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Tag: Bioenergetica

Fiori di Bach, Fiori dell’anima di M. Marietti

Fiori di Bach, fiori dell’anima

Terapia della sensibilità e delle emozioni: un parere medico
di Massimo Marietti

“E subito, meccanicamente, stanco dopo un giorno insulso e con la prospettiva di avere davanti una mattinata deprimente, portai alle labbra un cucchiaino di tè nel quale avevo immerso un pezzetto di torta. Non appena il liquido caldo e le briciole di torta ebbero raggiunto il palato sentii un brivido che mi percorreva le membra e mi fermai attonito, sorpreso dalle cose straordinarie che mi stavano accadendo… Ero conscio che dipendeva tutto dal gusto del tè e della torta, ma sapevo anche che quelle strane sensazioni erano infinitamente lontane da quei sapori e non potevano in alcun modo condividerne la natura.

…Quando del lontano passato non resta più nulla, quando morta è la gente e le cose sono consunte o finite chissà dove, rimane ancora lui solo, tenue ma ricco di vitalità, etereo ma persistente e fedele, l’odore e il gusto delle cose che aleggiano a lungo come i sentimenti, pronti a ricordarci che…”

Marcel Proust, da À la recherche du temps perdu

La terapia del dottor Bach si basa sull’assunzione di preparati floreali in soluzione, scelti e prescritti, o autoprescritti, per curare stati di nervosismo (in inglese nerves) acuto o cronico. Si propone quindi come medicina dotata di rimedi propri e di indicazioni specifiche. La sua scelta, tra gli innumerevoli principi presenti nel mondo vegetale, di forme, di colori e di essenze floreali, e il modo stesso della loro individuazione, nel loro ambiente, in un universo di umori, profumi, colori e suoni naturali, ne fanno una medicina delicata dal sapore impressionistico, adatta all’anima sensibile di chi soffre degli sfumati malesseri che essa cura. Forse è per questo, e non solo per l’accusa di scarsa scientificità comune alle medicine alternative, che non ha attratto fino ad ora l’attenzione di chi è abituato a curare con psicofarmaci disturbi psichici più gravi, che intaccano l’attività anche delle persone meno sensibili. Medicina semplice e apparentemente arcaica quindi, ma modernamente attenta agli aspetti psicosomatici e preventivi della salute, intesa non solo come assenza di malattia, ma come pieno benessere psicofisico.

Come medico so che i pazienti che accusano disturbi somatici correlati a stati di irritabilità o di stanchezza, di ansia o di depressione, di nervosismo insomma, affollano le sale d’aspetto e attivano un consumo psicofarmacologico di massa. Come psicosomatista e analista psicocorporeo sono addestrato a indagare nel singolo individuo la qualità emotiva specifica del disturbo, a coglierne le radici esistenziali e relazionali e a influire su di esso con l’aiuto di tecniche corporee e verbali. Questo duplice punto di vista mi permette di apprezzare, non senza stupore, la delicatezza e l’innocuità dei preparati floreali di Bach assieme alla ricchezza e all’accuratezza dell’indagine sintomatologica che ne accompagna la somministrazione. Ma ancor di più apprezzo il fatto che questa terapia non comporta solo una diagnosi e una prescrizione, ma, contestualmente, lo sviluppo nel paziente di attenzione e sensibilità agli stati emozionali, alle sottili vibrazioni del sistema mente-corpo, come avviene nelle terapie psicosomatiche.

Non posso entrare nel merito dei contenuti e dell’efficacia della terapia in se stessa, ben sapendo che ogni medicina si legittima per la sua capacità di curare e di non nuocere, prima che per gli ipotetici meccanismi d’azione, che, spesso, sono in parte o del tutto sconosciuti. Voglio però provare a indagare dal punto di vista teorico i possibili meccanismi d’azione di questa terapia floreale dell’anima. La duplicità della medicina di Bach, pur nella sua apparente semplicità, potrebbe implicare interazioni complesse, oltre i modelli classici di cura, farmacologico e psicologico, in una dimensione integrativa che potremmo chiamare modello ecopsicosomatico. La focalizzazione di questi modelli potrà chiarire il concetto.

Il modello farmacologico ricerca la presenza di un principio attivo terapeutico proveniente dal fiore e trasmesso all’acqua nel procedimento di preparazione. Esclusa la presenza di sostanze o energie sconosciute, fisiche o biologiche o di altra natura, per le quali dovremmo attendere future scoperte, potremmo ipotizzare una sofisticata forma di aromaterapia, che coinvolgerebbe la stimolazione indiretta, senza percezione odorosa cosciente, del sistema olfattivo-gustativo. In questo caso sarebbero in gioco i chemocettori olfattivi e gustativi e le loro microstrutture subcellulari fondamentali, i chemorecettori. I chemorecettori sono strutture proteiche della membrana capaci di trasformare stimoli chimici in correnti elettrochimiche e sono presenti in tutto il mondo biologico, a partire dagli organismi monocellulari, di cui condizionano la sensibilità e il movimento.

Grazie a queste strutture, i sistemi neurali che codificano l’olfatto e il gusto riescono a riconoscere e distinguere stimoli presenti a concentrazioni estremamente basse, tanto che gli animali, e anche gli uomini, sono in grado di discriminare migliaia di odori e possono scoprire la presenza di una sostanza odorifera a concentrazioni dell’ordine di una parte per trilione. Essi veicolano sensibilità di tipo primitivo e poiché la vita è nata nell’acqua, potremmo considerarle strutture primordiali costitutive di ogni organismo, anche il più semplice, purché dotato della capacità di percepire stimoli e di aprirsi o chiudersi ad essi o dirigersi verso o allontanarsi da essi.

Negli organismi superiori, dove il rapporto stimolo-risposta è operato da un’intera rete di cellule e mediato da un apparato specializzato in “comunicazioni”, le informazioni olfattive sono massicciamente convogliate verso le aree più antiche della corteccia cerebrale, il “cervello rettiliano”, così detto perché presente anche nei vertebrati inferiori. Esso elabora informazioni sul mondo esterno, ma, mettendole in relazione con informazioni che riguardano l’ambiente interno, le sue necessità e il suo stato di soddisfazione: la sete, la fame, la sfera sessuale, lo stato di sazietà e, perfino, di piacere o di pericolo.

Inoltre, il gusto e l’olfatto sono in stretto rapporto con i circuiti nervosi che controllano i sentimenti e certi tipi di memoria affettiva e, nei mammiferi, i comportamenti di attaccamento, da cui la definizione di cervello mammaliano. Oggi, per esempio, sappiamo con certezza che il bambino di poche settimane è in grado di distinguere l’odore della propria madre da quello delle altre persone e di reagire agli stimoli olfattivi e gustativi con emozioni primarie, gioia, paura, disgusto. Forse è proprio per questi meccanismi che i degustatori di vini possono a ragione asserire di riuscire a distinguere più di 100 elementi gustativi, che nascono da diverse combinazioni di sapore e aroma, ricavandone, per ogni vino di qualità, sensazioni ed emozioni uniche e irripetibili, stupore, delizia, gioia, appagamento, distensione.

Come nel brano di Proust, ricordi particolari possono tornare alla mente in rapporto con un sapore o un profumo particolare e ridestare profonde emozioni. Potremmo chiederci noi stessi quante volte odori o sapori, improvvisamente percepiti, hanno altrettanto improvvisamente modificato il nostro umore e quante volte, in particolari situazioni emotive, abbiamo cercato odori e sapori a noi noti o cari per consolarci o ravvivarci o vivere la nostalgia e lo struggimento o li abbiamo ricreati ad arte con profumi, cibi e bevande per creare atmosfere o evocare stati d’animo. In un caso come questo, il temperamento di ciascuno, la sua storia personale e culturale e il contesto attuale condizionano il significato dello stimolo.

Ma potremmo ipotizzare, data l’ancestralità del sistema, che esistano configurazioni di stimoli olfattivo-gustativi di significato univoco e immediato, capaci di indurre reazioni stabili e ripetibili. Nelle ricerche etologiche sugli animali sono ben note situazioni stimolo ben definite che liberano comportamenti stereotipati e prevedibili, mentre in etologia umana è noto che stimoli visivi, per esempio mimici e gestuali, di significato universale, evocano risposte comportamentali e viscerali facilmente prevedibili. Avremmo in questo caso uno schema di azione semplice e tradizionale, lineare, di interazione tra il medicamento, il medico, che ne valuta le indicazioni e ne individua le formulazioni, e il paziente, che li assume e ne risente i benefici:

Farmaco → Medico → Paziente

Il modello psicologico invoca fondamentalmente meccanismi e dinamiche che, nella tradizione medica, sono stati globalmente e semplicisticamente etichettati sotto la voce effetto placebo. Recentemente però, l’effetto placebo è stato sottoposto a studi rigorosi, svelandosi fenomeno complesso e variegato, cui sono sottesi diversi e importanti sistemi psicofisiologici e psicologici: liberazione di sostanze calmanti o antidolorifiche endogene, condizionamento, autoipnosi, comunicazione di immagini mentali o di contenuti simbolici. Il medicamento funziona come veicolo del rapporto con il medico e di suggestioni benefiche e come elemento di rinforzo e di consolidamento della risposta.

Vista la duplice natura dell’intervento bachiano, dobbiamo però prendere in considerazione anche la pratica di riconoscimento, guidato primitivamente dal medico, dei propri stati d’animo e delle loro connessioni, e l’attitudine a prendersene cura. Intervengono allora dinamiche più complesse, di apprendimento e autocondizionamento, sovrapponibili a quelle che, in ambito comportamentista, vengono studiate nel biofeedback. In questa tecnica si permette al soggetto di visualizzare variabili fisiologiche involontarie, che si modificano in diverse condizioni, quali attenzione, tensione, ansia, attesa, preoccupazione, e che sono spesso fonti di malesseri improvvisi, vaghi e inquietanti o di disturbi psicosomatici persistenti. La loro visualizzazione, attraverso l’informazione retroattiva (feedback) che viene dallo strumento, induce automaticamente i miglioramenti attesi dal soggetto.

Questo oggettivare il sintomo, da sempre presente nel rapporto medico-paziente (il medico è il primo farmaco), nella medicina moderna esiste, ma è nascosto all’interno del processo diagnostico. Gli “esami”, non sempre indispensabili, finiscono spesso per servire da tranquillanti o da sostituti di una cura che non c’è, con rassicurazione del paziente, ma anche importanti risvolti negativi per l’economia sanitaria. Per questo, le medicine olistiche e alternative, che danno attenzione anche ai più piccoli disturbi e sintomi, con visite accurate e attenzione alla relazione, danno spesso risultati migliori della medicina ufficiale.

È un meccanismo fondamentale nelle psicoterapie, in cui, in un processo dall’inconscio al conscio, il terapeuta funge da specchio, cioè da feedback informativo, dei processi affettivi e cognitivi in atto nel paziente. In ogni caso il paziente viene visto come parte di un sistema informativo in cui la modificazione del flusso di informazioni in un punto del sistema ne modifica l’equilibrio complessivo. È evidente, a questo punto, la semplicità e la fruibilità dei fiori di Bach, che, nel campo dei disturbi emozionali, si situerebbero in una posizione intermedia tra la “materialità” della psicofarmacologia e l’”immaterialità” della psicoterapia, offrendo un veicolo innocuo, ma suggestivo, alle dinamiche psicologiche e relazionali. In questo caso avremmo un meccanismo di interazione più complesso, secondo uno schema non più lineare, ma retroattivo (feedback).

