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STRESS E STRUTTURA DEL CARATTERE di Francesca Rinaldi
Lowen, partendo dall’identità funzionale di psiche e soma individuata da Reich, sostiene che tutte le malattie siano psicosomatiche. Nell’opera “Stress e malattia – Il punto di vista bioenergetico” (1987) egli analizza una serie di malattie abbastanza comuni nel presente o nel passato, individuandone sia l’eziologia in un fattore non organico ma emozionale-caratteriale, sia il legame con le condizioni di stress a cui l’individuo è sottoposto in certe situazioni della vita.
“STRESS E STRUTTURA DEL CARATTERE” di Francesca Rinaldi
La moderna Psicologia somatica, che si basa su una profonda identità dei processi corporei e mentali dell’uomo, si è sviluppata a partire dagli anni ’50 e si pone oggi come indagine e terapia della relazione corpo-mente-società. Le sue radici epistemologiche sono rintracciabili nell’Analisi del carattere di Reich e nell’Analisi bioenergetica di Lowen, nonché, più indietro ancora nel tempo, nella Psicoanalisi freudiana.
SINTOMO E CARATTERE
Il contributo centrale di Wilhelm Reich, allievo di Freud, alla Psicologia somatica è la stesura delle prime mappe cognitive ad orientamento psicosomatico (mappe somato-relazionali, somato-sensoriali, somato-emozionali, somato-cognitive) e la formalizzazione del concetto di carattere in termini scientifici e funzionali al processo psicoterapeutico.
Reich, nella sua opera “Analisi del carattere” (1933), enuncia la nozione di carattere come luogo di cristallizzazione psicosomatica del modo di essere di una persona nel mondo e del suo modo di intendere ed interagire ideativamente e cognitivamente con l’ambiente (il carattere cioè sorregge la visione del mondo).
Perseguendo l’obiettivo di radicare la Psicoanalisi freudiana nella biologia dell’uomo, Reich introduce alcune innovazioni nella tecnica terapeutica, spostando l’attenzione dalla produzione verbale dei pazienti al versante somatico, tramite l’osservazione clinica del corpo e del suo linguaggio, al fine di leggere “l’espressione psichica dei corpi” e individuare un legame tra i due livelli psichico e somatico. Tra essi riconosce un’identità funzionale, giungendo alla formulazione del concetto di armatura carattero-muscolare (ACM), dove con “armatura caratteriale” si fa riferimento alla struttura cristallizzata degli atteggiamenti psichici di un individuo, mentre l’ “armatura muscolare” ne rappresenta l’equivalente somatico.
Reich scopre che l’integrità individuale della persona si scinde, in seguito ad eventi traumatici o a situazioni carenziali protratte, nei due versanti complementari della psiche e del corpo, poiché l’organismo, nella sua ricerca del piacere e nella fuga dal dolore, indirizza lo stress laddove lo può più facilmente contenere (cioè lo somatizza). L’armatura carattero-muscolare, che trova le sue radici ontologiche nell’infanzia, si struttura perciò in risposta ai traumi e alle situazioni carenziali o di iperstimolazione del periodo evolutivo e fornisce la matrice all’interno della quale prenderà forma il sintomo psichico o somatico causato dagli stressor (agenti stressanti) presenti nella vita dell’adulto. Il sintomo va così a denotare in che modo l’organismo è stato costretto a distorcere (“stress” significa appunto “distorsione”) la propria struttura genetica originaria per fronteggiare le condizioni della situazione evolutiva. Dunque l’ACM può essere definita come irrigidimento di una modalità di comportamento normale in una forma adattiva cristallizzata.
