presente la paura di una paternità non desiderata, fantasie negative nei confronti del proprio liquido seminale, considerato come ‘sporco’.
Le cause organiche possono essere rappresentate da alterazioni neurologiche legate alla sclerosi o al diabete. Inoltre tutte le malattie che distruggono una parte del sistema nervoso centrale possono determinare un’eiaculazione ritardata.

Le terapie
– Terapie mediche
Se il disturbo ha una base prevalentemente organica possono essere utilizzati farmaci simpaticomimetici che stimolano i centri nervosi responsabili dell’orgasmo. In altri casi possono essere utili tecniche di stimolazione ai genitali che prevedono l’uso di elettrostimolatori.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) la terapia strategica
g) stimoli erotici (films, letteratura erotica o vibromassaggiatori da usare all’interno di un processo terapeutico).

EIACULAZIONE SENZA ORGASMO (O EIACULAZIONE ANESTETICA)
Si tratta di un disturbo della sensazione orgasmica. È una disfunzione abbastanza rara che è caratterizzata da una eiaculazione senza piacere e senza contrazioni orgasmiche.

Come si manifesta
Durante l’eiaculazione il seme dell’uomo sgorga dal pene e viene emesso senza forza perché mancano le contrazioni muscolari. Il pene, dopo l’eiaculazione, ritorna alle dimensioni normali in un tempo più lungo.

Possibili cause
Le cause che possono scatenare un disturbo della sensazione orgasmica sono per lo più di natura psicologica e relazionale. I pazienti con questo disturbo spesso tendono a controllare tutto e ad auto-osservarsi durante il rapporto (spectatoring), senza abbandonarsi mai all’altro. Inoltre, è frequente una tendenza a reprimere l’aggressività.
Esistono, tuttavia, alcuni problemi organici che possono causare una mancanza dell’orgasmo o una riduzione del piacere. Ciò si verifica frequentemente in tutte le patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale come, ad esempio, una sclerosi multipla o un trauma vertebro-midollare.
Inoltre, ci sono una serie di patologie (ad esempio, infiammazioni prostatiche e dell’uretra) che, causando dolore durante l’eiaculazione, creano una strana associazione tra orgasmo e dolore e possono scatenare problemi psicosessuali.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Se esiste una base organica, peraltro rara in questi casi, la terapia deve focalizzarsi prima di tutto sulla risoluzione di tali cause attraverso la somministrazione di antibiotici, antinfiammatori oppure attraverso un trattamento chirurgico.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari del paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) la terapia strategica

ORGASMO SENZA EIACULAZIONE (O EIACULAZIONE RETROGRADA)
L’orgasmo senza eiaculazione si verifica quando il liquido seminale, piuttosto che essere espulso all’esterno attraverso l’uretra, viene respinto in vescica. Questo fenomeno viene anche chiamato ‘orgasmo asciutto’ o eiaculazione retrograda.

Come si manifesta
Questa situazione si differenzia dall’eiaculazione ritardata o impossibile, nelle quali manca il riscontro di spermatozoi nelle urine, in quanto l’orgasmo permane ed è accompagnato dalle tipiche contrazioni piacevoli, ma si produce a vuoto, senza fuoriuscita di sperma.

Possibili cause
Le cause dell’eiaculazione retrograda sono sempre di natura organica o medica. Le più comuni sono dovute agli interventi chirurgici che vengono fatti sulla prostata o sul collo vescicale. Tutti i pazienti che vengono operati di prostata dovrebbero essere informati sulla eventualità che si presenti una incapacità di eiaculare all’esterno. Altre cause possono derivare da alcuni interventi sul sistema nervoso, da lesioni al midollo spinale, dal diabete mellito o dall’assunzione di alcuni farmaci antidepressivi o ansiolitici.

Le terapie
– Terapie mediche
Anzitutto, per capire se ci troviamo di fronte a un caso di eiaculazione retrograda, è necessario effettuare una serie di esami neurologici e radiologici e un esame delle urine, subito dopo un orgasmo, per la ricerca degli spermatozoi.
La terapia del disturbo prevede l’utilizzo di farmaci simpaticomimetici che stimolano il sistema nervoso autonomo. In alcuni casi è indicato un intervento chirurgico sul collo vescicale. Spesso si consiglia al paziente di tenere la vescica piena durante il rapporto per favorire la chiusura del collo vescicale durante l’eiaculazione.

