La mia esperienza personale nelle classi di esercizi bioenergetici
di Giulio Santoro
L’approccio con la dimensione fisica, attraverso il lavoro sul corpo svolto durante le classi di esercizi bioenergetici ha avuto diversi effetti sulla mia persona. Ho vissuto l’esperienza delle classi con particolare intensità. Le sensazioni fisiche, nuove mai provate, come le lucide e colorate visioni e i sogni ad occhi aperti scaturiti da certi movimenti durante gli esercizi hanno avuto una caratteristica comune: quelli di essere ‘accesi’, vivi. E le paure, anch’esse forti e vive, le ho accolte durante il Grounding, in un momento di sintesi, così queste hanno smesso di rappresentare per me una preoccupazione.
Sperimentarsi corpo, durante le classi è stata l’esperienza più difficile e intensa che abbia mai fatto nella mia vita. Muovere il corpo è stata fatica. Non sentivo fluire un minimo di energia. Ho avvertito inizialmente il mio corpo come un bambino chiuso, difficile e poco comunicativo… probabilmente ero così anche da piccolo, per cui posso dire che entrare in contatto con il mio corpo è stato come salire sulla “time machine”.
Ritornare al bambino. Come se nel corpo fosse rimasto intrappolato, congelato il bambino che comunque, nonostante i suoi difetti era sempre bambino e sempre aggraziato. Mi sono ritrovato bambino più volte, durante le classi, in regressione verso un periodo dal quale non mi sarei voluto risvegliare. E i colori delle visioni avevano sempre a che fare con i colori dei miei giochi preferiti: il rosso e l’arancio.
Vedere e sentire al tatto quei colori, sento che mi ha dato una profonda possibilità di radicamento nella mia infanzia. Quei colori sono rientrati nella mia vita ordinaria, come schegge di felicità, supportate da una gioia nuova per le cose, una disponibilità maggiore a cambiare idea, una capacità nuova a lasciarsi sorprendere, una felicità nell’abbracciare qualcuno ed esprimergli il mio amore.
La mia preoccupazione principale, quando ho iniziato questo viaggio di ricerca e di lavoro sul corpo, era il contatto con l’altro, non tanto come paura del contatto, quanto paura di non provare nessuna emozione. Per questo motivo, molto spesso mi trovavo nelle condizioni di evitare un contatto troppo intimo con l’altro. Questo contatto, via via, con la pratica e il tempo, sono riuscito a stabilirlo. Non solo: adesso è diventato un contatto che trasmette, comunica e vive. Non lo avverto più come vuoto, anzi, è un contatto che nutre e respira.
Questo, posso dire, è stato uno dei passi più importanti, una tappa finalmente raggiunta! E’ diventato importante l’abbraccio bioenergetico, il respirare insieme, sentire l’altro che respira allo stesso ritmo è un’esperienza profonda, indimenticabile. E’ un esercizio di cui a volte sento il bisogno, il bisogno di un contatto profondo e di fusione del respiro.
Anche il contatto con le mani mi ha permesso di riattivare l’energia in questa parte del corpo e sento che il contatto con le mani o il semplice contatto delle mani con il proprio corpo o il corpo dell’altro sia un altro momento importante che avviene durante una classe di esercizi e che mi ha dato la possibilità di vivere un’esperienza di scambio e di crescita davvero importante.
Ho sentito le mie mani come parti di me in grado di dare amore; il semplice tenersi le mani o tenere le mie mani su una parte del corpo dell’altro è diventata per me un’occasione per sentire le mie mani canali da cui far fluire amore.
Ho sentito le mie mani a volte così doloranti, durante la respirazione, come fossero state contratte per anni, e poi la tensione è scivolata via, lasciando un formicolio, un’energia che elettrizzava tutta la pelle. Così, ho sentito le mie mani diventare parte di me, sintetizzarle nella mia consapevolezza.
E’ cambiata la mia qualità del toccare, la qualità del contatto, la mia capacità di espressione attraverso le mani, grazie a quest’aumentata consapevolezza delle mie mani.
