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Stati non ordinari di coscienza a cura di Maurizio D’Agostino


Il termine Stati Non Ordinari di Coscienza è troppo vasto e generico, perché comprende un ampia gamma di condizioni che sono di poco o nessun interesse dal punto di vista euristico e terapeutico…

Il termine Stati Non Ordinari di Coscienza è troppo vasto e generico, perché comprende un ampia gamma di condizioni che sono di poco o nessun interesse dal punto di vista euristico e terapeutico.
La coscienza può essere trasformata drasticamente attraverso svariati processi patologici: traumi cerebrali, intossicazioni con prodotti chimici velenosi, infezioni, o per processi degenerativi del cervello. Situazioni del genere provocano sicuramente profonde trasformazioni mentali, tanto da essere classificate nella categoria degli “stati non ordinari di coscienza”. Tuttavia, menomazioni simili causano “deliri superficiali” o “psicosi organiche”, stati clinicamente molto importanti, ma di nessun rilievo per il nostro tema.
Nella presente dispensa si vuole metterete in luce un vasto e importante sottogruppo di stati non ordinari di coscienza, che si differenzia in modo rilevante dagli altri e che rappresenta una fonte inestimabile di informazioni nuove sulla psiche umana, sana e malata. Il sottogruppo possiede un notevole potenziale terapeutico e di trasformazione. S. Grof ha coniato il termine “olotropico” (Grof, 1996) che significa letteralmente “orientato verso la totalità” o “che si muove in direzione della totalità” (dal greco holos, “intero” e trepein, “muovere verso” o “in direzione di” qualcosa).
In sintesi, la parola indica che nel nostro stato quotidiano di coscienza ci identifichiamo soltanto con una piccola frazione di chi siamo veramente. Al contrario, negli stati olotropica, riusciamo a trascendere i limitati confini dell’Ego e a rivendicare la nostra piena identità.


Stati olotropici di coscienza

Negli stati olotropica, la coscienza è trasformata qualitativamente in maniera fondamentale, ma non viene menomata come nei traumi e nelle degenerazioni organiche. La persona rimane totalmente presente per quanto riguarda lo spazio ed il tempo e non perde il contatto con la realtà quotidiana. Frattanto, il campo di coscienza è inondato da contenuti provenienti da altre dimensioni dell’esistenza in una maniera che può essere molto intensa e persino schiacciante. Così si sperimentano simultaneamente due realtà molto differenti: “Si ha ciascun piede in un mondo diverso”.
Gli stati olotropica sono caratterizzati da una forte trasformazione percettiva in tutte le aree sensoriali.