– Le psicoterapie
Prima di tutto è molto importante, per evitare altre problematiche psicologiche più gravi, informare dettagliatamente e in modo chiaro i pazienti su tutti i cambiamenti della risposta sessuale che possono verificarsi dopo un intervento chirurgico o in seguito all’assunzione di alcuni farmaci. In molti casi può rivelarsi utile un supporto psicologico, più che una psicoterapia. Il disturbo, infatti, può creare notevole disagio e sofferenza sia al paziente che alla coppia.

Disfunzioni sessuali femminili di Nada Loffredi

Le attuali tecniche diagnostiche e le nuove terapie mediche e psicologiche hanno permesso, negli ultimi decenni, di conoscere sempre meglio la risposta sessuale e hanno fornito soluzioni mirate a problemi che, un tempo, erano considerati difficili o non trattabili. Queste nuove possibilità di cura dei problemi sessuali, nonostante le ottime percentuali di successo, sono ancora poco conosciute.
È emerso, negli ultimi anni, che il rapporto fra cause organiche e psicologiche può essere molto complesso. Anche quando la diagnosi di un disturbo sessuale pone in evidenza un problema di tipo organico, fattori psicologici possono essere sempre presenti, e tra questi il più importante è la paura dell’insuccesso. Dopo i primi fallimenti può accadere, infatti, che la paura di ulteriori insuccessi porti a situazioni così ansiogene da divenire un vero e proprio fattore di mantenimento del disturbo stesso.
In questa breve rassegna spiegheremo in modo chiaro e sintetico i principali disagi, le possibili cause e le diverse cure oggi a disposizione per i disturbi sessuali della donna.

  • Carenza di desiderio
  • Avversione o fobia sessuale
  • Desiderio compulsivo
  • Disturbo dell’eccitazione femminile
  • Anorgasmia
  • Vaginismo e dispareunia

CARENZA DI DESIDERIO
Le donne che presentano una carenza di desiderio appaiono ‘asessuali’ e si comportano come se i centri sessuali del cervello fossero ‘bloccati’. Non manifestano alcun interesse per la sessualità e, se si presenta un’occasione erotica, non ne approfittano. La caduta del desiderio, in alcuni casi, non coinvolge la normale risposta sessuale. Si può avere la vasocongestione degli organi genitali, la lubrificazione caratteristica della fase di eccitazione e anche un orgasmo, ma ogni esperienza sessuale viene vissuta in modo meccanico, senza provare piacere.

Come si manifesta
Questo sintomo può manifestarsi, secondo i casi, nella masturbazione, con il partner fisso o con qualunque tipo di pratica e partner sessuale.

Possibili cause
Quando il disturbo si manifesta in tutti i casi, compresa la masturbazione, il problema assume maggiore rilevanza e nasconde cause organiche e/o psicologiche più profonde come, ad esempio, una depressione o un trauma sessuale subito durante l’infanzia o l’adolescenza.
Quando è legato al partner abituale è più probabile che si tratti di un conflitto di coppia.
Quando, invece, è legato a tutti gli uomini può trattarsi di una fobia generalizzata verso il sesso maschile oppure di una omosessualità latente.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Quando il sintomo è associato a un disturbo dell’umore, come una depressione, può essere utile somministrare farmaci antidepressivi parallelamente ad un percorso psicoterapeutico.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari della paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan
f) stimoli erotici (films o vibratori da usare all’interno di un processo terapeutico)

AVVERSIONE O FOBIA SESSUALE
Alcune donne sviluppano un rifiuto fobico delle sensazioni erotiche e/o di alcune attività legate al sesso. I comportamenti e le situazioni sessuali più frequentemente rifiutati sono: la penetrazione, il rapporto orale, il rapporto anale, la masturbazione, il bacio, le carezze, l’atto di spogliarsi, il guardare i genitali, ecc.
Queste persone vanno incontro a forti stati ansiosi e a veri e propri attacchi di panico nelle situazioni che risvegliano la loro reazione fobica. L’ansia che precede le situazioni ‘a rischio’ conduce queste donne ad evitare a priori qualunque occasione o comportamento di tipo sessuale.

