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Cos’è la terapia breve strategica


Questo modello di trattamento psicoterapeutico, (che si riferisce in parte ai modelli cognitivista e sistemico-relazionale), si sviluppa dall’ipotesi che i problemi delle persone siano connessi al funzionamento del “sistema” (costituito dalla famiglia, dalla coppia, dall’ambiente di lavoro) del quale la persona fa parte, o si sente parte, e che procede in base alle relazioni che la persona ha all’interno del sistema stesso, (cioè con sé stessa e con le altre “parti” del sistema), e all’esterno, cioè con il macrosistema rappresentato dalla cultura, dall’etica corrente, dalle ideologie (religiose o politiche), e così via.

È nella osservazione comune che non di rado il “cambiare ambiente” possa esser salutare (o insalubre) non solo per i disturbi di origine organica, ma anche per quelli di origine psichica, rivelando così che l’ambiente, o sistema, può di per sé esser patogeno o terapeutico.

Un altro assunto del modello è che quando ci si trova di fronte a problemi psichici, questi derivano spesso dal fatto che il paziente sta utilizzando, per risolverli, delle soluzioni inefficaci, che poi possono addirittura diventare “il” problema: prendiamo ad esempio una patologia nevrotica fra le più diffuse, la fobia, come si comporta il paziente per controllare l’ansia legata all’oggetto fobico?

Di norma, tenta di evitarlo, per cui se soffre di claustrofobia, la sua soluzione sarà evitare i luoghi dapprima angusti, come le cabine di ascensore, poi quelli meno angusti ma chiusi (autobus, aerei, treni, auto).
Infine, la crisi di panico scatterà non solo se il paziente si trova in un qualsiasi luogo chiuso, ma al solo pensiero di potersi trovare in un luogo chiuso.
In altre parole, la soluzione applicata per risolvere il problema (e che è stata efficace in altre esperienze) diventa successivamente il problema maggiore, perché è proprio mettendo in atto quella soluzione che il paziente da un lato conferma la sua incapacità a controllare il sintomo, e dall’altro riduce progressivamente la sua libertà, e la sua qualità di vita.

Il terzo assunto del modello è legato ad una delle leggi della teoria dei sistemi aperti, quella che recita che “il cambiamento all’interno di un sistema si può ottenere in modo rapido anche intervenendo marginalmente sul sistema”; ad esempio, una frana cambia in modo veloce ed imponente la fisionomia di un ambiente, ma può esser innescata anche dalla semplice caduta di un sassolino, sempre che questo cada in una zona particolare.

Da queste considerazioni preliminari nasce il modello terapeutico strategico, che ha le seguenti caratteristiche:

  • si occupa della situazione “qui ed ora”, senza dare un peso più che “storico” al passato, nella certezza pragmatica che il problema è quello che viene presentato oggi, e che il passato comunque non è possibile modificarlo;
  • cerca di capire il funzionamento del “sistema paziente”, nel suo complesso di relazioni con sé, gli altri, il macrosistema;
  • valuta con estrema attenzione le “soluzioni tentate” dal paziente, assieme alle specificità del disturbo, al fine di istituire un corretto protocollo terapeutico;
  • interviene sempre, attraverso uno specifico protocollo terapeutico, in maniera attiva, anche se in aree “marginali” del sistema, oppure con istruzioni apparentemente paradossali (quali la “prescrizione” del sintomo); l’obiettivo è di infrangere, attraverso l’esperienza fatta fare al paziente, la sua convinzione che il sintomo sia immodificabile, quindi fargli acquisire progressivamente maggior padronanza, ed infine dimetterlo con un bagaglio di “nuove soluzioni”, che amplificano la sua capacità di reagire e di gestire la relazione con il sistema;
  • se il problema si verifica all’interno di un sistema familiare (paziente-genitori o viceversa, coppia), le sedute prevedono un intervento su tutto il sistema: in breve, si verificano i processi di stabilizzazione dei sintomi/problemi, e si enucleano le persone che contribuiscono maggiormente alla cristallizzazione della situazione (non sempre infatti è sufficiente intervenire solo sul cosiddetto “paziente designato” per modificare il sistema); successivamente, si instaura un protocollo terapeutico che è particolarmente centrato, con vari stratagemmi, sulle persone più coinvolte;
  • è compatibile con le eventuali necessarie farmacoterapie (ad esempio, con ansiolitici, antidepressivi o neurolettici).

L’esperienza ha dimostrato l’efficacia del modello, in oltre due decenni di applicazione dei protocolli di psicoterapia, in molte delle forme più diffuse di nevrosi .

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