La stessa cosa posso dire sui piedi e le gambe. Ma qui aggiungo anche che la maggiore consapevolezza dei piedi e del contatto con la terra, ha avuto in me un effetto secondario sulla mia personalità che mi ha offerto la possibilità di percepirmi come più radicato.
Questa sensazione di stabilità si è riflessa anche nella vita di tutti i giorni, non tanto nella capacità di prendere decisioni in modo più o meno determinato, quanto nella capacità di distruggere preconcezioni, idee e concetti sui quali avevo ‘fondato’ parte delle mie convinzioni.
La posizione di base, così faticosa agli inizi, è diventata con il tempo una posizione naturale, bella, armoniosa e perfetta. In posizione di grounding mi sento allineato, in asse e contemporaneamente pronto alla disgregazione totale delle idee e al disordinato movimento del corpo che potrebbe seguire qualsiasi tipo di movimento incontrollato e liberatorio. Quindi, in grounding, è come se la struttura stessa del mio corpo si organizzasse per disorganizzarsi e riorganizzarsi in altro modo.
La respirazione profonda, durante il grounding ha ripulito tutto, e i momenti in cui la mia attenzione si focalizza sul respiro e sul corpo, la mia mente ha modo di svuotarsi, riorganizzarsi, accordarsi con qualcosa di diverso, che mi attraversa e ancora sconosco.
Ecco un altro punto importante e un’altra esperienza fondamentale: il momento in cui, concentrandomi solo sul corpo e il respiro, ho sentito la mia mente vuota! E’ stata un’esperienza di riposo, finalmente dopo tanti pensieri, sperimentare anche solo pochi attimi di silenzio mentale è stato davvero importante.
E’ un momento di riposo, un momento in cui finalmente la mente sta zitta offrendomi così la possibilità di sentire il sottofondo di sensazioni che provengono dal mio corpo. Stranamente, bastano pochi minuti di mente ‘silente’ per sentirmi riposato. Sono stato troppo nella mia testa, ho vissuto e continuo probabilmente anche adesso a vivere troppo nella mia testa, ricordi, pensieri, ansie, paure… e tutto ciò mi distrae dalle sensazioni del corpo.
Rallentare il flusso dei pensieri è stata una delle esperienze che più mi ha colpito durante le classi di esercizi. Il tempo. Lo scorrere del tempo e la modifica della percezione dello scorrere del tempo: tre punti chiave o uno solo sul quale sento di dovere dire qualcosa.
Agli inizi avvertivo la mia mente come qualcosa che lavorasse ad un ritmo davvero veloce, mentre il corpo, lo avvertivo come immaturo, lento e pesante. Mediante il lavoro sul corpo ho avuto modo di cogliere un’altra dimensione temporale.
Un tempo più lento, attraverso il quale anche la mente rallenta il suo flusso di pensieri. Il corpo ha un tempo più dilatato, ritmi lenti, e questa nuova consapevolezza è stata una vera illuminazione. Sono felice soprattutto di questa consapevolezza, di questo tempo ‘nuovo’ per me.
Mi sono accorto di questa nuova tendenza ai tempi più lunghi. Sento durante le classi il bisogno di tempi lunghi, e dire che una volta erano la cosa che mi faceva innervosire più di tutte! Ma andavo troppo veloce e non trovavo il modo per rallentare. Sto rispettando il mio corpo, così, gli sto dando spazio e tempo necessari. In questo ritmo lento del corpo ho avuto modo di accorgermi di nuove sfumature. Tutto quello che passava e lasciavo andare perché i pensieri andavano molto più veloci e non avevano il tempo di fermarsi ad aspettare.
E’ importante per me e la mia crescita stare in sintonia con questa dimensione temporale corporea lenta e senza mente. In questo tempo più lento, gli spazio per il silenzio sono dilatati e il ‘pensare’ ha lasciato il posto al ‘sentire’. I pensieri, giravano troppi e troppo veloci, senza direzione e non arrivavo mai a nulla.
