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Considerazioni sull’analisi bioenergetica di Alexander Lowen

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale…

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale. Se una persona ha una malattia di cuore, la persona è malata, non solo il cuore. Allo stesso modo se una persona soffre d’ansia, depressione, fobia o compulsione, il corpo ne viene coinvolto così come la mente. Un trauma fisico coinvolge la psiche così come un trauma psichico coinvolge il corpo. Il dolore del desiderio ardente insoddisfatto che un bambino prova nei confronti della madre non è soltanto un dolore mentale, è strutturato fisicamente nella tensione e costrizione della gola e della bocca tramite le quali quel desiderio sarebbe espresso in pianto o nel protendersi per succhiare o baciare. La presenza di questa tensione e costrizione è la prova del trauma primario e della sua persistenza nel presente.

Il principio di unità stabilisce anche che l’intero corpo è coinvolto nel trauma. Il desiderio insoddisfatto del bambino disturba la sua respirazione, il suo senso di sicurezza nelle gambe e il suo senso di fiducia in se stesso. Ogni trauma disturba i movimenti pulsatori di base del corpo. Queste sono le complessive espansioni e contrazioni dell’organismo (che, a questo livello, funziona come una cellula singola) e i movimenti ondulatori longitudinali che fluiscono in su e giù lungo il corpo.
La pulsazione è una qualità di ogni cellula nel corpo. Quando la pulsazione è forte, la vita è forte. Alla morte cessa tutta l’attività pulsatoria. Quando la pulsazione è piena e libera la persona sperimenta una sensazione di gioia e piacere nel corpo, qualsiasi disturbo di questi naturali movimenti pulsatori causa una perdita di sensazioni piacevoli e, se intenso, produce dolore.

La qualità della pulsazione del corpo si manifesta maggiormente nella respirazione che combina i movimenti di espansione e contrazione con quelli dell’onda longitudinale. Il respiro non è limitato ai polmoni, al contrario tutto il corpo partecipa ai movimenti respiratori. Il respiro è accompagnato da un’onda che inizia in profondità nella pelvi e si muove su verso la bocca. Durante l’espirazione l’onda si muove al contrario. Dato che il respiro è disturbato in tutti i problemi emozionali o nevrotici, si può determinare l’esistenza di questi problemi dalla natura del disturbo respiratorio. Quando si va risolvendo il problema del paziente il respiro diventa completamente libero, il problema scompare.

L’aspetto antitetico del processo vivente viene al meglio riflesso nella relazione tra mente e corpo. L’unità tra di loro non altera il fatto che ciascuno influenza l’altro e che a livello superficiale c’è dualità nella natura umana. Rispettare queste dualità da la possibilità di riconoscere che l’attitudine conscia di una persona ha una influenza considerevole sul suo funzionamento totale. L’analisi bioenergetica aggiunge una dimensione assolutamente nuova alla psicoterapia: il lavoro con il corpo. L’espressione corporea del paziente viene studiata per determinare quali sono i problemi e conflitti nella sua personalità.
C’è sempre accordo tra quello che rivela il corpo e quello che dice il paziente. Così, se il paziente si lamenta di essere depresso, quella lagnanza può essere messa in relazione al livello di funzionamento energetico depresso del paziente. Al paziente il cui respiro è superficiale può essere mostrato che non sta permettendo che venga espresso nessun sentimento. Al paziente che si lamenta di problemi sessuali può essere dimostrato che ha gravi tensioni nella pelvi, il che riduce la potenza sessuale. La maggior parte dei pazienti non sono consapevoli che i loro problemi sono manifesti nel corpo fino a che non viene loro fatto vedere ciò. Una volta che viene stabilita questa comprensione diviene possibile lavorare bioenergeticamente col paziente.

Vi sono quattro dimensioni dell’analisi bioenergetica:
(a) comprensione e lavoro con le tensioni muscolari
(b) analisi delle associazioni, del comportamento e de transfert
(c) comprensione delle dinamiche energetiche
(d) focalizzazione sul ruolo della sessualità.

Tutti i terapisti bioenergetici conoscono queste quattro dimensioni, ma la loro enfasi su ciascuna di essa varia secondo il loro retroterra culturale ed esperienza: molti si focalizzano fortemente sull’aspetto psicologico, con una certa attenzione al corpo perché è la fonte del sentire. Altri fanno più lavoro sul corpo, largamente indirizzato all’espressione delle sensazioni. Comunque tutti gli analisti bioenergetici notano aree di contrazione e tensione, interpretano la contrazione e poi mobilizzano il corpo tramite il respiro ed il movimento per rilasciare le contrazioni. Ogni contrattura blocca un flusso di eccitazione all’insù fin dentro la testa e gli occhi, o all’ingiù fin dentro la pelvi, i genitali e le gambe. In questi blocchi troviamo sempre dolore. Da un certo punto di vista il trattenimento o la contrazione sono manovre per alleviare il dolore, il dolore di una ferita o di un’umiliazione o il dolore di una perdita o di una frustrazione. La contrazione diminuisce il dolore riducendo la sensazione e rendendo insensibile al dolore la persona. Si rende la parte insensibile. Rilasciare ciò che si trattiene è dapprima sperimentato, perciò, come doloroso. Il passaggio di una forza energetica (sangue) attraverso un’area compressa è doloroso. Ma dopo che è avvenuto, il rilascio viene sperimentato come piacere. Nessuno può raggiungere alcun cambiamento caratterologico significativo senza sperimentare il dolore del cambiamento.

La terapia bioenergetica, sebbene il suo centro di attenzione primario sia il corpo, è un approccio combinato che lavora sia con il corpo che con la mente. Durante il colloquio iniziale il terapeuta dedicherà del tempo ad ascoltare i disturbi e la storia del paziente, ponendo domande sulla sua situazione attuale e passata e studiando le espressioni facciali, l’atteggiamento corporeo e la voce, tutte cose che forniscono informazioni sulla personalità del paziente. Si possono ricavare ulteriori informazioni dallo studio della forma e motilità del corpo stesso. Il modo in cui ci si siede, si sta in piedi, si respira e ci si muove, tutto ciò è in grado di rivelare problemi e conflitti.

Una volta che la relazione tra lo psicologico e il fisico viene stabilita, il paziente sa che il suo corpo dovrà cambiare se la personalità deve cambiare in modo significativo. Se il corpo è troppo rigido, cioè, se si trattengono le sensazioni, il corpo dovrà ammorbidirsi. Se le sensazioni sono trattenute da tensioni muscolari che tendono a comprimere il corpo e chiuderne gli sbocchi, queste tensioni dovranno essere ridotte per permettere l’espressione del sentire. Ma cambiare il corpo in modo significativo è un’impresa ardua. In quasi tutti i casi, cambiamenti positivi ma superficiali accadono piuttosto rapidamente con la terapia bioenergetica. La mobilizzazione iniziale del corpo per mezzo di una respirazione più profonda e di esercizi bioenergetici evoca spesso sensazioni a lungo soppresse. Il paziente può sperimentare tristezza che può a sua volta trasformarsi in pianto o rabbia, che può essere espressa colpendo il letto. Il paziente può sentire una certa quantità di paura che veniva in precedenza negata e può sperimentare vibrazioni che forniscono nuove sensazioni corporee. La risposta iniziale alla terapia bioenergetica è come l’apertura di una porta verso un eccitante mondo nuovo di sentire ed essere. Produce spesso dei benvenuti cambiamenti nel comportamento. Al meglio fornisce una base di comprensione e fiducia per il compito più difficoltoso che ci sta davanti.

Lavorando con il corpo vi sono due principi di somma importanza.
(1) Qualsiasi limitazione della motilità è sia un risultato che la causa di difficoltà emozionali. I limiti si creano in quanto risultato di conflitti infantili irrisolti, ma la persistenza della tensione crea difficoltà emozionali nel presente che si scontrano con le richieste della realtà adulta. Ogni rigidità fisica interferisce ed impedisce una risposta unitaria alle situazioni.
(2) Qualsiasi restrizione della respirazione naturale è sia il risultato che la causa dell’ansia. L’ansia nelle situazioni infantili disturba la respirazione naturale. Se la situazione che produce ansia persiste ed è prolungata, il disturbo della respirazione si struttura in tensioni toraciche e addominali. L’incapacità di respirare liberamente sotto stress emozionale è la base fisiologica dell’esperienza di ansia in tali situazioni stressanti. L’unità e coordinazione delle risposte fisiche dipende dall’integrazione dei movimenti respiratori con i movimenti aggressivi del corpo. Al punto che la respirazione e la motilità sono liberate dalle restrizioni delle tensioni croniche, il funzionamento fisico del paziente migliorerà. A quel punto il contatto con la realtà a livello fisico si espanderà e approfondirà, ma ciò accadrà soltanto a condizione che vi sia un miglioramento concomitante e corrispondente della comprensione della realtà da parte del paziente sia sul piano psichico che su quello interpersonale. Non ci si dovrebbe, però, farsi fuorviare dagli apparenti miglioramenti nel funzionamento del paziente sul piano psichico ed interpersonale che non sono accompagnati da un miglioramento analogo del funzionamento fisico.