Come si manifesta
Può manifestarsi, secondo i casi, verso l’uomo, verso parti del corpo maschile, come il pene, lo sperma, i peli pubici, o verso il sesso in generale, comprese le immagini erotiche.

Possibili cause
Il disturbo può essere causato da inibizioni e sensi di colpa legati alla sessualità appresi durante l’infanzia all’interno di famiglie molto rigide. Può essere presente, in alcuni casi, una paura inconscia del piacere, del successo, o dell’intimità stessa.
Altre cause configurano conflitti di livello più profondo. Alcuni soggetti appartenenti a questa categoria inibiscono il proprio desiderio perché lo percepiscono come una minaccia. Queste persone possono provare, ad esempio, il timore inconscio di essere aggredite da parte di rivali immaginarie o di uomini pericolosi.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
Le fobie sessuali rispondono bene agli stessi tipi di trattamento usati per altri tipi di fobie. In particolare, quando la fobia sessuale rientra in una sindrome complessa fobico-ansiosa, un trattamento efficace è rappresentato dai farmaci antidepressivi della nuova generazione (triciclici) in grado di ridurre gli attacchi di panico sperimentati in situazioni fobiche.

– Le psicoterapie
L’ansia anticipatoria, che precede la situazione sessuale fobica, può essere contenuta attraverso tecniche di desensibilizzazione diretta e sistematica verso lo stimolo ansiogeno. Ciò richiede l’utilizzo di esercizi sessuali graduali all’interno di una terapia sessuale integrata o di una terapia cognitivo-comportamentale. Nei casi più gravi, può essere d’aiuto una terapia psicoanalitica che aiuti la donna a rintracciare le cause remote e i traumi all’origine del sintomo.

DESIDERIO COMPULSIVO (O DIPENDENZA SESSUALE)
Le persone con un desiderio sessuale compulsivo, o dipendenti sessuali, hanno attività sessuali molto frequenti e, spesso, riescono a raggiungere diversi orgasmi ogni giorno. La percentuale di donne che soffre di questo disturbo è nettamente inferiore a quella degli uomini. Queste persone sono ossessionate da sensazioni e fantasie sessuali che interferiscono con l’attività lavorativa, e che creano seri problemi all’interno delle relazioni interpersonali. Solitamente, rispondono a una vasta gamma di stimoli erotici e possono eccitarsi perfino in assenza di sollecitazioni esterne. Ciò che differenzia queste donne da altre che hanno semplicemente un sano e forte appetito sessuale, è la qualità compulsiva e coatta dei loro impulsi sessuali.

Come si manifesta
L’auto-controllo delle persone dipendenti dal sesso è così inadeguato da spingerle ad intraprendere iniziative e attività sessuali – prostituzione, uso di materiale pornografico, rapporti occasionali, ecc. – anche quando esiste la consapevolezza di rischiare la perdita del lavoro, del compagno o, in caso di rapporti non protetti, della vita. Il problema è che quando tentano di astenersi dall’attività sessuale divengono tese, ansiose e depresse. Spesso, inoltre, mettono in atto una forte pressione sessuale nei confronti del partner e ciò può avere un impatto molto negativo sulla relazione. I comportamenti sessuali compulsivi possono essere di tipo perverso – sadismo, masochismo, esibizionismo, ecc. – oppure di tipo convenzionale – masturbazione, partner multipli, rapporti occasionali, ecc. – ma la caratteristica di fondo è sempre la mancanza di controllo sul comportamento sessuale sintomatico.

Possibili cause
Una singolare caratteristica del disturbo è che le persone che ne soffrono sembrano essere ‘insaziabili’. Al contrario, le donne che hanno una pulsione sessuale elevata, ma normale, sono generalmente soddisfatte dopo uno o due orgasmi nell’ambito di un singolo rapporto e, comunque, non hanno problemi a tenere sotto controllo i propri impulsi sessuali. Questa peculiarità potrebbe essere causata da un deficit dei normali meccanismi di regolazione degli impulsi che, ordinariamente, modulano i nostri desideri adattandoli alle opportunità e ai pericoli dell’ambiente che ci circonda. Altre ipotesi riguardano le famiglie di origine di queste persone, spesso molto rigide e anaffettive o, al contrario, troppo intrusive e invischianti. All’interno di queste famiglie, inoltre, sono spesso presenti altri tipi di dipendenze, come l’alcolismo, il gioco d’azzardo, i disturbi alimentari, ecc.

