
Imparare a camminare. Intervista a Alberto Villani
Dal gattonameno ai primi passi: come aiutare il bambino in questo periodo, che cosa fare se cade, le prime scarpe, consigli su girello e deambulatore e i piccoli disturbi da tenere sott’occhio.
Pronti, partenza, in marcia!
E’ un processo delicato ed emozionante, sia per il bambino sia per i genitori: a poco a poco comincia a gattonare, poi impara a mettersi in piedi e infine eccolo muovere i primi passi da solo! Come incoraggiare e sostenere il bambino in questo periodo così importante? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Villani, responsabile dell’Unità Operativa di Pediatria Generale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
1. La fase del gattonamento
Quando inizia
In genere i bambini cominciano a gattonare tra i 6 e i 12 mesi, ma non c’è una regola valida per tutti. Anzi, alcuni bambini saltano addirittura questa fase e sperimentano altre modalità di movimento, ad esempio strisciano a pancia ingiù, si spostano da seduti aiutandosi con mani e piedi, per poi passare direttamente alla stazione eretta. Il gattonamento difatti non è un pre-requisito per camminare e ogni bambino ha un processo psicomotorio personale.
Come aiutarlo in questa fase
“Compito del genitore deve essere innanzitutto quello di controllare che non ci siano ostacoli e/o pericoli negli spazi in cui gattona” commenta Alberto Villani: “una volta eliminati, è bene lasciarlo libero di fare i suoi esperimenti il più possibile in autonomia. Solo in questo modo acquisirà gradualmente sicurezza e si preparerà a poco a poco a mettersi in piedi. In tutti i suoi tentativi, l’atteggiamento di mamma e papà deve essere sempre giocoso e incoraggiante, mai preoccupato e troppo protettivo.
Una buona ‘palestra’ per consentirgli di fare i suoi esperimenti può essere un tappetone morbido con la gomma sotto (così non si arrotola) con alcuni giocattoli: imparerà a spostarsi nella modalità che gli risulta più congeniale per raggiungerli, allenando i suoi muscoli”.
Quali le scarpe giuste
Per gattonare non c’è bisogno di scarpe: l’ideale sono i calzini antiscivolo.
2. I primi passi
Quando inizia a camminare
“L’età media per i primi passi è 12 mesi, ma ancora una volta il calendario è individuale” specifica Alberto Villani: “ci sono bambini più precoci che iniziano anche a 8-9 mesi, altri che aspettano l’anno e mezzo. L’inizio della deambulazione autonoma è una caratteristica familiare: se uno dei genitori ha iniziato a camminare presto, è possibile che anche il piccolo inizi presto. In ogni caso entro i 18 mesi si è nella norma”.
Come aiutarlo in questa fase
Semplicemente assecondandolo: il bambino fa ciò che si sente di fare e non va forzato. Per questo motivo non deve essere il genitore a metterlo in piedi, per poi cercare di lasciarlo da solo: il bambino deve raggiungere autonomamente la stazione eretta, perché solo allora vuol dire che è pronto per stare in piedi e muovere i suoi primi passi. A mamma e papà il compito di incoraggiarlo e complimentarsi con lui per i traguardi raggiunti.
E se cade?
Se succede, non mostriamoci spaventati: certe cadute per lui non sono dannose e se piange è solo perché ha visto la nostra espressione preoccupata. Un nostro atteggiamento allarmato potrebbe anzi dargli insicurezza e scoraggiare ulteriori tentativi.
Una casa a misura di bebè
Non appena il bambino comincia a spostarsi da solo, occorre riorganizzare gli spazi in casa: eliminiamo dalla sua altezza tutti gli oggetti fragili o pericolosi, via i soprammobili dai ripiani più bassi, copriamo gli spigoli con paraspigoli, le prese elettriche con copripresa, chiudiamo i detersivi negli armadietti, togliamo i tappeti che potrebbero farlo inciampare, attenzione ai lembi delle tovaglie, che potrebbe facilmente trascinarsi giù con tutte le stoviglie appoggiate: ormai gli spazi devono essere tutti su misura per lui!