Stati olotropici di coscienza e storia dell’umanità

In forte contrasto con l’umanità moderna, ogni cultura indigena ha sempre tenuto in grande considerazione gli stati olotropica e ha dedicato molto tempo e sforzi a sviluppare vie sicure ed efficaci per indurli; li ha usati come veicolo principale nella vita rituale e spirituale e per altri scopi importanti.
Nel contesto delle cerimonie sacre dei popoli nativi, gli stati non ordinari di coscienza mediano un contatto esperienziale diretto con le dimensioni archetipiche della realtà: divinità, regni mitologici e forze luminose della natura. Un’altra area in cui tali stati svolgono un ruolo decisivo è la diagnosi e la cura di varie malattie. Gli stati olotropica sono anche stati usati per alimentare a fini pratici l’intuito e la percezione extrasensoriale. Inoltre, servono come fonte di ispirazione artistica. L’impatto che le esperienze vissute in questi stati hanno avuto e hanno sulla vita culturale delle società preindustriali e sulla storia spirituale dell’umanità è enorme.
Le culture antiche e moderne di interesse etnologico hanno impiegato ed impiegano moltissime energie allo sviluppo delle “tecnologie del sacro”, cioè di vari procedimenti capaci di alterare la mente e di indurre stati olotropica a scopi rituali e spirituali.
La pratica dell’induzione di stati olotropica risale agli albori della storia umana. Costituisce il punto cardinale dello sciamanismo, il sistema spirituale e di cura più antico dell’umanità. Probabilmente esisteva già trenta o quarantamila anni fa; le sue radici risalgono al Paleolitico.
Le origini dello sciamanismo risalgono a un culto ancora più antico, quello neandertaliano dell’orso delle caverne, come si vede nelle grotte del periodo interglaciale trovate in Svizzera e in Germania meridionale.
Lo sciamanismo non è soltanto antico, è di ogni tempo e di ogni luogo (America settentrionale e meridionale, in Europa, in Africa, in Asia, in Australia, in Micronesia e in Polinesia). Il fatto che così tante culture diverse, durante tutta la storia dell’umanità, abbiano ritenuto le tecniche sciamaniche utili e importanti indica che gli stati olotropica coinvolgono quella che gli antropologi definiscono “mente primaria”, un aspetto fondamentale e primordiale della psiche umana che trascende la razza, il sesso, la civiltà e il tempo storico. Nelle culture che sono riuscite a evitare l’influenza distruttiva della civiltà industriale dell’Occidente, i procedimenti sciamanici sopravvivono ancora oggi.
Tabella. Tecniche antiche e aborigene per indurre gli stati olotropici
· Lavoro con il respiro, diretto o indiretto (pranayama, bastrika logico, “respiro del fuoco” buddista, respiro sufi, ketjak balinese, canto gutturale eschimese, esercizi di respirazione degli Esseni, ecc.).· Tecnologie sonore (suonare il tamburo, scuotere sonagli, uso di bacchette, campanelli, gong, didgeridoo, rombo, cantilenare, recitare mantra)
· Danze e altre forme di movimento (danza roteante dei dervisci, danze dei lama, danze dei boscimani del kalahari, hatha yoga, tai chi, chigong, ecc.).· Isolamento sociale e deprivazione sensoriale (stare nel deserto, in caverne sulla cima di una montagna, in campi di neve, vision quest, ecc.).· Sovraccarico sensoriale (una combinazione di stimoli acustici, visivi e propriocettivi in riti aborigeni, dolore estremo, ecc.).
· Mezzi fisiologici (digiuno, deprivazione del sonno, purghe, lassativi, salassi (Maya), procedure fisiche dolorose (danza del sole dei Sioux Lakota, subincisione, limatura dei denti).· Meditazione, preghiera e altre pratiche spirituali (vari tipi di yoga, tantra, zen rinzai e soto, dzogchen tibetano, esicasmo cristiano (preghiera continua di Gesù), metodi cabalistici e hassidici, gli esercizi di Loyola, ecc.).
· Materiale psichedelico animale e vegetale (hashish, peyote, teonanacatl, ololiuqui, ayahuasca, Tabernanthe, Psychotria viridis delle foreste hawaiane, erba ruta siriana, secrezioni dalle palle del rospo Bufo alvarius, dal pesce del Pacifico Kyphosus cuscus, ecc.)
Un altro esempio di trasformazione psicospirituale, culturalmente riconosciuta, che implica gli stati olotropici, è costituito dagli eventi rituali che gli antropologi chiamano riti di passaggio. Cerimonie di questo tipo esistevano in tutte le culture native conosciute e sono eseguite ancora oggi in molte società preindustriali. Il loro scopo principale è di ridefinire, trasformare e consacrare individui, gruppi o persino intere società.
I riti di passaggio vengono svolti durante il periodo di trasformazione di un individuo o di una comunità: nascita di un bambino, la circoncisione, la pubertà, il matrimonio, la menopausa, la morte. Iniziazione allo status di guerriero, all’entrata in società segrete, durante le feste stagionali di rinnovamento, nelle sedute di guarigione e prima di grandi migrazioni di gruppi umani.
I riti di passaggio comportano potenti procedure di alterazioni mentale che inducono esperienze psicologicamente sconquassanti e che portano a un livello più elevato di integrazione. Questa forma di morte e di rinascita psicospirituale è allora interpretata come la scomparsa del vecchio ruolo e il sorgere di uno nuovo.
Il soggetto che esce dall’iniziazione non è lo stesso di quello che vi è entrato. Dopo avere subito una profonda trasformazione psicospirituale, acquisisce una connessione personale con le dimensioni numinose dell’esistenza, una visione del mondo più vasta, una migliore immagine di se stesso e un altro sistema di valori. Tutto ciò è il risultato di una crisi deliberatamente indotta, che raggiunge l’essenza dell’iniziato e a volte può essere spaventosa, caotica e scompaginante. I riti di passaggio forniscono dunque un altro esempio di una situazione in cui un esplodere temporaneo di disintegrazione e di tumulto porta a un maggiore equilibrio e benessere.
La crisi sciamanica invade la psiche del futuro sciamano in modo inaspettato e senza preavviso. I riti di passaggio, invece, sono un prodotto della cultura, e seguono un iter prevedibile.
Gli stati olotropici di coscienza hanno svolto un ruolo importante anche nei misteri di morte e di rinascita, cerimonie sacre e segrete molto diffuse nel mondo antico. Questi misteri si fondavano su racconti mitologici di divinità che simboleggiano la morte e la trasformazione: Inanna e Tammuz presso i Sumeri; Iside e Osiride presso gli egizi; Attis, Adone, Dioniso e Persefone presso i Greci. I loro equivalenti mesoamericani erano l’azteco Quetzalcoatl o Serpente Piumato e gli Eroi Gemelli dei Maya conosciuti grazie al Popol Vuh. Nell’antica area mediterranea e nel Medio Oriente esistevano, per esempio, le iniziazioni dei Sumeri e degli Egizi, i misteri mitriaci e, in Grecia, i riti coribantici, i baccanali e i misteri eleusini.
Tutte le correnti mistiche delle grandi religioni e i loro ordini monastici hanno elaborato modi per indurre o facilitare esperienze spirituali dirette.