Le terapie
– Terapie farmacologiche
I farmaci comunemente usati nel trattamento delle dipendenze sessuali sono gli stessi che vengono utilizzati per curare altri tipi di dipendenze, come quelle alimentari, da gioco d’azzardo, ecc. Si tratta di farmaci anti-depressivi di tipo serotoninergico che hanno l’effetto di favorire il controllo degli impulsi. Inoltre, contribuiscono a stabilizzare il tono dell’umore, spesso soggetto a notevoli oscillazioni nelle persone che soffrono di dipendenze.

– Le psicoterapie
Si tratta di un disturbo particolarmente difficile da trattare. Le terapie che si sono dimostrate maggiormente efficaci sono quelle di tipo cognitivo-comportamentale e strategico. Solitamente è opportuno associare la terapia individuale ad una terapia di gruppo (secondo il modello Minnesota) che svolga un ruolo di sostegno durante le fasi critiche del percorso terapeutico. Le terapie di tipo psicodinamico possono aiutare ad approfondire le cause e l’origine del disagio, ma sono indicate solo in una fase successiva del trattamento. Prima è necessario eliminare i comportamenti sessuali sintomatici e aiutare le pazienti a prendere consapevolezza della loro reale motivazione al cambiamento.

 

DISTURBO DELL’ECCITAZIONE FEMMINILE
Le donne che soffrono di questo disturbo hanno difficoltà a rispondere a uno stimolo erotico che esse stesse giudicano adeguato. La persona affetta da un disturbo dell’eccitazione riesce a provare desiderio sessuale, ma l’eccitazione viene inibita nel momento in cui si verifica un’azione sessuale.

Come si manifesta
Le donne che soffrono di questa disfunzione sessuale non riescono a raggiungere, o a mantenere per un tempo sufficiente al completamento del rapporto, un livello di lubrificazione e di inturgidimento vaginale adeguati.
Il sintomo può manifestarsi, secondo i casi, con il partner abituale, con gli altri uomini o in tutte le attività sessuali, compresa la masturbazione

Possibili cause
Quando il disturbo è generalizzato è possibile che sia causato da altri disagi psichici più gravi, come ad esempio, una depressione.
Altre cause possono essere legate ad un conflitto di coppia o all’atteggiamento della paziente nei confronti della sessualità in genere.
Questo disturbo può essere anche legato alle modificazioni psicofisiche causate dalla menopausa, spesso accompagnata da una mancanza di lubrificazione vaginale e da disagi di tipo psicosessuale.

Terapia
– Terapie farmacologiche
Quando il disturbo insorge durante la menopausa è possibile rimediare alla scarsa lubrificazione e agli altri sintomi associati alla menopausa con alcune creme lubrificanti e con le terapie ormonali sostitutive.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari della paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale integrata di Helen Kaplan

ANORGASMIA
L’anorgasmia è una ricorrente e persistente inibizione dell’orgasmo femminile. Può manifestarsi con un ritardo o con l’assenza dell’orgasmo, dopo una normale fase di eccitamento sessuale, durante un’attività sessuale giudicata adeguata per intensità e durata.

Come si manifesta
Il sintomo può manifestarsi, secondo i casi, con il partner abituale, con altri partner o in qualunque attività sessuale, compresa la masturbazione.

Possibili cause
Le cause organiche sono rare nella donna anorgasmica. I fattori psicologici che possono causare un’inibizione dell’orgasmo femminile sono essenzialmente di tre tipi:
a) cause superficiali, come un’auto-osservazione ossessiva (spectatoring) durante il rapporto
b) cause banali, come un’insufficiente stimolazione clitoridea
c) cause più profonde legate a conflitti psicologici o relazionali con il partner o con la figura paterna.
C’è da dire che alcune donne sono incapaci di raggiungere l’orgasmo durante il coito, a meno che non vengano stimolate con le mani direttamente sul clitoride: questo, però, non sempre rappresenta un problema di anorgasmia. Spesso si tratta semplicemente di una normale variante della risposta sessuale femminile.