Per mezzo di movimenti particolari e posizioni del corpo i pazienti in terapia bioenergetica ottengono un contatto più profondo col corpo ed un sentire migliore nei suoi confronti. Da questo contatto e sentire iniziano a capire la relazione tra il loro stato fisico attuale e le esperienze della prima e seconda infanzia che lo hanno determinato. I clienti imparano che la negazione del corpo è un rifiuto del bisogno di amore, questa negazione viene usata per evitare di essere feriti e disillusi. Imparano ad interpretare le rigidità come difese contro varie emozioni. Data l’opportunità di dar voce alla negatività i pazienti scoprono che non verranno abbandonati o distrutti per avere espresso il loro sentire; tramite l’accettazione dei loro corpi e dei loro sentimenti gli individui ampliano il contatto con tutti gli altri aspetti della realtà.

Poiché il corpo è la base di tutte le funzioni di realtà, qualsiasi accrescimento nel contatto di una persona con il corpo produrrà un miglioramento significativo nell’immagine di sè (immagine corporea), nelle relazioni interpersonali, nella qualità del pensare e sentire e nella gioia di vivere.

Con questa comprensione energetica si procede ad interpretare il trattenere o la contrazione in termini di sentimenti soppressi. Poiché il sentire è stato soppresso, il paziente ne è inconsapevole. Ad ogni modo, la natura del trattenimento (linguaggio del corpo) ne identificherà il sentimento. Generalmente la sensazione può essere portata alla coscienza attivando il movimento espressivo. Per esempio una mascella che viene rigidamente trattenuta da muscoli tesi può trattenere impulsi o mordere. Far mordere un asciugamano, a qualcuno può attivare questi impulsi cosicché il desiderio soppresso di mordere diventa conscio. Una gola rigidamente contratta inibisce l’espressione del pianto o delle urla, ma la persona può non essere conscia di questa inibizione fino a che non cerca di piangere o urlare. Spalle rigide possono bloccare impulsi a colpire con rabbia. Spesso far si che la persona colpisca il letto con i pugni evoca una sensazione di rabbia. Allo stesso modo si può identificare la mancanza di aggressività sessuale in un individuo dalla immobilità della pelvi. Comunque la capacità di leggere il linguaggio del corpo non viene acquisita facilmente o rapidamente.

Sono necessari un considerevole training ed esperienza per sviluppare questa abilità ad un alto livello di competenza.
Interpretare schemi diversi di tensione in parti del corpo separate (bocca, occhi, spalle, pelvi, piedi ecc. ) è molto simile a leggere le parole. Anche se si riescono a leggere le parole correttamente non ne consegue che si riesca a trarne un senso compiuto.

Per avere un senso compiuto le parole devono essere interpretate nel contesto di una frase, un paragrafo, persino un capitolo. Ciascun corpo ha un’espressione unica che rivela la personalità ed il carattere dell’individuo.

La struttura del carattere può essere vista come una tipologia che facilita la comprensione e la comunicazione, ma non si può fare terapia con una tipologia. La terapia ha a che fare con un individuo molto specifico, ed è quella specificità che si deve capire dalla lettura del corpo. Le parti hanno senso rapportate al tutto, ma il tutto non può essere determinato dalle parti. Solo quando capiamo un individuo in questi termini abbiamo comprensione dei suoi problemi e soltanto entro quello schema di riferimento il lavoro sulle parti o segmenti diventa pienamente produttivo.
Se la terapia è un viaggio alla scoperta di sè dovrebbe essere condotta da una guida che ha fatto quel viaggio personalmente. Un terapeuta non può aiutare i pazienti ad avanzare oltre il punto in cui egli è arrivato. Ma troppi terapisti hanno mancato di confrontarsi con la loro struttura caratteriale a livello corporeo. Ciò deriva dalla osservazione che essi non hanno compiuto cambiamenti significativi nella loro struttura corporea. Di conseguenza la loro conoscenza della struttura del carattere è più teorica che esperienziale. Il risultato è che essi contano soltanto sulla consapevolezza per modificare la personalità. Infatti la consapevolezza e l’insight possono far ciò in grado limitato e a livello superficiale. Ad ogni modo l’insight è solo una finestra attraverso la quale si può vedere la ragione di un qualche aspetto del comportamento. Sapere il perché del comportamento non influenza fortemente il come del comportamento. Credere altrimenti è ignorare il fattore energetico. Considerazioni di carattere energetico impongono che un cambiamento profondo implichi un lavoro continuo di scoperta. Questo è il livello in cui si incontrano dolore e paura. La paura proviene dal fatto che la scoperta accade spesso assieme allo sconvolgimento. La vecchia struttura deve rompersi e crollare perché si possa sviluppare un modo più libero di essere. Terapisti di successo hanno sperimentato alcuni di questi sconvolgimenti nel corso della loro crescita e possono essere testimoni del dolore e paura che accompagnano questo processo. Si può apprezzare la riluttanza di molti terapeuti a portare i pazienti al punto di rottura e di scoperta perché temono il possibile sconvolgimento che può succedere.
Tuttavia questo processo, sebbene doloroso, può essere necessario se si vuole che accada un vero cambiamento terapeutico.

Tratto da “Bioenergetic Analysis”

Alexander Lowen, M.D. è il fondatore dell’Analisi Bioenergetica, direttore esecutivo dell’International Institute for Bioenergetic Analysis, è autore di numerosi libri e pubblicazioni curate nell’edizione italiana dal Centro di Documentazione Wilhelm Reich.

La costituzione della corazza

La corazza o armatura può essere suddivisa in contrazione muscolare naturale o temporanea e in contrazione muscolare permanente o cronica. La prima si verifica in qualsiasi animale vivente quando è minacciato, ma viene abbandonata quando la minaccia cessa di essere presente. La seconda si origina nello stesso modo, ma a causa di minacce continuate è mantenuta e diventa cronica, reagendo infine ai pericoli interni permanenti più che a quelli ambientali. Questo lavoro riguarda la corazza muscolare permanente o cronica.

Reich postulò che l’uomo si sia corazzato al momento in cui divenne introspettivo; quando cioè percepì di percepire se stesso, e di percepire completamente. Questa consapevolezza dell’auto-percezione come di un oggetto di attenzione produsse una scissione. L’uomo si spaventò e iniziò a corazzarsi contro la paura e lo stupore interni nello sforzo di controllare le sue proprie sensazioni.

Reich dedusse l’origine della corazza dalla sua conoscenza della schizofrenia e dall’osservazione di ciò che chiamò l’ “universale terrore di vivere”. Stare di fronte all’ignoto è sempre una cosa che spaventa, resistere ed esaminarlo è terrorizzante.
La corazza è auto-perpetuante, poiché i genitori corazzati allevano figli corazzati. La causa corrente della corazza è la necessità da parte dei figli di accettare gli atteggiamenti innaturali e le condizioni educative messe in atto dai genitori e da altre persone.
Sebbene la persona sia in grado di liberarsi dalla corazza, le masse non possono farlo senza dei drastici mutamenti nella nostra cultura e nel nostro modo di pensare.
La corazza si sviluppa come l’aspetto somatico della rimozione e coinvolge sempre gruppi di muscoli che costituiscono una unità funzionale.
La corazza si sviluppa in modo regolare, dipende dalla necessità di adattamento, ed ha una disposizione segmentale. Contiene la storia e il significato della sua origine. Se la causa è in un evento traumatico, contiene la memoria degli eventi.
Lo specifico proposito della corazza muscolare cronica è di agire come freno e di aiutare l’individuo ad adattarsi riducendo perciò l’angoscia.
Reich scoprì che la corazza si compone si sette segmenti, che frammentano il corpo e ne distruggono l’unitarietà del funzionamento. Ognuno di questi segmenti ha caratteristiche specifiche pur esercitando un’influenza reciproca. Ogni segmento include l’intero settore rappresentato a quel livello del corpo, cosicchè vi sono numerosi anelli perpendicolari alla colonna vertebrale. In aggiunta agli anelli della corazza, si troverà di solito che una parte del corpo, sinistra o destra, è corazzata più pesantemente dell’altra.
I sette segmenti della corazza sono:
  • Oculare
  • Orale
  • Cervicale
  • Toracico
  • Diaframmatico
  • Addominale
  • Pelvico
Ogni segmento risponde come un tutto ed è più o meno indipendente dagli altri segmenti. Ciascun segmento può non riuscire a dare una risposta completa finché non sono liberi gli altri segmenti. Alla liberazione di ogni segmento, segmenti già trattati tenderanno a ricorazzarsi ed è perciò necessaria una maggiore attenzione in quanto l’organismo non è abituato al movimento e tenta di ritornare alla sua precedente immobilità. Deve venire abituato in modo graduale alla libera mobilità.
È importante determinare il principale tratto o atteggiamento caratteriale dell’individuo (il filo rosso) poiché esso reagirà a tutti i progressi mediante questo tratto, che diverrà in breve la principale difesa caratteriale.
Il principio terapeutico consiste nell’eliminare la contrazione cronica che interferisce con il libero scorrere dell’energia in ogni parte dell’organismo e restaurare in tal modo il funzionamento naturale.
Affrontiamo, ora, la descrizione dei singoli segmenti della corazza.