Il modello che vorrei definire ecopsicosomatico, più complesso e affascinante, anche se al momento solo ipotetico, implicherebbe un superamento dei modelli tradizionali e delle loro dicotomie, a partire da una visione biologica, sistemica ed ecologica radicale. Dobbiamo riconoscere la sostanziale originaria unità chimico-fisica delle strutture biologiche e della loro comunicazione e, quindi, l’identità funzionale di odori, sapori, segnali nervosi ed emozioni. Infatti gli studi sulle microstrutture di membrana hanno dimostrato che le strutture subcellulari della comunicazione chimica tra organismi (olfatto e gusto) e della comunicazione tra cellule (neurotrasmissione) sono sostanzialmente identiche. La differenza è che la sostanza chimica non proviene dall’esterno, cibo, fiore o altro organismo, ma è prodotta da un’altra cellula.

All’interno dell’organismo abbiamo famiglie diverse di messaggeri chimici: i neurotrasmettitori, che trasportano messaggi tra singole cellule; i neuromodulatori, che ne condizionano la sensibilità ai neurotrasmettitori; i neurormoni, che facilitano o inibiscono la sensibilità e la reattività di intere aree funzionali del cervello agli stimoli e che possono essere secreti e agire a distanza, come odori che si spandono per il corpo. Potremmo dire che le cellule nervose sono come fiori che emettono profumi e che comunicano odorandosi l’un l’altra, come fanno gli animali, e ricavandone segnali significativi per il loro comportamento.

Questo complesso sistema di comunicazione interna, chiamato neuropsicoendocrino, è particolarmente rilevante per la vita emozionale, che è collegata a funzioni vitali basilari, attività-riposo, difesa-attacco, attaccamento, sessualità. Che cosa sono infatti le emozioni se non stati di recettività e di disponibilità all’azione che accompagnano e facilitano o inibiscono la conoscenza o il comportamento adeguato nella situazione. Diciamo: “Sento qualcosa nell’aria” oppure “C’è puzza di bruciato”, per definire stati di attenzione o di paura che anticipano valutazioni più precise della realtà. Sulla base di questo modello possiamo veramente immaginare il nostro organismo, e in particolare il sistema nervoso, come un grande campo, circondato da un grande prato, delimitato ma non separato da esso, dove piante, fiori, insetti e animali interagiscono, scambiandosi in primo luogo una infinita serie di messaggi complessi. Questi provengono da organismi aperti, si confondono nell’aria e vengono riconosciuti da altri organismi in base al loro stato di apertura che, a sua volta, dipende dalla miscela complessiva presente nell’aria.

Se consideriamo sentimenti ed emozioni come stati di ricettività e di reattività globale, soggettivamente percepiti in modo più o meno nitido a livello di coscienza, connessi a stati di ricettività e reattività dei recettori nervosi, possiamo chiederci a quale livello il farmaco bachiano, configurazione unica e irripetibile, colta da un organismo estremamente aperto e sensibile, e porto dal medico in un’altra configurazione di stimoli inter e intra personali, possa modificare la risonanza del sistema, come un nuovo strumento inserito in un’orchestra.

Abbiamo un nuovo modello di cura, che potrebbe aiutare a comprendere fondamenti comuni alle terapie che uniscono stimolazione, comunicazione e relazione, a mediazione sensoriale (musicoterapia, art therapy, cromoterapia), corporea (shiatsu, feldenkrais, dancetherapy, ecc.), psicocorporea (analisi bioenergetica, terapie neoreichiane). Esse modificano in diversi punti contemporaneamente quei sottili equilibri che definiamo psicosomatici e che condizionano la qualità del nostro star bene, e, forse, le condizioni del nostro restare o tornare in salute. Si tratta di un modello circolare, interattivo e sistemico, modernamente integrato agli attuali sforzi teorici di comprensione della complessità.

Non ci sono studi esaurienti sui fattori in gioco nella medicina di Bach, ma possiamo collocarla nella crescente consapevolezza della complessità delle problematiche che coinvolgono il processo di cura e le sue dinamiche. Abbiamo dati della ricerca e modelli teorici fino a poco tempo fa impensabili che suscitano interrogativi che meriterebbero indagini più sistematiche e concrete. Nella rivoluzione in atto nei paradigmi del rapporto mente-corpo, ogni tipo di esperienza e di riflessione che aggiunga nuovi dati, anche incompatibili con certezze fino a poco tempo fa incrollabili, va accolta come stimolo e come occasione di studio e di riflessione, ancor più nel complesso campo della salute emozionale, così precaria eppure così importante e delicata per la vita umana

Considerazioni sull’analisi bioenergetica di Alexander Lowen

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale…

Un sostegno teorico all’analisi bioenergetica è il concetto di Reich dell’unità e antitesi di tutti i processi viventi. L’unità si riferisce al fatto che l’organismo funziona come un tutto unico. Ogni disturbo coinvolge l’intera persona, cosicché non ci può essere distinzione tra malattia fisica e mentale, o tra dolore fisico e mentale. Se una persona ha una malattia di cuore, la persona è malata, non solo il cuore. Allo stesso modo se una persona soffre d’ansia, depressione, fobia o compulsione, il corpo ne viene coinvolto così come la mente. Un trauma fisico coinvolge la psiche così come un trauma psichico coinvolge il corpo. Il dolore del desiderio ardente insoddisfatto che un bambino prova nei confronti della madre non è soltanto un dolore mentale, è strutturato fisicamente nella tensione e costrizione della gola e della bocca tramite le quali quel desiderio sarebbe espresso in pianto o nel protendersi per succhiare o baciare. La presenza di questa tensione e costrizione è la prova del trauma primario e della sua persistenza nel presente.

Il principio di unità stabilisce anche che l’intero corpo è coinvolto nel trauma. Il desiderio insoddisfatto del bambino disturba la sua respirazione, il suo senso di sicurezza nelle gambe e il suo senso di fiducia in se stesso. Ogni trauma disturba i movimenti pulsatori di base del corpo. Queste sono le complessive espansioni e contrazioni dell’organismo (che, a questo livello, funziona come una cellula singola) e i movimenti ondulatori longitudinali che fluiscono in su e giù lungo il corpo.
La pulsazione è una qualità di ogni cellula nel corpo. Quando la pulsazione è forte, la vita è forte. Alla morte cessa tutta l’attività pulsatoria. Quando la pulsazione è piena e libera la persona sperimenta una sensazione di gioia e piacere nel corpo, qualsiasi disturbo di questi naturali movimenti pulsatori causa una perdita di sensazioni piacevoli e, se intenso, produce dolore.

La qualità della pulsazione del corpo si manifesta maggiormente nella respirazione che combina i movimenti di espansione e contrazione con quelli dell’onda longitudinale. Il respiro non è limitato ai polmoni, al contrario tutto il corpo partecipa ai movimenti respiratori. Il respiro è accompagnato da un’onda che inizia in profondità nella pelvi e si muove su verso la bocca. Durante l’espirazione l’onda si muove al contrario. Dato che il respiro è disturbato in tutti i problemi emozionali o nevrotici, si può determinare l’esistenza di questi problemi dalla natura del disturbo respiratorio. Quando si va risolvendo il problema del paziente il respiro diventa completamente libero, il problema scompare.

L’aspetto antitetico del processo vivente viene al meglio riflesso nella relazione tra mente e corpo. L’unità tra di loro non altera il fatto che ciascuno influenza l’altro e che a livello superficiale c’è dualità nella natura umana. Rispettare queste dualità da la possibilità di riconoscere che l’attitudine conscia di una persona ha una influenza considerevole sul suo funzionamento totale. L’analisi bioenergetica aggiunge una dimensione assolutamente nuova alla psicoterapia: il lavoro con il corpo. L’espressione corporea del paziente viene studiata per determinare quali sono i problemi e conflitti nella sua personalità.
C’è sempre accordo tra quello che rivela il corpo e quello che dice il paziente. Così, se il paziente si lamenta di essere depresso, quella lagnanza può essere messa in relazione al livello di funzionamento energetico depresso del paziente. Al paziente il cui respiro è superficiale può essere mostrato che non sta permettendo che venga espresso nessun sentimento. Al paziente che si lamenta di problemi sessuali può essere dimostrato che ha gravi tensioni nella pelvi, il che riduce la potenza sessuale. La maggior parte dei pazienti non sono consapevoli che i loro problemi sono manifesti nel corpo fino a che non viene loro fatto vedere ciò. Una volta che viene stabilita questa comprensione diviene possibile lavorare bioenergeticamente col paziente.

Vi sono quattro dimensioni dell’analisi bioenergetica:
(a) comprensione e lavoro con le tensioni muscolari
(b) analisi delle associazioni, del comportamento e de transfert
(c) comprensione delle dinamiche energetiche
(d) focalizzazione sul ruolo della sessualità.

Tutti i terapisti bioenergetici conoscono queste quattro dimensioni, ma la loro enfasi su ciascuna di essa varia secondo il loro retroterra culturale ed esperienza: molti si focalizzano fortemente sull’aspetto psicologico, con una certa attenzione al corpo perché è la fonte del sentire. Altri fanno più lavoro sul corpo, largamente indirizzato all’espressione delle sensazioni. Comunque tutti gli analisti bioenergetici notano aree di contrazione e tensione, interpretano la contrazione e poi mobilizzano il corpo tramite il respiro ed il movimento per rilasciare le contrazioni. Ogni contrattura blocca un flusso di eccitazione all’insù fin dentro la testa e gli occhi, o all’ingiù fin dentro la pelvi, i genitali e le gambe. In questi blocchi troviamo sempre dolore. Da un certo punto di vista il trattenimento o la contrazione sono manovre per alleviare il dolore, il dolore di una ferita o di un’umiliazione o il dolore di una perdita o di una frustrazione. La contrazione diminuisce il dolore riducendo la sensazione e rendendo insensibile al dolore la persona. Si rende la parte insensibile. Rilasciare ciò che si trattiene è dapprima sperimentato, perciò, come doloroso. Il passaggio di una forza energetica (sangue) attraverso un’area compressa è doloroso. Ma dopo che è avvenuto, il rilascio viene sperimentato come piacere. Nessuno può raggiungere alcun cambiamento caratterologico significativo senza sperimentare il dolore del cambiamento.

La terapia bioenergetica, sebbene il suo centro di attenzione primario sia il corpo, è un approccio combinato che lavora sia con il corpo che con la mente. Durante il colloquio iniziale il terapeuta dedicherà del tempo ad ascoltare i disturbi e la storia del paziente, ponendo domande sulla sua situazione attuale e passata e studiando le espressioni facciali, l’atteggiamento corporeo e la voce, tutte cose che forniscono informazioni sulla personalità del paziente. Si possono ricavare ulteriori informazioni dallo studio della forma e motilità del corpo stesso. Il modo in cui ci si siede, si sta in piedi, si respira e ci si muove, tutto ciò è in grado di rivelare problemi e conflitti.