Terapia
Il tipo di terapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari della paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
f) la terapia sessuale di Masters e Johnson o quella integrata di Helen Kaplan
g) la terapia strategica

 

VAGINISMO E DISPAREUNIA
Il vaginismo si manifesta con una contrazione involontaria della muscolatura pelvica e vaginale che impedisce la penetrazione da parte dell’uomo. Questa patologia è spesso alla base dei cosiddetti ‘matrimoni bianchi o non consumati’. Recentemente, infatti, si tende a focalizzare l’attenzione sulla disfunzione del sistema coppia più che sulla singola paziente.
Spesso in queste coppie c’è un’ottima intesa e il disturbo non impedisce tutte le alte pratiche sessuali che non comportano la penetrazione.
La dispareunia si manifesta, invece, con la presenza di dolore nell’area vaginale durante il rapporto sessuale. Il dolore può presentarsi, secondo i casi, prima, durante e/o dopo la penetrazione. Esiste anche la possibilità che questa disfunzione si presenti nell’uomo.

Come si manifesta
La contrazione dei muscoli pelvici, caratteristica del vaginismo, e il dolore genitale, caratteristico della dispareunia, generalmente accompagnano qualunque tipo di attività sessuale, compresa la masturbazione.
Nella dispareunia il dolore può essere superficiale durante la penetrazione e più profondo durante le spinte del pene in vagina.

Possibili cause
La dispareunia è dovuta quasi sempre a cause organiche. Può essere causata da infezioni e irritazioni dei genitali esterni o della vagina, da una fimosi clitoridea, da un imene imperforato o rigido, da un trauma da parto o dall’esito di interventi chirurgici. Possibili cause psicologiche sono un’elevata ostilità che, non riuscendo ad esprimersi direttamente verso il partner, trova sbocco nella somatizzazione dolorosa.
Le cause organiche del vaginismo, invece, se si esclude un trauma o un’infiammazione vaginale ricorrente, sono molto rare. I fattori psicologici più ricorrenti vanno rintracciati soprattutto nel rapporto fra queste donne e la propria madre: in molti casi, infatti, esiste una situazione di dipendenza psicologica della paziente nei confronti della figura materna. In altri casi si possono riscontrare, invece, un’educazione religiosa molto rigida, tentativi di stupro, una scarsa educazione sessuale o una disfunzione erettile del partner.

Terapia
– Terapie mediche
Le terapie mediche sono indicate solo quando la dispareunia o il vaginismo sono di origine organica. In questi casi, a seconda che di tratti di stati infiammatori, di malformazioni o di traumi vaginali, potrà rivelarsi utili un trattamento farmacologico adeguato o un intervento chirurgico mirato alla risoluzione del problema.

– Le psicoterapie
Il tipo di psicoterapia più indicata dipenderà dalle specifiche cause del sintomo e dalle caratteristiche peculiari della paziente o della coppia. Le psicoterapie che, in generale, sono risultate più efficaci sono:
a) le terapie del come (cognitivo-comportamentali)
b) le terapie del perché (di tipo psicoanalitico)
c) le terapie della comunicazione di coppia
d) le terapie corporee
e) la terapia sessuale di Masters e Johnson o quella integrata di Helen Kaplan
f) la terapia strategica

La risposta sessuale maschile di Nada Loffredi

Che cosa accade esattamente nel corpo di un uomo durante l’attività sessuale? Cosa succede realmente in quei momenti così magici e appassionati?
Scoprite tutto ciò che è necessario sapere sul ciclo della risposta sessuale maschile…

  • Fase del desiderio
  • Fase dell’eccitazione
  • Fase di Plateau
  • Fase dell’orgasmo
  • Fase di risoluzione
  • Fase refrattaria

FASE DEL DESIDERIO
Il desiderio, che si manifesta in maniera molto simile nell’uomo e nella donna, può essere definito come uno stato di tensione emotiva che porta a cercare di raggiungere l’oggetto del proprio interesse o del proprio amore. Questo stato emotivo rimane però, per così dire, un’esperienza psicologica. Ci si sente coinvolti e ‘spinti’ verso l’altra persona, ma è assente qualunque manifestazione fisiologica. Gli organi genitali, in questa fase, non subiscono alcuna variazione visibile.

