L’ASCOLTO a cura di Maurizio D’Agostino
L’ascolto è uno degli strumenti più efficaci:
- invita una persona a parlare dei suoi problemi
- facilita la catarsi e la liberazione dei suoi sentimenti ed emozioni
- favorisce la conversazione con la persona che ha un problema
- favorisce la sua esplorazione dei sentimenti più profondi
- gli comunica la vostra intenzione di aiutarlo in qualche modo
- gli comunica che lo accettate così com’è.
Uno dei sistemi migliori per aiutare una persona che ha un problema è quella di restare ad ascoltarla.
Descriveremo 4 modi di ascoltare gli utente per poterli aiutare efficacemente ad affrontare i propri problemi.
1) Ascolto passivo (silenzio)
Il non dire niente di fatto comunica accettazione o tolleranza. Il silenzio, o ascolto passivo, è un efficace messaggio non verbale che può portare gli utenti a sentirsi veramente accettati incoraggiandoli a confidarsi maggiormente. L’utente non può dirvi che cosa lo sta preoccupando se siete voi a parlare.L’ascolto passivo incoraggia a parlare, ma non favorisce una comunicazione circolare o di tipo dialogico. Inoltre pur non interrompendo il processo di comunicazione non da modo di capire se la persona è ascoltata veramente. Mentre comunica un senso di accettazione può dare anche la sensazione di venire giudicati in silenzio.
2) Cenni di attenzione
Se il silenzio sicuramente evita le barriere alla comunicazione che così spesso fanno capire all’utente che i suoi messaggi sono rifiutati o non tollerati, di sicuro non prova che lo state veramente ascoltando e siete attenti. Perciò può essere utile, specialmente durante le pause del discorso, usare dei cenni verbali e non verbali per indicare che state veramente prestando attenzione all’altra persona e la state accettando. Definiamo questi cenni come “cenni di attenzione”. Cenni non verbali come:-cenni del capo;-annuire;-chinarsi in avanti verso l’altra persona;-avvicinarsi;-sorridere;-aggrottare le ciglia;-piegarsi verso; e altri movimenti del corpo se usati appropriatamente fanno capire all’utente che voi lo state realmente ascoltando. Cenni verbali come:- grugniti psicologici;- oh!;-si; – mmm;-Ah!;-Ah sì, eh?
comunicano all’utente che siete comunque attenti, che siete interessati a quello che sta dicendo, e che volete che egli continui a parlare.
Il processo tuttavia è facilitato solo in parte, perché questi cenni non provano che l’altro ha capito veramente la persona.
3) Espressioni facilitanti: espressioni per sbloccare la comunicazione e frasi-invito
Certe volte l’utente ha bisogno di essere ulteriormente incoraggiato a parlare di più, ad andare più a fondo, o persino ad iniziare a parlare. Questi messaggi sono definiti “incoraggiamenti” o “frasi-invito”. Si tratta di risposte che non veicolano le idee, i giudizi o i sentimenti dell’ascoltatore, ma che invitano l’utente a esprimere i propri sentimenti, idee o giudizi. Sono segni di via libera che lo incoraggiano a parlare. Sono molto utili per dimostrare che l’altro ha tempo e volontà di ascoltare, specie all’inizio dell’interazione. Inoltre possono aiutare quando la persona si blocca e non riesce ad andare avanti. Però non bisogna insistere troppo: gli inviti aprono le porte ma non le mantengono aperte. Tali espressioni facilitanti possono risultare inutili e ripetitive se usate troppo spesso.
Alcuni esempi di risposta sono:
- Capisco
- Davvero
- Non mi dire
- Incredibile
- Ma guarda un po’
- Interessante
- Ma veramente!
Altre espressioni sono più esplicite nel comunicare l’invito a dire di più o a continuare a parlare:
- raccontami
- che succede
- di che si tratta
- spiegati meglio
- vorrei sapere cosa ne pensi
- ti va di parlarne?
