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Le classi di esercizi di Bioenergetica


Potremmo dire che uno dei tratti tipici della cultura occidentale sia la tendenza a dicotomizzare piuttosto che integrare e armonizzare; il cogito ergo sum cartesiano ha dato i suoi buoni frutti. La logica degli opposti caratterizza tutta la nostra vita: mente-corpo, dovere-piacere, istinto-ragione, amore-sesso, ecc… Le classi di esercizi di bioenergetica, in questo specifico contesto, si presentano come un valido strumento che consente di andare oltre la dualità e la separazione, proponendosi come obiettivo fondamentale quello dell’integrazione, dell’armonia e dell’equilibrio tra l’aspetto corporeo, quello emotivo e quello relazionale. Fortunatamente oggi si sta sviluppando e consolidando il concetto di promozione della salute, la cultura bel benessere fisico, l’importanza di un’attività fisica regolare e costante, di un’alimentazione sana, ecc…

Ma accade purtroppo che la nostra cultura occidentale, fortemente narcisistica, oscuri il lato sano e positivo dell’attenzione al corpo e del prendersi maggiore cura di se stessi, facendo emergere l’aspetto del successo, della performance, della bellezza e della perfezione fisica. Come afferma Lowen facendo riferimento alla cultura americana, ma esprimendo un concetto perfettamente estensibile anche alla cultura occidentale: “Purtroppo l’atteggiamento americano nei confronti del corpo è pesantemente incrostato di considerazioni legate all’io”[1]. Alexander Lowen introdusse le classi di esercizi di bioenergetica con lo scopo di promuovere e favorire una maggiore salute psicofisica delle persone, di prevenire malattie e disagi e, inoltre, creando un contesto sicuro e positivo in cui poter eseguire gli esercizi insieme ad altri, dare la possibilità di crescere insieme in termini di consapevolezza e benessere, favorendo l’interazione e la comunicazione.Gli esercizi bioenergetici differiscono dalla classica ginnastica o dagli esercizi di fitness, basati sostanzialmente sulla prestazione e sul raggiungimento della “giusta” forma fisica, in quanto mirano al sentire e non al fare, all’entrare in contatto con se stessi prendendo coscienza dei propri blocchi corporei ed emotivi.

Uno dei presupposti fondamentali, infatti, della bioenergetica, è che il corpo e la mente siano funzionali l’uno all’altra e in stretta sinergia: ciò che accade nella mente,  riflette esattamente ciò che accade nel corpo e viceversa. Credo però, che per comprendere pienamente il significato della teoria e della pratica bioenergetica, sia importante vedere brevemente ciò che ne sta alle spalle, ovvero Wilhelm Reich, che sarà maestro di Lowen e suo analista. Reich, a sua volta allievo di Freud, decise di affrontare e approfondire le resistenze dei pazienti alla terapia psicoanalitica, individuando degli atteggiamenti difensivi cristallizzati nel corpo, che egli definì corazza o armatura caratteriale, descrivendola tanto nei suoi aspetti fisici quanto in quelli somatici ed energetici.

Reich individuò le modalità di formazione dell’armatura in specifici blocchi energetici (la libido freudiana), a seguito di un trauma o del perpetuarsi di uno stato frustrante, infatti, “lavorando sull’armatura, i pazienti avvertivano formicolii o sensazioni di correnti nel corpo che Reich chiamò Correnti vegetative, da cui: VEGETOTERAPIA CARATTEROANALITICA”[2]. La formazione reichiana fu fondamentale per la nascita della bioenergetica, consentendo a Lowen di approfondire il lavoro sul corpo e di introdurre nuove tecniche volte allo scioglimento delle tensioni muscolari e
dei blocchi emotivi sottostanti. Divenne sempre più centrale il lavoro sulla respirazione e il concetto di grounding, ovvero di radicamento a terra, concetto che appartiene esclusivamente alla bioenergetica come capacità di essere nel presente e di provare piacere.

