Il carattere psicopatico di Cosimo Aruta
Nella nostra cultura, in genere è la madre che stabilisce narcisisticamente e saccentemente quale tipo di accadimento sia più idoneo al suo bambino; in tal modo vengono ignorati, disattesi e manipolati i veri , naturali bisogni bioenergetici di quel bambino. Essi vengono infatti sacrificati sull’altare della libertà dei genitori di trasmettere ai figli i valori di cui quella famiglia è depositaria, calpestando il diritto del bambino a sviluppare e ad esprimere valori diversi, quelli del suo potenziale innato, del suo Emerging Self (intenzionalità tesa all’esperienza ed alla conoscenza). Se questo conflitto sul diritto di espressione si esaspera, una madre può reagire nevroticamente alle richieste del suo bambino, e può divenire ansiosa nei confronti di quelli che sono i bisogni evolutivi e la psicomotricità; allora il bambino sviluppa la sensazione dell’ostilità e dell’aggressione materna, e nello stesso tempo si determina in lui l’ansia di accontentare la madre, così premurosa ed ansiosa per certe funzioni, e così indifferente e negativa per tutti gli altri canali relazionali. Allora il bambino comincia ad avere dubbi sulle proprie funzioni naturali che preoccupano tanto la madre, comincia a perdere fiducia nelle proprie sensazioni corporee, in se stesso, inizia a strutturare le tensioni muscolari croniche ed a scambiare le sensazioni corporee in funzione dei desideri materni. Solo così riesce ad assopire il conflitto con la madre e ad illudersi che la mamma lo accetti e lo ami al di là delle sole cure materne.
(Ezio Zucconi Mazzini, La malattia del potere, Alpes Italia, Roma, 2010, cap. VIII° – pag. 70).
L’esperienza dello psicopatico nella sua vita infantile è densa di manipolazioni attuate dalla madre nei suoi confronti. Non è infrequente osservare un bambino che, attratto da oggetti, colori e attività motorie nuove per lui, viene prontamente bloccato e indirizzato diversamente da una mamma che osserva l’ineludibile imperativo: “è per il tuo bene”. Per comprendere in concreto quali potrebbero essere le esperienze vissute dal piccolo in quella specifica situazione, immaginiamo un bimbo nella fase oggettuale della differenziazione (da uno a due anni circa) che, attratto dal tappeto di casa inizia a giocare tirandolo e ridendo con gioia per la sua nuova scoperta. Sopraggiunge immediatamente la madre che lo distoglie da quello che stava facendo: “No! No, Lo sai che un bravo bambino non fa questi giochi pericolosi, non si sporca le manine toccando il pavimento e il tappeto, no no”. Poi lo prende per mano, lo accompagna in un altro ambiente, lo fa sedere sulla sediolina della sua piccola scrivania, gli porge un libro illustrato per bambini e tenta di convincerlo che la lettura è l’attività che va bene e fa bene a lui: “vedi che bello il coniglietto in questa pagina, indicandolo con il dito, in alto c’è una lettere, la lettera C, Coniglietto! Vedi come ti diverti, è questo che ti fa piacere e che ti fa divertire e la mamma è contenta che impari qualcosa di utile. Tu sei unico, sei il più intelligente, sei il migliore di tutti i bambini, per questo ti voglio così tanto bene“. Il bambino comincia a dubitare delle sue sensazioni corporee, soprattutto perché la madre, nella sua modalità di relazione (vezzeggiandolo e manipolandolo), lo convince di sentire quello che lei stessa vuole che lui senta.
La madre del bambino psicopatico è molto seduttiva e, nello stesso tempo, manipolativa. Al bambino non sono mancate le cure materne, tuttavia, la sensazione che lui ha provato è che non fossero rivolte veramente a lui, la sua percezione sensoriale tende a confondersi. Occorre ricordare che alla nascita, il bambino vive il rapporto con la madre esclusivamente attraverso l’apparato sensoriale, non essendo quello motorio, del linguaggio e intellettivo, ancora formato. Per questo motivo il sensorio è fondamentale nella sua funzionalità o disfunzionalità. Il rapporto calmo, sereno, sicuro che lo accompagna nelle sue esperienze, anche di contatto, si alterna in una altalena imprevedibile, in relazione agli umori e alle sensazioni emotive mutevoli della madre.