Una volta che la relazione tra lo psicologico e il fisico viene stabilita, il paziente sa che il suo corpo dovrà cambiare se la personalità deve cambiare in modo significativo. Se il corpo è troppo rigido, cioè, se si trattengono le sensazioni, il corpo dovrà ammorbidirsi. Se le sensazioni sono trattenute da tensioni muscolari che tendono a comprimere il corpo e chiuderne gli sbocchi, queste tensioni dovranno essere ridotte per permettere l’espressione del sentire. Ma cambiare il corpo in modo significativo è un’impresa ardua. In quasi tutti i casi, cambiamenti positivi ma superficiali accadono piuttosto rapidamente con la terapia bioenergetica. La mobilizzazione iniziale del corpo per mezzo di una respirazione più profonda e di esercizi bioenergetici evoca spesso sensazioni a lungo soppresse. Il paziente può sperimentare tristezza che può a sua volta trasformarsi in pianto o rabbia, che può essere espressa colpendo il letto. Il paziente può sentire una certa quantità di paura che veniva in precedenza negata e può sperimentare vibrazioni che forniscono nuove sensazioni corporee. La risposta iniziale alla terapia bioenergetica è come l’apertura di una porta verso un eccitante mondo nuovo di sentire ed essere. Produce spesso dei benvenuti cambiamenti nel comportamento. Al meglio fornisce una base di comprensione e fiducia per il compito più difficoltoso che ci sta davanti.

Lavorando con il corpo vi sono due principi di somma importanza.
(1) Qualsiasi limitazione della motilità è sia un risultato che la causa di difficoltà emozionali. I limiti si creano in quanto risultato di conflitti infantili irrisolti, ma la persistenza della tensione crea difficoltà emozionali nel presente che si scontrano con le richieste della realtà adulta. Ogni rigidità fisica interferisce ed impedisce una risposta unitaria alle situazioni.
(2) Qualsiasi restrizione della respirazione naturale è sia il risultato che la causa dell’ansia. L’ansia nelle situazioni infantili disturba la respirazione naturale. Se la situazione che produce ansia persiste ed è prolungata, il disturbo della respirazione si struttura in tensioni toraciche e addominali. L’incapacità di respirare liberamente sotto stress emozionale è la base fisiologica dell’esperienza di ansia in tali situazioni stressanti. L’unità e coordinazione delle risposte fisiche dipende dall’integrazione dei movimenti respiratori con i movimenti aggressivi del corpo. Al punto che la respirazione e la motilità sono liberate dalle restrizioni delle tensioni croniche, il funzionamento fisico del paziente migliorerà. A quel punto il contatto con la realtà a livello fisico si espanderà e approfondirà, ma ciò accadrà soltanto a condizione che vi sia un miglioramento concomitante e corrispondente della comprensione della realtà da parte del paziente sia sul piano psichico che su quello interpersonale. Non ci si dovrebbe, però, farsi fuorviare dagli apparenti miglioramenti nel funzionamento del paziente sul piano psichico ed interpersonale che non sono accompagnati da un miglioramento analogo del funzionamento fisico.

Per mezzo di movimenti particolari e posizioni del corpo i pazienti in terapia bioenergetica ottengono un contatto più profondo col corpo ed un sentire migliore nei suoi confronti. Da questo contatto e sentire iniziano a capire la relazione tra il loro stato fisico attuale e le esperienze della prima e seconda infanzia che lo hanno determinato. I clienti imparano che la negazione del corpo è un rifiuto del bisogno di amore, questa negazione viene usata per evitare di essere feriti e disillusi. Imparano ad interpretare le rigidità come difese contro varie emozioni. Data l’opportunità di dar voce alla negatività i pazienti scoprono che non verranno abbandonati o distrutti per avere espresso il loro sentire; tramite l’accettazione dei loro corpi e dei loro sentimenti gli individui ampliano il contatto con tutti gli altri aspetti della realtà.

Poiché il corpo è la base di tutte le funzioni di realtà, qualsiasi accrescimento nel contatto di una persona con il corpo produrrà un miglioramento significativo nell’immagine di sè (immagine corporea), nelle relazioni interpersonali, nella qualità del pensare e sentire e nella gioia di vivere.

Con questa comprensione energetica si procede ad interpretare il trattenere o la contrazione in termini di sentimenti soppressi. Poiché il sentire è stato soppresso, il paziente ne è inconsapevole. Ad ogni modo, la natura del trattenimento (linguaggio del corpo) ne identificherà il sentimento. Generalmente la sensazione può essere portata alla coscienza attivando il movimento espressivo. Per esempio una mascella che viene rigidamente trattenuta da muscoli tesi può trattenere impulsi o mordere. Far mordere un asciugamano, a qualcuno può attivare questi impulsi cosicché il desiderio soppresso di mordere diventa conscio. Una gola rigidamente contratta inibisce l’espressione del pianto o delle urla, ma la persona può non essere conscia di questa inibizione fino a che non cerca di piangere o urlare. Spalle rigide possono bloccare impulsi a colpire con rabbia. Spesso far si che la persona colpisca il letto con i pugni evoca una sensazione di rabbia. Allo stesso modo si può identificare la mancanza di aggressività sessuale in un individuo dalla immobilità della pelvi. Comunque la capacità di leggere il linguaggio del corpo non viene acquisita facilmente o rapidamente.

Sono necessari un considerevole training ed esperienza per sviluppare questa abilità ad un alto livello di competenza.
Interpretare schemi diversi di tensione in parti del corpo separate (bocca, occhi, spalle, pelvi, piedi ecc. ) è molto simile a leggere le parole. Anche se si riescono a leggere le parole correttamente non ne consegue che si riesca a trarne un senso compiuto.

Per avere un senso compiuto le parole devono essere interpretate nel contesto di una frase, un paragrafo, persino un capitolo. Ciascun corpo ha un’espressione unica che rivela la personalità ed il carattere dell’individuo.

La struttura del carattere può essere vista come una tipologia che facilita la comprensione e la comunicazione, ma non si può fare terapia con una tipologia. La terapia ha a che fare con un individuo molto specifico, ed è quella specificità che si deve capire dalla lettura del corpo. Le parti hanno senso rapportate al tutto, ma il tutto non può essere determinato dalle parti. Solo quando capiamo un individuo in questi termini abbiamo comprensione dei suoi problemi e soltanto entro quello schema di riferimento il lavoro sulle parti o segmenti diventa pienamente produttivo.
Se la terapia è un viaggio alla scoperta di sè dovrebbe essere condotta da una guida che ha fatto quel viaggio personalmente. Un terapeuta non può aiutare i pazienti ad avanzare oltre il punto in cui egli è arrivato. Ma troppi terapisti hanno mancato di confrontarsi con la loro struttura caratteriale a livello corporeo. Ciò deriva dalla osservazione che essi non hanno compiuto cambiamenti significativi nella loro struttura corporea. Di conseguenza la loro conoscenza della struttura del carattere è più teorica che esperienziale. Il risultato è che essi contano soltanto sulla consapevolezza per modificare la personalità. Infatti la consapevolezza e l’insight possono far ciò in grado limitato e a livello superficiale. Ad ogni modo l’insight è solo una finestra attraverso la quale si può vedere la ragione di un qualche aspetto del comportamento. Sapere il perché del comportamento non influenza fortemente il come del comportamento. Credere altrimenti è ignorare il fattore energetico. Considerazioni di carattere energetico impongono che un cambiamento profondo implichi un lavoro continuo di scoperta. Questo è il livello in cui si incontrano dolore e paura. La paura proviene dal fatto che la scoperta accade spesso assieme allo sconvolgimento. La vecchia struttura deve rompersi e crollare perché si possa sviluppare un modo più libero di essere. Terapisti di successo hanno sperimentato alcuni di questi sconvolgimenti nel corso della loro crescita e possono essere testimoni del dolore e paura che accompagnano questo processo. Si può apprezzare la riluttanza di molti terapeuti a portare i pazienti al punto di rottura e di scoperta perché temono il possibile sconvolgimento che può succedere.
Tuttavia questo processo, sebbene doloroso, può essere necessario se si vuole che accada un vero cambiamento terapeutico.

Tratto da “Bioenergetic Analysis”

Alexander Lowen, M.D. è il fondatore dell’Analisi Bioenergetica, direttore esecutivo dell’International Institute for Bioenergetic Analysis, è autore di numerosi libri e pubblicazioni curate nell’edizione italiana dal Centro di Documentazione Wilhelm Reich.

Il Narcisismo

Il Narcisismo

Nell’introduzione al suo saggio “IL NARCISISMO, l’identità rinnegata” A. Lowen sostiene che si può parlare di “narcisismo” a partire da due diversi livelli:

– IL LIVELLO NARCISISTICO INDIVIDUALE
– IL LIVELLO NARCISISTICO CULTURALE
Introduzione:
L’intento iniziale era quello di cominciare questo mio breve lavoro dando una sintetica ma esaustiva definizione del tema che ho scelto di approfondire: IL NARCISISMO. In realtà un’operazione che mi sembrava così semplice ed al tempo stesso efficace mi ha causato non pochi problemi!
Scartabellando tutti i testi di psicologia di cui sono in possesso, navigando su internet e dando un occhiata alla letteratura e alla poesia, mi sono trovata ad avere tra le mani decine e decine di definizioni SIMILI tra loro ma ognuna per qualche aspetto DIVERSA dall’altra. Ho deciso allora di ridimensionare un po’ il tiro della mia ricerca limitandomi all’area della psicologia. Anche qui, però, i problemi non sono certo diminuiti…limitandomi ad esaminare le teorie di Freud, Kohut, Johnson e Lowen mi sono trovata ad avere a che fare con quattro concezione diverse di narcisismo. Gli autori si trovano pressochè d’accordo circa i tratti fondamentali e superficiali di questo tipo caratteriale (gli stessi che del resto emergono anche dal racconto Ovidiano, il minimo comune denominatore a cui fan riferimento tutti coloro che si cimentano ad approfondire questa tematica) ma, non appena si apprestano ad indicare le cause che portano un individuo a rimanere imprigionato dal culto del proprio corpo o meglio della propria immagine, gli elementi che differenziano una teoria dall’altra si fanno indubbiamente significativi.
L’idea di fare un confronto tra le varie teorie psicologiche del narcisismo nelle quali mi sono imbattuta per poi trarne le mie conclusioni era indubbiamente allettante (specie per una come me che ama incasinarsi la vita) ma poco, veramente poco realizzabile… Soprassedendo sul fatto che le mie nozioni in campo psicologico sono davvero TROPPO limitante e superficiali per aver la pretesa di realizzare un lavoro di questo tipo , il vero problema si porrebbe nel concentrare il tutto in un saggio che non superi le cinque cartelle!(Io che solo per realizzare questa forse inutile introduzione ho già occupato più di mezza pagina…).
Ho quindi ritenuto opportuno concentrare la mia attenzione unicamente sull’interpretazione del fenomeno NARCISISMO a me più nota offerta da Alexander Lowen , medico psicanalista formatosi alla scuola di Wilhelm Reich , non dimenticando però di ribadire, in queste poche righe, che la sua teoria è solo UNA DELLE TANTE esistenti.
IL NARCISISMO SECONDO L’INTERPRETAZIONE DI ALEXANDER LOWEN:
Nell’introduzione al suo saggio “IL NARCISISMO, l’identità rinnegata” A.Lowen sostiene che si può parlare di “narcisismo” a partire da due diversi livelli:
– IL LIVELLO NARCISISTICO INDIVIDUALE
– IL LIVELLO NARCISISTICO CULTURALE
Nel primo caso il taglio è decisamente clinico-psicologico e sta ad indicare un disturbo della personalità che contraddistingue determinati individui che, tra le altre cose, si caratterizzano per:
– un eccessivo investimento sulla propria immagine a spese del proprio Sé
– una tendenza a sfruttare gli altri per i propri interessi
– un senso di grandiosità (il sentirsi importanti anche immeritatamente)
– il sentirsi unici/speciali
– l’avere fantasie di illimitato successo, potere, bellezza, controllo…
– mancanza di empatia verso gli altri e , in genere , di qualsiasi tipo di sentimento
– ecc…
Nel secondo caso il riferimento è più sociologico-culturale e indica la generale perdita di valori umani all’interno della società. Forse questa ripartizione sui due livelli della nozione di narcisismo può apparire un po’ pedante e scontata, ma, in realtà, è molto importante poichè ci consente di capire perché, negli ultimi anni, il numero di persone affette da disturbi di tipo narcisistico più o meno gravi , è in netta crescita. In una società come quella contemporanea, sempre più caratterizzata dalla manipolazione perpetrata dai media, dalla spettacolarizzazione delle immagini e nella quale valori come la dignità e il rispetto han lasciato lo spazio alla lotta per il successo e il potere, il narcisista si trova bene perché vive lo spettacolo di se stesso proiettato a se stesso. Egli non va oltre le immagini degli altri, il suo è un sapere superficiale, privo di emozioni e sentimenti. Considera la realtà come una estensione di sé, gli altri come uno specchio delle sue esigenze. Vive come una macchina priva di sentimenti e, per questo, spesso ricopre posizioni di tutto rispetto e scala velocemente la salita al successo in un’era dove vige il culto dell’ efficienza .
La nostra è anche l’età delle disillusioni collettive. In una società sempre più aggressiva e violenta, i rapporti personali assumono la forma di scontro e l’uomo preferisce ripararsi dal collettivo, dall’ostilità che lo circonda, ripiegando su se stesso. Questa fuga dal sociale è stata determinante nella nascita della cultura narcisistica tipica della cultura post-moderna. Le forme di aggregazioni vengono a crollare o perdono di significato e l’apertura dell’individuo al mondo avviene solo per obiettivi minimi e strettamente consumistici.
A questo punto viene spontaneo chiedersi:
“SE LA SOCIETA’ E LA CULTURA HANNO UN RUOLO DAVVERO COSI’ IMPORTANTE NEL DETERMINARE O MENO LO SVILUPPO DI PERSONALITA’ NARCISISTICHE ALLORA PERCHE’ MOLTI INDIVIDUI NON SONO IN ALCUN MODO TOCCATI DA QUESTO DISTURBO ?”
Questo è di fatto il punto critico della questione nella quale entrano in gioco le diverse interpretazioni PRETTAMENTE psicologiche e nella quale, come ho più in alto anticipato, non è facile trovare accordo tra i diversi autori.
Alexander Lowen introduce la questione facendo riferimento ai cosidetti “CICLI DEL BISOGNO”. Questi cicli ci accompagnano per tutta la vita e vengono chiamati in gioco ogni qual volta ci relazioniamo con qualcuno ; assumono, però, una particolare importanza nel periodo che va da 0 – 6 anni, fase in cui si viene a formare la nostra ARMATURA CARATTERO – MUSCOLARE. In questo delicato periodo , eventuali traumi possono provocare dei “BLOCCHI” all’interno dei cicli del bisogno impedendo al bambino di raggiungere la tappa più importante del circuito ossia quella dell’ APPAGAMENTO. A seconda del momento in cui l’interruzione si verifica e della sua intensità, ci si troverà ad avere a che fare rispettivamente con un bambino schizoide, orale, narcisista, masochista o rigido.
Schematicamente i CICLI del BISOGNO ideati da A.Lowen si presentano nel modo seguente:

Nel caso del carattere narcisista il ciclo si interrompe nel passaggio dalla SENTIZIONE a quello dell’EMOZIONE. Si avrà quindi una persona incapace di provare emozioni e in grado di prendere delle decisioni senza tenere minimamente in considerazione l’umanità altrui. Nella nostra cultura, generalmente, non si tende a distinguere ciò che è il sentimento da ciò che è l’emozione. Di fatto c’è solo una sottile differenza tra i due termini, ma questa è molto significativa. L’emozione è, infatti , la fase SUCCESSIVA (il che è evidente anche nei cicli del bisogno) al semplice sentire. Quest’ultimo è uno stato PRETTAMENTE PASSIVO a differenza dello stato emozionale che altro non è che una fase preparatoria all’azione. L’emozione, dunque, ci consente di indirizzare una potenziale azione VERSO QUALCUNO PERCEPITO COME ALTRO DA SE’ E REALMENTE ESISTENTE. Questo non avviene nel carattere narcisista dove gli altri vengono sentiti/percepiti solo come astrazioni mentali e non vengono tenuti in considerazione nelle azioni della vita quotidiana. Proprio per questa ragione, le persone che si rivedono in questo tipo caratteriale, hanno la reputazione di essere molto razionali, fredde,disumane e in grado di far del male agli altri senza provarne il minimo risentimento e senza nemmeno essere coscienti delle conseguenze negative del loro comportamento.

MA QUALE TRAUMA PUO’FAR SI CHE UN INDIVIDUO NON SIA PIU’ IN GRADO DI PROVARE EMOZIONI ?
Il problema si sviluppa nella prima infanzia. A detta dello stesso Lowen, tutti i suoi pazienti narcisisti sono passati attraverso l’esperienza di essere profondamente umiliati durante l’infanzia dai genitori, che usavano il potere come mezzo di controllo.Il bambino non ha né i mezzi né le forze per contrastare questo “soppruso” e quindi non può far altro che sottomettersi;da questa sconfitta trarrà inevitabilmente questa lezione di vita che lo accompagnerà e indirizzerà durante la fase adulta: ” i rapporti sono governati dal potere: più se ne ha minore è la probabilità di non realizzare ciò che si vuole e di essere umiliati”. Nei narcisisti, quindi, è proprio da questo vissuto di umiliazione che ha origine il desiderio di potenza con la quale sperano di cancellare l’offesa subita. Ogni sfida al loro potere e alla loro immagine rievoca in loro il timore di essere umiliati. L’obiettivo di fondo è quello di trascendere i propri sentimenti di impotenza e dipendenza. Essi però ,come ogni altro uomo, non possono fare a meno di dipendere dagli altri per alcuni aspetti della vita, non essendo in grado di produrre tutto ciò di cui hanno bisogno .Con il potere però comprano o esigono ogni cosa senza rischiare di sentirsi vulnerabili.
Detto cio’ si rischierebbe di credere che ogni uomo ricco, potente, di successo sia per forza di cosa una personalità narcisista. Sebbene sia molto probabile non è una cosa automatica. In realtà molte persone importanti ,benchè siano riuscite ad accumulare notevoli ricchezze e rivestano un ruolo molto rilevante nella gerarchia sociale, conservano nel loro carattere una certa umiltà che poco si sposa con l’idea di grandiosità (spesso spropositata) che ogni narcisista ha di sé.
DA DOVE NASCE QUESTA TENDENZA A GONFIARE ALL’ECCESSO LA PROPRIA IMMAGINE?
La risposta si trova nuovamente prendendo in esame i primi anni di vita del bambino. Dopo il suddetto vissuto umiliante d’ impotenza (al quale non di rado segue una vera e propria esperienza di rifiuto/abbandono), il bambino viene sedotto dal genitore di sesso opposto (spesso trascurato dal partner) e portato a sentirsi speciale. Il cedimento alla seduzione è quasi immediato :la promessa di vicinanza e intimità con la madre è particolarmente allettante essendone stato privato fino a quel momento. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il bambino, si viene a trovare in questa fase tra i 3 – 6 anni e quindi nel pieno del complesso edipico in cui le sue pulsioni verso la madre diventano fortemente sessualizzate e quindi , l’intimità proposta, assume anche implicazioni sessuali. Il bambino decide dunque di rinunciare alla sua libertà ,di aderire totalmente all’immagine parentale per diventare speciale e superiore come la madre o il padre. Ai suoi occhi il genitore è come un Dio .Lasciandosi forgiare a sua immagine e somiglianza anche lui acquisira gli stessi attributi. Tutto ciò implica delle rinunce: dovrà rifiutare il Sé che il genitore ha trovato discutibile ossia i suoi sentimenti corporei e la sua voglia di indipendenza . Ciò induce il bambino ad associare alle sensazioni provenienti dal corpo connotazioni negative ;egli impara ben presto a sopprimerle e negarle e, con la forza della mente, sostituisce il suo Sé reale con un’immagine astratta che lo fa sentire speciale e superiore. In realtà , però, le persone eccezionali non sono felici né han tutto il potere e controllo che credono di possedere. Esse IMMAGINANO una vita e si creano un destino eccezionale sulla base dell’IMMAGINE che hanno di sé.I bisogni reali di una persona, però ,per quanto possano essere rimossi ,nascosti repressi, non possono essere soddisfatti attraverso un’immagine. Per questo, pur non volendo / riuscendo ad ammetterlo a se stessi i narcisisti avvertono sempre in fondo al loro cuore un senso di inadeguatezza / insoddisfazione. L’errore che fanno per tentare di vincere questa sgradevole sensazione è lo stesso che fa il cane che tenta di mordersi la coda : continuano a investire sempre più energia per rafforzare la facciata che si sono costruiti sperando di vincere il loro senso di insicurezza. In realtà, ciò di cui avrebbere veramente bisogno ,sarebbe accettarsi così come sono con i propri sentimenti , la propria corporeità e i propri limiti.
In sintesi si può dire che l’adulto narcisista è stato un bambino manipolato al quale è stato chiesto di rinunciare ai propri bisogni infantili per dare al genitore di sesso opposto l’affetto e l’attenzione che non riceveva più dal partner. Da un lato si esige da lui molto più di ciò che è nelle sue facoltà offrire , dall’altro lato il bambino non può fare a meno di soddisfare il genitore perché perderlo equivarrebbe a un dolore troppo grande e minerebbe la sua stessa sopravvivenza. L’ unica soluzione nelle sue mani è quella di ILLUDERE SE STESSO E IL GENITORE di essere all’altezza di questo compito e modulare il più possibile il suo coinvolgimento emotivo per non farsi sopraffare.
COME RICONOSCERE UNA PERSONA NARCISISTA:
Quali elementi ci inducono a classificare una persona come affetta da un disturbo narcisistico della personalità? In parte è già stato detto, ma forse è opportuno chiarire un po’ meglio le idee stilando un vero e proprio identikit del TIPO NARCISISTA che prenda in esame non solo le caratteristiche psicologiche (già accennate) ma anche quelle fisiche e energetiche cercando di vedere il legame che le unisce. Non dobbiamo dimenticare , infatti, che Lowen è un sostenitore della psicologia somantica e , in quanto tale , è fermamente convinto che ogni malattia psichica o disturbo della personalità abbia alla base precisi sintomi a livello corporeo.
CARATTERISTICHE FISICHE FONDAMENTALI:
TESTA: sovraccaricata di tensioni e rigidamente controllata. Gran parte della sua energia, di fatto, viene indirizzata verso l’alto perché il bambino narcisista:
– vuole difendersi dalla tentazione dell’incesto spirituale
– non è in grado di tollerare più e più volte lo strazio della separazione
Benchè i genitori gli ripetano che lo amano la realtà dei fatti non conferma le loro parole.Il bambino si sente confuso perché non sa a quale dei due messaggi credere. Si rifugerà dunque nelle sue convinzioni ,in ciò che gli resta della sua fede (intesa come fiducia nell’attuazione di un progetto positivo) originaria (à TRATTO SCHIZOIDE)
FACCIA: l’espressione facciale rivela frequentemente durezza e lineamente prettamente maschili ma anche spesso, malgrado l’habitus atletico,lineamenti femminili, da fanciulla. La carnagione è liscia e i tratti regolari: sembra non portare i segni del tempo.
OCCHI: tendono a vedere senza guardare.Somigliano in parte agli occhi di uno schizoide / schizofrenico ma, mentre in queste persone lo sguardo è totalmente perso nel vuoto e assente, gli occhi del narcisista non perdono minimamente il contatto con la realtà. Quando ci guardano vedono proprio noi , ma lo fanno come se vedessero la nostra immagine allo specchio. Spesso sono molto seduttivi. Gli occhi di queste persone a volte presentano TRATTI DI ORALITA’ che attraggono gli altri verso di loro.
BOCCA: è riscontrabile una forte tensione a livello di labbra / mascella come se ci si volesse trattenere dal succhiare. Spesso l’espressione è fissa in un sorriso stereotipato e “finto” che non fa trasparire quali sono i reali sentimenti. Quando sono sottoposti a forti tensioni e ci si aspetta da loro una risposta emotiva, non è raro che scoppino in una risata diabolica…un modo come un altro per negare i loro veri sentimenti, per dichiarare che nulla può toccarli /ferirli e che comunque usciranno sempre vincitori.
SPALLE: sono diritte, squadrate e ampie. Le spalle dei narcisisti si sono attrezzate per sopportare il peso / fardello delle responsabilità che hanno dovuto sostenere fin dalla più tenera età.Bioenergeticamente, il blocco alla gola che presentano questi soggetti e che impedisce loro ( tra le altre cose ) di piangere, devia una parte dell’energia orizzontale proprio verso i muscoli delle spalle.
PETTO: si mantiene gonfio in posizione inspiratoria poiché il diaframma resta sempre cronicamente teso. Questo conferisce al soggetto un’ aria di superiorità , potere, arroganza. Questa incapacità di svuotare completamente i polmoni renderà la respirazione debole e insufficiente a nutrire tutto l’organismo.A risentirne sarà indubbiamente la zona pelvica e delle gambe , decisamente sproporzionata rispetto al busto e alle spalle, quasi rattrappita.
BACINO: L’energia si concentra nella parte alta del corpo a discapito di quella più bassa e pelvica.Obiettivo del narcisista del resto è il potere, non il piacere.Si parla per questo di castrazione psicologica.Si comporta e agisce come se fosse sessualmente molto potente , ma , in realtà , la sua potenza può essere commisurata solo al numero di conquiste fatte e di rapporti quotidiani avuti, non in termini di capacità orgastica (di provare piacere).Si può dire che la sua è una potenza erettiva , non sessuale.
GAMBE: sono le classiche gambe di un carattere orale ,”esili” e instabili, non sufficientemente forti per sostenere la parte superiore del corpo tant’è che il narcisista, non avendo la forza di reggersi sulle proprie gambe, ha la necessità di appoggiarsi agli altri manipolandoli.L’insicurezza presente in questa zona deriva in gran parte dal fatto che gli arti inferiori devono fare da piedistallo a un IO non collassato ma espanso.