Lowen infatti, sostituì la nozione reichiana di riflesso orgasmico, inteso come movimento ondulatorio prodotto dalla capacità di abbandonarsi completamente ai movimenti spontanei e involontari del corpo, a seguito di un processo respiratorio[3], con il concetto di capacità di provare piacere nella propria vita come autoespressione di sé. Quest’ultimo concetto presuppone la capacità di sapersi ascoltare, di entrare in contatto con il proprio corpo, di vivere con pienezza e consapevolezza i flussi essenziali presenti nel nostro intimo, riconoscendo e accettando le parti dimenticate di sé. Esse con il tempo possono trasformarsi in un delicato percorso di rievoluzione personale, che può consentire di raggiungere uno degli obiettivi sostanziali delle classi di esercizi bioenergetici: “limitare il
controllo cosciente ai campi in cui esso ha effettivamente senso, per dare, invece, più spazio alla spontaneità del corpo e della mente”[4].

Questo processo è racchiuso in quello che potremmo definire il nucleo essenziale  della bioenergetica, nonchè suo fine ultimo, ovvero il grounding. Ogni classe di esercizi, infatti, prende sempre il via da un esercizio di grounding e, allo stesso tempo, possiamo considerare il medesimo corso di classi di esercizi bioenergetici come un processo di progressivo radicamento nella realtà e nella propria vita. Nonostante la parola grounding non abbia una esatta traduzione italiana, essa si riferisce alla sensazione del contatto tra i piedi e il terreno, contatto che può essere sentito in modo più o meno profondo da persona a persona e, nella stessa persona, da un momento all’altro della propria vita.

Il classico modo di dire: “è una persona che ha i piedi per terra” esprime bene il concetto di grounding, indicando colui che sa perfettamente dov’è e chi è.“In senso più ampio , il grounding, rappresenta il contatto dell’individuo con la realtà base della sua esistenza. Egli è radicato nella terra, identificato con il proprio corpo, consapevole della propria sessualità, è teso verso il piacere”[5]. Nella posizione base di grounding le persone sono in posizione eretta, con i piedi paralleli e alla distanza l’uno dall’altro della larghezza delle spalle, o del bacino se esso è molto più largo delle spalle, il peso del corpo poggia sugli avampiedi, le ginocchia sono leggermente flesse, il bacino è tenuto sciolto e inclinato all’indietro, e la parte superiore del corpo è dritta e rilassata. Questa posizione conferisce al corpo una postura salda e radicata e “implica che una persona si lasci scendere, che abbassi il suo centro di gravità, che si senta più vicino alla terra. Il risultato più immediato è di aumentare il suo senso di sicurezza”[6].

Il grounding, in sostanza, aiuta a ritrovare la parte più istintiva e spontanea di sé, quella meno sottoposta al controllo cosciente e che risiede nella metà inferiore del nostro corpo, la metà potremmo dire più “animale”, in cui risiedono le funzioni della locomozione, defecazione e sessualità.Purtroppo, la cultura occidentale ha subito uno spostamento verso l’alto, quindi verso la metà superiore del nostro corpo, in cui risiedono le funzioni ritenute nobili, ovvero pensiero, linguaggio e manipolazione dell’ambiente. Tutto ciò è andato a scapito della spontaneità, della grazia e del ritmo. Gli esercizi bioenergetici di grounding permettono di invertire questo spostamento verso l’alto, abbassando il centro di gravità del corpo nella pelvi e percependo il centro di sé nel basso ventre, in quello che le filosofie orientali definiscono hara: “La mancanza di contatto con questo centro vitale è causa di squilibrio e conduce all’angoscia e all’insicurezza”[7].