Le reazioni che si sviluppano nel bambino possono procedere con due modalità:
- Con la tendenza alla passività, nell’attesa che la situazione cambi e che le promesse, le lusinghe, vengano mantenute; oppure, al contrario,
- Con l’indipendenza narcisistica che rifiuta l’idea dell’attesa, in quanto l’enfasi del genitore seduttivo che lo fa sentire il migliore, l’unico, fa si che il bambino esiga che i suoi bisogni vengano soddisfatti subito, perché tutto gli è dovuto.
Alexander Lowen nel suo prezioso volume: “Il linguaggio del corpo, Feltrinelli Editore, Milano 1978”, scrive che il caos che può determinarsi nella vita di un bambino è dovuto a forze esterne che ne hanno turbato la naturale, armoniosa autoregolazione.
Lo sforzo ad essere buono, limitando l’espressione emotiva, induce nel bambino la ribellione che, però, temendo di perdere l’amore, finirà per utilizzare le stesse armi della madre: nella situazione descritta, la seduzione e la manipolazione. Così al piacere di “sentire quello che prova” si sostituisce quello di “dover sentire quello che agli altri piace ce si senta”. Quale è il risultato? Nega ciò che sente.
Identificandosi col genitore che con la sua seduzione, di fatto gli usa violenza, il bambino nega la violenza subita e, bloccando i sentimenti di ostilità ed i propositi di ribellione, diventa psicopatico, imparando a sedurre a sua volta. Nella sua dipendenza assoluta dalla madre, nel suo bisogno di essere comunque da lei amato, il bambino si convincerà che “non è vero quello che sente”, ma è vero quello che dice la mamma, per cui, per sopire il caos che si può creare tra impulso e repressione dell’impulso, imparerà a rimuovere le sensazioni, negando la falsità delle promesse materne. Le promesse sono l’unica cosa che veramente ha, l’equivalente per lui dell’amore materno, dell’attenzione che può ricevere. Negare la veridicità delle promesse fatte dalla madre, sarebbe come sentire l’amarezza e lo sconforto di confrontarsi con una madre falsa, il bambino entra così nella paura del terrore di quello che non c’è.
CONSEGUENZE
Se questo rappresenta per il bambino l’unico meccanismo di sopravvivenza a sua disposizione, a questo si adatterà. Così facendo diventerà remissivo, ma senza sentimenti, uno psicopatico ingenuo, facilmente parassita, gregario, bisognoso di lusinghe, di alleanze, camaleontico nel comportamento, in quanto, a differenza del narcisista che si sente onnipotente, non ha mete precise. L’aspetto manipolativo lo porterà a sfruttare le persone più forti di lui, vivendo nella loro ombra, evidente comportamento non autentico perché il suo caos interiore non gli consente di capire cosa veramente vuole. Nello psicopatico con aspetti masochistici la sottomissione è più evidente. Al contrario, lo psicopatico con aspetti marcatamente narcisistici, sente che per lui è fondamentale non essere gregario di nessuno, ma di avere gregari da usare, sempre disponibili per lui. Il suo imperativo assoluto è: diventare un leader, il numero uno, il migliore, purtroppo a qualsiasi costo.