TRATTI PRINCIPALI DELLA PERSONALITA’:


– MANCANZA DI SENTIMENTI
– ATTEGGIAMENTO SFRUTTATORIO, CRUDELE E SENZA SCRUPOLI
– ARROGANZA DELL’IO (indipendentem.dalla presenza o meno di autostima)
– FREDDO, SPIETATO, AGGRESSIVO, INSENSIBILE, POCO EMPATICO
– RAZIONALE, CALCOLATORE, INTELLIGENTE, AMBIZIOSO
– EMOTIVAMENTE MORTO
– MANIE DI GRANDEZZA E ONNIPOTENZA:
– ASSENZA DI LIMITI
– EGOCENTRICI / ESIBIZIONISTI / SEDUTTIVI
– CERCANO DI VINCERE LA PAURA / TRISTEZZA CON IL POTERE / CONTROLLO
– INSODDISFAZIONE / INSICUREZZA REPRESSA

ELEMENTI ALLA BASE DEL TIPO CARATTERIALE NARCISISTA:
Diritto negato > Ad essere autonomo
Atteg.retroflessivo > Non ho bisogno di supporto per essere autonomo
Compromesso dell’Io >Sono potente,non ho bisogno degli altri
Comport.caratteristico > Cerca di ottenere ciò che gli serve con la manipolaz.
Ideale dell’Io >Sono il migliore
Illusione di contrazione > Posso ottenere qualsiasi risultato
Illusione di scioglim. > Sarò manipolato,umiliato,sopraffatto


Questa scheda, davvero essenziale, pecca indubbiamente di incompletezza. Del resto è impossibile elencare tutte le caratteristiche di un indivuduo narcisista per il semplice fatto che ogni soggetto è un caso a se stante e presenta peculiarità che non appartengono ad altri individui affetti dallo stesso disturbo.Ognuno ha alle spalle una storia di vita diversa, ha subito traumi differenti e si presenta al mondo secondo le reti in cui è cresciuto. A complicare ulteriormente le cose e a rendere ancora di più un narcisista diverso dall’altro si aggiunge il fatto che, Lowen, non considera il narcisismo come qualcosa di unitario; a suo parere esistono diversi gradi di disturbi e di perdita del sé il che ci porta a parlare ,nello specifico,di cinque diversi tipi di personalità che si contraddistinguono ( quantitativamente e qualitativamente) per caratteristiche e gravità.
Essi sono:
IL CARATTERE FALLICO NARCISISTA: è un carattere relativamente sano in cui la componente narcisistica è minima e acquisisce una sfumatura prettamente sessuale (da qui la denominazione FALLICO – narcisista). Le energie di questo soggetto vengono spese più che altro nella costruzione di un’ immagine seducente , potente e sicura in grado di attirare a sé il sesso opposto.


– IL CARATTERE NARCISISTICO: Ha un’immagine di sé ancora più elevata. Si reputa il migliore, il più attraente il più potente indipendentemente dal grado di successo che effettivamente è stato in grado di raggiungere nella sua vita.


– LA PERSONALITA’ BORDERLINE: come suggerisce lo stesso termine è una persona “al limite”.E’ chiusa tra due posizioni contraddittorie: o si sente grande/forte o si sente privo di valore. Il passaggio da uno stato all’altro può essere repentino poiché , a differenza del carattere narcisista, il suo Io è molto più debole e uno stress emotivo abbastanza forte può distruggere l’immagine di grandiosità che si è costruito.


– LA PERSONALITA’ PSICOPATICA: è un narcisista a tutti gli effetti con un più marcato senso di disprezzo verso l’umanità e la tendenza a chiudersi in maniera a-sociale. Non ha alcun senso di solidarietà umana il che lo può portare , nel peggiore dei casi , a compiere anche azioni delittuose o sanguinarie. Per questa ragione viene a volte definito sociopatico.


– LA PERSONALITA’ PARANOIDE: è il grado più elevato di narcisismo e rasenta il carattere megalomane. Il soggetto paranoide è ossessionato dal fatto che tutti lo guardino , parlino di lui , lo perseguitino ecc… E’ convinto di avere poteri straordinari e non ha ben chiaro il confine tra il mondo reale e quello immaginario creato dalla sua mente.


CONCLUSIONI:
Sono dunque giunta al termine di questo mio elaborato in cui spero di essere riuscita a inquadrare sommariamente i tratti fondamentali del narcisismo. Prima di chiudere volevo fare una piccola riflessione sul perché tra i diversi temi proposti per l’esame ho deciso di approfondire proprio quello relativo al disturbo narcisistico. Come ho già detto nella prima parte di questa relazione il narcisismo è indubbiamente una delle malattie del secolo e , a mio parere ,non viene percepita come tale … anzi viene sottovalutata se non addirittura incentivata . Ciò che è ancora peggio è che riguarda in gran parte i giovani , le future generazioni , e quindi non sembra che con il passare degli anni il fenomeno tenderà a riassorbirsi… giovani che sempre meno peso e attenzione ricevano da questa società se non per essere indotti a comprare ,consumare a ricercare immediate e non faticose forme di successo (vedi Grande Fratello ,Saranno Famosi , ecc…) senza , a volte , avere alle spalle un adeguato bagaglio di valori , consapevolezza , … giovani spesso lasciati un po’ allo sbaraglio fin da piccoli dai genitori ( troppo occupati a far carriera) , e che quindi non riescono a far proprio “IL SENSO DEL LIMITE” indispensabile per dar loro un coerente e solido sistema di regole, per forgiare il loro SuperIo , per non creare in loro un immaginario di onnipotenza…

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
Alexander Lowen “IL NARCISISMO , l’identità rinnegata ” Feltrinelli
Alexander Lowen “IL LINGUAGGIO DEL CORPO” Feltrinelli (cap XIV sul carattere fallico- narcisista)
Luciano Marchino ” LA BIOENERGETICA , anima e corpo” Tascabili Xenia
Appunti del corso “corpo , mente e relazione” del professor L.Marchino
(di Ilaria Perletti)

La costituzione della corazza

La corazza o armatura può essere suddivisa in contrazione muscolare naturale o temporanea e in contrazione muscolare permanente o cronica. La prima si verifica in qualsiasi animale vivente quando è minacciato, ma viene abbandonata quando la minaccia cessa di essere presente. La seconda si origina nello stesso modo, ma a causa di minacce continuate è mantenuta e diventa cronica, reagendo infine ai pericoli interni permanenti più che a quelli ambientali. Questo lavoro riguarda la corazza muscolare permanente o cronica.

Reich postulò che l’uomo si sia corazzato al momento in cui divenne introspettivo; quando cioè percepì di percepire se stesso, e di percepire completamente. Questa consapevolezza dell’auto-percezione come di un oggetto di attenzione produsse una scissione. L’uomo si spaventò e iniziò a corazzarsi contro la paura e lo stupore interni nello sforzo di controllare le sue proprie sensazioni.

Reich dedusse l’origine della corazza dalla sua conoscenza della schizofrenia e dall’osservazione di ciò che chiamò l’ “universale terrore di vivere”. Stare di fronte all’ignoto è sempre una cosa che spaventa, resistere ed esaminarlo è terrorizzante.
La corazza è auto-perpetuante, poiché i genitori corazzati allevano figli corazzati. La causa corrente della corazza è la necessità da parte dei figli di accettare gli atteggiamenti innaturali e le condizioni educative messe in atto dai genitori e da altre persone.
Sebbene la persona sia in grado di liberarsi dalla corazza, le masse non possono farlo senza dei drastici mutamenti nella nostra cultura e nel nostro modo di pensare.
La corazza si sviluppa come l’aspetto somatico della rimozione e coinvolge sempre gruppi di muscoli che costituiscono una unità funzionale.
La corazza si sviluppa in modo regolare, dipende dalla necessità di adattamento, ed ha una disposizione segmentale. Contiene la storia e il significato della sua origine. Se la causa è in un evento traumatico, contiene la memoria degli eventi.
Lo specifico proposito della corazza muscolare cronica è di agire come freno e di aiutare l’individuo ad adattarsi riducendo perciò l’angoscia.
Reich scoprì che la corazza si compone si sette segmenti, che frammentano il corpo e ne distruggono l’unitarietà del funzionamento. Ognuno di questi segmenti ha caratteristiche specifiche pur esercitando un’influenza reciproca. Ogni segmento include l’intero settore rappresentato a quel livello del corpo, cosicchè vi sono numerosi anelli perpendicolari alla colonna vertebrale. In aggiunta agli anelli della corazza, si troverà di solito che una parte del corpo, sinistra o destra, è corazzata più pesantemente dell’altra.
I sette segmenti della corazza sono:
  • Oculare
  • Orale
  • Cervicale
  • Toracico
  • Diaframmatico
  • Addominale
  • Pelvico
Ogni segmento risponde come un tutto ed è più o meno indipendente dagli altri segmenti. Ciascun segmento può non riuscire a dare una risposta completa finché non sono liberi gli altri segmenti. Alla liberazione di ogni segmento, segmenti già trattati tenderanno a ricorazzarsi ed è perciò necessaria una maggiore attenzione in quanto l’organismo non è abituato al movimento e tenta di ritornare alla sua precedente immobilità. Deve venire abituato in modo graduale alla libera mobilità.
È importante determinare il principale tratto o atteggiamento caratteriale dell’individuo (il filo rosso) poiché esso reagirà a tutti i progressi mediante questo tratto, che diverrà in breve la principale difesa caratteriale.
Il principio terapeutico consiste nell’eliminare la contrazione cronica che interferisce con il libero scorrere dell’energia in ogni parte dell’organismo e restaurare in tal modo il funzionamento naturale.
Affrontiamo, ora, la descrizione dei singoli segmenti della corazza.

