Lo specifico blocco fisico in questo tipo di personalità risiede negli occhi. Un’espressione popolare afferma: “Vedere significa credere”. È vero pure l’opposto. Se un individuo non vede, non ha bisogno di credere. Si può evitare di vedere per non lasciare che gli occhi colgano un’espressione ed un significato. Gli occhi sono utilizzati in maniera meccanica come lenti di una telecamera. Seguono l’immagine per registrarla, ma la spogliano di qualsiasi significato emozionale. In origine ciò veniva fatto durante l’infanzia per proteggersi dalla vista dell’orrore della propria situazione. Una volta insediatosi, comunque, il blocco diviene generalizzato. Quando una persona non riesce a vedere l’orrore, di conseguenza non è in grado di vedere nemmeno la bellezza, la tristezza, la rabbia, la paura o l’amore. E, certamente, egli non può permettere a questi sentimenti di rivelarsi attraverso i suoi occhi.
Quindi è indispensabile per il terapeuta stabilire un contatto oculare con il paziente. Questo non è questo il contesto per descrivere le varie procedure e tecniche adatte a raggiungere un tale obbiettivo, ma è importante sapere che schiudendo la vista del paziente verso l’esterno, gli si rivela la sua visione interiore. Per tale personalità questo è, forse, il modo più adeguato per prendere coscienza. Posso aggiungere che per schiudere la vista del paziente verso l’esterno, devo fare in modo che egli guardi verso i miei occhi e provi ad accogliere la loro espressione.
Il blocco negli occhi è in relazione con la dissociazione della testa dal tronco.
Le tensioni alla base del cranio e nella parte posteriore della testa, servono entrambe per dissociare la testa dal resto del corpo e per bloccare il flusso di energia verso gli occhi. È stato fatto un lavoro sperimentale considerevole su queste tensioni allo scopo di ristabilire il flusso energetico dal corpo entro gli occhi ed i centri percettivi della parte frontale del cervello. Allo stesso tempo è stato compiuto un consistente lavoro teorico riguardo tutti gli aspetti della terapia sia a livello analitico che fisico.
L’orrore culturale
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L’orrore che si riscontra nelle famiglie è un riflesso di un più esteso, analogo orrore presente nella società. Per comprendere questa affermazione bisogna tenere presente che l’orrore è direttamente proporzionale alla mancanza di sentimento umano nelle relazioni interpersonali. Questo aspetto dell’orrore è più importante della violenza dilagante nelle nostre città. È più importante perché riguarda chiunque e dà origine alla violenza. Quest’ultima almeno è reale per colui che compie la violenza. Può darsi che essa rappresenti la sua unica modalità per spezzare l’incantesimo dell’irrealtà che attanaglia una metropoli come New York.
Sono nato e cresciuto a New York, di conseguenza la città mi è familiare. Tuttavia a quei tempi essa non aveva il carattere impersonale che possiede oggi. Vivevo in un quartiere dove ci si conosceva tutti personalmente. Grazie alla semplicità dei rapporti eravamo intimi amici del minuto negoziante che ci serviva. Un controllore incassava i nichelini ad ogni fermata. Chiunque poteva dirgli “Buon giorno”.
Un gelataio consegnava gelati ogni giorno. Non avevamo molte possibilità, ma avevamo molti contatti umani. Ed avevamo tempo. Ricordo una tempesta di neve che bloccò per quattro giorni tutti gli affari, in città. Nessuno se ne lagnò. Ci godevamo la neve. Oggi giorno, se questo accadesse per un solo giorno, sarebbe una calamità. La macchina degli affari deve essere tenuta in movimento continuo e il sentimento umano non conta.
Camminando oggi nella stessa città, non la riconosco più. L’alluminio e i grattacieli di vetro possiedono, ai miei occhi, una qualità irreale. I rifiuti e la sporcizia danno la sensazione che la città si stia deteriorando, ed in effetti è proprio così. Il ritmo frenetico, l’incessante attività, il traffico posseggono una qualità d’incubo. La gente si sente isolata. Vivono in dormitori, parlando raramente tra loro. Nessuno si fida dell’altro. Ciascun individuo vive in mondo proprio, come fa la gente ricoverata in un manicomio.
Ma non è solamente l’aspetto impersonale ad essere orribile; è la perdita di valori umani. L’unico valore che conta, a New York, è il denaro. Quanto denaro realizzi e quanto ne spendi? Non è la povertà ad essere disumana, sono la sozzura e l’indifferenza. È la distruzione della dignità personale. Sono la volgarità, la pornografia, l’oscenità. Ma ciò non interessa a nessuno, perché occuparsene è futile.