Due sono le regole fondamentali, o come le definice Lowen “comandamenti”, che consentono di conseguire e mantenere il giusto grounding:
1) Le ginocchia sempre leggermente flesse. Esse sono gli ammortizzatori del nostro corpo, e quando le manteniamo rigide e serrate impediamo all’energia di scorrere e di non assorbire il peso del nostro corpo che, al contrario, viene intrappolato nel fondo schiena producendo una condizione di stress che causerà fastidiosi disturbi nella zona lombo-sacrale.
2) Il ventre è in fuori. La contrazione di questa parte del corpo rende estremamente difficile la respirazione, limitandola alla zona toracica che così viene eccessivamente caricata per avere abbastanza aria. Purtroppo il taglio narcisistico della nostra società, ci impedisce di rilassare questa zona del corpo, in nome di una buona postura, un buon portamento e un bell’aspetto. Inoltre, la pancia tirata in dentro, tronca ogni sensazione sessuale nel bacino, impedendo così di godere del piacere di una parte fondamentale della nostra vita, ma che troppo spesso viene mozzata dai tabù e dai falsi pregiudizi della nostra cultura.

Oltre all’importanza di sviluppare un buon grounding, un altro obiettivo importante delle classi di esercizi bioenergetici è quello di aumentare lo stato vibratorio del corpo: la vibrazione è segno di un corpo sano e in buona salute. Lo stato vibratorio è generato da una carica di energia nella muscolatura, e man mano che esso cresce in maniera coordinata, si formano e si diffondo delle onde pulsanti lungo tutto il corpo. Durante le classi di esercizi le persone vengono poste volontariamente in uno stato di vibrazione, con lo scopo di renderlo regolare e delicato. Spesso infatti possiamo notare in persone diverse, diverse qualità di vibrazione che sono indicative dello stato in cui si trova quella persona. Vibrazioni troppo irregolari e caratterizzate da brusche scosse, sono indicative di un’ostruzione nel flusso libero dell’eccitazione o della carica, dovuto a muscoli contratti o ad uno stato di tensione cronica. Vibrazioni sottili e caratterizzate da un fremito delicato sono indicative di un allentamento delle tensioni e di uno stato di rilassamento. In questo caso si è raggiunta la capacità di tollerare e contenere l’eccitazione e il piacere che attraversa il corpo e di assecondarne i movimenti spontanei, il che presuppone un io ancorato e identificato con il proprio corpo, un io grounded.

Quando le vibrazioni attraversano completamente il corpo, la persona si sente unita, integrata, ed ha una percezione intera di sé, sperimentando il piacere di essere pienamente vivi.
Questa qualità del sentire “è percepito nella piena espansione e contrazione pulsante dell’organismo e dei sistemi di organi che lo costituiscono, […]. È sentito come una corrente di sensazioni che riflette il fluire dell’eccitazione. È la dolce e struggente sensazione del desiderio sessuale, il lampo dell’intuizione, il desiderio intenso di vicinanza e contatto, è il fremito dell’eccitazione”[8]. L’esercizio fondamentale per fare iniziare le vibrazioni nelle gambe e aiutare a sentirle, nonché sviluppare il grounding e il contatto con il suolo è l’esercizio del bend-over. Eseguire questo esercizio è estremamente semplice: dalla posizione di grounding, con i piedi distanti tra loro circa 25 cm, le punte leggermente rivolte verso l’interno e i talloni rivolti leggermente verso l’esterno, si flette il busto lentamente in avanti fino a toccare il pavimento con le dita delle mani, ma mantenendo sempre il peso del corpo completamente sui piedi. Le ginocchia devono restare un po’ flesse, la testa è completamente rilassata e il mento è rivolto verso il cuore. Il concetto di vibrazione rientra, a sua volta, all’interno di quel processo basilare della bioenergetica che ne definisce esattamente la sua essenza: il ciclo dell’energia.