 

Il segmento oculare
Il primo e il più alto dei segmenti include il cuoio capelluto, la fronte, gli occhi, le guance, le orecchie e la base del cranio. È un’area intensamente carica, poiché comprende gli organi della vista e dell’udito.

 

Tendenze disfunzionali
· Incapacità di vedere la realtà globale, rigidità mentale e psichica, tendenza all’unilateralità e al contatto parziale.
· Fuga ed esitamento dei problemi.
· Iperproduzione immaginativa e/o ripetitività fantastica, fantasticherie. Presenza reattive e difensiva del meccanismo di razionalizzazione.
· Difficoltà di cambiamento nonostante l’impegno volontario.
· Confronto con gli altri, competitività repressa, rimossa, compensata, mascheramento di sé.
· Vanità, esibizionismo, per lo più repressi, rimossi o compensati per paura, per insicurezza. Senso di colpa, senso di inferiorità, di incomprensione.
· Tendenza a guardarsi intorno in modo circospetto, paure e timidezza sotto lo sguardo altrui; difficoltà a fissare gli altri negli occhi, sguardo sfuggente, senso di sfida reattivo.
· Invidia, autosqualifica, squalifica e/o ipervalutazione degli altri.
· Difficoltà a creare punti di riferimento interni ed esterni, difficoltà a concentrarsi.
· Repressione dei sentimenti e/o scarsa capacità di gestione delle emozioni e delle reazioni neurovegetative, comportamentali, accresciuti dai vissuti, dal vedere o essere guardati.
· Sfiducia verso gli altri, difficoltà nei contatti sociali e nelle relazioni interpersonali.
· Blocco oculare parziale: affezioni visive, difficoltà di accomodamento, di focalizzazione, incapacità di spaziare.
· Travisamento, distorsione, proiezione, autoriferimento.
· Rapporto disturbato con il proprio corpo, difficoltà di strutturazione del senso di identità.
Il segmento oculare corazzato si evidenzia da uno sguardo piatto, vuoto, fisso, dall’immobilità delle palpebre, della fronte, del cuoio capelluto, da una fissità ai lati del naso, dalla difficoltà al pianto, dall’impossibilità di spalancare gli occhi o di seguire un oggetto in movimento, dalla protrusione dei bulbi oculari. Il tipico sguardo vuoto dello schizofrenico è dovuto ad una grave corazza di questo segmento.
Un certo grado di corazza oculare è presente praticamente in tutti e quando si aggrava oltre un certo grado possono subentrare fenomeni psicotici.
E’ il segmento che contiene il cervello, deputato alla coordinazione di tutte le funzioni vitali. L’influenza di tutte le psicoterapie si esercita a questo livello, compresa l’analisi del carattere. Dal punto di vista della prassi orgonoterapeutica, si invita il paziente a mobilizzare le parti bloccate, gli si chiede di muovere gli occhi, spesso seguendo una penna luminosa, senza bloccare la respirazione. In poche parole si fa in modo che le emozioni (di solito un’enorme paura e una lucida rabbia) vengano prima percepite e poi espresse. Agendo in questo modo la persona acquisisce, tra l’altro, la consapevolezza di essere in grado di fronteggiare le proprie paure, magari per la prima volta nella vita. Questa esperienza porta, gradualmente, ad un’aumentata fiducia in sé stessi e ad un’espansione non solo del segmento in questione ma di tutto il biosistema. Mantenere l’organismo in uno stato espanso è lo strumento principale per fronteggiare lo stato di contrazione cronico indotto dalla corazza.
Solitamente alla fine della seduta gli occhi sono più brillanti ed “aperti”. Il pensiero più lucido ed acuto e, spesso, viene riferito un miglioramento della capacità visiva.
Segni e Sintomi
Le cefalee frontali sono un effetto del sollevamento cronico delle ciglia inteso ad esprimere angoscia o sorpresa. Le cefalee occipitali sono dovute ad uno spasmo dei muscoli occipitali. I sintomi di capogiro sono causati dall’insufficiente corazzatura, che permette il movimento di più energia di quanta ne può essere tollerata. La miopia, il presbitismo, la sordità, eccetera, sono assai legati al corazzamento del segmento oculare, e lo stesso vale per l’incapacità di sentire gli odori. Allo stesso modo crediamo che disturbi specifici come l’orzaiolo, la congiuntivite, la sinusite eccetera, possano essere connessi al corazzamento del segmento oculare. Si verificheranno spesso quando i sentimenti vengono trattenuti, in particolare quando è trattenuto il pianto.

 

Il segmento orale
Il segmento orale comprende la bocca, il mento, la gola, la muscolatura occipitale (nuca superiore).
Le labbra possono essere eccessivamente carnose o presentarsi perennemente contratte, non è raro incontrare una ipertrofia dei masseteri. Contiene emozioni molto intense ed antiche quali il mordere rabbioso, il succhiare avidamente, il gridare. Il riflesso del vomito riesce a smobilizzare questo segmento, anche se, spesso, è necessario che altri segmenti siano liberi affinché le emozioni qui contenute possano essere espresse. Ad esempio l’impulso al pianto irrefrenabile richiede la partecipazione dei primi tre, a volte quattro segmenti.

 

Tendenze disfunzionali
· Distruttività manifesta o latente, competitività, autoinganno; presenza o meno di compensazioni aggressive positive e autoaffermazione.
· Tendenze egoistiche, scarso contatto con i bisogni degli altri, difficoltà ad esprimere affetto, bisogno di dipendenza, scarsa autonomia.
· Scarsa assertività e intraprendenza e/o iperattivismo superficiale e immaturo.
· Ossessività, cupidigia, avarizia, oppure prodigalità irrazionale, sperpero incontrollato, oppure volitività moderata.
· Inibizione del pianto, della rabbia, delle manifestazioni di affetto, di amore, di tenerezza.
· Insoddisfazione, pessimismo, depressione, fuga dagli impegni o evitamento dei problemi.
· Vittimismo o colpevolizzaizone degli altri, autogiustificazione.
· Costruzione di falsi bisogni e desideri, richieste compensatorie.
· Rifiuto degli altri, rivalsa, ipocrisia, sorriso stereotipato, artificioso, contratto. Difficoltà al contatto fisico, ansia nella relazione. Atteggiamenti e relazioni immature o non durevoli.
· Atteggiamenti di sfida, di difesa intellettuale e rigidità razionale come forme reattive.
· Nervosismo, rabbia, scontrosità, oppure accettazione passiva, buonismo doveristico per rimozione dei conflitti, per rinuncia all’autoaffermazione. Difficoltà a dire si o dire no nelle circostanze opportune.
· Desiderio rimosso di potere e contemporaneamente senso di impotenza; stati di frustrazione. Presenza di modestia e di immodestia.
· Creazione di forti ideali dell’io e conseguente senso di sconfitta per incapacità di realizzazione dei modelli genitoriali e delle richieste implicite o indirette.
· Ricorso alla volontà o alla passività, atteggiamenti velleitari.
· Contestazione, ribellione, protesta, oppure accettazione passiva.
· Verbalizzazione, enfasi, ipercritica o incapacità di esprimersi verbalmente, di comunicare le proprie opinioni, taciturnità.
· Tendenza alla tensione dei muscoli del viso, della nuca, del collo.

 

Segni e Sintomi
Si può osservare un sogghigno stupido, un sorriso sarcastico, o un ghigno sprezzante, oppure la bocca può apparire triste o anche dura e crudele. Il mento può essere cedevole, piatto, oppure proteso in avanti. Una mascella serrata provoca una voce monotona e contenuta. Una gola serrata dà luogo ad una voce piagnucolosa, acuta e debole e ad un respiro rauco. La bocca può essere secca oppure con salivazione eccessiva. In genere il segmento orale trattiene con collera ciò che riguarda il mordere, il gridare, il piangere, il succhiare, e il fare smorfie.
Il suono emerge meccanicamente, ma manca di espressione e vibrazione finché la mascella è rigida. La rabbia trattenuta è molto spesso connessa alla mascella. Spesso le persone hanno bisogno di avere conati di vomito e di tossire per liberare i sentimenti che hanno “inghiottito”.
Le emicranie sono state associate alla tensione presente nella mascella. Ogni tipo di problemi di denti e gengive è collegato a emozioni represse. Tosse e raffreddare possono far parte di un processo repressivo o liberatorio in questa zona.

 

Il segmento cervicale
Il segmento cervicale comprende la muscolatura bassa del collo superficiale e profonda, il muscolo platisma, la lingua e i muscoli sternocleidomastoidei. Trattiene rabbia e pianto e conferisce un aspetto altero, di distacco dal resto del proprio corpo (emozioni). E’ frequente osservare come le emozioni vengano letteralmente inghiottite. Anche qui il riflesso del vomito allenta la corazza e consente alle emozioni di emergere.
Tendenze disfunzionali
· Strutturazione di difese rigide, egocentrismo, individualismo, narcisismo, esibizionismo, competitività, sfida manifesta o rimossa, oppure prevalenza di comportamenti passivi e rinunciatari.
· Controllo razionale, inibizione dell’io, delle emozioni, tendenza a non perdere la testa.
· Strutturazione di un super-io doveristico, rigido, moralistico. Sentimenti di ambivalenza, atteggiamenti di autocontrollo.
· Orgoglio, vanità, desiderio di potere per lo più rimossi e/o compensati da atteggiamenti di modestia.
· Difficoltà di obbiettività, inclinazione alla critica, al rifiuto, al distacco dagli altri, alla superbia o all’umiltà, al cedimento o all’irrigidimento intellettuale e psicologico.
· Testardaggine o incapacità di mantenere una posizione con determinazione.
· Inclinazione a dare importanza al giudizio esteriore, ad essere sempre a posto di fronte agli altri, a non mostrare aspetti o atteggiamenti ritenuti disdicevoli o inferiori socialmente. Inclinazione a mostrare il meglio di sé e paura di non riuscire.
· Arroganza, presunzione, megalomania, oppure umiltà o squalifica degli altri, disistima di sé, ambizioni manifeste o rimosse.
· Bisogno di affetto, di amore e contemporanea difficoltà a esprimere sentimenti. Scissione relativa tra testa-razionalità e corpo-istinto-pulsione.
· Difficoltà di dare, di andare verso gli altri, di concedersi, di stabilire un rapporto caldo e spontaneo.
· Strumentalizzaione degli altri o incapacità a imporsi. Incapacità di riconoscere i propri difetti ed errori, o tendenza a colpevolizzarsi.
· Rigidità dell’io, dei muscoli del collo e delle spalle, frequenza di affezioni cervicali.
· Ostentazione o mascheramento. Presa di posizione rigide o paura di esporsi.
· Conformazione a ideali esteriori, rigidi, stereotipati, a modelli e convinzioni sociali e a ideologie autoritaristiche o libertarie.
· Distacco emotivo, non coinvolgimento relazionale, senso di superiorità o di inferiorità.