Era un circolo vizioso. Più pensavo e più toglievo energie. Più pensavo e meno forza avevo per l’azione. I pensieri lasciano il posto e il vuoto che resta lo sento come integrazione con parti di me, il mio corpo e i desideri. In questo vuoto mentale non ho espresso giudizi sulle sensazioni, ma solo ascolto, le ho lasciate scorrere senza giudicarle, andavano tutte bene perché rientravano in un quadro che avvertivo più ampio e perfetto. Il mio è stato un esercizio di contemplazione delle sensazioni a cui finalmente ho prestato il mio sentire.
Ho lavorato sul bacino, portando la respirazione quando più in fondo possibile, ma non credo ci sia stato un completo allentamento e apertura. La mia pancia, adesso è comunque più presente, la sento più morbida, la tocco di più, e sento maggiormente le sue tensioni e la sua rilassatezza.
Lo stesso vale per il torace: ho pianto. Ho pianto tantissimo, non finivo più di piangere, non mi aspettavo nemmeno di piangere per così tanto tempo e a dire il vero non so nemmeno se è stato per pochi minuti o per diverse ore. Poi ho riso, ma così tanto e così bene che mi è bastato per tanto tempo. Ho lavorato male durante molti degli esercizi, ho dormito spesso… ma è stato indubbiamente il sonno più bello di tutti, senza sogni, vuoto, benefico. Solo immagini, colori e sensazioni.
Ho lavorato sulla padronanza, l’espressione e la consapevolezza; i pilastri. Immagino, nella mia visione odierna, di essere ancora troppo lontano dal poter solamente pensare di dirmi consapevole, padrone di me stesso ed espressivo. Anzi, credo di aver fatto i conti con la necessità di rivedere il significato dei termini in questione.
Ma ho avuto una grande occasione e nel bene o nel male ho sentito, anche solo per qualche breve attimo, che esiste un modo di lavorare verso il raggiungimento della formazione del ‘tempio’ del Sé. Questa la sento come una grande conquista. Poi, voglio sentirmi libero di iniziare o terminare qui il viaggio.
Inoltre, questa sensazione, la bellissima sensazione che esista una Via, raggiunta soprattutto con il contatto con l’altro, in posizioni molto radicate, a terra, sdraiato, mi ha dato l’occasione di sperimentare il mio confine, il mio essere congelato in una struttura poco morbida. La paura di abbandonarsi alle sensazioni bloccava letteralmente il mio corpo e un semplice contatto con l’altro era troppo difficile.
L’abbraccio, per quanto abbia ancora una certa resistenza a metterlo in pratica, mi ha aiutato in questa ricerca e definizione dei confini. Un intimo contatto, con respirazione, abbraccio, apertura, dopo molte difficoltà, sono stato proprio io a cercarlo. Lo sentivo come il giusto modo per toccare un senso di disperazione che avevo dentro da tempo e a cui non riuscivo a dare voce. Per quanto non abbia pianto, ho sentito un’apertura del cuore e un calore indimenticabili.
Sento di avere scritto oggi, dopo molto tempo, in un modo assolutamente nuovo, non già nella forma, né tanto meno nei contenuti, quanto nell’intenzione. Sento di avere scritto più con la pancia che con la testa.
Il Grounding (o Posizione di Base)
La posizione di grounding con il quale si apre la classe EB rappresenta un assetto posturale e respiratorio di equilibrio ed espressività molto importante ai fini della valutazione da parte del conduttore, della persona che partecipa alla classe, del suo modo di porsi nella vita, di ‘stare nel modo’ e della sua tipologia caratteriale. La posizione di grounding, quindi, ci dice molto sulla persona che la assume, proprio perché, essendo una posizione di maggiore contatto con se stessi, nel suo apparente stato immobile comunica molto più delle parole sui processi psichici e sugli stati di tensione e sulla personalità del soggetto che assume tale posizione.
Per descrivere la posizione di grounding proviamo a immaginare di assumere una posizione eretta, con i piedi paralleli, l’apertura delle gambe relativa alla larghezza del bacino, le ginocchia leggermente flesse, il bacino leggermente retratto, il peso del corpo sugli avampiedi e la testa allineata con il busto con lo sguardo fisso in avanti.