Alexander Lowen, allievo di Reich e padre della Bioenergetica, indagando più profondamente i fattori eziologici della nevrosi, definisce i cinque principali tipi caratteriali (consapevole però che nella realtà non si ritrova mai il tipo caratteriale puro, ma va considerato il modello dominante di comportamento). Il suo punto di partenza è l’esistenza di cinque diritti/bisogni fondamentali di ogni essere umano, corrispondenti alle cinque fasi dello sviluppo libidico. Dalla soddisfazione o meno di questi bisogni deriva lo sviluppo di un individuo sano o invece con atteggiamenti nevrotici. Quando tali diritti incontrano una risposta negativa delle figure genitoriali e una frustrazione ambientale cronica, l’organismo infantile è costretto a mettere in atto processi di autonegazione e di adattamento, che si iscrivono nel suo psico-soma caratterizzandolo. Da qui i cinque tipi caratteriali rispettivamente corrispondenti alla negazione dei cinque bisogni:
1. bisogno di esistere…………………tipo caratteriale schizoide
2. bisogno di avere bisogno………….tipo caratteriale orale
3. bisogno di essere autonomo………tipo caratteriale psicopatico
4. bisogno di imporsi…………………tipo caratteriale masochista
5. bisogno di amare sessualmente……tipo caratteriale rigido
Ciascuna di queste strutture caratteriali non si definisce soltanto in una dimensione psicologica, ma trova riscontro anche in una specifica connotazione corporeo-muscolare, che diviene espressione visibile del modo in cui l’individuo affronta l’ambiente (una persona si “pone fisicamente” nel mondo nello stesso modo in cui si “pone psicologicamente” rispetto ad esso).
Da questi presupposti emerge l’importanza fondamentale che, in sede psicoterapica, un’adeguata analisi del carattere riveste al fine del successo terapeutico. In assenza di questa analisi, la sola interpretazione del sintomo si rivela insufficiente e talvolta negativa. Ciò che va compreso è il significato globale della struttura difensiva dell’individuo. Agli occhi della maggior parte delle persone, però, questa correlazione tra sintomo e carattere non è sempre evidente. Anzi, il più delle volte il carattere è vissuto come l’elemento naturale, giusto, ovvio, morale e sano della propria personalità, mentre il sintomo è considerato un elemento disturbante e incomprensibile.
DALL’ANALISI DEL CARATTERE ALL’ANALISI BIOENERGETICA
Il principio sotteso all’Analisi bioenergetica, un’evoluzione dell’approccio psicosomatico, è l’affermazione da parte di Reich dell’identità funzionale e antitesi tra mente e corpo, ossia tra processi psicologici e fisici (è questo il punto di distacco di Reich dalla Psicoanalisi ortodossa). La persona, infatti, è un essere unitario e funziona come un tutto, quindi ciò che avviene nel corpo deve avvenire anche nella mente. C’è una reciproca influenza tra mente e corpo, quindi anche tra benessere psicologico e benessere fisico. Dire che mente e corpo sono antitetici ma identici dal punto di vista funzionale, significa affermare che la loro funzione è identica a livello energetico, ovvero che i versanti psichico e somatico sono funzioni solo apparentemente indipendenti ma di fatto strettamente correlate della funzione energetica globale.
Dal seguente diagramma possiamo osservare la gerarchia delle funzioni della personalità. Si tratta di una piramide rovesciata con l’Io al vertice, nella quale le funzioni sono reciprocamente interdipendenti e, soprattutto, poggiano tutte su una base rappresentata dai processi fisiologici-energetici:
Dal punto di vista bioenergetico, l’Io è definibile come un’unità tripartita i cui aspetti sono:
a. mente (insieme dei processi razionali, logico-deduttivi e ideativi)
b. corpo (livello materico-energetico della nostra esperienza)
c. emozioni (base emotivo-istintuale)
Il senso globale di identità è dato dal livello di circolarità, interazione e scambio armonico e continuo di energia tra questi tre aspetti. La coscienza della propria globalità di individuo (globalità dell’Io) corrisponde alla percezione del proprio corpo e tale percezione, specialmente nelle situazioni di stress, è molto difficile da raggiungere. E’ invece fondamentale che l’individuo prenda consapevolezza del fatto che, trascurando i processi energetici di base o separandoli dai processi mentali ed emozionali, non è possibile trovare il proprio benessere psicofisico.
Già Reich, partendo dall’identità tra psichico e somatico, elabora delle tecniche di lavoro corporeo ed arriva alla constatazione che ogni tensione muscolare contiene la storia e il significato della sua origine. Individua le modalità di formazione dell’armatura carattero-muscolare nel blocco dell’energia vitale in seguito a un trauma o a una frustrazione prolungata: i segmenti dell’ACM sono cioè blocchi al libero scorrimento dell’energia vitale del corpo. Reich si pone come obiettivo terapeutico quello che il paziente sviluppi la capacità di abbandonarsi completamente ai movimenti spontanei e involontari del corpo che fanno parte del movimento respiratorio, il cosiddetto riflesso dell’orgasmo sessuale. Egli afferma la “funzione naturale dell’orgasmo”, individua cioè, come risorsa di autorisanamento dai sintomi nevrotici dovuti al blocco energetico, un comportamento sessuale sano, messo in evidenza dal pieno raggiungimento della capacità di abbandonarsi al flusso delle sensazioni e delle emozioni con un partner amato. Le sue osservazioni dimostrano infatti che l’elaborazione psicoenergetica del blocco traumatico e la sua catarsi nell’orgasmo sessuale portano alla scomparsa dei sintomi nevrotici.