La stessa definizione che Lowen dà della bioenergetica chiarisce ogni dubbio, essa è “lo studio della personalità umana dal punto di vista dei processi energetici del corpo”[9]. Il postulato di base è che l’energia, al di là di quale sia la sua precisa definizione e sostanza, caratterizzi tutti i processi vitali, e che essi si arresterebbero qualora ci fosse un’interruzione di questa stessa energia. Il ciclo energetico appare composto da quattro fasi: tensione, carica, scarica, distensione o rilassamento. Ogni classe di esercizi, per essere ben articolata, deve seguire questo ciclo sviluppando, quindi, una fase di contrazione ed una fase di espansione.

Vediamo come: In prima istanza, il muscolo o i gruppi di muscoli sui quali si sta lavorando vengono sottoposti volontariamente ad uno stato di tensione, il quale, sovrapponendosi ad una tensione preesistente e involontaria, crea una condizione di carica che stimola il corpo a reagire. Ci troviamo nella fase della contrazione. In seguito a questa condizione di carica, il corpo reagisce scaricando e liberando lo stress contenuto in quell’area sottoposta a tensione, attraverso dei movimenti vibratori e movimenti spontanei che in genere si producono quando i muscoli raggiungono una tensione limite. Dopo la scarica, l’energia che prima era intrappolata, riprende a circolare, permettendo così alle persone di entrare in contatto con quelle parti di sé che si erano chiuse alla loro percezione. Questo crea un vissuto di benessere diffuso e l’organismo può rilassarsi. Scarica e rilassamento coincidono con la fase dell’espansione.

Come possiamo ben vedere, non è possibile parlare di carica energetica senza considerare la scarica dell’energia, in quanto sono parti di uno stesso processo, il quale, non esisterebbe se una delle sue componenti venisse a mancare: “Poiché la carica e la scarica funzionano come unità, la bioenergetica lavora simultaneamente su entrambi i membri dell’equazione per elevare il livello energetico, aprire la strada all’autoespressione e reinstaurare nel corpo il flusso delle sensazioni”[10]. L’obiettivo è quindi quello di creare un buon livello di energia, adeguato ai propri bisogni e alla propria condizione, attraverso il raggiungimento di un esatto equilibrio tra carica e scarica. Il significato dell’aumentare il livello energetico di un individuo risiede proprio nella sua possibilità di scaricarsi
attraverso le vie dell’autoespressione, come la voce, gli occhi, il movimento. Le classi di esercizi di bioenergetica aiutano le persone proprio a ritrovare l’espressione libera di sé, spontanea e adeguata alla realtà, procurando un senso di benessere e di piacere che stimola l’individuo a sperimentarsi in altre attività che richiedono una maggiore carica energetica.

Come Lowen afferma nel suo libro Bioenergetica: “È la spontaneità, non la consapevolezza, la qualità essenziale dell’autoespressione”[11], inoltre è proprio l’espressione autentica e libera di sé
che genera una esperienza di piacere molto elevata. Ma, è importante chiarire che quando si parla di autoespressione, non ci si riferisce all’agito impulsivo, quest’ultimo è solo in apparenza una forma spontanea di espressione di sé, perché in realtà è fortemente condizionato dalle esperienze precedenti: “Il piacere dell’autoespressione non dipende dalla risposta dell’ambiente; l’autoespressione è piacevole in sé”[12]. Il piacere dell’autoespressione, infatti, raggiunge il suo culmine proprio quando spontaneità e controllo interagiscono in perfetta sinergia, creando così una coordinazione di movimento armoniosa ed equilibrata. Da tutto ciò, ne consegue, che un organismo è tanto più capace di esprimere se stesso quanto più è elevata la sua motilità e il livello energetico che ne sta alla base: “ Energia e autoespressione sono collegate da una linea diretta: energia → motilità → sentimenti → spontaneità → autoespressione. Questa sequenza opera anche all’inverso”[13].

Lowen racchiude questi concetti in uno schema che esemplifica l’interrelazione fra i tre elementi della personalità: vita interiore, espressione esteriore, individualità.