Girello no, deambulatore sì
Il girello può essere utile per aiutare il bambino a camminare? “No, anzi è pericoloso e potenzialmente dannoso, perché fa impostare male l’andatura, inoltre non gli permette di allenare la muscolatura e il senso dell’equilibrio” risponde il prof. Villani. “Molto meglio un deambulatore con rotelle: a forma di camion, cagnolino, macchinina, sono tutti dotati di un maniglione posteriore al quale il bambino si può appoggiare e spostarsi a suo piacimento. Ok anche al box, dove il bambino può sperimentare in tutta sicurezza ad alzarsi in piedi e reggersi senza manine”.
Mano no, dito sì
Per aiutare il piccolo a muovere i primi passi, basta offrirgli un dito, che il bimbo impugnerà e al quale si sosterrà. Sbagliato invece tenerlo per mano, poiché si rischiano strattonamenti che possono anche provocare la lussazione della testa del radio (l’osso laterale dell’avambraccio, posto tra gomito e polso). Oltretutto tenerlo sempre per mano può renderlo insicuro e rallentare la conquista della deambulazione autonoma (“se mi tengono per mano, vuol dire che da solo non posso farcela”), e la mano dell’adulto potrebbe diventare un appiglio dal quale il bebè fatica a separarsi. Non dimentichiamo che riuscire a camminare da solo è anche una conquista dal punto di vista psicologico, poiché rappresenta una prima importante forma di distacco da mamma e papà.
Quali le scarpe giuste
Le prime scarpe dovrebbero preferibilmente essere alte, con un modesto plantare e flessibili, dalla punta al tacco.
3. Non preoccuparti se…
… cammina con le punte verso l’interno. In termini medici si parla di “marcia a punte intraruotate”: mentre cammina, tende a mettere le punte verso l’interno. “Anche se i genitori tendono ad allarmarsi, in realtà la marcia a punte intraruotate fa parte della normale ricerca dell’equilibrio, che i bambini mettono in atto quando imparano a camminare: mettere i piedini verso l’interno infatti allarga la base d’appoggio” tranquillizza il pediatra.
… cammina sulle punte Anche questo tipo di deambulazione rientra nella fisiologica ricerca di equilibrio, che porta il bambino a mettere i piedi nel modo che trova più congeniale alla stazione eretta. Col passare dei mesi, l’aumento di peso lo porterà spontaneamente ad appoggiare a terra tutta la pianta del piede.
Piccoli disturbi da tenere sott’occhio
Piede piatto. Può capitare ai più piccoli: quando sono in posizione eretta, il piede non mostra la fisiologica curvatura plantare ma tutta la pianta del piede tocca a terra. “Entro certi limiti, fino ai 2-3 anni di età, un leggero piattismo rientra nella norma ed è legato alla presenza di un maggior tessuto adiposo sotto la pianta plantare” spiega il prof. Villani. “Se tuttavia, su parere del pediatra, il piattismo è troppo pronunciato o se permane oltre i 4 anni di età, allora è doveroso un controllo da un ortopedico pediatra, che, fatta la diagnosi, potrà valutare l’opportunità di inserire nelle scarpe un piccolo plantare”.
Gambe ad arco. Può succedere quando il bambino comincia a stare in piedi: se si mette con i piedi uniti, si vede uno spazio tra le ginocchia, che formano, appunto, un arco. “Il fenomeno si chiama propriamente ginocchio varo e può interessare con maggiore frequenza i bambini robusti, che con il loro peso possono far arcuare le ginocchia” spiega Villani. “Spesso c’è una componente familiare, ma nella maggior parte dei casi è una caratteristica che tende a regredire spontaneamente intorno ai 2-3 anni- In ogni caso è bene farlo presente al pediatra che, se lo riterrà opportuno, potrà consigliare una visita ortopedica”.
Gambe ad X. È la situazione opposta al ginocchio varo: quando il bambino sta in piedi, anche se le ginocchia sono a contatto fra di loro, i piedi restano distanziati. E’ il fenomeno del ginocchio valgo, e si manifesta in genere fra i 3 e i 4 anni. Anche in tal caso c’è in genere una componente familiare ed anche in tal caso il fenomeno tende a scomparire con il fisiologico sviluppo degli arti inferiori. Sarà però il pediatra a valutare se e quando è il caso di consultare uno specialista ortopedico.
Tratto da www.nostrofiglio.it