Per Alexander Lowen “Bioenergetica, Feltrinelli Editore, Milano 1983“, nello psicopatico l’Io diventa ostile al corpo e alle sue sensazioni, specie a quelle sessuali. Il bisogno di potere, di dominio, di controllo, sia attraverso la sopraffazione, che invece con la seduzione (sempre vincente con gli ingenui), rimane la caratteristica di fondo. Il bisogno di controllare è sempre correlato alla paura di essere controllato e quindi usato; per cui la lotta che si stabilisce per il predominio esclude la possibilità della sconfitta. Presente è sempre l’aspetto sessuale, anche se nel rapporto il piacere non deriva tanto dal sesso quanto dalla performance in cui l’aspetto seduttivo, morbido, accattivante fa parte della manovra manipolativa di cui, da bambino fu oggetto da parte della madre che lo voleva legare a sé. L’idea fissa di essere speciale (mitomania, megalomania), gli fa respingere qualunque cosa che la contrasti, negando ogni responsabilità che lo possa mettere in discussione. L’incapacità di accettare critiche fa scattare le sue difese usando la menzogna come se fosse una realtà, recitando e apparendo “come se fosse autenticamente dispiaciuto” o “come se fosse emozionato”. Alexander Lowen parla di aridità affettiva, di deserto emozionale, di mancanza di senso di umanità, nel senso che i bisogni degli altri non esistono per lui, così come si sente indifferente ai sentimenti degli altri. Lo psicopatico è stato costretto a imparare troppo presto “le regole del gioco” fingendo. La seduzione manipolativa operata a suo tempo dal genitore del sesso opposto non consente l’identificazione con il genitore dello stesso sesso, lo psicopatico si sente superiore a lui (i maschi si sentono superiori al padre e le femmine superiori alla madre). Per questo motivo non potrà sviluppare il Super Io e per questo motivo è scevro da ogni norma morale. Non desidera il sostegno e l’aiuto di nessuno perché teme di poter diventare così uno strumento dell’altro, come la sua esperienza infantile gli ha insegnato. E’ sempre diffidente e guardingo, non crede alla buona fede degli altri e nemmeno che l’altro possa essere animato da sinceri propositi, che possa essere disinteressato; la sua drammatica esperienza di vita nella fanciullezza gli ha dimostrato il contrario. Proprio perché è stato manipolato, lo psicopatico ha maturato l’abilità di saper cogliere il bisogno dell’altro e lo utilizza per se, fingendo di essere animato da profondo altruismo. Spesso si propone come una persona simpatica, sorridente, positiva e molto sensibile, al punto da intuire i veri bisogni degli altri, presentare soluzioni brillanti possibili e apparire altruista e disinteressato.
La sua frase tipica, pronunciata in modo seducente e mellifluo, con postura di tre quarti, abbassando sensibilmente il capo ma non lo sguardo, è: “ma lo faccio per te!”. Tuttavia, appena riesce a conquistare la fiducia ed a superare ogni muro di difesa o di saggia perplessità degli altri, seduce e manipola le persone per volgere la situazione a suo esclusivo vantaggio. Quando gli altri, che lui percepisce frequentemente come prede, si accorgono della trappola è troppo tardi, perché lo psicopatico è riuscito a portare a termine i suoi propositi a suo esclusivo vantaggio. Il suo tornaconto è sovrano per lui e si dimostra indifferente per i danni causati agli altri, anche se ingenti, anche se rovinosi. La pericolosità dello psicopatico nelle relazioni di ogni natura e genere è amplificata dalla sua eccellente intelligenza, tale da renderlo spesso insuperabile; controlla ogni variante e anticipa ogni possibile difesa dell’altro. Come per una mosca davanti alla tela del ragno, l’unica possibilità di salvezza è accorgersi con anticipo della trappola, tessuta in modo da apparire invisibile. Non è casuale che tante persone raggirate e danneggiate abilmente da qualcuno, a posteriori dicano: “chi se lo sarebbe aspettato, non lo avrei mai immaginato“.
IL CORPO E LA SITUAZIONE DELLO PSICOPATICO
Lo psicopatico è stato un bambino che non ha ricevuto il sostegno e non possiede la capacità di essere in grounding. In una simile situazione il corpo deve per adattamento “sradicarsi”, “tirarsi su”, l’energia si concentra nella parte superiore del corpo. Questa spinta verso l’alto, questa fuga dalla realtà (sconvolgente per il bambino in una importante fase di sviluppo) sposta in alto anche il centro di gravità del corpo, il che è ben visibile nella sproporzione tra sviluppo della parte superiore (ipersviluppata), rispetto alla parte inferiore del corpo, (iposviluppata).