Stati olotropici nella storia della psichiatria

L’accettazione univoca degli stati olotropici nell’era preindustriale è in forte contrasto con l’atteggiamento complesso e confuso verso gli stessi stati da parte della civiltà industriale.
Gli stati olotropici hanno avuto un ruolo importante agli inizi della storia della psicologia del profondo e della psicoterapia.
Le radici della psicologia del profondo risalgono a sedute con l’ipnosi con pazienti isterici, condotte da J.M. Charcot alla Salpetriere di Parigi, e alle ricerche sull’ipnosi condotte da H.Bernheim e A. Lièbault a Nancy. S. Freud imparò le tecniche per indurre l’ipnosi che ha usato nelle prime esplorazioni per accedere all’inconscio dei suoi pazienti. In Studi sull’isteria, Freud e Breuer consigliavano la regressione ipnotica e le abreazioni emotive ritardate di traumi per il trattamento delle psiconevrosi.
Nei lavori che seguirono, Freud si spostò in modo radicale dall’esperienza emotiva diretta durante uno stato olotropica alla metodo delle libere associazioni nello stato ordinario di coscienza. Ha pure spostato l’attenzione dal rivivere consapevole e dall’abreazione emotiva di materiale inconscio all’analisi del transfert, e dal trauma vero e proprio alle fantasie edipiche. In retrospettiva, sembra che questi siano stati sviluppi alquanto infelici, che hanno mandato la psicoterapia occidentale nella direzione sbagliata per i successivi cinquant’anni. Laddove la terapia verbale può essere molto utile per dare insegnamenti interpersonali e per correggere interazioni e capacità di comunicazione distorte nell’ambito delle relazioni umane (per esempio, terapia di coppia e familiare), lo stesso metodo di cura è inefficace quando ha a che fare con blocchi emotivi e bioenergetici e con i macrotraumi che stanno alla base di molti disturbi emotivi e psicosomatici.
Il risultato di questa evoluzione è stato che la psicoterapia della prima metà del ventesimo secolo era praticamente un sinonimo di conversazione. Nello stesso tempo, gli stati olotropici, visti inizialmente come uno strumento terapeutico efficace, sono stati associati alla patologia e non più usati per la cura.
La situazione ha cominciato a cambiare negli anni Cinquanta, con l’avvento della terapia psichedelica e con innovazioni radicali nella psicologia. Insoddisfazione della psicoanalisi freudiana e del comportamentismo, nacque la terza forza della psicologia: la psicologia umanistica. Tale movimento guidato da A. Maslow ha ispirato una vasta gamma di terapie esperienziali.
Mentre le psicoterapie tradizionali usavano soprattutto i mezzi verbali e l’analisi intellettuale, queste terapie esperienziali privilegiavano l’esperienza diretta e espressione delle emozioni. Molte includevano anche svariate forme di lavoro sul corpo.
Le novità più rilevanti sono rappresentate da metodi molto potenti, capaci di trasformare enormemente lo stato di coscienza dei clienti. Fra questi metodi, ricordiamo l’Analisi Bioenergetica e altri approcci neoreichiani, la Primal Therapy e la Terapia psichedelica, il Rebirthing e la Terapia Olotropica.
Esistono anche tecniche di laboratorio molto valide per alterare la coscienza: la Deprivazione sensoriale, il Biofeedback, tecniche di Deprivazione del sonno e dei sogni e i sogni lucidi.
È importante rilevare che episodi di stati olotropici di diversa durata possono manifestarsi spontaneamente, senza cause specifiche identificabili, persino contro la volontà di chi vi è coinvolto. Poiché la psichiatria moderna non fa nessuna differenza tra stati mistici o spirituali e malattie mentali, le persone che sperimentano questi stati sono spesso catalogate come psicotiche, vengono ricoverate in ospedale e ricevono la solita cura di psicofarmaci soppressivi. S. Grof e C. Grof definiscono tali statiCrisi psicospirituali o Emergenze spirituali.

