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La vita è un miracolo di Thich Nhat Hanh


In Vietnam, quando io ero un giovane monaco, il tempio di ogni villaggio era dotato di una grande campana, come quelle delle chiese cristiane d’Europa e d’America. Ogniqualvolta la campana era invitata a suonare, tutti gli abitanti interrompevano le loro attività per prendersi alcuni istanti di pausa, inspirando ed espirando in consapevolezza. Al Plum Village, la comunità nella quale vivo in Francia, ci comportiamo allo stesso modo. Ogni volta che sentiamo la campana, torniamo a noi stessi e ci godiamo il nostro respiro. Inspirando, ripetiamo silenziosamente: “Ascolta, ascolta”, ed espirando diciamo, sempre mentalmente: “Questo suono meraviglioso mi fa tornare alla mia vera dimora”.

La nostra vera casa è il momento presente. Vivere nel momento presente è un miracolo. Miracolo non è camminare sull’acqua. Miracolo è camminare sul nostro verde pianeta nel momento presente, per poter apprezzare la pace e la bellezza che ci si offrono proprio ora. La pace è ovunque intorno a noi, nel mondo e nella natura, e dentro di noi, nei nostri corpi e nelle nostre anime. Se solo impariamo a entrare in contatto con questa pace, a toccarla, saremo guariti e trasformati. Non si tratta di fede: è una questione pratica. Non c’è bisogno d’altro che di trovare dei modi per riportare il nostro corpo e la nostra mente al momento presente, così da poter toccare ciò che è vitale, salutare e meraviglioso.

L’anno scorso a New York ho preso un taxi, e ho potuto constatare che il tassista non era per niente felice. Non era nel momento presente. Non c’erano in lui né pace né gioia, nessuna capacità di essere vivo nel suo lavoro, e tutto ciò era espresso dal suo modo di guidare. Molti di noi si comportano allo stesso modo. Ci diamo un gran daffare, ma non siamo una cosa sola con quello che stiamo facendo; non siamo in pace. Il nostro corpo è qui, ma la mente è in qualche altro posto, nel passato o nel futuro, prigioniera della rabbia, delle frustrazioni, delle speranze o dei sogni. Non siamo davvero vivi: siamo piuttosto simili a fantasmi. Se il nostro bel bambino dovesse correrci incontro per offrirci un sorriso, lo perderemmo completamente, e lui perderebbe noi. Che peccato!

Nel suo Lo straniero, Albert Camus descrive un uomo che dovrà essere giustiziato di lì a pochi giorni. Seduto da solo nella sua cella, l’uomo nota un piccolo squarcio di cielo blu attraverso il lucernario, e istantaneamente si sente in intimo contatto con la vita, profondamente radicato nel momento presente. Promette a se stesso di vivere il tempo che gli resta in consapevolezza, apprezzando pienamente ogni istante, e continua a fare così per diversi giorni. Poi, solo tre ore prima dell’esecuzione, un sacerdote va nella sua cella per ricevere la confessione e celebrare gli ultimi rituali. L’uomo non vuole null’altro che restare solo. Invita più volte il sacerdote ad andarsene, e quando alla fine ci riesce, dice a se stesso che quel sacerdote vive come un morto. “Il vit comme un mort”. Può cioè constatare che colui che sta cercando di salvarlo è meno vivo di lui, di colui che sta per essere giustiziato.

Molti di noi, sebbene viventi, non sono veramente vivi, perché non sono in grado di toccare la vita nel momento presente. Siamo come morti, come dice Camus. Vorrei insegnarvi alcuni semplici esercizi, che possono essere praticati per unificare il corpo e la mente e tornare in contatto con la vita nel momento presente. Il primo si chiama respirazione cosciente, e molti esseri umani come noi lo praticano da più di tremila anni. Inspirando, sappiamo che stiamo inspirando; espirando, sappiamo che stiamo espirando. Così facendo, osserviamo i molteplici elementi di felicità dentro di noi e tutt’intorno a noi. È davvero possibile goderci il contatto con il respiro e l’essere vivi.

Possiamo trovare la vita solo nel momento presente. Penso che dovremmo istituire un giorno di vacanza per celebrare questo fatto. Ci sono festività per così tante occasioni importanti: Natale, Capodanno, la festa della mamma e quella del papà, persino il giorno della Terra, perché allora non celebrare un giorno nel quale sia possibile vivere felici nel momento presente per tutto il giorno? Vorrei proprio dichiarare oggi il “Giorno dell’Oggi”, un giorno dedicato a toccare la Terra, a toccare il cielo, a toccare gli alberi, e a toccare la pace che ci si offre proprio nel momento presente.