In seguito per Lowen è invece la respirazione (la funzione corporea più importante, perché è un’attività naturale e involontaria) a prendere la centralità attribuita da Reich all’abbandono alle sensazioni sensuali. Uno dei concetti basilari dell’Analisi bioenergetica è infatti la correlazione tra reazione emotiva inibita e insufficienza respiratoria. Lowen mette in evidenza come un’insufficiente fluidità ed ampiezza respiratoria si rifletta in un disturbo del flusso delle sensazioni attraverso il corpo e in un conseguente indebolimento della risposta emozionale agli eventi della vita, che risulterà conflittuale e ambivalente.
Esistono molti disturbi respiratori correlati con disturbi della personalità. Per esempio, lo schizofrenico è caratterizzato da un torace depresso in posizione espiratoria e da una respirazione molto ridotta, tanto che il torace sembra paralizzato. Tale configurazione dell’apparato respiratorio è l’espressione a livello somatico del bisogno dell’individuo schizofrenico di occupare il minore spazio possibile nel mondo reale, in risposta alla negazione del suo “diritto di esistere” subita in età evolutiva, alla quale il suo organismo ha reagito con il ritiro dalla realtà e la sottrazione di energia dalla periferia del corpo per essere insensibile agli eventi stressanti o traumatici, con un conseguente movimento respiratorio ridottissimo.
Inoltre, ognuno può quotidianamente fare esperienza del fatto che per ciascuno stato emotivo è possibile individuare e collegare una precisa modalità di respirazione: per esempio, un respiro rapido quando si è arrabbiati, in una situazione di paura si trattiene il respiro, e così via.
Lowen mette quindi a punto una serie di tecniche bioenergetiche mediante cui sia possibile stimolare e ampliare la respirazione e aumentare la motilità del corpo, ripristinando così la libera circolazione dell’energia nell’organismo. Egli ritiene infatti che “il fine della terapia sia di aiutare il paziente a ritrovare la capacità di provare piacere e gioia”, il che certo implica anche il piacere e la soddisfazione sessuale ma, diversamente dalla visione reichiana, non coincide con esso.
STRESS E MALATTIE PSICOSOMATICHE
La Psicologia somatica rileva alla radice delle malattie psicosomatiche profonde scissioni e rimozioni nella percezione ed espressione sensomotorie e lavora perciò alla riorganizzazione della persona intorno alla sorgente interna di sensazioni, emozioni e pensieri. Le malattie psicosomatiche possono essere considerate “disturbi di mentalizzazione”: l’individuo, incapace di riflettere su di sé, sulla globalità della propria identità in termini di mente-corpo-emozioni, quando si trova a dover affrontare uno stress lo somatizza.
Lowen, partendo dall’identità funzionale di psiche e soma individuata da Reich, sostiene che tutte le malattie siano psicosomatiche. Nell’opera “Stress e malattia – Il punto di vista bioenergetico” (1987) egli analizza una serie di malattie abbastanza comuni nel presente o nel passato, individuandone sia l’eziologia in un fattore non organico ma emozionale-caratteriale, sia il legame con le condizioni di stress a cui l’individuo è sottoposto in certe situazioni della vita.
Per definire cosa si debba intendere con “stress”, Lowen fa riferimento principalmente alla definizione di Hans Selye, secondo cui “lo stress è una risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso. Come tale è una reazione adattiva fisiologica che può essere prodotta da una grande varietà di stimoli, tra i quali giocano un ruolo fondamentale quelli emotivi” (Selye, 1936). Nel concetto di “stress” bisogna quindi far rientrare le condizioni emotivamente stressanti (in genere coincidenti con i cambiamenti di vita, dalla morte di un familiare, a un divorzio, un licenziamento ecc.), così come le situazioni di aggressione da parte di agenti patogeni e gli incidenti.