- parliamone
- cosa vuoi dire
- dimmi tutto
- parla, ti ascolto
- ti ascolto
- mi pare che tu voglia dire qualcosa
- mi sembra che sia molto importante per te
- vorresti dirmi qualcosa di più su questo problema?
- E’ interessante, continua
- Sembrerebbe che tu provi dei sentimenti molto forti al riguardo
- Sono molto interessato a ciò che stai dicendo
- Che ne diresti di parlarne
- C’è qualcosa che mi vuoi dire?
E’ da notare che questi messaggi sono costituiti da domande ed affermazioni che non contengono però alcuna valutazione relativa a ciò che viene detto. Queste frasi-invito possono facilitare molto la comunicazione, incoraggiano a iniziare o a continuare un discorso. Inoltre lasciano l’iniziativa all’altro e non gliela sottraggono come fanno invece le domande, i consigli, le istruzioni, le prediche e via dicendo.
Queste frasi-invito impediscono ai vostri sentimenti e ai vostri pensieri di interferire nel processo di comunicazione. Le reazioni, specialmente, dei bambini e degli adolescenti a queste semplici frasi-invito vi sorprenderanno. I giovani saranno incoraggiati ad avvicinarsi di più, ad aprirsi e a far letteralmente sgorgare liberamente i propri sentimenti e le proprie idee.Queste frasi-invito comunicano anche accettazione e rispetto per l’utente in quanto persona; in effetti è come se gli dicessero:
- -Hai il diritto di esprimere i tuoi stati d’animo
- -Ti rispetto in quanto persona dotata di idee e sentimenti
- -Potrei imparare qualcosa da te
- -Voglio veramente ascoltare il tuo punto di vista
- -Ritengo che le tue idee meritino di essere ascoltare
- -Sono interessato a te
- -Voglio entrare in rapporto con te, conoscerti meglio
Quale persona non sarebbe lieta di sentirsi valorizzata, rispettata, importante, accettata, interessante?
4) Ascolto attivo (feedback) – rimando empatico
Il silenzio, i cenni di attenzione, le espressioni facilitanti hanno dei limiti; limitano notevolmente l’interazione; chi parla, infatti, fa tutto da sé. Inoltre, chi parla non riesce a capire se l’altro lo comprende; sa soltanto che lo sta ascoltando. Tali atteggiamenti di solito non riescono ad andare a fondo del problema e a delinearne le cause. Inoltre, l’utente non può sapere se l’operatore sta accettando lui e il suo messaggio. Sa soltanto che l’operatore ascolta.In breve, questi 3 sistemi di ascolto sono relativamente passivi e non provano che chi sta ascoltando abbia effettivamente capito.
Ciò che viene definito come “ascolto attivo” richiede molta più interazione e molte più prove che chi sta ascoltando non abbia soltanto sentito ma abbia davvero capito.L’ascolto attivo, in quanto opposto all’ascolto passivo (silenzio), comporta l’interazione con l’utente, e fa anche in modo che l’utente abbia delle prove (feedback) che l’operatore lo capisce.
Il rimando empatico è la forma di comunicazione che da:
- chiara percezione di essere stati capiti sia nei sentimenti che nelle idee
- chiara percezione di essere stati accettati sia nei sentimenti che nelle idee
- chiara percezione di essere stati rispettati sia nei sentimenti che nelle idee
- aiuta ad approfondire la comunicazione
- abbassa le tensioni emotive, il senso di minaccia e libera dall’ansia
- aiuta ad accettare come naturali ed umani i propri sentimenti e ad imparare che il sentimento è un amico
- facilita l’insight (chiara percezione) del reale problema e di conseguenza inizia la risoluzione dello stesso; tuttavia lascia alla persona la responsabilità di trovare una soluzione.
Sul piano relazionale:
- consolida il rapporto tra i membri dell’interazione, incrementando il mutuo rispetto e la reciproca attenzione all’altro
- consolida l’alleanza terapeutica; Il feedback implica sempre una relazione autentica e sinceramente partecipata in cui tutto il vissuto esistenziale e professionale dell’altro confluiscono per focalizzarsi in chiarezza percettiva e calore emozionale sul vissuto della persona.