FASE DELL’ECCITAZIONE
Il ciclo della risposta sessuale maschile può essere innescato da una stimolazione fisica, psicologica oppure da entrambe. Inizia, così, la cosiddetta fase di eccitazione, che può durare da pochi minuti ad alcune ore secondo il tipo di uomo o la particolare situazione.
Alcune stimolazioni fisiche possono essere, ad esempio, i baci, le carezze, le stimolazioni dirette sui genitali o sul resto del corpo, mentre gli stimoli di tipo psicologico sono generalmente rappresentati da ricordi di incontri sessuali passati o da fantasie erotiche.
Quando un uomo è eccitato il sangue si concentra in alcune zone del corpo (fenomeno che viene definito ‘vasocongestione’), producendo l’erezione del pene e dei capezzoli, l’elevazione del sacco scrotale e il rigonfiamento dei testicoli.
Così come le donne, anche gli uomini in questa fase subiscono un aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della tensione muscolare.

FASE DI PLATEAU
Se la stimolazione continua l’uomo entrerà nella fase di plateau, che può durare un tempo variabile a seconda del tipo di stimolazioni e delle preferenze individuali (molti uomini amano prolungare questa fase e godere delle intense sensazioni che l’accompagnano).
In questa fase il livello di eccitazione diventa sempre più elevato e aumenta progressivamente il battito cardiaco, la pressione del sangue, il respiro e la tensione muscolare. Anche il flusso del sangue aumenta, producendo un ulteriore ingrossamento del pene e dei testicoli che possono aumentare fino al 50% oltre le loro dimensioni normali.
La ghiandola della prostata si ingrandisce, mentre le piccole ghiandole di Cowper rilasciano alcune gocce di fluido pre-eiaculatorio, una sostanza chiara e lubrificante che viene secreta dalla punta del pene (questo liquido pre-eiaculatorio può anche contenere alcuni spermatozoi rimasti vivi dopo un’eiaculazione precedente e fecondare la donna).
Molti uomini manifestano anche un arrossamento della pelle soprattutto nella zona toracica.

FASE DELL’ORGASMO
L’orgasmo consiste nella liberazione di tutta la tensione sessuale accumulata durante le fasi precedenti e provoca molte modificazioni fisiologiche.
In realtà nessuno sa con certezza come il sistema nervoso o i sistemi biochimichi inneschino il riflesso dell’orgasmo; quel che è certo è che sia i fattori fisici che psicologici giocano un ruolo importante. Un’altra cosa interessante è che la stimolazione fisica dei genitali non è sempre necessaria: alcune persone riescono a raggiungere l’orgasmo concentrandosi semplicemente sulle proprie fantasie erotiche.
Nell’uomo le sensazioni orgasmiche si focalizzano generalmente sul pene. L’eiaculazione è accompagnata da contrazioni ritmiche delle vescicole seminali, dei vasi deferenti, della prostata e dei dotti eiaculatori. Esse spingono il seme nell’uretra poco prima dell’eiaculazione e, quando questa avviene, coinvolgono l’intero canale uretrale che espelle il seme fuori dal corpo. Le prime contrazioni sono più potenti e ravvicinate, mentre le altre sono più deboli e distanziate. Durante questa fase si verificano anche contrazioni dello sfintere anale e dei muscoli del pavimento pelvico.
Diversamente dalle donne, gli uomini percepiscono, a un certo momento, quella che viene definita fase di ‘inevitabilità eiaculatoria’. Pochi secondi prima dell’orgasmo c’è un istante in cui l’uomo percepisce l’imminenza dell’eiaculazione e sa che, qualunque cosa accada, non riuscirà più a fermarla.
L’orgasmo, generalmente, oltre a provocare sensazioni molto intense e piacevoli, è accompagnato anche da un leggero obnubilamento della coscienza e da una temporanea perdita di percezione del mondo circostante.

FASE RI RISOLUZIONE
Durante la fase di risoluzione il corpo dell’uomo ritorna ad uno stato rilassato e privo di eccitazione. Il sangue che riempiva gli organi genitali drena rapidamente e il pene ritorna allo stato flaccido.
I testicoli scendono nuovamente e riassumono le loro normali dimensioni; diminuisce prograssivamente la tensione muscolare e l’eventuale rossore della pelle inizia a scomparire. Anche il respiro, il battito cardiaco e la pressione sanguigna ritornano ai livelli normali.