Gli agenti stressori, nel caso in cui l’organismo non sia in grado di farvi fronte adeguatamente, divengono causa di malattia. La malattia può dunque essere definita come alterazione del normale funzionamento dell’organismo ed è segnale dell’incapacità del corpo di affrontare lo stress. Dopo l’esposizione all’agente stressore o traumatico (cioè uno stress gravissimo) passa sempre un po’ di tempo prima della reazione allo stress, questo perché la lesione produce momentaneamente nell’organismo uno stato di shock e solo quando questo svanisce il corpo reagisce e compare il dolore. La malattia o, più in generale, il dolore dovrebbero quindi essere considerati una manifestazione positiva di vita, perché sono il tentativo del corpo di ristabilire l’equilibrio e l’integrità in conseguenza del trauma subito.
Questo processo – dall’esposizione all’agente stressore, all’eventuale sviluppo di una malattia, al tentativo di ristabilire l’equilibrio organico – è descrivibile mediante un altro concetto fondamentale della Bioenergetica, dovuto ancora a Selye: la Sindrome di Adattamento Generale (GAS). Essa descrive la reazione difensiva dell’organismo ad un agente estraneo e potenzialmente aggressivo, reazione che si compone di tre fasi: a) fase di allarme, in cui si manifestano essenzialmente modificazioni di carattere biochimico ormonale; b) fase di resistenza, in cui l’organismo si organizza dal punto di vista anatomico-funzionale in senso stabilmente difensivo e, in seguito allo sviluppo della resistenza, la reazione d’allarme scompare; c) fase di esaurimento, in cui si verifica infine un crollo delle difese e l’incapacità di riadattarsi ulteriormente agli stressor. Poiché il GAS descrive un processo energetico, ciascuna delle tre fasi può essere formulata in termini energetici: a) l’organismo reagisce all’agente stressore con uno stato di shock causato dal ritiro di energia e di sangue dalla periferia del corpo e dalla zona minacciata o attaccata; la risposta fisiologica allo shock è la reazione d’allarme, in cui il corpo per fronteggiare la minaccia mobilita la sua energia, che pertanto riaffluisce nella zona traumatizzata causando dolore; b) se la situazione stressante non può essere controllata o rimossa, il corpo si adatta per resistervi con l’uso continuo di energia; c) nel momento in cui la riserva di energia a disposizione si esaurisce, l’organismo entra nella fase di esaurimento che spesso sfocia nella malattia.
Il fatto che, nella medesima situazione di vita determinante un malessere, alcuni individui si ammalino e altri no, è dovuto alla quantità di energia disponibile nell’organismo di ciascuno.
Dunque, se la situazione stressante diventa insopportabile per il corpo, esso sviluppa una malattia. Ma quale malattia? Il fattore che in larga misura lo determina è la struttura caratteriale. Lowen sostiene che le malattie psicosomatiche non abbiano un fattore eziologico specifico, ma ricopra invece una rilevanza fondamentale il fattore emotivo.
Lowen individua, per ciascuno dei cinque tipi caratteriali da lui delineati, una corrispondente reazione organismica e un conseguente schema di atteggiamento muscolare: infatti il blocco delle pulsioni insoddisfatte o represse assume una connotazione corporea nel blocco della muscolatura volontaria o involontaria connessa con la rivendicazione dei bisogni non riconosciuti. Lowen, basandosi sul principio reichiano di identità funzionale tra tensione muscolare e blocco emozionale, approfondisce l’analisi di alcune malattie psicosomatiche, dedicando particolare attenzione alle funzioni scheletriche e alla muscolatura volontaria.
Per esempio, la tubercolosi (malattia tipica del XIX secolo) è legata a un desiderio di oralità insoddisfatto in seguito a uno svezzamento troppo precoce del bambino; la soddisfazione negata viene ricercata da adulti nella ricerca di un amore romantico il quale però, inibendo la sessualità, non può soddisfare il bisogno di oralità. Ecco perché la tubercolosi è da Lowen ricollegata a un atteggiamento emotivo caratterizzato dalla propensione all’anelito romantico tipico del XIX secolo, il quale fa sì che la persona si consumi in un desiderio che non può in alcun modo essere soddisfatto. Tale desiderio non soddisfatto viene dunque contenuto nella gola e nel petto, creando tensioni e sottoponendo i polmoni ad uno stress che predispone la persona, qualora venga in contatto con il virus, a contrarre la tubercolosi.