 

Il segmento oculare
Il primo e il più alto dei segmenti include il cuoio capelluto, la fronte, gli occhi, le guance, le orecchie e la base del cranio. È un’area intensamente carica, poiché comprende gli organi della vista e dell’udito.

 

Tendenze disfunzionali
· Incapacità di vedere la realtà globale, rigidità mentale e psichica, tendenza all’unilateralità e al contatto parziale.
· Fuga ed esitamento dei problemi.
· Iperproduzione immaginativa e/o ripetitività fantastica, fantasticherie. Presenza reattive e difensiva del meccanismo di razionalizzazione.
· Difficoltà di cambiamento nonostante l’impegno volontario.
· Confronto con gli altri, competitività repressa, rimossa, compensata, mascheramento di sé.
· Vanità, esibizionismo, per lo più repressi, rimossi o compensati per paura, per insicurezza. Senso di colpa, senso di inferiorità, di incomprensione.
· Tendenza a guardarsi intorno in modo circospetto, paure e timidezza sotto lo sguardo altrui; difficoltà a fissare gli altri negli occhi, sguardo sfuggente, senso di sfida reattivo.
· Invidia, autosqualifica, squalifica e/o ipervalutazione degli altri.
· Difficoltà a creare punti di riferimento interni ed esterni, difficoltà a concentrarsi.
· Repressione dei sentimenti e/o scarsa capacità di gestione delle emozioni e delle reazioni neurovegetative, comportamentali, accresciuti dai vissuti, dal vedere o essere guardati.
· Sfiducia verso gli altri, difficoltà nei contatti sociali e nelle relazioni interpersonali.
· Blocco oculare parziale: affezioni visive, difficoltà di accomodamento, di focalizzazione, incapacità di spaziare.
· Travisamento, distorsione, proiezione, autoriferimento.
· Rapporto disturbato con il proprio corpo, difficoltà di strutturazione del senso di identità.
Il segmento oculare corazzato si evidenzia da uno sguardo piatto, vuoto, fisso, dall’immobilità delle palpebre, della fronte, del cuoio capelluto, da una fissità ai lati del naso, dalla difficoltà al pianto, dall’impossibilità di spalancare gli occhi o di seguire un oggetto in movimento, dalla protrusione dei bulbi oculari. Il tipico sguardo vuoto dello schizofrenico è dovuto ad una grave corazza di questo segmento.
Un certo grado di corazza oculare è presente praticamente in tutti e quando si aggrava oltre un certo grado possono subentrare fenomeni psicotici.
E’ il segmento che contiene il cervello, deputato alla coordinazione di tutte le funzioni vitali. L’influenza di tutte le psicoterapie si esercita a questo livello, compresa l’analisi del carattere. Dal punto di vista della prassi orgonoterapeutica, si invita il paziente a mobilizzare le parti bloccate, gli si chiede di muovere gli occhi, spesso seguendo una penna luminosa, senza bloccare la respirazione. In poche parole si fa in modo che le emozioni (di solito un’enorme paura e una lucida rabbia) vengano prima percepite e poi espresse. Agendo in questo modo la persona acquisisce, tra l’altro, la consapevolezza di essere in grado di fronteggiare le proprie paure, magari per la prima volta nella vita. Questa esperienza porta, gradualmente, ad un’aumentata fiducia in sé stessi e ad un’espansione non solo del segmento in questione ma di tutto il biosistema. Mantenere l’organismo in uno stato espanso è lo strumento principale per fronteggiare lo stato di contrazione cronico indotto dalla corazza.
Solitamente alla fine della seduta gli occhi sono più brillanti ed “aperti”. Il pensiero più lucido ed acuto e, spesso, viene riferito un miglioramento della capacità visiva.
Segni e Sintomi
Le cefalee frontali sono un effetto del sollevamento cronico delle ciglia inteso ad esprimere angoscia o sorpresa. Le cefalee occipitali sono dovute ad uno spasmo dei muscoli occipitali. I sintomi di capogiro sono causati dall’insufficiente corazzatura, che permette il movimento di più energia di quanta ne può essere tollerata. La miopia, il presbitismo, la sordità, eccetera, sono assai legati al corazzamento del segmento oculare, e lo stesso vale per l’incapacità di sentire gli odori. Allo stesso modo crediamo che disturbi specifici come l’orzaiolo, la congiuntivite, la sinusite eccetera, possano essere connessi al corazzamento del segmento oculare. Si verificheranno spesso quando i sentimenti vengono trattenuti, in particolare quando è trattenuto il pianto.

 

Il segmento orale
Il segmento orale comprende la bocca, il mento, la gola, la muscolatura occipitale (nuca superiore).
Le labbra possono essere eccessivamente carnose o presentarsi perennemente contratte, non è raro incontrare una ipertrofia dei masseteri. Contiene emozioni molto intense ed antiche quali il mordere rabbioso, il succhiare avidamente, il gridare. Il riflesso del vomito riesce a smobilizzare questo segmento, anche se, spesso, è necessario che altri segmenti siano liberi affinché le emozioni qui contenute possano essere espresse. Ad esempio l’impulso al pianto irrefrenabile richiede la partecipazione dei primi tre, a volte quattro segmenti.

 

Tendenze disfunzionali
· Distruttività manifesta o latente, competitività, autoinganno; presenza o meno di compensazioni aggressive positive e autoaffermazione.
· Tendenze egoistiche, scarso contatto con i bisogni degli altri, difficoltà ad esprimere affetto, bisogno di dipendenza, scarsa autonomia.
· Scarsa assertività e intraprendenza e/o iperattivismo superficiale e immaturo.
· Ossessività, cupidigia, avarizia, oppure prodigalità irrazionale, sperpero incontrollato, oppure volitività moderata.
· Inibizione del pianto, della rabbia, delle manifestazioni di affetto, di amore, di tenerezza.
· Insoddisfazione, pessimismo, depressione, fuga dagli impegni o evitamento dei problemi.
· Vittimismo o colpevolizzaizone degli altri, autogiustificazione.
· Costruzione di falsi bisogni e desideri, richieste compensatorie.
· Rifiuto degli altri, rivalsa, ipocrisia, sorriso stereotipato, artificioso, contratto. Difficoltà al contatto fisico, ansia nella relazione. Atteggiamenti e relazioni immature o non durevoli.
· Atteggiamenti di sfida, di difesa intellettuale e rigidità razionale come forme reattive.
· Nervosismo, rabbia, scontrosità, oppure accettazione passiva, buonismo doveristico per rimozione dei conflitti, per rinuncia all’autoaffermazione. Difficoltà a dire si o dire no nelle circostanze opportune.
· Desiderio rimosso di potere e contemporaneamente senso di impotenza; stati di frustrazione. Presenza di modestia e di immodestia.
· Creazione di forti ideali dell’io e conseguente senso di sconfitta per incapacità di realizzazione dei modelli genitoriali e delle richieste implicite o indirette.
· Ricorso alla volontà o alla passività, atteggiamenti velleitari.
· Contestazione, ribellione, protesta, oppure accettazione passiva.
· Verbalizzazione, enfasi, ipercritica o incapacità di esprimersi verbalmente, di comunicare le proprie opinioni, taciturnità.
· Tendenza alla tensione dei muscoli del viso, della nuca, del collo.

 

Segni e Sintomi
Si può osservare un sogghigno stupido, un sorriso sarcastico, o un ghigno sprezzante, oppure la bocca può apparire triste o anche dura e crudele. Il mento può essere cedevole, piatto, oppure proteso in avanti. Una mascella serrata provoca una voce monotona e contenuta. Una gola serrata dà luogo ad una voce piagnucolosa, acuta e debole e ad un respiro rauco. La bocca può essere secca oppure con salivazione eccessiva. In genere il segmento orale trattiene con collera ciò che riguarda il mordere, il gridare, il piangere, il succhiare, e il fare smorfie.
Il suono emerge meccanicamente, ma manca di espressione e vibrazione finché la mascella è rigida. La rabbia trattenuta è molto spesso connessa alla mascella. Spesso le persone hanno bisogno di avere conati di vomito e di tossire per liberare i sentimenti che hanno “inghiottito”.
Le emicranie sono state associate alla tensione presente nella mascella. Ogni tipo di problemi di denti e gengive è collegato a emozioni represse. Tosse e raffreddare possono far parte di un processo repressivo o liberatorio in questa zona.