Questa posizione appena descritta risulterà inizialmente abbastanza scomoda per i più, ma quando tutta la muscolatura sarà rilassata, il dolore scomparirà, lasciando la sensazione che la posizione assunta sia molto naturale. E’ una posizione in cui ci si deve abbandonare all’idea di lasciarsi sostenere dalla terra!
La respirazione, in questa posizione avverrà tramite la bocca e sarà lenta e profonda coinvolgendo il ventre che si dilaterà durante la fase inspiratoria, accompagnato dal movimento di apertura del torace, delle spalle e della schiena che tende ad inarcarsi verso l’alto permettendo all’ossigeno di arrivare sia alla parte inferiore dei polmoni che ai quarti superiori. E’ importante che durante questa posizione, si coinvolga il principale muscolo della respirazione che è il diaframma.
Inoltre, la respirazione sarà accompagnata da un movimento di spinta dei piedi verso il basso durante la fase di inspirazione e di raccoglimento, rilassamento durante la fase espiratoria con rientro del bacino, minore spinta sui piedi, chiusura delle spalle e innalzamento del diaframma con relativo rientro dell’addome e spinta sui polmoni in modo da svuotarli totalmente.
Il grounding così rappresenta un respiro a tutto corpo in cui testa e piedi attingono da cielo e terra ed è possibile un’integrazione fra le tre zone del nostro corpo: collo, petto e vita; mente, cuore e istinto. Il fluire dell’aria, accompagnato dal movimento del corpo comporta la sensazione di un’onda che attraversa il corpo sciogliendo le tensioni e ristabilendo un’integrità delle tre aree.
La posizione di equilibrio del grounding e la respirazione associata, allinea la persona dalla testa ai piedi lungo un unico asse che collega la parte superiore ad una base percepita come solida e sicura. In questa posizione è possibile lasciare fluire liberamente l’energia, la vibrazione che sarà avvertita come sensazione di flusso che scorre.
In questa fase di integrazione, di raggiungimento di una maturità che implica la capacità di interdipendenza e di scambio tra microcosmo e macrocosmo, lo scioglimento del collo e delle tensioni nel torace e nel bacino, favoriranno una connessione integrativa della mente con il cuore e l’istintualità, una via di accesso alla parte ‘bassa’ del nostro corpo, portando il respiro in fondo al bacino, in zone in cui per lo più sono condensate molte paure e rimossi.
In pratica, attraverso il grounding è possibile spostare la propria attenzione dal pensare al sentire, ristabilendo così la base naturale della nostra vita che non è rappresentata dalla mente e i suoi sottoprodotti, i pensieri, ma dal bacino e la nostra natura istintuale che per la nostra impostazione di vita, cultura e dogmatizzazione abbiamo in un certo senso demonizzato e detronizzato. Riappropriarsi della propria memoria istintuale significa riappropriarsi del piacere di viversi come corpo, di sentire la sessualità non come un processo che passa attraverso gli occhi o la mente, ma attraverso il corpo.
Per tutta la nostra vita siamo stati abituati a pensare e il pensare è diventato quasi meglio del sentire (si veda il proliferare di erotismo in ogni attività e nel settore della comunicazione). Così, anche l’attività più istintuale come il sesso, passa oggi attraverso il pensare e non il sentire. Il pensare quindi rappresenta una difesa molto ben strutturata al sentire.
Il grounding è un assetto posturale in cui la persona sperimenta sensazioni di fiducia e di sostegno, di connessione al suolo. La sensibilità al contatto con il suolo è maggiormente garantita sia dal peso del corpo che è spostato leggermente in avanti, in modo che comunque la persona non cada in avanti, ma resti in una posizione di equilibrio, ed è anche garantita dalla flessibilità delle ginocchia che essendo sbloccate, favoriscono un maggiore passaggio delle scariche energetiche.