 

Segni e Sintomi
Le principali indicazioni della corazza in questo segmento sono un continuo inghiottire, mutamenti di voce, respiro rauco, tosse, la sensazione di un groppo alla gola, e sensazioni di soffocamento.

 

Il segmento toracico
Il segmento toracico comprende tutti i muscoli intercostali, i grandi muscoli pettorali, i muscoli delle spalle (deltoidi) e il gruppo di muscoli situato sulle e tra le scapole.
Il segmento toracico è uno dei più importanti, anzi di solito è il primo ad essere trattato. Appare quasi sempre in posizione inspiratoria, tenuto alto, accompagnata da incapacità di espirazione piena e naturale. I muscoli intercostali sono contratti (solletico), quelli della schiena e fra le scapole dolenti, contratti ed ipersensibili. Il torace del militare sull’attenti è un calzante esempio di corazza di questo segmento. Le emozioni trattenute sono: pianto straziante, desiderio ardente, rabbia selvaggia. Importanti patologie internistiche quali ipertensione e asma sono dovute alla corazza di questo segmento. Le braccia ne sono funzionalmente un’estensione.

 

Tendenze disfunzionali
· Scissione tra razionalità ed emozioni, difficoltà di partecipazione e scarso contatto con la vita degli altri, oppure con una forte risonanza interiore.
· Difficoltà di autocritica oppure responsabilizzazione eccessiva.
· Difficoltà nell’instaurazione di relazioni autentiche, volubilità dispersiva o bisogno di contatto inespressi.
· Invidia, gelosia, dipendenza affettiva, incapacità di espandersi, di dare, di ricevere, oppure sentimentalismo.
· Rabbia, ambivalenza, insoddisfazione, depressione, ansia, oppure remissione, repressione o contrazione delle emozioni.
· Ostentazione, presunzione, arroganza o nascondimento dell’io.
· Individualismo, non cooperazione, rapporto meccanicistico o non partecipazione coinvolgente.
Segni e Sintomi
Un torace corazzato esprime fondamentalmente restrizione e auto-controllo e darà la sensazione di non essere scosso o toccato dagli eventi. Dove non c’è corazza, i movimenti espressivi del torace e delle braccia danno un senso di libertà e allegria. La corazza tipica è una cronica espansione inspiratoria, come se dopo aver fatto un respiro molto profondo non lo si lasciasse venir fuori, e può essere accompagnato da elevata pressione sanguigna, palpitazione e angoscia. Protratto per lungo tempo, può sviluppare una disposizione per la tubercolosi e la polmonite, oppure verificarsi una dilatazione del cuore. Per il paziente con torace corazzato, l’ira è fredda, il pianto poco virile, e il desiderio fiacco. Le donne corazzate in questo segmento hanno i seni privi di sensibilità e sono disgustate dall’allattamento. L’angoscia connessa può essere fatta uscire premendo sul torace e facendo strillare il paziente.

 

Il segmento diaframmatico
Il segmento diaframmatico comprende il diaframma e gli organi che si trovano sotto di lui: lo stomaco, il fegato, il plesso solare con il pancreas, il fegato e i due fasci muscolari ben visibili lungo la spina dorsale a livello della decima-dodicesima vertebra toracica. (include il diaframma e gli organi sotto di esso. Include un anello contrattile sopra l’epigastrio, e la parte terminale inferiore dello sterno, comprende le costole inferiori della decima, undicesima, dodicesima vertebra toracica. Contiene il diaframma, lo stomaco, il plesso solare, il pancreas, il fegato, la cistifellea, il duodeno, i reni, e due muscoli che circondano le vertebre toraciche inferiori. L’armatura è espressa dalla lordosi della colonna vertebrale. L’espirazione avviene con sforzo e l’addome si gonfia.
È evidenziato da una contrazione a livello dell’epigastrio, della parte terminale dello sterno e delle ultime costole e delle inserzioni diaframmatiche posteriori a livello della decima, undicesima e dodicesima vertebra toracica. Produce lordosi della colonna vertebrale. Il movimento diaframmatico è bloccato ed il funzionamento degli organi è compromesso. È un segmento molto importante nel processo di scorrazzamento e difficile da scorazzare. Divide in due l’organismo, la parte “alta” da quella “bassa”.

 

Tendenze disfunzionali
· Contrazione e non contatto con la parte istintuale-viscerale e con le emozioni ad essa connesse.
· Riduzione della mobilità diaframmatica come segno di ansia, di chiusura e di non comunicazione tra l’alto e il basso, tra la testa e il corpo.
· Comportamento masochistico, paura del dolore, paura di tutto ciò che è nuovo e sconosciuto.
· Paura della punizione, difficoltà a lasciarsi andare, tendenza alla sopportazione o al contrario all’intolleranza, alla implosione o alla esplosione distruttiva.
· Difficoltà nell’abbandonarsi al piacere, alla gioia, alla sessualità.
· Difficoltà di autoaccettazione, nel manifestare amore, e ad entrare in contatto con il mondo.
· Ansia generale per tendenza cronica alla contrazione diaframmatica.
· Instabilità emozionale.
· Senso del dovere o, al contrario, atteggiamenti di deresponsabilizzazione.

 

Segni e Sintomi
I sintomi sono disturbi nervosi dello stomaco, nausea più o meno costante con impossibilità di vomitare, ulcera peptica, disturbi della cistifellea, affezioni del fegato, e diabete. I più importanti organi addominali sono presso il diaframma, e il blocco determina numerose malattie psicosomatiche.
Questo segmento trattiene una collera violenta e crudele.

 

Il segmento addominale
Il segmento addominale comprende il ventre e sulla schiena, le ultime parti dei muscoli che corrono lungo la colonna vertebrale. (muscoli larghi dell’addome, il retto, il traverso dell’addome, e i muscoli del dorso (latissimus dorsi e sacro spinalis).
La corazza del segmento addominale è dovuta alla contrazione spastica dei muscoli retti anteriori e dei traversi e, posteriormente, dall’inserzione bassa del gran dorsale e dei muscoli vicini. I muscoli sono spesso incordati e molto sensibili. Lo scorrazzamento del segmento non presenta particolari difficoltà.

 

Tendenze disfunzionali
· Corazzamento cronico della zona addominale come espressione della tensione costante.
· Creazione di una barriera che impedisce l’energetizzazione del settimo segmento e quindi la possibilità di abbandonarsi.
· Blocco parziale della genitalità e della sessualità con difficoltà di contatto spontaneo. Contatto meccanico, sessualità opportunista o fallico-narcisistica.
· Bacino contratto o aggressivo fallico.
· Presenza di sentimenti di ostilità, di rifiuto, di distruttività.
· Difficoltà di abbandonarsi alla tenerezza, alla gioia, al piacere. Stati di insoddisfazioni.
· Difficoltà di trasformazione e di maturazione interiore.
· Tendenza al rapporto arido, con scarsa capacità di comunicazione e di relazione autentica.

 

Segni e Sintomi
I fianchi corazzati producono prurigine, e trattengono rancore.

 

Il segmento pelvico
Il segmento pelvico comprende praticamente tutti i muscoli della pelvi, i glutei, l’ano, i genitali e gli adduttori superficiali e profondi delle cosce.
Il bacino appare rigido, senza vita. Ogni sorta di patologia a carico degli organi di questo distretto insorge in seguito al suo corazzamento cronico.
Emozionalmente sono contenuti ansia edipica e rabbia sadica sia di tipo anale che di tipo fallico. Un genuino piacere sessuale non può essere provato finché la corazza pelvica permane. Per l’alto contenuto emozionale ed energetico qui trattenuti il segmento pelvico viene, solitamente, trattato per ultimo. Un organismo cronicamente corazzato non sarebbe in grado di metabolizzare adeguatamente l’improvviso irrompere di questa enorme quantità di energia se non gli si concede la possibilità di adattarsi gradualmente ad una accresciuta vitalità bio-emozionale. Questo è ottenibile solamente con lo scorrazzamento graduale dei vari segmenti secondo un ordine ben preciso che va dal primo, quello oculare, al settimo. Una tale procedura non è arbitraria, ma segue la direzione del flusso energetico. Se la pelvi fosse trattata prematuramente, l’energia andrebbe a scontrarsi immediatamente con il segmento oculare, di cui abbiano già sottolineato l’importanza e che, se ancora corazzato, potrebbe dare luogo a fenomeni psicotici e che, comunque, non sarebbe in grado di integrare tutta questa energia così carica emozionalmente nel funzionamento unitario dell’organismo.

 

Tendenze disfunzionali
· Utilizzazione egoistica e strumentale degli altri.
· Pseudo-genitalità e difficoltà ad abbandonarsi.
· Rabbia trattenuta e atteggiamenti distruttivi.
· Passività, senso di impotenza, di inferiorità o inclinazione al produttivismo come ipercarica energetica e come reazione all’incapacità di abbandono.
· Scarsa creatività e volitività oppure bisogno di emergere e di realizzarsi materialmente.
· Bisogno di tenerezza e di contatto fisico rimossi. Difficoltà di relazione, di comunicazione autentica.
· Insicurezza sessuale, difficoltà a lasciarsi andare al piacere, alla tenerezza, alle emozioni per la presenza di ostilità repressa.
· Tensione e contrazione globale del bacino.
· Difficoltà di autoregolazione, di autogestione delle proprie potenzialità ed energie per ingerenza del super-io.

 

Segni e Sintomi
I sintomi prodotti dal corazzamento pelvico sono costipazione, lombaggine, escrescenza nel retto, cisti ovariche, polipi dell’utero, tumori benigni e maligni, affezioni vaginali, irritabilità della vescica, anestesia della vagina e del pene. Nell’uomo, la bassa energia nella pelvi porta all’impotenza erettiva e all’eiaculazione precoce, e nella donna all’anestesia o vaginismo. I piedi e le gambe possono essere freddi e gonfi, con intorpidimento, sensazioni di formicolio, e varicosi. Questo segmento contiene angoscia e collera.

 

Ogni segmento, inoltre, è composto da tre strati che, dal più superficiale dal più profondo, sono:
– la facciata
– lo strato secondario o intermedio
– il nucleo
La facciata o strato superficiale è l’aspetto di sé che la persona offre al mondo, l’adattamento sociale finale prodotto dal processo di scorrazzamento. E’ il regno della superficialità, dell’assenza di un contatto vero e profondo con sé e con gli altri. Quello che viene definito il “contatto sostitutivo”.
Lo strato intermedio contiene tutte quelle emozioni distruttive e perverse che sono il risultato dell’inibizione della gratificazione dei bisogni naturali. E’ l’immensa palude dello strato secondario, ciò che, metaforicamente viene chiamato il Male, il Diavolo, ciò che deve essere celato al mondo e a noi stessi.
Quando un impulso naturale trova uno sbarramento al proprio soddisfacimento cerca di “forzare il blocco” e diventa distruttivo. Qualunque espressione naturale, in presenza di corazza, si trasforma in un moto di aggressività patologica.
Quando i paziente entra in pieno contatto con questa sua parte di solito cade in uno stato di sconforto e di disperazione, sente che, per lui, questa è la sua vera natura, l’intima essenza del suo essere, anche se questo non è vero.
Oltre lo strato secondario è presente un terzo strato, dimenticato e ripudiato da molto tempo:
Il nucleo naturale della persona, la struttura naturale, profondamente razionale, dalla cui coartazione prendono vita gli altri due, quello secondario, come espressione immediata al blocco dell’espressione vitale primaria e la facciata quale risultato della ulteriore repressione delle pulsioni patologiche e distorte dello strato intermedio.