Il parlare è un tentativo di comunicare all’esterno ciò che sta accadendo dentro se stessi. Per comunicare come ci sentiamo dentro o quello che ci sta preoccupando, dobbiamo selezionare un codice, e cioè quello che gli esperti della comunicazione definiscono il processo di “codifica”. Tutti i messaggi verbali sono codici, equivalenti linguistici dei nostri sentimenti, non i sentimenti in se stessi.
Certe volte i messaggi codificati sono abbastanza chiari. “Ho fame” si capisce facilmente. Sfortunatamente i messaggi chiari e lampanti sono abbastanza rari. La maggior parte dei messaggi che le persone inviano sono codificati in modo particolare. Questo significa che il contenuto del messaggio può essere correlato ai sentimenti, ma il sentimento in se stesso non è chiaramente espresso. Invece di dire “ho fame”, A potrebbe anche dire “quando si mangia”, oppure “che ora è”. Presi alla lettera questi messaggi codificati possono essere fraintesi.
Per esempio chi ascolta può interpretare “che ora è?” soltanto come una domanda per sapere l’ora.Ecco alcuni esempi di messaggi non correttamente interpretati dall’insegnante perché sono codificati in un modo particolare, per esempio il codice non identifica chiaramente che cosa sta accadendo allo studente, dentro di lui, cos’è che lo preoccupa, o cos’è che prova. Qual è il vero problema.
Il messaggio codificato:- Si sente rifiutato e non amato “Anna è una stupida snob”- E’ dispiaciuto per i risultati in un progetto artistico “Io odio l’educazione artistica, è per femminucce” Dal momento che la maggior parte dei messaggi inviati dai ragazzi è codificata in maniera particolare e quindi difficile da capire, sarebbe pazzesco che l’operatore rispondesse soltanto al codice.
Significherebbe fraintendere completamente il significato reale del messaggio inviato. Questo significa che l’operatore non riesce ad aiutare l’utente perché non potrà mai sapere che cos’è che lo preoccupa. Inoltre rispondere soltanto al codice comunica all’utente che l’operatore non lo capisce, il che provoca anche un ulteriore deterioramento del rapporto tra operatore e utente.
Il più efficace metodo per evitare simili fallimenti nella comunicazione è l’ascolto attivo, un modo di ascoltare che permette di capire ciò che l’utente comunica. L’ascolto attivo, in quanto opposto all’ascolto passivo (silenzio), comporta l’interazione con l’utente, e fa anche in modo che l’utente abbia delle prove (feedback) che l’operatore lo capisce.
Quando l’operatore riceve un messaggio dovrà avviare un processo di “decodifica” per essere in grado di capire il significato del messaggio inviato dall’utente (cioè cosa sta accadendo dentro di lui). Il processo di decodifica potrebbe essere costituito da una supposizione o da una deduzione, perché colui che riceve il messaggio non può sapere con certezza cos’è che sta provando l’utente.
Il processo di decodifica è una fase critica nel processo della comunicazione, infatti non si può essere mai certi che la supposizione sia giusta o sbagliata. Allo stesso modo, l’utente non può essere certo se avete decodificato in maniera più o meno corretta il suo messaggio.
Supponiamo perciò che decidiate di controllare l’attendibilità della vostra decodifica prima di rispondere al suo messaggio. Non dovrete far altro che rispecchiare (feedback) i risultati della vostra decodifica. Ascoltando il feedback, l’utente probabilmente dirà “è giusto, è vero”, oppure “esatto”, “si, è proprio così”. Egli ora sa che voi lo avete ascoltato e capito e la stessa cosa vale per voi. Se il vostro processo di decodifica non ha colto nel segno, il rispecchiamento (feedback) comunica all’utente che la vostra supposizione non è corretta.
Egli molto probabilmente vi correggerà, ricodificando il suo messaggio per riuscire a farsi capire.Questo processo di rispecchiamento (feedback) è ciò che definiamo “ascolto attivo”.
Si tratta dell’ultima fase che completa il processo della comunicazione efficace.