Esiste qualche incantesimo per cui l’orrore che è fuori riesce a penetrare anche nelle case? Non possediamo alcuna modalità per tenerlo fuori. Radio e televisione introducono le loro brutture all’interno delle nostre stanze private. E non vediamo l’orrore di questo, perché se lo vedessimo, andremmo immediatamente fuori di senno. Ma siamo storditi e lo dimostrano i volti inespressivi, la mancanza di canti e di risate, il movimento da robot, come se non avessimo sentimenti.
Non c’è molto di meglio fuori dalla città, come ben sanno coloro che vivono alla periferia. Il traffico non si ferma mai, i negozi che rimangono aperti 24 ore su 24,ed interminabili aggeggi che promettono di migliorare la vita, ma che invece ci costringono a vivere come dettagli senza valore. Non penso che vi sia alcun automobilista che negherebbe il fatto che guidare in città o in autostrada sia un incubo.
Eppure noi dobbiamo agire come se questo fosse reale, come se tutto ciò rappresentasse il significato della vita. Oh, sì, è reale, così come è reale qualsiasi orrore, ma è una realtà che è incongruente con la natura umana. Se accettiamo tale realtà, dobbiamo negare la realtà del corpo ed i suoi sentimenti. Questo è quanto avevano fatto i miei pazienti ed erano turbati. Se neghiamo la realtà di questo tipo di vita, il nostro equilibrio mentale diviene discutibile. Siamo in trappola, ed anche questo, per lo spirito umano, rappresenta un genere d’orrore.
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Come se non bastasse, c’è l’orrore delle droghe. Per qualsiasi ragione la gente fa uso di droghe, ed alcuni la impiegano per sfuggire all’orrore delle loro vite, ma la droga crea un orrore peggiore di quello da cui stanno tentando di sottrarsi. Il drogato diviene un essere inumano. Egli perde quei sentimenti che noi identifichiamo come umani. Egli sembra irreale. Sono sicuro che egli non percepisca l’orrore della sua condizione, poiché la droga lo rende cieco, tuttavia aumenta l’orrore intorno a noi.
In realtà l’orrore inizia al momento in cui nasciamo in un moderno ospedale. Se avete visto una moderna sala parto, potete realizzare quanto in sommo grado rassomigli alla camera dell’orrore di uno scienziato pazzo, così come abbiamo visto al cinema. Nella sala parto non esiste una finestra, per paura che, se fosse lasciata aperta, il nuovo nato potrebbe essere contaminato da un soffio d’aria fresca.
Il tavolo da parto, il tipo d’illuminazione e gli strumenti potrebbero essere usati in una stanza delle torture. Come medico, ho trascorso la mia parte di tempo in una sala da parto e perciò so di cosa sto parlando.
L’effetto dell’orrore è di rendere inumana una persona nel momento in cui vi è stata esposta per molto tempo. E una volta che ha perso la sua umanità, non riesce più a vedere l’orrore. Impara a vivere in esso come se fosse reale e significativo. Non è in grado di fare ciò con sentimento, ma soltanto con il suo intelletto. E di conseguenza impara a vivere nella sua testa. Non si ritira in sé come uno schizofrenico che vive in un mondo di fantasia. Diviene un computer che si occupa dei numeri come se i numeri fossero la vera essenza, mentre tratta il sangue, la carne ed i sentimenti, come se fossero oggetti privi di significato da manipolare nella partita del monopoli a cui tutti noi giochiamo.
La mente è affascinata dall’orrore perché esso rappresenta l’incomprensibile. Come tale si beffa della logica e dell’ordine dei nostri pensieri. Sfida la superbia della mente umana che deve spiegare e ricondurre tutte le forze a proporzioni umane. Poiché eliminiamo i misteri, non rimane nulla di cui avere timore. Facciamo lo stesso con l’orrore. Applichiamo una legge di causa ed effetto che privi l’orrore della sua forza d’impatto sui nostri sensi, e così alla fine non riusciamo più a vedere alcun orrore.
Mi sono spesso domandato per quale motivo i bambini siano affascinati dai film dell’orrore. Suppongo lo siano pure gli adulti. Ho pensato che ciò rappresenti il loro bisogno di sconfiggere il senso dell’orrore quanto basta per essere in grado di agire in un mondo che ne contiene molto.
Tuttavia l’introduzione dell’orrore attraverso i film non ci aiuta a fronteggiare l’orrore. Al contrario, ci impedisce di vederlo, facendoci supporre che esso sia una parte naturale della vita. Impariamo ad accettare l’orrore, non a respingerlo. In questo modo ne diveniamo vittime.
Riferimenti
Lowen A. Il Piacere, Roma, Astrolabio, 1984.
Lowen A. Il tradimento del corpo, Roma, Mediterranee, 1982.
Traduzione di Andrea Monteduro, a cura di Luciano Marchino e Marta Pozzi.
Tratto da www.biosofia.it