Dieci anni fa piantai tre magnifici cedri himalayani all’esterno del mio eremo, e oggi, ogni volta che passo vicino a uno di loro, mi inchino, tocco la corteccia con le guance, e lo abbraccio. Inspirando ed espirando in consapevolezza, guardo i rami e le splendide foglie . Abbracciare gli alberi mi dà moltissima pace e sostegno. Toccare un albero può dare un grande piacere sia a voi che all’albero. Gli alberi sono belli, comunicano un senso di freschezza e solidità. Se volete abbracciare un albero, non sarete mai respinti. Potete fare assegnamento sugli alberi. Ho insegnato anche ai miei studenti a praticare l’abbraccio degli alberi.

Al Plum Village c’è un bellissimo tiglio che offre ombra e gioia a centinaia di persone ogni estate. Alcuni anni fa ci fu una grande tempesta, molti dei suoi rami si spezzarono, e l’albero quasi ne morì. Quando vidi il tiglio dopo la tempesta, avrei voluto piangere. Sentii il bisogno di toccarlo, ma non trassi molto piacere da quel contatto. Vidi che l’albero stava soffrendo, e volli cercare di aiutarlo. Per fortuna il nostro amico Scott Mayer è come un medico degli alberi, e se ne è preso così bene cura che ora il tiglio è persino più forte e più bello di prima. Il Plum Village non sarebbe più stato lo stesso, senza quell’albero. Appena posso, tocco la sua corteccia e lo percepisco profondamente.

Così come tocchiamo gli alberi possiamo toccare noi stessi e gli altri, con compassione. Può succedere, cercando di piantare un chiodo in un pezzo di legno, che invece di colpire il chiodo ci colpiamo il dito. Subito posiamo il martello e ci preoccupiamo del dito ferito. Facciamo tutto il possibile per aiutarlo, mettendo mano al pronto soccorso e occupandocene con compassione e cura. Potremmo aver bisogno dell’aiuto di un dottore o di un’infermiera, ma abbiamo anche bisogno di compassione e gioia perché la ferita guarisca rapidamente. Quando sentiamo dolore, è meraviglioso toccare ciò che duole con compassione. Anche se il dolore è all’interno, nel nostro fegato, nel cuore o nei polmoni, possiamo toccarlo tramite la consapevolezza.

La nostra mano destra ha toccato la sinistra molte volte, ma forse non l’ha mai fatto con compassione. Proviamo a praticare insieme. Inspirando ed espirando tre volte, tocchiamo la mano sinistra con la destra e contemporaneamente con la nostra compassione. Vi siete accorti che mentre la mano sinistra riceve amore e benessere, anche la destra sta ricevendo amore e benessere? Questa pratica è benefica per tutte e due le parti, non solo per una. Quando vediamo qualcuno soffrire, se lo tocchiamo con compassione, potrà ricevere amore e benessere, e anche noi riceveremo amore e benessere. Possiamo fare lo stesso quando siamo noi a soffrire. Tutti traggono beneficio da questo tipo di contatto.

Il miglior modo di toccare è toccare con la consapevolezza. Sapete, è davvero possibile toccare senza consapevolezza. Lavandovi il viso la mattina, vi può capitare di toccarvi gli occhi senza rendervi conto che li state toccando. Può darsi che stiate pensando ad altre cose. Ma se vi lavate la faccia con consapevolezza, consapevoli di avere occhi con cui potete vedere, acqua che giunge da sorgenti lontane perché voi possiate rinfrescarvi, allora il vostro gesto è molto più profondo. Toccandovi gli occhi, potete dire: “Inspirando, sono consapevole dei miei occhi. Espirando, sorrido ai miei occhi”.

I nostri occhi sono elementi vitali, salutari e calmi, a nostra disposizione. Facciamo così tanta attenzione a ciò che non va, perché non notare ciò che è meraviglioso e ritemprante? Raramente ci soffermiamo un attimo ad apprezzare i nostri occhi. Toccando gli occhi con le mani e con la consapevolezza, comprendiamo che i nostri occhi sono gioielli preziosi, fondamentali per la nostra felicità. Chi ha perso la vista sente che se potesse vedere bene come noi, sarebbe in paradiso. Non dobbiamo fare altro che aprire gli occhi, per vedere ogni tipo di forme e di colori: il cielo blu, le colline morbide, gli alberi, le nuvole, i fiumi, i bambini, le farfalle. Solo sedendo e godendo di queste forme e colori, possiamo già raggiungere uno stato di grande felicità. Vedere è un miracolo, una condizione di felicità, eppure normalmente lo diamo per scontato. Non ci comportiamo affatto come se fossimo in paradiso. Praticando l’inspirazione possiamo acquisire consapevolezza dei nostri occhi, ed espirando possiamo sorridere ai nostri occhi: tocchiamo così uno stato di vera pace, di vera gioia.