LE COORDINATE DELLA CLASSE DI ESERCIZI BIOENERGETICI
Condurre in modo appropriato una classe di esercizi bioenergetici è un compito tutt’altro che semplice, in quanto richiede non solo una interiorizzazione di tutti i concetti, le nozioni e i processi
precedentemente trattati e che stanno alla base della Bioenergetica, ma richiede anche una acquisizione di abilità e competenze specifiche e una somma di esperienza non indifferente, a partire proprio dalla consapevolezza della propria persona in relazione agli esercizi bioenergetici. Un bravo conduttore di classi di esercizi deve aver maturato dentro di sé una serie di abilità è qualità che gli consentano da un lato di padroneggiare la classe stessa in modo tale da garantirne la sua efficacia, in merito al raggiungimento degli obiettivi di una classe di esercizi, e dall’altro lato che gli
consentano di gestire la classe rispettandone la sua specifica natura e i suoi limiti.

In tal senso, il conduttore deve sempre tenere in considerazione una serie di coordinate da rispettare e che caratterizzano le classi di esercizi di bioenergetica.
Esse sono: 1. Lo spazio; 2. Il tempo; 3. Il numero di partecipanti; 4. L’uso delle parole; 5. Gli obiettivi; 6. I limiti; 7. La conduzione.

Lo spazio in cui si svolgeranno le classi di esercizi di bioenergetica, deve essere rispondente alle necessità che le classi stesse impongono, ovvero quelle di fornire ai partecipanti un senso di  protezione, accoglienza, riservatezza, ma anche di benessere e di agio. Di conseguenza, lo spazio in cui si svolgeranno le classi di esercizi dovrà essere sufficientemente grande, tenendo in considerazione il numero dei partecipanti, un posto pulito, accogliente, dotato possibilmente di tappeti o comunque di un pavimento che consenta di stare tranquillamente a piedi nudi e di sdraiarsi per terra. Dovrà essere inoltre situato in una zona tranquilla, in cui non ci sia troppo rumore o traffico automobilistico, per favorire nei partecipanti la concentrazione giusta e il pieno contatto con se stessi. Inoltre dovrà essere uno spazio che consenta di potere utilizzare la voce liberamente, senza arrecare disturbo e senza creare nei partecipanti uno stato di inibizione.

Il tempo, ovvero la durata delle classi di esercizi, in genere varia da un minimo di quarantacinque minuti a un massimo di un’ ora e mezza. Il tempo, in ogni caso, deve essere di durata tale da consentire di toccare tutte le parti del corpo e lavorare su tutti i segmenti corporei, sciogliendo i blocchi e le tensioni che si possono presentare.

Il numero dei partecipanti deve rientrare anch’esso in limiti precisi, sia in relazione alla partecipazione massima che a quella minima. Perché si possa definire una classe di esercizi di bioenergetica è necessario che vi sia un limite minimo di quattro partecipanti, perché lavorare con un numero inferiore di persone significherebbe snaturare la classe stessa, nonché correre il rischio di entrare in un lavoro quasi individuale che potrebbe facilmente portare a oltrepassare i limiti di una classe di esercizi, entrando in ambiti più profondi che non sono di sua competenza. Inoltre, è importante tenere in considerazione il fatto che molte persone si trovano in grande difficoltà a lavorare in un gruppo troppo piccolo, il quale,  se in alcuni può creare un senso di maggiore protezione e accoglienza, in altri può invece creare un forte disagio dovuto ad una maggiore esposizione e visibilità. Anche la partecipazione massima deve essere limitata a venti persone circa, perché
lavorare con un numero superiore vorrebbe dire incorrere facilmente nel rischio di una pessima conduzione. Durante le classi di esercizi è sicuramente importante che il conduttore partecipi con il gruppo stesso nello svolgimento degli esercizi, ma allo stesso tempo è importante che egli presti attenzione ai singoli al fine di correggere posizioni erronee, di essere presente se un partecipante si scioglie in una emozione o anche di essere in grado di cogliere certe esigenze che emergono da più parti del gruppo, in modo da potere così modificare l’andamento della classe stessa. Prestare attenzione a tutti questi aspetti diventa ovviamente molto difficile se si lavora con un gruppo eccessivamente numeroso, si rischia infatti non solo di portare la classe di esercizi ad un livello di mera prestazione, ma anche di non essere in grado di fornire ai partecipanti la giusta attenzione e sicurezza, dando una immagine di poca professionalità e di incompetenza.