FASE REFRATTARIA
Le fasi del ciclo della risposta sessuale sono simili negli uomini e nelle donne, con un’eccezione: subito dopo l’orgasmo e la fase di risoluzione l’uomo entra nel cosiddetto periodo ‘refrattario’.
In questo lasso di tempo nessuna stimolazione potrà produrre un ulteriore orgasmo.
Nei ragazzi più giovani il periodo refrattario dura solitamente pochi minuti mentre negli uomini più anziani può durare alcune ore o anche giorni. Le donne, diversamente dagli uomini, non hanno un vero e proprio periodo refrattario ed è per questo che possono raggiungere diversi orgasmi in successione.
Chiaramente, non tutti i rapporti devono necessariamente culminare nell’orgasmo. L’apice del piacere non dovrebbe mai essere visto come un traguardo: molto meglio abbandonarsi al piacere che ogni momento del rapporto erotico dà, concentrarsi anche sulla più lieve sensazione, e non pensare mai a quello che succederà un secondo dopo. L’ideale è iniziare a fare l’amore solo proponendosi di vivere un momento di gioco, di scoperta, di scambio: il resto, il più delle volte, viene da sé.

Tenerezza contro virilità di Willy Pasini

La tenerezza è un sentimento autentico di partecipazione rispetto ai bisogni dell’altro e si sviluppa molto precocemente, durante le primissime interazioni fra madre e bambino. E’ proprio la disponibilità e la capacità di condivisione di questo sentimento da parte delle figure significative che favorisce, nell’età adulta, l’intimità di coppia, fatta di calore, fiducia e continuità.

Nonostante la tenerezza sembra essere una delle caratteristiche più apprezzate dalle donne, accanto alla affidabilità e al senso dell’umorismo e, anche se la rigida ripartizione dei ruoli fra maschi e femmine, nella società attuale, è andata via via attenuandosi, non si è ancora arrivati, purtroppo, a una piena interscambiabilità di ruoli.

Molti uomini mantengono un grave senso di pudore nel manifestare sentimenti come la tenerezza perché, essendo stati educati in modo tradizionale e stereotipato, ritengono che questo genere di sentimenti sia associato alla debolezza.

Permane lo stereotipo secondo cui la donna viene associata al binomio “tenerezza-debolezza” e l’uomo al binomio forza- fierezza.

 

Dunque, la tenerezza e la virilità potranno mai coesistere?

Sembrerebbe proprio di sì. Alcuni ricercatori dell’università di Manchester hanno evidenziato come i soggetti maschi più inclini alla pazienza, alla tenerezza e alla riflessione hanno anche livelli di testosterone più elevati della media.

Questo fenomeno può essere spiegato dall’ottima capacità di adattamento caratteristica degli esseri umani che, pur di preservare la continuità della specie, sostituiscono pian piano certi comportamenti con altri che risultano più funzionali. E’ come dire che, per continuare ad avere la loro preda, gli uomini abbiano dovuto impegnarsi e imparare la manifestazione della tenerezza…

Oggi che, dalla coppia, non ci si aspettano più certezze materiali, ma garanzie affettive ed esistenziali, il mito dello “sciupafemmine bello e impossibile”, sta perdendo man mano il suo fascino anche e soprattutto perchè, spesso, alla base di questo tipo di scelta, veniva soddisfatta più l’esigenza esibizionistica che quella relazionale.

Le donne, oggi, chiedono al proprio uomo condivisione, progettualità e fiducia, componenti fondamentali della tenerezza.

La tenerezza, però, può essere “strumentalizzata” inconsciamente per coprire altri tipi di sentimenti meno nobili: a volte serve a coprire una certa difficoltà di espressione della sessualità all’interno della coppia. Altre volte la tenerezza giustifica una vera e propria incapacità di separarsi in modo efficace e maturo e senza provare “angosce abbandoniche”. L’eccesso di tenerezza, infine, può produrre legami soffocanti e apparentemente non conflittuali, dietro ai quali si cela una aggressività ingestibile da parte di uno o entrambi i partner. Quest’ultimo è il genere di coppia che, durante la psicoterapia, tende a fuggire nel momento in cui emerge, inevitabilmente, una certa quota di aggressività. Per costoro, infatti, la tenerezza serve proprio ad evitare la sana conflittualità.

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