Possiamo fare lo stesso con il nostro cuore. “Inspirando, sono consapevole del mio cuore. Espirando, sorrido al mio cuore”. Se pratichiamo in questo modo per qualche minuto, ci rendiamo conto che il nostro cuore sta lavorando sodo, giorno e notte, da molti anni, per tenerci in vita. Pompa migliaia di litri di sangue ogni giorno, senza tregua. Persino quando dormiamo, il cuore continua un lavoro da cui conseguono la nostra pace e il nostro benessere. Il cuore è quindi un elemento di pace e di gioia, ma noi non lo tocchiamo né lo apprezziamo. Invece, andiamo a toccare le cose che ci fanno soffrire, e così facendo procuriamo al nostro cuore momenti difficili, sia con preoccupazioni ed emozioni violente, sia con ciò che mangiamo e beviamo. In tal modo, miniamo la nostra pace e la nostra gioia. Praticando l’inspirazione diveniamo consapevoli del cuore, espirando sorridiamo al cuore: così raggiungiamo l’illuminazione. Vediamo il nostro cuore con estrema chiarezza. Sorridendo al nostro cuore, lo massaggiamo con la nostra compassione. Manteniamo il nostro cuore in buona salute quando sappiamo discriminare tra ciò che è bene mangiare e ciò che è dannoso, tra ciò che è utile bere e ciò che non lo è; sapendo quali preoccupazioni e dolori si possono evitare.

Lo stesso tipo di pratica può essere applicato ad altri organi del nostro corpo, per esempio al fegato. “Inspirando, so che il mio fegato sta lavorando sodo per farmi stare bene. Espirando, faccio voto di non danneggiare il mio fegato bevendo troppo alcol”. Questa è una meditazione d’amore. I nostri occhi sono noi stessi. Il nostro fegato è noi stessi. Se non sappiamo amare il nostro cuore e il nostro fegato, come possiamo amare un’altra persona? Praticare l’amore è prima di tutto praticare l’amore verso noi stessi: prenderci cura del nostro corpo, del nostro cuore, del nostro fegato. Stiamo toccando noi stessi con amore e compassione.

Quando abbiamo mal di denti, sappiamo che non avere mal di denti è una cosa meravigliosa. “Inspirando, sono consapevole del mio non-mal di denti. Espirando, sorrido al mio non-mal di denti”. Possiamo toccare il nostro non-mal di denti con la consapevolezza, e persino con le mani. Quando soffriamo d’asma e respiriamo a fatica, comprendiamo che poter respirare a pieni polmoni è qualcosa di meraviglioso. Anche se abbiamo solo il naso chiuso, già sappiamo che respirare liberamente è una cosa splendida.

Ogni giorno tocchiamo ciò che non va e di conseguenza, perdiamo la salute. Proprio per questo dobbiamo imparare a praticare il toccare ciò che va, che funziona, dentro di noi e intorno a noi. Entrando in contatto con gli occhi, col cuore, con il fegato, con la respirazione, con il non-mal di denti, e apprezzandoli veramente, vediamo che le condizioni per la pace e la felicità sono già presenti. Camminando in consapevolezza e toccando la Terra con i piedi, oppure bevendo il tè con gli amici e toccando sia il tè sia l’amicizia, siamo guariti, e la nostra guarigione diventa un contributo alla guarigione della società. Più abbiamo sofferto in passato, più siamo capaci di guarire noi stessi e gli altri. Possiamo imparare a trasformare la sofferenza in una sorta di introspezione, di intuizione, che sarà d’aiuto ai nostri amici e alla società.

Non c’è bisogno di morire per entrare nel Regno dei Cieli. Anzi, dobbiamo essere completamente vivi. Inspirando ed espirando, abbracciando un bell’albero, siamo in paradiso. Praticando la respirazione consapevole, attenti ai nostri occhi, al cuore, al fegato, al non-mal di denti, siamo immediatamente trasportati in paradiso. La pace è a nostra disposizione. Non dobbiamo fare altro che toccarla. Quando siamo davvero vivi, possiamo vedere come l’albero sia parte del paradiso, e come anche noi ne siamo parte. Tutto l’universo sta cercando di rivelarci questa realtà, ma siamo così ciechi da investire le nostre risorse per tagliare gli alberi. Se vogliamo accedere al paradiso in Terra, ci basta un solo passo cosciente e un solo respiro cosciente. Quando tocchiamo la pace, ogni cosa diventa reale. Diventiamo noi stessi, pienamente vivi nel momento presente, e sia l’albero che il nostro bambino, così come ogni altra cosa, si rivelano a noi nel loro pieno splendore.

“Il miracolo è camminare sulla Terra”. Questa frase è stata pronunciata dal maestro zen Lin Ci. Miracolo non è camminare sull’acqua, o nell’aria, ma camminare sulla Terra. La Terra è talmente bella. E anche noi siamo belli. Possiamo concederci di camminare in consapevolezza, toccando la Terra, la nostra madre meravigliosa, a ogni passo. Non c’è bisogno di augurare agli amici: “La pace sia con te”. La pace è già con loro. L’unica cosa che dobbiamo fare è aiutarli a coltivare l’abitudine di toccare la pace in ogni momento.

Tratto da:Thich Nhat Hanh, Toccare la pace, Ubaldini Editore

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