 

Il segmento cervicale
Il segmento cervicale comprende la muscolatura bassa del collo superficiale e profonda, il muscolo platisma, la lingua e i muscoli sternocleidomastoidei. Trattiene rabbia e pianto e conferisce un aspetto altero, di distacco dal resto del proprio corpo (emozioni). E’ frequente osservare come le emozioni vengano letteralmente inghiottite. Anche qui il riflesso del vomito allenta la corazza e consente alle emozioni di emergere.
Tendenze disfunzionali
· Strutturazione di difese rigide, egocentrismo, individualismo, narcisismo, esibizionismo, competitività, sfida manifesta o rimossa, oppure prevalenza di comportamenti passivi e rinunciatari.
· Controllo razionale, inibizione dell’io, delle emozioni, tendenza a non perdere la testa.
· Strutturazione di un super-io doveristico, rigido, moralistico. Sentimenti di ambivalenza, atteggiamenti di autocontrollo.
· Orgoglio, vanità, desiderio di potere per lo più rimossi e/o compensati da atteggiamenti di modestia.
· Difficoltà di obbiettività, inclinazione alla critica, al rifiuto, al distacco dagli altri, alla superbia o all’umiltà, al cedimento o all’irrigidimento intellettuale e psicologico.
· Testardaggine o incapacità di mantenere una posizione con determinazione.
· Inclinazione a dare importanza al giudizio esteriore, ad essere sempre a posto di fronte agli altri, a non mostrare aspetti o atteggiamenti ritenuti disdicevoli o inferiori socialmente. Inclinazione a mostrare il meglio di sé e paura di non riuscire.
· Arroganza, presunzione, megalomania, oppure umiltà o squalifica degli altri, disistima di sé, ambizioni manifeste o rimosse.
· Bisogno di affetto, di amore e contemporanea difficoltà a esprimere sentimenti. Scissione relativa tra testa-razionalità e corpo-istinto-pulsione.
· Difficoltà di dare, di andare verso gli altri, di concedersi, di stabilire un rapporto caldo e spontaneo.
· Strumentalizzaione degli altri o incapacità a imporsi. Incapacità di riconoscere i propri difetti ed errori, o tendenza a colpevolizzarsi.
· Rigidità dell’io, dei muscoli del collo e delle spalle, frequenza di affezioni cervicali.
· Ostentazione o mascheramento. Presa di posizione rigide o paura di esporsi.
· Conformazione a ideali esteriori, rigidi, stereotipati, a modelli e convinzioni sociali e a ideologie autoritaristiche o libertarie.
· Distacco emotivo, non coinvolgimento relazionale, senso di superiorità o di inferiorità.

 

Segni e Sintomi
Le principali indicazioni della corazza in questo segmento sono un continuo inghiottire, mutamenti di voce, respiro rauco, tosse, la sensazione di un groppo alla gola, e sensazioni di soffocamento.

 

Il segmento toracico
Il segmento toracico comprende tutti i muscoli intercostali, i grandi muscoli pettorali, i muscoli delle spalle (deltoidi) e il gruppo di muscoli situato sulle e tra le scapole.
Il segmento toracico è uno dei più importanti, anzi di solito è il primo ad essere trattato. Appare quasi sempre in posizione inspiratoria, tenuto alto, accompagnata da incapacità di espirazione piena e naturale. I muscoli intercostali sono contratti (solletico), quelli della schiena e fra le scapole dolenti, contratti ed ipersensibili. Il torace del militare sull’attenti è un calzante esempio di corazza di questo segmento. Le emozioni trattenute sono: pianto straziante, desiderio ardente, rabbia selvaggia. Importanti patologie internistiche quali ipertensione e asma sono dovute alla corazza di questo segmento. Le braccia ne sono funzionalmente un’estensione.

 

Tendenze disfunzionali
· Scissione tra razionalità ed emozioni, difficoltà di partecipazione e scarso contatto con la vita degli altri, oppure con una forte risonanza interiore.
· Difficoltà di autocritica oppure responsabilizzazione eccessiva.
· Difficoltà nell’instaurazione di relazioni autentiche, volubilità dispersiva o bisogno di contatto inespressi.
· Invidia, gelosia, dipendenza affettiva, incapacità di espandersi, di dare, di ricevere, oppure sentimentalismo.
· Rabbia, ambivalenza, insoddisfazione, depressione, ansia, oppure remissione, repressione o contrazione delle emozioni.
· Ostentazione, presunzione, arroganza o nascondimento dell’io.
· Individualismo, non cooperazione, rapporto meccanicistico o non partecipazione coinvolgente.
Segni e Sintomi
Un torace corazzato esprime fondamentalmente restrizione e auto-controllo e darà la sensazione di non essere scosso o toccato dagli eventi. Dove non c’è corazza, i movimenti espressivi del torace e delle braccia danno un senso di libertà e allegria. La corazza tipica è una cronica espansione inspiratoria, come se dopo aver fatto un respiro molto profondo non lo si lasciasse venir fuori, e può essere accompagnato da elevata pressione sanguigna, palpitazione e angoscia. Protratto per lungo tempo, può sviluppare una disposizione per la tubercolosi e la polmonite, oppure verificarsi una dilatazione del cuore. Per il paziente con torace corazzato, l’ira è fredda, il pianto poco virile, e il desiderio fiacco. Le donne corazzate in questo segmento hanno i seni privi di sensibilità e sono disgustate dall’allattamento. L’angoscia connessa può essere fatta uscire premendo sul torace e facendo strillare il paziente.

 

Il segmento diaframmatico
Il segmento diaframmatico comprende il diaframma e gli organi che si trovano sotto di lui: lo stomaco, il fegato, il plesso solare con il pancreas, il fegato e i due fasci muscolari ben visibili lungo la spina dorsale a livello della decima-dodicesima vertebra toracica. (include il diaframma e gli organi sotto di esso. Include un anello contrattile sopra l’epigastrio, e la parte terminale inferiore dello sterno, comprende le costole inferiori della decima, undicesima, dodicesima vertebra toracica. Contiene il diaframma, lo stomaco, il plesso solare, il pancreas, il fegato, la cistifellea, il duodeno, i reni, e due muscoli che circondano le vertebre toraciche inferiori. L’armatura è espressa dalla lordosi della colonna vertebrale. L’espirazione avviene con sforzo e l’addome si gonfia.
È evidenziato da una contrazione a livello dell’epigastrio, della parte terminale dello sterno e delle ultime costole e delle inserzioni diaframmatiche posteriori a livello della decima, undicesima e dodicesima vertebra toracica. Produce lordosi della colonna vertebrale. Il movimento diaframmatico è bloccato ed il funzionamento degli organi è compromesso. È un segmento molto importante nel processo di scorrazzamento e difficile da scorazzare. Divide in due l’organismo, la parte “alta” da quella “bassa”.

 

Tendenze disfunzionali
· Contrazione e non contatto con la parte istintuale-viscerale e con le emozioni ad essa connesse.
· Riduzione della mobilità diaframmatica come segno di ansia, di chiusura e di non comunicazione tra l’alto e il basso, tra la testa e il corpo.
· Comportamento masochistico, paura del dolore, paura di tutto ciò che è nuovo e sconosciuto.
· Paura della punizione, difficoltà a lasciarsi andare, tendenza alla sopportazione o al contrario all’intolleranza, alla implosione o alla esplosione distruttiva.
· Difficoltà nell’abbandonarsi al piacere, alla gioia, alla sessualità.
· Difficoltà di autoaccettazione, nel manifestare amore, e ad entrare in contatto con il mondo.
· Ansia generale per tendenza cronica alla contrazione diaframmatica.
· Instabilità emozionale.
· Senso del dovere o, al contrario, atteggiamenti di deresponsabilizzazione.

 

Segni e Sintomi
I sintomi sono disturbi nervosi dello stomaco, nausea più o meno costante con impossibilità di vomitare, ulcera peptica, disturbi della cistifellea, affezioni del fegato, e diabete. I più importanti organi addominali sono presso il diaframma, e il blocco determina numerose malattie psicosomatiche.
Questo segmento trattiene una collera violenta e crudele.

 

Il segmento addominale
Il segmento addominale comprende il ventre e sulla schiena, le ultime parti dei muscoli che corrono lungo la colonna vertebrale. (muscoli larghi dell’addome, il retto, il traverso dell’addome, e i muscoli del dorso (latissimus dorsi e sacro spinalis).
La corazza del segmento addominale è dovuta alla contrazione spastica dei muscoli retti anteriori e dei traversi e, posteriormente, dall’inserzione bassa del gran dorsale e dei muscoli vicini. I muscoli sono spesso incordati e molto sensibili. Lo scorrazzamento del segmento non presenta particolari difficoltà.

 

Tendenze disfunzionali
· Corazzamento cronico della zona addominale come espressione della tensione costante.
· Creazione di una barriera che impedisce l’energetizzazione del settimo segmento e quindi la possibilità di abbandonarsi.
· Blocco parziale della genitalità e della sessualità con difficoltà di contatto spontaneo. Contatto meccanico, sessualità opportunista o fallico-narcisistica.
· Bacino contratto o aggressivo fallico.
· Presenza di sentimenti di ostilità, di rifiuto, di distruttività.
· Difficoltà di abbandonarsi alla tenerezza, alla gioia, al piacere. Stati di insoddisfazioni.
· Difficoltà di trasformazione e di maturazione interiore.
· Tendenza al rapporto arido, con scarsa capacità di comunicazione e di relazione autentica.

 

Segni e Sintomi
I fianchi corazzati producono prurigine, e trattengono rancore.