L’uso delle parole nelle classi di esercizi bioenergetici deve essere ridotto all’essenziale e comunque mirato a favorire l’attenzione dei partecipanti verso il loro corpo. A tale scopo, le spiegazioni verbali degli esercizi devono essere date a piccole dosi, devono essere brevi e concise, al massimo, in alcuni specifici esercizi può essere brevemente spiegato il suo campo d’azione e lo  scopo. L’obiettivo è quello di condurre le classi “massimizzando l’azione e minimizzando la discussione”[14], in modo che venga evitata qualsiasi tipo di spiegazione o di ricerca mentale. L’abilità di un conduttore esperto consiste nel portare i propri partecipanti ad abbandonarsi al proprio corpo e a ciò che esso porta, perché nel momento in cui si sperimenta un vero contatto con il proprio corpo, attraverso gli esercizi bioenergetici, si sperimenta al tempo stesso un vero contatto con la realtà, con ciò che si sente realmente. Come afferma Ellen Green Giammartini raccontando delle sue prime esperienze come conduttore di classi di esercizi: “Scoprii anche che l’abilità del conduttore consiste meramente nel dirigere l’attenzione senza dire ai partecipanti che cosa dovrebbero sentire, ma semplicemente aiutandoli ad arrivare al sentire, qualsiasi siano i sentimenti e le sensazioni nel loro corpo”[15].

Gli obiettivi delle classi di esercizi bioenergetici sono: l’integrazione, l’autoregolazione energetico-emozionale, la crescita. Il concetto di integrazione si riferisce ad un processo profondo che si esprime con l’instaurarsi di un legame equilibrato e di reciproca collaborazione tra le tre parti del corpo: testa, torace, bacino e le corrispondenti funzioni dell’intelletto (mente), dell’affettività (cuore), della sessualità (istinto). Accade però che, un po’ per la nostra cultura occidentale frenetica, basata sul fare ed estremamente razionale, un po’ per una questione anatomo-fisiologica,
siano proprio le estremità del corpo, ed in modo particolare la testa, ad essere enfatizzate e valorizzate, avendone quindi più coscienza. Mentre, le parti più interne del corpo, come il torace e il bacino, vengono generalmente meno attenzionate rimanendo in una posizione più nascosta rispetto alla coscienza. Ma, “è proprio all’interno che, ovviamente, si trova il centro di gravità del corpo, appena un poco sotto l’ombelico, potremmo dire: nel laboratorio della vita, nel centro vitale ed energetico del corpo”[16]. Ecco che ci ritroviamo ad avere a che fare con due elementi antitetici, il pensare e il sentire, che da bravi opposti tendono ad agire e a manifestarsi in un modo apparentemente inconciliabile e in comunicante. L’elemento che riesce a creare l’armonia e quindi
l’integrazione è proprio il cuore con la sua funzione dell’amare e dell’affettività: “dal nostro cuore fluisce il calore che ci unisce al mondo in cui viviamo. Questo calore è l’amore. L’obiettivo di ogni
terapia è di aiutare una persona ad accrescere la propria capacità di dare e ricevere amore – di espandere il suo cuore e non solo la sua mente”[17]. Integrare le tre parti del corpo presuppone anche l’integrazione di tutti gli organi interni a queste aree corporee, il nostro organismo può essere infatti definito come uno spazio strutturato pulsante, in senso verticale, orizzontale e circolare. Il nostro organismo, d’altronde, prende origine da una unica cellula da cui si sviluppano, per differenziazione, tre foglietti embrionali dai quali derivano tutti gli organi del corpo. Essi sono: ectoderma→pelle e sistema nervoso, mesoderma→muscoli, vasi sanguigni e le ossa, endoderma→i visceri e il tessuto connettivo. Il processo di integrazione, quindi, deve comprendere anche questi tre strati nonché le due direzioni del ciclo energetico: carica e scarica. L’obiettivo dell’autoregolazione è conseguente al processo di integrazione e consiste  nel raggiungimento di una consapevolezza interna delle funzioni delle tre parti del corpo.
Consiste nella capacità di mantenere e recuperare l’equilibrio tra gli opposti, tra cui le due direzioni energetiche di carica e scarica. In una classe di esercizi bioenergetici i partecipanti imparano a creare, proprio con l’energia e con la consapevolezza di cui rientrano via via in possesso, una struttura di autocontenimento e autoregolazione: una struttura psicofisica che consente loro di lasciarsi andare, di arrendersi ai propri sentimenti e alle proprie emozioni, senza paura di esserne sopraffatti. L’obiettivo della crescita è una conseguenza del processo di integrazione e di autoregolazione: “il movimento è l’essenza della vita, i suoi due aspetti sono la crescita e il declino (…) Se la crescita, intesa come sviluppo della personalità, si arresta, inizia un declino che, se all’inizio può essere impercettibile, prima o poi diventa però evidente”[18]. Ciò significa che attraverso le classi di esercizi i partecipanti possono intraprendere un percorso che consente loro di sviluppare la loro personalità, rafforzando l’io, mediante un processo di progressivo radicamento finalizzato all’espansione.