(di Maurizio D’Agostino)

BIBLIOGRAFIA

Baker E., L’uomo nella trappola, Ed Astrolabio
Mattei E., Craia V., Il corpo e la vergogna, Edizioni Scientifiche Magi
Totton N., Edmondson E., Terapia reichiana, Ed. Red

Il corpo negato. Ripensare la sessualità nella disabilità intellettiva

Il corpo negato: un viaggio nella dimensione più rimossa dell’umano. Il corpo come linguaggio, desiderio e identità.

Ci sono argomenti che la società preferisce non vedere. La sessualità delle persone con disabilità intellettiva è uno di questi. Da decenni resta sospesa tra pudore, silenzio e imbarazzo. Quando se ne parla, lo si fa spesso in modo difensivo, come se il corpo dovesse essere controllato più che compreso.
Il corpo negato nasce per scardinare questo silenzio. Non è un manuale, né un testo tecnico. È un libro che invita a guardare il corpo con occhi nuovi, a riconoscere nella sessualità una dimensione umana prima che clinica, e a interrogarsi sui significati di libertà, consenso e desiderio quando l’altro è fragile o dipendente.

Il cuore del libro

La riflessione attraversa i luoghi in cui il corpo viene negato o frainteso: la famiglia, la scuola, le istituzioni, la cultura. Ogni capitolo scava nel linguaggio che usiamo, nelle rappresentazioni interiori che ci abitano, nelle paure che ci fanno tacere. Non si parla di “educazione sessuale” in senso didattico, ma del bisogno di una educazione al sentire, alla presenza, alla dignità del corpo come spazio di identità e relazione.
Il testo intreccia riferimenti psicologici, pedagogici e filosofici, ma mantiene un tono umano, mai accademico.
Le persone con disabilità non vengono raccontate come casi, ma come presenze incarnate, portatrici di una verità che interroga tutti: quanto siamo capaci, noi, di accogliere la diversità del desiderio?

Il corpo come luogo di identità

Uno dei temi centrali del libro è la consapevolezza corporea come fondamento dell’identità. Nel percorso di crescita, il corpo non è solo un dato biologico, ma un territorio che si scopre, si abita, si comunica. Per chi vive una condizione di disabilità intellettiva, questo territorio è spesso mediato da sguardi esterni: familiari, educatori, operatori.
Riconoscere la soggettività corporea significa restituire diritto di parola al corpo stesso — un corpo che sente, desidera, e chiede di essere riconosciuto.

Sessualità come relazione

Nel libro “Il corpo negato” la sessualità non è ridotta all’atto, ma pensata come esperienza relazionale. È il modo in cui il corpo incontra l’altro, con tutti i rischi, i bisogni e le paure che questo comporta.
Il testo affronta con chiarezza i temi del consenso, della protezione e della vulnerabilità, mostrando quanto sia necessario un approccio etico fondato sull’ascolto e sul rispetto reciproco.
Non esistono regole universali: esiste il compito, sempre rinnovato, di costruire relazioni capaci di cura.

Bioenergetica e dignità del corpo

Nel libro, la bioenergetica entra come una pedagogia del sentire: il corpo è il primo linguaggio, prima delle regole e delle parole, e va ascoltato nei suoi segni minimi — respiro, postura, sguardo — senza forzarlo né normalizzarlo. L’unità mente-corpo di Lowen è il quadro: le tensioni croniche come storie congelate, il grounding per ritrovare stabilità e confini, il respiro come ponte che regola l’intensità emotiva e restituisce presenza. Non è tecnica additiva, ma un modo etico di stare: si può lavorare anche “no touch”, con consenso esplicito, chiaro e sempre revocabile; il tocco, se c’è, accompagna la consapevolezza, non corregge. Con le persone con disabilità intellettiva lieve ciò significa rendere il percorso concreto e ritmato, con setting prevedibile, linguaggio descrittivo e integrazioni brevi dopo ogni esercizio, così che la persona riconosca ciò che cambia nel corpo e ne faccia esperienza. È qui che la bioenergetica smette di essere “tecnica” e diventa dignità: educa a riconoscersi, a dire sì o no con tutto il corpo, a costruire autonomia relazionale senza dipendenza.

Una lettura necessaria

Il corpo negato è rivolto a chi lavora nel campo dell’educazione, della psicologia e del sociale, ma anche a chi, semplicemente, vuole comprendere meglio sé stesso e il proprio modo di guardare l’altro. È un libro che sposta l’attenzione dalla “gestione” della sessualità alla comprensione del suo senso, dentro la fragilità e dentro la vita quotidiana.
Non offre ricette, ma apre possibilità. Non spiega, ma accompagna.

Perché leggerlo oggi

Viviamo in un tempo che si parla molto di corpo, ma lo si ascolta poco. La cultura dell’immagine ha trasformato il corpo in superficie, mentre chi vive una diversità resta spesso escluso da qualsiasi narrazione sul desiderio.
Questo libro restituisce voce a quei corpi dimenticati, e ci ricorda che non c’è vera inclusione senza intimità, senza riconoscere che ogni essere umano ha diritto al proprio spazio di piacere, pudore, scoperta.

Conclusione

Il corpo negato non insegna cosa fare. Insegna a guardare, ad ascoltare, a sostare. È una riflessione sul limite, sull’etica e sulla bellezza fragile dell’essere umano, un testo che ci invita a tornare alla radice del corpo come verità, e del desiderio come linguaggio condiviso.

Invito alla lettura

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Il linguaggio del corpo

Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce: è l’individuo nella sua totalità che si esprime.

La psicoanalisi così com’è praticata si limita a studiare il disturbo emotivo e spesso lascia paziente e analista insoddisfatti: manca l’anello che congiunge turbe emozionali e fisicità. Lowen ci introduce alle teorie e alle tecniche bioenergetiche e codifica il “linguaggio del corpo”.

Nelle posture e nell’atteggiamento che assume in ogni suo gesto, il corpo parla infatti un linguaggio che trascende l’espressione verbale. L’osservazione delle diverse reazioni corporee e delle emozioni a esse collegate può diventare uno strumento altrettanto valido dei sogni, dei lapsus e della libera associazione. Non è la mente che va in collera né il corpo che colpisce: è l’individuo nella sua totalità che si esprime.

Il Carattere Orale

L’allattamento e lo sviluppo del carattere orale

Durante l’allattamento, il neonato si apre e si protende verso il seno della madre, in un movimento che parte dal centro del corpo e si diffonde attraverso torace, braccia, gola, bocca e occhi. Questo comportamento non è solo fisico: rappresenta il modo in cui il bambino riceve amore, nutrimento e sostegno emotivo.

(Alexander Lowen, La depressione e il corpo, Astrolabio, Roma, 1980, cap. I° – pag. 176)

Cos’è il carattere orale

Il carattere orale nasce nei primi due anni di vita, quando bocca e occhi sono i principali strumenti di relazione con il mondo. In questa fase, il bambino comunica principalmente attraverso il pianto, il sorriso, le espressioni facciali e il movimento. Il contatto con la madre e la risposta ai bisogni fisici ed emotivi sono fondamentali per sviluppare autonomia e sicurezza.

Se le risposte materne sono insufficienti o incoerenti, il bambino può sviluppare tratti del carattere orale, segnati dalla difficoltà a fidarsi degli altri e dalla sensazione di dover fare da solo.

 

L’importanza dell’allattamento al seno

L’allattamento al seno non è solo nutrimento fisico: è un momento di scambio affettivo, di contatto corporeo e di stimolazione sensoriale. La suzione favorisce movimenti respiratori fondamentali, contribuendo al benessere metabolico e alla vitalità del neonato.

Al contrario, l’allattamento con il biberon può ridurre il contatto diretto, limitando l’esperienza di sicurezza e amore. Quando i bisogni orali non sono soddisfatti, il bambino comunica la sofferenza attraverso il pianto, che se ignorato può portare a una chiusura emotiva precoce.

 

Conseguenze della deprivazione emotiva

Il bambino che incontra una madre ambivalente, ostile o depressa può sviluppare tratti del carattere orale adulto. Questi individui spesso:

  • Temono di chiedere aiuto
  • Presentano difficoltà relazionali
  • Mostrano ansia e bassa autostima

Sviluppano ipocondria o dipendenza affettiva

La mancanza di risposta ai bisogni primari crea una falsa autonomia e una costante paura di essere delusi. La respirazione può restare bloccata nel torace, il corpo può apparire accasciato e gli arti inferiori privi di sostegno stabile.

 

Il ruolo della madre e delle dinamiche familiari

La madre con problematiche orali può usare il figlio per soddisfare i propri bisogni, limitando la libertà del bambino e favorendo adattamento e accondiscendenza. Questa dinamica può portare a difficoltà emotive e relazionali anche in età adulta.

Le esperienze di deprivazione e ambivalenza vissute nella prima infanzia influenzano profondamente la capacità di fidarsi, di chiedere aiuto e di godere delle relazioni affettive.

 

Terapia e percorso di guarigione

La terapia bioenergetica aiuta la persona orale a elaborare le ferite infantili. Un terapeuta empatico offre sicurezza senza essere sopraffatto dalla richiesta continua. Il percorso terapeutico prevede:

  • Contatto con la rabbia repressa
  • Recupero della vitalità corporea
  • Riconoscimento dei bisogni autentici
  • Integrazione delle esperienze infantili traumatiche
  • In questo modo, è possibile vivere relazioni più autentiche, sviluppare autonomia emotiva e riappropriarsi della gioia di vivere.

Il piacere

Una vita più creativa attraverso il piacere è la promessa di questo libro rivoluzionario. Definendo il piacere come una “esperienza del corpo”, Lowen afferma che il piacere mentale puro non esiste e osserva inoltre che la capacità di provare piacere è anche capacità di autoespressione creativa.

Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica

La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità in termini del corpo e dei suoi processi energetici. Questi processi, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia nel movimento, sono le funzioni basilari della vita. La nostra risposta alle situazioni della vita, infatti, è determinata dalla quantità di energia di cui disponiamo e da come ne facciamo uso. La bioenergetica è anche una forma di terapia che combina il lavoro con il corpo e con la mente per aiutarci a risolvere i nostri problemi emotivi e a meglio utilizzare il nostro potenziale. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che corpo e mente sono funzionalmente identici: vale a dire, quanto avviene nella mente riflette quanto avviene nel corpo e viceversa: pensare e sentire sono condizionati da fattori energetici. Nel suo lavoro sul corpo la bioenergetica include sia procedimenti di manipolazione sia esercizi speciali. I procedimenti di manipolazione sono costituiti da massaggio, pressione controllata e lievi contatti per rilassare i muscoli irrigiditi. Gli esercizi che questo libro offre, messi a punto nel corso di più di vent’anni di lavoro terapeutico con pazienti, sono intesi per aiutarci a entrare in contatto con le nostre tensioni e a scaricarle attraverso il movimento appropriato.

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