 

Il segmento pelvico
Il segmento pelvico comprende praticamente tutti i muscoli della pelvi, i glutei, l’ano, i genitali e gli adduttori superficiali e profondi delle cosce.
Il bacino appare rigido, senza vita. Ogni sorta di patologia a carico degli organi di questo distretto insorge in seguito al suo corazzamento cronico.
Emozionalmente sono contenuti ansia edipica e rabbia sadica sia di tipo anale che di tipo fallico. Un genuino piacere sessuale non può essere provato finché la corazza pelvica permane. Per l’alto contenuto emozionale ed energetico qui trattenuti il segmento pelvico viene, solitamente, trattato per ultimo. Un organismo cronicamente corazzato non sarebbe in grado di metabolizzare adeguatamente l’improvviso irrompere di questa enorme quantità di energia se non gli si concede la possibilità di adattarsi gradualmente ad una accresciuta vitalità bio-emozionale. Questo è ottenibile solamente con lo scorrazzamento graduale dei vari segmenti secondo un ordine ben preciso che va dal primo, quello oculare, al settimo. Una tale procedura non è arbitraria, ma segue la direzione del flusso energetico. Se la pelvi fosse trattata prematuramente, l’energia andrebbe a scontrarsi immediatamente con il segmento oculare, di cui abbiano già sottolineato l’importanza e che, se ancora corazzato, potrebbe dare luogo a fenomeni psicotici e che, comunque, non sarebbe in grado di integrare tutta questa energia così carica emozionalmente nel funzionamento unitario dell’organismo.

 

Tendenze disfunzionali
· Utilizzazione egoistica e strumentale degli altri.
· Pseudo-genitalità e difficoltà ad abbandonarsi.
· Rabbia trattenuta e atteggiamenti distruttivi.
· Passività, senso di impotenza, di inferiorità o inclinazione al produttivismo come ipercarica energetica e come reazione all’incapacità di abbandono.
· Scarsa creatività e volitività oppure bisogno di emergere e di realizzarsi materialmente.
· Bisogno di tenerezza e di contatto fisico rimossi. Difficoltà di relazione, di comunicazione autentica.
· Insicurezza sessuale, difficoltà a lasciarsi andare al piacere, alla tenerezza, alle emozioni per la presenza di ostilità repressa.
· Tensione e contrazione globale del bacino.
· Difficoltà di autoregolazione, di autogestione delle proprie potenzialità ed energie per ingerenza del super-io.

 

Segni e Sintomi
I sintomi prodotti dal corazzamento pelvico sono costipazione, lombaggine, escrescenza nel retto, cisti ovariche, polipi dell’utero, tumori benigni e maligni, affezioni vaginali, irritabilità della vescica, anestesia della vagina e del pene. Nell’uomo, la bassa energia nella pelvi porta all’impotenza erettiva e all’eiaculazione precoce, e nella donna all’anestesia o vaginismo. I piedi e le gambe possono essere freddi e gonfi, con intorpidimento, sensazioni di formicolio, e varicosi. Questo segmento contiene angoscia e collera.

 

Ogni segmento, inoltre, è composto da tre strati che, dal più superficiale dal più profondo, sono:
– la facciata
– lo strato secondario o intermedio
– il nucleo
La facciata o strato superficiale è l’aspetto di sé che la persona offre al mondo, l’adattamento sociale finale prodotto dal processo di scorrazzamento. E’ il regno della superficialità, dell’assenza di un contatto vero e profondo con sé e con gli altri. Quello che viene definito il “contatto sostitutivo”.
Lo strato intermedio contiene tutte quelle emozioni distruttive e perverse che sono il risultato dell’inibizione della gratificazione dei bisogni naturali. E’ l’immensa palude dello strato secondario, ciò che, metaforicamente viene chiamato il Male, il Diavolo, ciò che deve essere celato al mondo e a noi stessi.
Quando un impulso naturale trova uno sbarramento al proprio soddisfacimento cerca di “forzare il blocco” e diventa distruttivo. Qualunque espressione naturale, in presenza di corazza, si trasforma in un moto di aggressività patologica.
Quando i paziente entra in pieno contatto con questa sua parte di solito cade in uno stato di sconforto e di disperazione, sente che, per lui, questa è la sua vera natura, l’intima essenza del suo essere, anche se questo non è vero.
Oltre lo strato secondario è presente un terzo strato, dimenticato e ripudiato da molto tempo:
Il nucleo naturale della persona, la struttura naturale, profondamente razionale, dalla cui coartazione prendono vita gli altri due, quello secondario, come espressione immediata al blocco dell’espressione vitale primaria e la facciata quale risultato della ulteriore repressione delle pulsioni patologiche e distorte dello strato intermedio.

(di Maurizio D’Agostino)

BIBLIOGRAFIA

Baker E., L’uomo nella trappola, Ed Astrolabio
Mattei E., Craia V., Il corpo e la vergogna, Edizioni Scientifiche Magi
Totton N., Edmondson E., Terapia reichiana, Ed. Red

Il linguaggio del corpo

Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce: è l’individuo nella sua totalità che si esprime.

La psicoanalisi così com’è praticata si limita a studiare il disturbo emotivo e spesso lascia paziente e analista insoddisfatti: manca l’anello che congiunge turbe emozionali e fisicità. Lowen ci introduce alle teorie e alle tecniche bioenergetiche e codifica il “linguaggio del corpo”.

Nelle posture e nell’atteggiamento che assume in ogni suo gesto, il corpo parla infatti un linguaggio che trascende l’espressione verbale. L’osservazione delle diverse reazioni corporee e delle emozioni a esse collegate può diventare uno strumento altrettanto valido dei sogni, dei lapsus e della libera associazione. Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce: è l’individuo nella sua totalità che si esprime.

Il piacere

Una vita più creativa attraverso il piacere è la promessa di questo libro rivoluzionario. Definendo il piacere come una “esperienza del corpo”, Lowen afferma che il piacere mentale puro non esiste e osserva inoltre che la capacità di provare piacere è anche capacità di autoespressione creativa.

Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica

La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini del corpo e dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita. La nostra risposta alle situazioni della vita, infatti, è determinata dalla quantità di energia di cui disponiamo e da come ne facciamo uso. La bioenergetica è anche una forma di terapia che combina il lavoro con il corpo e con la mente per aiutarci a risolvere i nostri problemi emotivi e a meglio utilizzare il nostro potenziale. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che corpo e mente sono funzionalmente identici: vale a dire, quanto avviene nella mente riflette quanto avviene nel corpo e viceversa: pensare e sentire sono condizionati da fattori energetici. Nel suo lavoro sul corpo la bioenergetica include sia procedimenti di manipolazione sia esercizi speciali. I procedimenti di manipolazione sono costituiti da massaggio, pressione controllata e lievi contatti per rilassare i muscoli irrigiditi. Gli esercizi che questo libro offre, messi a punto nel corso di più di vent’anni di lavoro terapeutico con pazienti, sono intesi per aiutarci a entrare in contatto con le nostre tensioni e a scaricarle attraverso il movimento appropriato.

Bioenergetica

Una delle opere più importanti del grande studioso e terapista delle dinamiche psicocorporee che con la teoria e la pratica bioenergetiche ha riscosso un enorme successo nel mondo.

“La bioenergetica è una tecnica terapeutica che si propone di aiutare l’individuo a tornare a essere con il proprio corpo. Questo risalto dato al corpo comprende la sessualità, che ne è una delle funzioni fondamentali. Ma comprende anche funzioni ancor più basilari come quelle di respirare, muoversi, sentire ed esprimere se stessi. Una persona che non respira a fondo riduce la vita del corpo. Se non si muove liberamente, limita la vita del corpo. E se reprime la propria autoespressione, limita la vita del corpo”. Con queste parole Alexander Lowen definisce i criteri e gli scopi della sua disciplina terapeutica. Così, se il processo di crescita per qualche verso si blocca, la bioenergetica può diventare “l’avventura della scoperta di se stessi” che permette all’individuo di appropriarsi del suo corpo, di risolvere quei sintomi psicosomatici che potrebbero affliggergli l’esistenza e di godere la vita con pienezza. Una delle opere più importanti del grande studioso e terapista delle dinamiche psicocorporee che con la teoria e la pratica bioenergetiche ha riscosso un enorme successo nel mondo.

Le classi di esercizi bioenergetici di Giulio Santoro

La classe di esercizi bioenergetici (EB) è costituita da un gruppo di partecipanti di numero compreso tra i 4 e i 20, condotta da un terapeuta o conduttore, in un ambiente tranquillo e in cui ci sia la possibilità di muoversi con il corpo e di poter usare la voce.

I tempi variano dai 45 ai 90 minuti per classe. Il gruppo è guidato dal conduttore nella realizzazione di esercizi.
Gli esercizi bioenergetici possono essere praticati da tutti, non solo dalle persone sane, che possono vivere le classi EB come un’occasione di crescita personale e aumento della propria consapevolezza, ma anche da persone che soffrono di malattie del corpo di origine psichica e malattie nevrotiche quali per esempio l’ansia.

Gli esercizi bioenergetici, permettendo un contatto maggiore e più profondo con se stessi e con la propria sensibilità psico-fisica, può condurre la persona a sperimentare emozioni, sensazioni e sentimenti mai provati fino a quel momento.

Chiaramente, la parola “esercizi”, in questo contesto ha un significato diverso rispetto a quello che possiamo attribuirgli normalmente, in quanto, l’esercizio in sé può diventare, nel contesto della classe, una tecnica terapeutica efficace.