Allo stesso modo può essere analizzata una patologia molto comune nel XX secolo, l’infarto del miocardio. Un individuo che abbia sofferto per la mancanza d’amore e di comprensione da parte dei genitori vorrà proteggere il proprio cuore da ulteriori ferite, pertanto si troverà imprigionato in un conflitto tra il desiderio di amare, la paura di essere ferito e il senso di colpa conseguente a questa paura. A livello somatico-muscolare ciò si riflette in un irrigidimento della cassa toracica a protezione del cuore (ecco perché coloro che sono predisposti agli attacchi cardiaci sono caratterizzati da un torace stretto e rigido mantenuto in posizione rigonfia), che però allo stesso tempo funziona anche da gabbia per il cuore stesso, togliendogli la libertà e la gioia di amare e sottoponendolo a un forte stress. Tale sensazione di imprigionamento, di essere intrappolato, determina il panico, che è infatti l’atteggiamento emotivo delle persone predisposte all’infarto. La chiusura di un’arteria coronarica, che porta all’infarto, è dovuta allo spasmo arterioso causato da un attacco d’ansia del cuore. Tale attacco d’ansia è proprio la conseguenza del panico dato dalla sensazione di essere in trappola.
Un ultimo esempio molto significativo mi sembra quello dell’artrite, un disturbo nella motilità dell’organismo dovuto a un congelamento delle giunture artritiche in conseguenza di un processo infiammatorio o degenerativo nelle superfici articolari. Lowen afferma che nella personalità di colui che soffre di questo tipo di disturbi sia presente un forte conflitto relativo alla manifestazione degli impulsi aggressivi: la persona, avendo paura dei propri sentimenti aggressivi, inconsciamente ritira la sua energia dagli arti che sono organi aggressivi per eccellenza; il ritiro di energia dalla periferia del corpo è seguito da un ritorno di energia che, riaffluendo nelle giunture congelate, produce l’infiammazione caratteristica dell’artrite reumatoide. Ciò che predispone la persona all’artrite è dunque una struttura caratteriale rigida (anche unitamente a qualche elemento schizoide nella personalità), il che si riflette in una rigidità anche a livello muscolare (dita contratte e poco flessibili, malformazione delle mani a forma di artiglio ecc.).
CONCLUSIONI
Per chi di solito non presta la dovuta attenzione ai segnali del proprio corpo e talvolta fatica a tenere presente l’interdipendenza tra benessere fisico e benessere psicologico, venire a conoscenza di una scienza che lega così indissolubilmente corpo e mente è sicuramente una scoperta affascinante. Mi ha molto colpito la seguente frase di Lowen: “Noi possiamo essere soddisfatti come essere umani soltanto quando le nostre vite sono radicate nei nostri corpi, nella nostra natura animale e nella terra. Sfortunatamente la nostra cultura tecnologica ci allontana sempre di più da questi legami fondamentali” (da “Stress e malattia”). Ritengo assolutamente veritiere queste parole, anche se mi accorgo che è difficile avere piena consapevolezza di ciò che questo concetto comporta per il nostro modo di vivere e di comportarsi quotidiano.
Guardare le cose da questo punto di vista rende un po’ più facile comprendere il motivo per cui esprimere emozionalmente i propri sentimenti è molto più sano che inibirne la manifestazione, dal momento che, una volta espressi, è più facile liberarsi di quei sentimenti, come la rabbia, che risulterebbero negativi per la propria salute psicofisica e nel rapporto con gli altri. Mi rendo conto che non è sempre così semplice abbandonarsi alla libera espressione di ciò che si prova e che le paure e i sentimenti aggressivi spesso vengono tenuti forzatamente inespressi per timore delle conseguenze in cui si potrebbe incorrere a livello sociale e nelle relazioni con gli altri. Ma, considerando che per inibire i nostri sentimenti è necessaria molta più energia che per esprimerli, senza dubbio conviene esprimerli con un energico sfogo, quanto meno per risparmiare al nostro corpo un grosso sforzo!
CdL in Servizio Sociale, 3° anno
PSICOLOGIA CLINICA – Modulo “Corpo, mente e relazione”
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