Gli arti inferiori sono esili, non c’è la base sicura; la parte superiore è iper-espansa, si tiene su, come per gonfiare la sua immagine il più possibile. La mancanza di integrazione percettiva si esprime somaticamente mediante la tipica struttura caratteriale dello psicopatico (holding up). La testa non è connessa energeticamente con il resto del corpo; a volte la testa si rivela inadatta ed inadeguata al resto del corpo, essendo una testa infantile su un corpo adulto, oppure, al contrario, una testa matura su un corpo infantile. Altre volte la testa è piccola rispetto ad un corpo che è grosso e forte. Queste disarmonie e sproporzioni tra testa e corpo sarebbero indotte dall’anello di tensione che lo psicopatico sviluppa alla base del cranio, in epoche abbastanza precoci del suo sviluppo psicofisico.
Il suo sguardo è molto controllato e controllante, spesso fissa per imporre la sua volontà. Gli occhi possiedono una duplice funzione : sono un organo visivo (guardare), ma anche un organo di contatto con gli altri (vedere in profondità). Lo psicopatico possiede occhi vivaci che guardano tutto, ma che non “vedono” i loro interlocutori. Il blocco oculare impedisce o distorce il contatto affettivo con gli occhi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima ed esprimono i sentimenti e le emozioni. Lo psicopatico esprime con l’elevazione del cingolo scapolare e l’espansione della gabbia toracica: “Io, Io, lei non sa chi sono io!”. Nega i sentimenti, si allontana dal suo vero sé e investe le sue risorse energetiche nella sua immagine. Lo psicopatico non va mai in terapia se non per necessità. Nella vita gestisce il potere, deve sentirsi potente attraverso il denaro, il successo, il prestigio, etc. Con la crisi economica lo psicopatico non regge perché non riesce più a mantenere la sua immagine gonfiata. Non riesce a stare in una situazione che lo “riduce” e per reazione fugge dall’intollerabilità, spesso facendo uso di alcol, droghe, etc. Non può sopportare la frustrazione e se non riesce a sfuggirvi si “sgretola”; solo in questa situazione di fallimento considera la possibilità di una psicoterapia.
Nella lettura del corpo si osserva nello psicopatico un flusso energetico invertito, cioè dalla testa agli arti inferiori, mediante il reclutamento difensivo dell’energia dalla parte superiore del corpo (testa, torace, collo), iperenergizzati, per compensare e nascondere la debolezza e l’instabilità delle gambe. Infatti, le sue ginocchia non si flettono e gli arti inferiori, durante gli esercizi bioenergetici, non vibrano. Queste forti tensioni muscolari dissociano la coscienza dalle sensazioni, mentre la tensione diaframmatica e pelvica dissocia la sessualità dalle emozioni di amore, in altre parole lo psicopatico è controllato dal potere della testa. L’energia non può scendere al cuore, ai genitali ed alle gambe perché il grounding lo renderebbe facile preda dell’intimità, che lo psicopatico vive come: “essere in balia della seduzione della madre“. Proprio per paura di essere sedotto diviene lui molto seduttivo, ma senza mai mettere a rischio il cuore e l’intimità, controllando le emozioni e gli affetti. Purtroppo per lui, proprio questo comportamento difensivo mette davvero a rischio la salute del suo cuore, a tutto vantaggio dei cardiologi (Ezio Zucconi Mazzini, La malattia del potere, Alpes Italia, Roma, 2010, cap. XXV° – pag. 214). La respirazione dello psicopatico è prevalentemente toracica. Il petto risulterà per questo motivo gonfio ed espanso, nel tentativo psicologico di ipertrofizzare il suo IO. Non è infrequente osservare nella storia evolutiva dello psicopatico un correlato disturbo affettivo, generato dal desiderio dei suoi genitori di avere un figlio speciale, di successo, che ha ricevuto giocattoli e beni materiali in sostituzione della vicinanza affettiva autentica, sottolineata da un vero contatto d’amore con i genitori.
Dr. Cosimo Aruta
Psicologo – studente del XIX° corso di formazione in analisi bioenergetica (SIAB Milano)
Tratto da www.mediazionefamilaremilano.it