Anche l’uso stesso della parola ‘esercizio’ può portare a creare qualche forma di confusione. Un esercizio all’interno di una classe può così rappresentare una tecnica terapeutica all’interno di un contesto diverso come può essere l’analisi bioenergetica. E’ importante quindi che il conduttore di classi di EB sia in grado di mantenere l’obiettivo principale dell’intervento evitando di trasformare la classe in una seduta terapeutica.

La classe EB, quindi, non va confusa con la terapia di gruppo. Per quanto possano emergere certe valenze terapeutiche, la classe non può sostituire la terapia.

La classe EB lavora sul fronte evolutivo, attraverso lo sviluppo della personalità e può essere attuata in parallelo o alla fine di un analisi personale. Ad ogni modo, anche se la classe EB non mira a sostituirsi alla terapia, la frequenza e la regolarità dell’esecuzione può aiutare in modo notevole le persone a stabilire un contatto maggiore con il proprio corpo, la sensazione di sentirsi vivi e vitali e la capacità di provare
piacere.

E’ esperienza fondamentale durante il lavoro nella classe EB che la persona si sperimenti come corpo e faccia l’esperienza di sentire e sperimentare il proprio corpo. Inoltre, la persona, entrando in maggiore contatto con il proprio corpo, avrà modo di sentire le emozioni direttamente come sensazioni corporee: la paura, la disperazione o la rabbia sono emozioni che hanno un loro corrispettivo stato di tensione corporeo.

Diventare consapevoli del corpo in questi stati emozionali è uno degli obiettivi della classe EB. Diventare consapevoli della rigidità di alcune zone del corpo in corrispondenza di uno stato emotivo quale per esempio la rabbia, e lavorare su quella tensione specifica può portare a modificare l’emozione che soggiace alla tensione stessa. Per esempio, il lavoro sulla mascella o sulle spalle, può considerarsi una via all’apertura a emozioni quali la paura che implica proprio un irrigidimento della mascella e l’assunzione di una posizione delle spalle bloccate in alto in modo da ridurre la respirazione alla parte superiore della gabbia toracica senza coinvolgere così il movimento diaframmatico e la parte inferiore del torace e l’addome e di conseguenza ridurre l’intensità dell’emozione.

Il lavoro su queste parti del corpo con lo scioglimento delle tensioni e l’apertura del respiro con movimento diaframmatici e coinvolgimento dell’addome, può indurre ad una riduzione della paura. In pratica, il lavoro sul corpo procede all’inverso, partendo dagli effetti che producono le emozioni sul corpo, e modificando queste si avvia un cambiamento nello stato emozionale dell’individuo.

Durante una classe EB, il conduttore, attento a notare sia il clima del gruppo da condurre sia la condizione fisica ed emotiva dei singoli partecipanti, propone un percorso articolato in più fasi quali il riscaldamento del corpo, una serie di esercizi a tema e una fase conclusiva che passa attraverso la posizione del bend-over e della posizione in piedi. A quest’ultima può seguire una breve fase di elaborazione e condivisione in gruppo dei vissuti personali.

Durante la Classe EB la respirazione riveste un ruolo fondamentale. Essa può avvenire tramite il naso o la bocca anche se è consigliabile la respirazione con la bocca in quanto permette il rilassamento e l’allentamento delle tensioni mandibolari e inoltre permette una respirazione addominale più profonda.

Durante la classe è importante che gli esercizi siano accompagnati dalla respirazione, meglio se nella fase espiratoria si sonorizzi la respirazione, in quanto l’emissione di un suono, della voce o di gemiti e sospiri permettono un allentamento maggiore delle tensioni corporee, favorendo un rilassamento più profondo. Inoltre, molte emozioni inespresse possono trovare un canale di espressione proprio attraverso la gola e i suoni emessi, rendendo anche più intensa l’esperienza dell’esercizio e della respirazione.

Spesso, molte tensioni si fissano al livello della zona della mandibola, soprattutto in quelle persone che per caratteristiche della propria personalità tendono al controllo eccessivo o vivono in uno stato posturale caratterizzato dal sentimento di paura. Per cui, la mandibola e mascella risultano contratte in una posizione di chiusura eccessiva che non consente un movimento fluido e sciolto della parte. Aprire la bocca per attivare una respirazione profonda, rappresenta così un passo importante per allentare le tensioni di questa zona, favorendo una maggiore ossigenazione che conduce la persona a vivere più pienamente i propri sentimenti rimossi, lasciando che tristezza, amore, gioia, disperazione si diffondano naturalmente in tutto il corpo.

Trovarsi in contatto con sentimenti fino a quel momento repressi e mai insorti, può costituire comunque un problema per chi non ha ancora sviluppato un senso di radicamento maggiore della propria persona. Viene a mancare quindi una solida base su cui appoggiarsi per potersi sentire sicuri nell’affrontare una situazione emotiva molto intensa e chiaramente avvertita come pericolosa.

Il rifiuto di alcuni esercizi, inoltre, è un fenomeno abbastanza diffuso durante le classi EB proprio per quelle persone che vivono con paura certe idee. Un’eccessiva paura della sessualità può portare quindi una persona a non riuscire a muovere in modo sciolto e spontaneo il bacino, in quanto la persona avrà un rifiuto fisico, mentale ed emotivo per il bacino e per ciò che esso rappresenta.

La respirazione, durante lo svolgimento di EB, conduce spesso al pianto. Una maggiore ossigenazione ha come conseguenza quella di accendere per così dire le emozioni che la persona ha tenuto ‘spente’ fino a quel momento per paura di viverle appieno. Rivitalizzare le emozioni, attraverso una respirazione più intensa e profonda può condurre ad un pianto che spesso è avvertito
come liberatorio. Abbandonarsi al pianto permetterà al proprio corpo di rilassarsi e alla persona di ritrovare una pace mai provata fino a quel momento.

Anche il desiderio di gridare è un fenomeno che caratterizza le classi di EB ed è un fenomeno molto diffuso durante gli esercizi. La persona, assumendo certe posizioni che favoriscono un maggiore allentamento delle tensioni della gola, può sentire improvvisamente l’impellente bisogno di aprire la gola e lasciarsi andare in un grido che può racchiudere sentimenti ed emozioni che per troppo tempo sono stati soffocati. L’apertura della gola e il pieno e consapevole uso della voce rappresenta così uno degli obiettivi più importanti del lavoro bioenergetico.

Un altro importante aspetto del lavoro nelle classi di EB è quella cosiddetta vibrazione che si avverte durante alcuni lavoro sul corpo. La vibrazione indica che c’è un sano funzionamento muscolare ed è costituita da scariche che attraversano le fibre muscolari e danno la sensazione di un flusso continuo, dal momento in cui il blocco di alcune cinture di tensione viene aperto e la scarica può fluire con un certo ritmo attraverso il corpo. La vibrazione conduce l’attenzione della persona che svolge l’esercizio a quella parte del corpo in cui fluisce la scarica, raggiungendo una maggiore consapevolezza di quella specifica parte del corpo. Può accadere che una persona prenda consapevolezza delle proprie gambe o del proprio radicamento e del contatto dei propri piedi con la
terra solo dopo aver provato la vibrazione che fluisce in queste parti del corpo. Così, attraverso la vibrazione vi è un aumento della consapevolezza sia del proprio corpo, che viene avvertito come
più vivo e animato sia del contatto con la terra, quindi del proprio radicamento o grounding.

Questo concetto, il grounding (radicamento) è alla base di tutto il lavoro bioenergetico. Esso è un processo rappresentato dal flusso energetico che attraversa globalmente il corpo in senso verticale, dalla testa ai piedi e viceversa, accompagnato dalla respirazione che contribuisce a dargli una ritmicità e trasformando questo flusso in uno strumento capace di integrare e radicare la
persona, cioè dare alla persona un senso di continuità, di unità e nel contempo di solidità.

Gli altri obiettivi principali delle classi EB sono quelli di aumentare la padronanza di se stessi, aumentare la spontaneità e l’espressività, aumentare la consapevolezza di se stessi e il contatto con le proprie emozioni.

Questi obiettivi principali vengono perseguiti tramite una serie di altri obiettivi quali, l’aumento del senso di radicamento, una respirazione più profonda, un maggiore stato di vibrazione del corpo, lo scioglimento e l’apertura di alcune cinture e tensioni croniche nella zona del bacino, del torace e della testa.

Diventare consapevoli delle tensioni muscolari e lavorare sul movimento e sulla respirazione in modo graduale per favorirne il rilascio. Sbloccando così l’energia intrappolata nel corpo e lasciandola fluire in modo più libero ne consegue un senso più grande di vitalità che accresce la capacità di sentire piacere, la motilità ed il benessere ad un livello sia muscolare che emozionale.

Durante una classe di esercizi la persona lavora simultaneamente su due polarità energetiche distinte: carica e scarica dell’energia al fine di elevare il livello energetico, migliorare il livello di auto-espressione e ristrutturare nel corpo eventuali flussi energetici interrotti.