I limiti delle classi di esercizi bioenergetici sono fortemente correlati allo scopo e alla natura del lavoro che si svolge all’interno delle classi stesse.È importante, innanzi tutto, che il conduttore abbia le idee chiare riguardo ciò e che sia dotato di capacità e di integrità professionale, al fine di mantenere e riportare sempre le classi di esercizi all’interno dei propri limiti. Il limite primario che deve essere rispettato è quello di non spingere mai le classi di esercizi al punto tale da entrare in un lavoro più profondo, come quello che si scolge in analisi bioenergetica: “Si deve mantenere il lavoro all’interno di limiti specifici, incoraggiando nello stesso tempo il fluire dell’energia (non bloccandola) e tutto questo mentre si conduce un esercizio per, diciamo, dieci persone”[19]. Il compito è tutt’altro che semplice, dato che gli esercizi bioenergetici sono dotati di un forte potenziale e sono molto spesso gli stessi che si utilizzano in un contesto terapeutico, ma il loro scopo non è quello di riparare ma di evolvere.
Un conduttore di classi di esercizi ha nelle proprie mani delle potenti tecniche terapeutiche che deve essere in grado di gestire efficacemente al fine di proprio di non renderle tecniche terapeutiche potenti, e questo richiede lo sviluppo di abilità discriminatorie sottili riguardanti la scelta degli esercizi, la sequenza e la loro durata, nonché la capacità di cogliere le reazioni dei partecipanti agli esercizi proposti, in modo da poter modulare il ritmo e l’andamento della classe in base alla tolleranza dei partecipanti agli esercizi stessi. Inoltre, nonostante gli esercizi bioenergetici abbiano una forte risonanza a livello emotivo e psicologico, nelle classi non è contemplato un momento di elaborazione verbale dei vissuti che emergono e di integrazione analitica con il conduttore. Ciò non vuol dire che i partecipanti siano abbandonati a loro stessi e alle loro emozioni, ma semplicemente che non vi sarà nessuna rielaborazione analitica del vissuto.