Come abbiamo visto, l’uso del potenziale curativo degli stati olotropici rappresenta l’evoluzione più recente della psicoterapia occidentale, se non prendiamo in considerazione il breve periodo, alla svolta del secolo scorso, di cui abbiamo parlato. Paradossalmente, in un contesto storico più ampio. Questa è pure la forma di cura più antica, che risale agli albori dell’umanità.
Dunque, le terapie che si servono degli stati olotropici rispecchiano una riscoperta e un’interpretazione nuova e moderna degli elementi e dei principi documentati dagli antropologi, che hanno studiato le forme antiche e aborigene di guarigione spirituale, soprattutto i vari metodi sciamanici.

La natura della psiche umana e le dimensioni della coscienza
La psichiatria e la psicologia accademiche si servono di un modello che si limita a prendere in considerazione la biologia, la biografia postnatale, e l’inconscio individuale freudiano. Per spiegare tutti i fenomeni che avvengono negli stati olotropici, dobbiamo rivedere completamente la nostra comprensione delle dimensioni della psiche umana. Oltre al livello biografico postnatale, la nuova, più estesa cartografia comprende due campi d’azione aggiuntivi: il Perinatale (in relazione con il trauma della nascita) e il Transpersonale (che comprende le memorie ancestrali, razziali, collettive e filogenetiche, le esperienze karmiche e le dinamiche archetipiche).
La natura e l’architettura dei disturbi emotivi e psicosomatici
Per comprendere i diversi disordini che non hanno una base organica (“psicopatologie psicogene”), la psichiatria corrente usa un modello limitato ai traumi biografici postatali dell’infanzia, della fanciullezza e dell’età adulta. Il nuovo paradigma indica che le radici di questi disordini sono molto più profonde: includono anche notevoli elementi provenienti dal livello perinatale e dalla sfera transpersonale.
Numerose esperienze e osservazioni che accadono durante il lavoro con gli stati olotropici sono così straordinarie che non possono essere capite nel contesto della visione monastico-materialistica della realtà. Il loro impatto concettuale è di portata talmente vasta da minare i concetti metafisici che stanno alla base della scienza occidentale, soprattutto quelli che interessano la natura della coscienza e la sua relazione con la materia.
( S. Grof, Psicologia del futuro, Ed. Red, 2002)
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