Gli esercizi bioenergetici, centrati sulla funzione integrante e armonizzante dell’Io, favoriscono nella persona un’autoregolazione energetico-emozionale in grado di trasformare gli stati negativi o penosi in stati positivi. Questa trasformazione, definita resilienza, permette alla persona di spostare l’orientamento dell’Io dalla ricerca del potere alla ricerca del piacere.

Stati e sentimenti quali rabbia, paura e disperazione con i quali abbiamo tutti a che fare, attraverso il lavoro sul corpo e con il corpo e il ruolo fondamentale della respirazione durante tutti gli esercizi, si aprono la strada verso un cambiamento: dalla rabbia alla spinta vitale, assertività e crescita; dalla disperazione alla gioia;
dalla paura alla fiducia.

Quando nasciamo, l’energia vitale scorre fluidamente attraverso il corpo. Durante la crescita si creano, a causa di traumi, alcuni blocchi energetici, causati da interferenze di percorso psico-corporeo, che promuovono variegati meccanismi di difesa. Questo costruisce una corazza caratteriale del tutto personale e provoca problemi del comportamento, sintomi psicologici e organici che si manifestano anche in tarda età. Questi flussi di energia, rappresentati da sentimenti quali rabbia, disperazione e paura, spesso non sono percepiti dalle persone e restano bloccati a livello di alcune cinture del corpo (bacino, torace, testa), causando quindi disturbi e malattie.

L’apertura delle zone di tensione avviene tramite gli esercizi che favoriscono un maggiore contatto con quelle parti del corpo in cui sono rimaste bloccate alcune emozioni inespresse. E’ come se il corpo rappresentasse una memoria della persona, un luogo fisico in cui la persona relega ciò di cui si vuole disfare, una specie di memoria in cui viene scaricato il rimosso.

La Classe di Esercizi Bioenergetici si colloca oggi, nella nostra cultura, secondo una prospettiva diversa, più orientata al corpo che alla mente, più al sentire che al pensare. L’attenzione è diretta ai corpi, senza una specifica indagine mentale sulle sensazioni ed emozioni. In pratica, rimettiamo come base l’istinto e il sentire, piuttosto che la testa e il pensare.

Il conduttore guiderà i partecipanti alla classe a stare più sul sentire un’emozione, a lasciarla fluire, diventare consapevoli e accettare quella sensazione o quella particolare emozione scaturita durante un particolare esercizio.

