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Come evitare l’estinzione? Rifkin e l’empatia di Laura Nuti


“Siamo una specie sociale fatta più per l’empatia che per l’autonomia”. Questo sostiene l’economista Jeremy Rifkin (l’intervista è del New Scientist) che nel suo ultimo libro La Civiltà Empatica illustra i vantaggi -anche economici- che un nuovo modo di intendere l’umanità potrebbe arrecare e mette in guardia verso i rischi che stiamo correndo – e sottovalutando.

“Quando convergono rivoluzioni in campo energetico e comunicativo nascono nuove ere economiche che portano a cambiamenti di coscienza e a un aumento di empatia.” – spiega Rifkin – “Le società agricole che crearono i primi sistemi di irrigazione su scala videro la nascita della scrittura. La coscienza mitologica delle culture orali si trasformò con la scrittura in una teologica. Nel processo l’empatia è aumentata.

Nel XIX secolo nuove energie come carbone e vapore coincisero con grandi innovazioni nel campo della comunicazione e della stampa. Questa sinergia portò alla creazione delle scuole pubbliche e l’alfabetizzazione di massa in Europa e in Nord America. Si passò dalla coscienza teologica a quella ideologica. Lo stesso cambiamento si ebbe con la seconda rivoluzione industriale nel XX secolo che portò alla nascita della coscienza psicologica.

Ogni convergenza di innovazioni nel campo dell’energia e delle tecnologie di comunicazione ha cambiato la nostra coscienza, esteso le nostre reti sociali e espanso la nostra empatia”.

Ritengo che ci troviamo al punto di svolta verso una transizione epocale a un’economia «climacica» globale e a un radicale riposizionamento della presenza dell’uomo sul pianeta. L’era della ragione sta per essere sostituita dall’era dell’empatia.

 

Tratto dal libro La civiltà dell’empatia.

Forse la domanda cruciale alla quale l’umanità deve dare una risposta è: possiamo raggiungere l’empatia globale in tempo utile per evitare il crollo della civiltà e salvare la terra?

Il riscaldamento globale è la minaccia più grande che il genere umano si sia mai trovato ad affrontare. Se vogliamo salvarci dall’estinzione dobbiamo abbracciare un nuovo modello di società basato sull’empatia. Parola dell’economista Jeremy Rifkin che nel suo ultimo libro “La Civiltà Empatica” illustra i vantaggi -anche economici- che un nuovo modo di intendere l’umanità potrebbe arrecare e mette in guardia verso i rischi che stiamo correndo – e sottovalutando. L’intervista è del New Scientist.

La fine di un’era

Per Rifkin l’età moderna sta per terminare.

Sono i fatti a parlare. Nel luglio 2008 il prezzo del petrolio ha raggiunto 147$ al barile e in 30 paesi sono scoppiate lotte per il cibo. Il contraccolpo è arrivato 60 giorni dopo con il crollo dei mercati. La civiltà del petrolio è agli sgoccioli.

La terza rivoluzione industriale

Rifkin: “Dobbiamo ripensare le politiche economiche e porre la termodinamica alla base della teoria economica. Il prezzo dell’energia influenza qualsiasi tipo di prodotto creiamo. Allo stesso tempo gli effetti dei cambiamenti climatici stanno danneggiando le economie di molti paesi attraverso drammatici eventi atmosferici che portano alla distruzione di infrastrutture agricole e interi ecosistemi. La terza rivoluzione industriale sarà guidata in parte dalla necessità di rimediare ai danni causati dalle prime due”.

Le domande

Rifkin: “Come è possibile che i nostri leader non siano stati capaci di anticipare e provvedere alla fine della seconda rivoluzione industriale? Perché non sono in grado di prendere provvedimenti efficaci circa i cambiamenti climatici quando gli scienziati ci ricordano che è la più grossa minaccia che la nostra specie si è trovata ad affrontare?” si chiede Jeremy Rifkin.

Le risposte

Rifkin: “I nostri leader stanno usando idee del XVIII secolo per risolvere i problemi del XXI. L’idea dominante è tuttora quella che gli umani siano esseri razionali, distaccati, che perseguono il proprio interesse e che le nazioni debbano riflettere questa visione. Ma è possibile risolvere i problemi della biosfera e di 7 miliardi di persone se siamo indifferenti, privi di passione e guidati solo dai nostri interessi personali?”

Da Homo sapiens a Homo Empathicus

Rifkin: “Molte scoperte recenti in campo biologico, neurologico e antropologico ci offrono un’immagine dell’essere umano diversa rispetto a quella in voga durante l’illuminismo. Per esempio, la scoperta dei neuroni specchio dimostra che siamo una specie sociale fatta più per l’empatia che per l’autonomia”.

L’empatia e la storia

“Quando convergono rivoluzioni in campo energetico e comunicativo nascono nuove ere economiche che portano a cambiamenti di coscienza e a un aumento di empatia.” – spiega Rifkin – “Le società agricole che crearono i primi sistemi di irrigazione su scala videro la nascita della scrittura. La coscienza mitologica delle culture orali si trasformò con la scrittura in una teologica. Nel processo l’empatia è aumentata.

Nel XIX secolo nuove energie come carbone e vapore coincisero con grandi innovazioni nel campo della comunicazione e della stampa. Questa sinergia portò alla creazione delle scuole pubbliche e l’alfabetizzazione di massa in Europa e in Nord America. Si passò dalla coscienza teologica a quella ideologica. Lo stesso cambiamento si ebbe con la seconda rivoluzione industriale nel XX secolo che portò alla nascita della coscienza psicologica.

Ogni convergenza di innovazioni nel campo dell’energia e delle tecnologie di comunicazione ha cambiato la nostra coscienza, esteso le nostre reti sociali e espanso la nostra empatia”.

Perché Copenaghen 2009 è stato un fallimento?

Rifkin: “I leader continuano a pensare in termini di geopolitica. Se ognuno pensa al profitto della propria nazione non si può trovare una soluzione. Bisognerebbe pensare in termini bio-politici per fare gli interessi della biosfera”.

Responsabilità condivisa

Il gioco di squadra sembra essere il solo modo per scampare all’estinzione secondo Rifkin.

Dobbiamo condividere la responsabilità che abbiamo nei confronti della biosfera e dell’umanità. Non basta che ognuno si prenda cura della sua parte. Il tipo di empatia necessario per far avvenire qualcosa del genere è già presente nella nostra cultura allo stato embrionale: basta pensare a quanto velocemente abbiamo empatizzato con gli studenti iraniani e con le vittime del terremoto di Haiti.

“E’ una novità – stiamo pensando come razza umana. Abbiamo ancora una buona dose di xenofobia e pregiudizi ma penso che abbiamo colto la scintilla di qualcosa di nuovo e dobbiamo agganciarci ad essa perché è in gioco la nostra sopravvivenza” -continua Rifkin.

Empatia di mercato

Rifkin: “Molti uomini d’affari sostengono che non puoi essere empatico sul mercato. Ma il mercato è un’istituzione secondaria – è un’estensione della cultura. Il mercato è fondato sulla fiducia che è il risultato di un impegno empatico. Il mercato esiste solo se le persone confidano che gli accordi presi verranno onorati. Quando questa fiducia viene meno i mercati collassano ed è quanto sta avvenendo ora. Se, come dicono gli scienziati, la nostra vera natura è quella di Homo Empathicus forse dovremmo iniziare a costruire nuove istituzioni che riflettano l’essenza della nostra natura”.

Traduzione e adattamento di Laura Nuti

tratto da www.nextme.it

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