La persona che assume questa posizione, quindi, avvertirà un maggiore senso di radicamento alla terra sotto i piedi. Il lavoro sul grounding è dunque fondamentale per restituire alle gambe la sensibilità al suolo e restituire alla persona la sensazione di essere radicata, avere basi solide sulle quali sperimentare emozioni e vissuti che fino a quel momento erano stati allontanati dalla propria percezione e consapevolezza.
Le connessioni che si stabiliscono attraverso il grounding non sono da considerarsi solo in termini di alto-basso, ma è coinvolta anche la dimensione frontale-dorsale, infatti durante la respirazione il movimento di apertura e chiusura della gabbia toracica con estensione o meno della colonna vertebrale implica questo contatto maggiore tra la parte frontale del corpo e la parte dorsale.
L’esperienza di radicamento, può rappresentare per molte persone un’esperienza quasi unica, o meglio, un’esperienza dimenticata. Da bambini, grazie al fatto di vivere molto a contato con il suolo, abbiamo una certa connessione con il suolo e la terra, ma crescendo questa connessione viene cancellata o rimossa, per cui recuperare questa connessione può risultare difficile per molti, ma sicuramente recuperarla può avere degli effetti davvero benefici e positivi sull’organizzazione della persona.
Durante il grounding l’attenzione della persona si sposta dalla mente e il pensare, al sentirsi in connessione con l’alto e il basso, dalla testa ai piedi, il respiro riorganizza il pensiero, rallenta il pensiero al ritmo del corpo, unisce avanti e retro, sopra e sotto, dentro e fuori, in un’unità integrata, fluida e morbida in cui è possibile lasciare libere le proprie emozioni, vederle entrare e uscire dal proprio corpo al ritmo del respiro, vederle entrare e uscire dal nostro corpo in un atteggiamento di contemplazione e non giudicante.
Solo così rabbia, paura e disperazione, in un corpo ben radicato sulle proprie gambe possiamo pensare di trasformarli in spinta alla crescita, in fiducia e in entusiasmo.
Il grounding rappresenta una disposizione all’essere e alla crescita, al raggiungimento di un’integrità che passa spesso per la disgregazione e successiva ricostruzione. Per questo è importante che la persona sperimenti il senso di fiducia nelle proprie gambe: per sopportare l’uragano, che dovrà passare e cancellare tutto, lasciando spazi insaturi su cui creare la nuova fondazione.
Il grounding è l’esperimento che facciamo di contemplazione, di non pensiero, di non mente, la sensazione di non essere più disturbati da pensieri che distraggono dal flusso di sensazioni corporee, il qui e ora. E’ ritrovarsi corpo allineato lungo un asse terrestre unico, in un’esperienza di dare e prendere in questo posto e in questo istante. Nel grounding non ho mai sentito la necessità di pensare in termini di passato-futuro. Esiste solo il presente ed è anche questa via, il grounding, che ci permette di cogliere un attimo così sfuggevole quale è il presente.
Nella mia esperienza ho vissuto il grounding come una posizione di apertura, di passaggio di energia dalla testa ai piedi, di comunione con gli Elementi. Ho sentito il respiro come un’onda che attraversava e ordinava dolcemente tutto il mio corpo, rendendolo più integro, compatto e contemporaneamente morbido e sensibile. La sensazione di ritrovare delle radici attraverso il contatto sempre più profondo tra piedi e suolo, mi ha dato l’impressione di avere “piedi più grandi”, basi d’appoggio più stabili e sicure, per cui mi sono sentito molto più libero nell’espressione dei miei sentimenti, nel liberarli e nel farli fluire.
Il grounding è una posizione di ascolto: è il respiro che aperto e profondo, raggiungendo ogni parte del torace e dell’addome restituisce un’impronta del corpo interiore con le sue tensioni e le sue parti doloranti. E’ inoltre una posizione in cui mi è possibile sperimentare un bellissimo senso di leggerezza. Le ginocchia flesse, mi restituiscono sensazioni dimenticate e nonostante abbia una particolare sensazione di stare ben radicato a terra ho l’impressione di staccarmi dal suolo ad ogni inspirazione. In grounding ho compreso diverse mie paure, ne ho preso consapevolezza.
Giulio Santoro