LOWEN IN/OLTRE di Luciano Marchino

“Sono trascorsi quarant’anni da quando ho sviluppato l’Analisi Bioenergetica dai concetti carattero analitici di Reich con l’intenzione di approfondire il lavoro analitico e di espandere le procedure corporee per rendere più efficace la terapia. Focalizzai l’attenzione sulla respirazione, l’espressione dei sentimenti e l’abbandono sessuale all’amore come si manifesta nel riflesso dell’orgasmo. Questo programma conteneva una grande promessa e tutti noi, coinvolti nello sviluppo di questo nuovo approccio, credemmo di poter aiutare le persone a raggiungere in tal modo il pieno appagamento.
Mi rattrista dover ammettere che l’Analisi Bioenergetica non ha esaudito tale aspettativa: come fondatore e guida mi sento responsabile di questo fallimento che è dovuto alla mia insufficiente comprensione della profondità della patologia che affligge gli esseri umani nella nostra cultura. Tale fallimento ha origine anche nella mia determinazione egoistica ad ottenere risultati. Ma per me gli ultimi quarant’anni non sono trascorsi invano. Ho affrontato l’arroganza e la impulsività della mia personalità e ho imparato ad accettare la vita e a lasciarla accadere. Ciò mi ha condotto a una comprensione del tutto nuova dei compiti terapeutici e del processo dell’Analisi Bioenergetica. Ho chiamato questa nuova comprensione
arrendersi al corpo. Il fine dell’arrendersi è l’esperienza della gioia.”
In modo quasi magico, quasi mistico, quasi artistico, come un maestro zen che tracci il suo cerchio più perfetto, Alexander Lowen chiude con queste parole un ciclo di ricerca estesosi nell’arco di quaranta intensissimi anni di fervida passione scientifica che lo hanno condotto a radicare sempre meglio la sua ricerca clinica nella realtà somatica e spirituale degli esseri umani. Con le ultime parole del suo adress ai partecipanti al dodicesimo congresso biennale di Analisi Bioenergetica nel 1994, egli ci commuove per la sua grandezza e ci sorprende per la sua modestia. Giunto all’apice della sua esperienza umana e scientifica, alla bella età di ottantacinque anni, afferma di aver mancato l’obiettivo più ambizioso e più significativo, quello di ripristinare la piena salute emozionale in coloro che si rivolgono all’A. B. in cerca di aiuto.
E’ importante ricordare quello che Lowen ritiene essere il fine della terapia : “aiutare il paziente a ritrovare la capacità di provare piacere e gioia. Questo è un fine più ampio di quello formulato da Reich e al contempo include il piacere sessuale e la soddisfazione orgastica”. Egli quindi non nega la centralità delle problematiche sessuali e riconosce anzi che “l’analisi dei conflitti sessuali è tuttora un punto focale nel lavoro terapeutico in A. B.”; ma afferma al tempo stesso che l’A. B. “non è preoccupata in modo esclusivo della sessualità quanto lo era l’approccio reichiano”. Sarà la respirazione ad assumere in A. B. la centralità attribuita da Wilhelm Reich alla sessualità. La respirazione evidenzia infatti secondo Lowen la qualità del “rapporto con l’aria”. “L’aria o la respirazione sono l’equivalente dello spirito, il pneuma delle antiche religioni, un simbolo del potere divino che dimora in Dio (padre), la figura paterna”.
Lowen sottolinea come un’insufficiente fluidità ed ampiezza respiratoria si rifletta in un disturbo del flusso delle sensazioni attraverso il corpo e quindi in un indebolimento della risposta emozionale agli eventi della vita. Ad una respirazione frammentaria farà riscontro una risposta emozionale conflittuale ed ambivalente.
Riferendoci ora a quanto sopra affermato riguardo il mancato obbiettivo, dobbiamo quindi, come altri hanno ritenuto opportuno, ignorare il messaggio di Lowen e perseverare egotisticamente e caparbiamente nell’applicazione di un metodo che ha portato il suo massimo esponente a considerazioni di tale drammaticità? O dobbiamo chiederci se non sia giunto il tempo anche per noi di aprire gli occhi e di diventare protagonisti e non solo somministratori o fruitori di un metodo che come ogni metodo scientifico degno di questo nome ha portato il suo nucleo di ricerca più avanzato, più coerente e più disincantato a cogliere i propri limiti a falsificare le proprie ipotesi di partenza, e a formulare conseguentemente un nuovo e innovativo piano di ricerca e di applicazione ?
Per rispondere a questo interrogativo credo sia necessario fare un passo indietro e inquadrare il paradigma dell’A. B. all’interno del panorama attuale delle psicoterapie sia a mediazione verbale che a mediazione somatica (queste ultime sono incentrate sulla fondamentale assunzione dell’identità funzionale tra mente e corpo, e come conseguenza orientate verso un lavoro terapeutico implicante sia il livello verbale che corporeo).
In Oltre i confini, Ken Wilber, psicologo e ricercatore tra i più accreditati nel campo della psicologia transpersonale, introduce l’ipotesi che le forme di intervento psicoterapico abbiano come mezzo e come fine l’eliminazione dei confini tra ciò che chiamiamo e ciò che chiamiamo non Sé, che ci è psicologicamente altro. Egli sottolinea come il confine più comunemente riconosciuto sia fornito dall’epidermide, dimenticando però di sottolineare un dato importante, cioè che l’epidermide e la neocorteccia cerebrale, principale sede dell’attività mentale cosciente, hanno la stessa origine embriologica e sono partecipi del medesimo senso del confine. Come vedremo in seguito, questa considerazione non è affatto secondaria.
Wilber riconosce che, come Lowen rileva più volte nei suoi scritti, il senso dell’identità è fornito agli esseri umani soprattutto dall’esperienza corporea. L’osservazione clinica dimostra infatti che il corpo fornisce la base più largamente condivisa per distinguere ciò che è me da ciò che è non me, come il mio rasoio, o il mio spazzolino da denti, o la mia automobile. Ma oltre al confine fornito dall’epidermide siamo costretti ad ammettere l’esistenza di un secondo importante confine posto tra mente e corpo, o più precisamente tra mente conscia e corpo.
E’ l’esistenza di tale confine che ci induce a fare affermazioni del tipo “Io ho un corpo sano” piuttosto che “Io sono un corpo sano”.
La differenziazione sbrigativamente etichettata come “separazione tra mente e corpo” ci deve indurre a considerare l’eventualità che all’interno del processo di evoluzione si siano create le condizioni di una differenziazione adattiva funzionale tra uno strato più periferico , e più direttamente a contatto con l’ambiente (l’ectoderma-neocorteccia-pelle) e degli strati più profondi e meno esposti alla relazione ambientale come il mesoderma e l’endoderma. Tale differenziazione adattiva, che fornirebbe il substrato biologico all’esperienza psicologica di una separazione tra mente e corpo, è alla base delle osservazioni cliniche di Wilhelm Reich sull’origine dell’armatura carattero-muscolare (secondo Reich, capostipite della Psicologia Somatica, qualsiasi conflitto emotivo o trauma subito a livello psicologico provocherebbero nell’individuo una corrispondente tensione a livello fisico, favorendo, come risultato, l’instaurarsi di una corazza muscolare. Questo sta ad evidenziare l’esistenza di un’identità funzionale tra mente e corpo), teoria pienamente assorbita nel paradigma dell’A. B. di cui costituisce uno dei pilastri principali.
Nessuna osservazione ci autorizza infatti a credere che la linea di confine tra mente e corpo sia presente (sancita oltre che predisposta) alla nascita. Una mole considerevole di dati ci costringe viceversa a rilevare come il processo di separazione dell’identità dal corpo proceda di pari passo con lo sviluppo del bambino e con la maturazione di stati dell’essere che Lowen ha associato a cinque diritti fondamentali: il diritto di esistere, di avere bisogno, di essere autonomo, di imporsi e di amare sessualmente. La negazione protratta o traumatica di tali diritti, sembra costringere il bambino a dissociarsi dall’area del proprio corpo implicata nella rivendicazione del diritto negato, serrandolo nella morsa di una tensione che appare necessaria ad impedirne l’espressione e quindi l’appagamento, perpetuando di conseguenza lo stato di bisogno e di frustrazione. In cambio del paradiso così perduto egli riceve un’illusione, l’illusione che il non sentire, cioè il dissociare il piano fisiologico dalla sensazione dal piano psicologico della percezione dotata di emozione e di significato, lo metta al sicuro da un ambiente correttamente o erroneamente percepito come minacciante.
E’ così che perdiamo la capacità di riconoscere il corpo come il modo della nostra esperienza e cominciamo a ritenerlo semplicemente un mezzo attraverso il quale entriamo in contatto col mondo.
E’ in tal modo che perdiamo la capacità di riconoscere il corpo come l’essenza e lo riduciamo alla funzione di contenitore di cui poi pretendiamo di essere il contenuto.
E non è tutto naturalmente perché, come Freud ha dimostrato e Lowen ha pienamente integrato nell’A.B., esiste all’interno del confine dell’ectoderma un ulteriore confine tra le parti di cui siamo consapevoli e che chiamiamo Io e le parti che abbiamo allontanato dalla coscienza, rimuovendole e/o proiettandole sull’ambiente esterno. Le parti che Carl Jung definì suggestivamente ombra.
Tale confine ci rimanda dunque a uno spazio più profondo e interno a ciascun essere umano: lo strato strutturale fornito dall’apparato muscoloscheletrico (mesoderma) che è l’apparato di supporto e l’agente e soggetto di ogni azione cosciente e volontaria, ma contiene al tempo stesso la somma articolata (pattern) di tutti i divieti interiorizzati dalla persona nel suo processo di autocostruzione.
E’ proprio qui, a livello della muscolatura volontaria, che l’Io sembra imbrigliare e annullare l’emergere di tutti gli affetti suscitati dal permanere della frustrazione ambientale. E’ qui che si realizza l’ulteriore confine tra parti consce, autorizzate per così dire a emergere sino al livello ectodermico, se non a esprimersi nell’ambiente, e parti inconsce, che solo nel sonno con l’allentamento delle tensioni muscolari volontarie e del controllo egoico, o nell’ atto bioenergetico, grazie all’alternanza simpatico/parasimpatico (Gellhorn [ 1967] parla di principio di “interazione reciproca” che regola le componenti simpatica e parasimpatica del SNA. Il simpatico funziona nell’azione, ovvero nei processi di dispendio di energia; la componente del parasimpatico funziona nel riposo, ovvero nei processi di recupero dell’energia.) e alla decisione volontaria di riattivare modi di funzionamento espressivo desueti, possono tornare alla luce.
Nel primo caso esse, se supereranno la soglia del ritorno allo stato di veglia, dovranno comunque sottostare al processo di decodificazione noto come analisi dei sogni, nel caso di un atto bioenergetico invece, se la carica emozionale potrà superare la barriera posta dalle difese neurotiche dell’ io adattato, trascinerà con sé la conoscenza originaria dell’evento e della situazione patologica che diede origine al blocco neurotico, portando ad un momento di autocoscienza che non richiede alcuna spiegazione, ma solo un’adeguata integrazione a livello consapevole.
Il processo dell’analisi bioenergetica però può essere visto in due modi, diametralmente opposti. Il primo che l’avvicina alla terapia dell’Io è un processo che, senza troppo allontanarsi dalla realtà, potremmo definire di manutenzione dell’armatura caratteriale e che prevede la riorganizzazione delle difese sotto l’egemonia di un Io rafforzato da una migliore sensazione di esistere (dovuta all’integrazione dei vissuti emozionali e sensoriali corporei), e quindi di potersi battere con maggior successo per i propri fini. In questa luce il terapeuta si pone al servizio dell’Io del paziente, promovendo però un intensificarsi del senso di separazione, e spesso di conflitto, tra l’organismo e l’ambiente, e rendendo il suo paziente un combattente più fiero e fiducioso ma non per questo più gioioso.
Credo che Lowen, nel suo adress ai bioenergetici, voglia proprio sottolineare come tale approccio non abbia portato i risultati sperati e come il processo dell’analisi bioenergetica sia oggi meglio descrivibile come un progressivo arrendersi al corpo e al flusso della vita, dentro e fuori di noi. Dont push the river! Non spingere il fiume della vita, arrenditi, lasciati condurre.
Ma il flusso della vita, nel processo di reintegrazione delle parti che chiamiamo psicoterapia, sembra spesso sommergerci e precipitarci in situazioni sulle quali non sentiamo di avere il controllo e che minacciano di sopraffarci. Si incontrano rapide e mulinelli e cascate improvvise, come improvviso è talvolta il crollo delle antiche illusioni, e implacabile il mulinello dei sentimenti inespressi di dolore, di collera, di desiderio o di paura a cui non riusciamo a sottrarci, e incontrollabile ci sembra l’improvviso ritorno dell’ energia quando riusciamo a praticare una breccia nella massa compatta dell’armatura.
E’ a questo punto che l’A.B. supera se stessa, e sfocia in una dimensione che va ben al di là di una terapia dell’Io, perché il processo di confronto con la paura di perdere il controllo e di impazzire, con la paura che arrendersi al corpo equivalga a morire, la pongono sul piano di una pratica di evoluzione spirituale, che travalica irreversibilmente l’angusta dimensione della psicoterapia dell’Io individuale, per riallacciarsi ad una unità sottostante che sembra accomunare la molteplicità degli esseri umani.
Questa fu probabilmente l’esperienza che Teresa D’Avila, la più grande ricercatrice spirituale della cristianità, descrisse come oscura notte dell’anima e forse fu l’esperienza che indusse Al-Ghazali, il più grande mistico dell’Islam, a porre nel suo Trattato delle sette valli la valle della morte e l’abisso del nulla prima della settima e ultima valle al centro delle altre: la valle della celebrazione, equivalente mistico della gioia. E forse da ripetute esperienze di questo tipo ha avuto origine il Bardo, il libro tibetano dei morti, minuziosissima sequenza di istruzioni per il passaggio a una vita migliore, per l’uscita dalla ruota del Karma, così simile, come abbiamo rilevato altrove, alla schiavitù dell’armatura caratteriale.
Tutti costoro, si badi bene, non cercarono Dio attraverso dotte elucubrazioni o agitando concetti fumosi; questo era ed è tuttora compito dei letterati. I mistici, al contrario, perseguivano la conoscenza di Dio attraverso ben precise pratiche esperienziali corporee.
Forse in tal modo entrarono in contatto col nucleo della loro energia pulsionale originaria che Wilhelm Reich, maestro di Lowen aveva posto al centro del proprio modello della personalità umana. Forse in tal modo assaporarono l’esperienza dell’estasi, della celebrazione, della gioia del contatto con l’origine dell’uno e del tutto. Non lo sappiamo, non possiamo saperlo, ma certamente sappiamo che, contrariamente alla dilagante o gaudente congerie del neomisticismo, che pretende di saltare pié pari l’esperienza dei vissuti corporei per sguazzare illusoriamente in un oceano cosmico pittorescamente popolato, l’A.B. si pone come il frutto raro e maturo di un processo di evoluzione e di integrazione emozionale, esperienziale, sensoriale o cognitiva che, per il solo processo di incremento sinergico della complessità che è il mezzo e il fine del suo metodo e grazie al contributo di molti ricercatori, si trova oggi al limitare di una spiritualità emergente che esita ad abbracciare, ma che non può più a lungo rinnegare.
Arrendersi al corpo, abbandonare le tensioni psicorporee difensive, fu la scelta che guidò Reich ad elaborare l’ analisi del carattere in vegetoterapia caratteroanalitica. Lowen, che dalla vegetoterapia trasse le sue prime intuizioni, torna oggi a una profonda comprensione della funzione terapeutica dell’arrendersi. Dopo essersi battuto con pieno successo per affermare il proprio metodo, egli lo perfeziona e ci avvisa: l’ultimo passo verso la gioia è imparare ad arrendersi.
Milano 23 dicembre 1995
Tratto da www.biosofia.it
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