Il compito del conduttore è quello di sostenere nei momenti di difficoltà, essere una presenza che garantisce contenimento al gruppo e alle singole persone che si trovino a vivere delle emozioni che da sole non riescono ad arginare. In sintesi, quindi, possiamo dire che le classi di esercizi devono servire a sbloccare l’energia intrappolata all’interno del corpo e accrescere la motilità esterna ed interna di ogni persona, possono quindi essere un valido supporto ad un lavoro di analisi, o un modo per approcciarsi alla bioenergetica senza entrare in processi più profondi e impegnativi, o un modo per continuare a prendersi cura di sé anche al termine di un percorso terapeutico. In ultimo rimane la conduzione, elemento che è già stato abbondantemente trattato all’interno delle coordinate precedentemente considerate. Sono già emerse, infatti, le diverse abilità e capacità che un buon conduttore deve sviluppare, anche attraverso l’esperienza: la padronanza nel gestire la classe di esercizi, nel riuscire sempre a riportarla entro i suoi ben precisi limiti, la capacità di utilizzare nel modo giusto le parole, l’abilità di saper supportare i singoli partecipanti nei momenti di difficoltà e la capacità di stare al contempo attento all’andamento del gruppo, ecc…

In modo generico possiamo raggruppare le capacità del conduttore delle classi di esercizi in tre categorie:  1) Creatività; 2) Ritmo; 3) Sintonizzazione con il gruppo.
Con il concetto di creatività si intende la capacità del conduttore di saper essere sempre innovativo e di saper trovare il suo personale stile di conduzione che renderà le sue classi di esercizi uniche e originali. Con il concetto di ritmo intendiamo invece la capacità di saper trovare sempre il giusto andamento della classe, in base anche al gruppo che si ha di fronte e al livello di energia che esso porta. La sintonizzazione con il gruppo è fortemente legato all’aspetto precedente, infatti, si intende la capacità di saper ascoltare e osservare costantemente quello che avviene nel gruppo e i messaggi, diretti e indiretti, che esso manda.

L’ARCO BIOENERGETICO E STILI DI RESPIRAZIONE
Scegliere tra i moltissimi esercizi bioenergetici non è un compito assolutamente facile, anche perché, a mio parere, la bellezza delle classi sta proprio nel fatto che, attraverso la poliedricità degli esercizi, esse ti consentono di sperimentare varie parti di te: quella timida, quella arrabbiata, quella che ha paura, che si vergogna, quella bambina, quella forte, ecc.. Inoltre, gli esercizi bioenergetici sono fortemente legati al momento che ti trovi a vivere, a come stai il quel periodo della tua vita, ai cambiamenti che magari ti stai trovando ad affrontare, per cui succede che degli esercizi che fino a poco tempo prima non ti portavano a nulla, improvvisamente ti mettono di fronte ad emozioni e vissuti che non avresti mai immaginato di provare, acquistando un significato diverso rispetto al passato. Credo però che, al di là di quanto detto, vi siano alcuni esercizi che nonostante la facilità di esecuzione e l’apparente semplicità, in realtà abbiano sempre e comunque un potere grandissimo, dato dalla capacità di metterti immediatamente in contatto con il tuo corpo, come l’esercizio di grounding, di bend-over e l’arco bioenergetico. Quest’ultimo è proprio l’esercizio che ho deciso di
trattare in questa parte finale del mio lavoro. L’arco è un esercizio di apertura che consente di favorire in modo completo la respirazione, rilassando le tensioni nella zona toracica e nel bacino, serve ad aumentare la flessibilità delle caviglie, delle ginocchia e della schiena, favorendo così un libero fluire dell’energia vitale nel corpo.

Nonostante questo esercizio conduca ad un profondo contatto con il suolo, in quanto l’arco è un grounding che mira quindi al radicamento della persona, chi lo esegue ha allo stesso tempo l’opportunità di sperimentare una totale sensazione di espansione verso l’esterno, gli altri…verso la vita. Esecuzione dell’esercizio: dalla posizione eretta con i piedi distanti quaranta centimetri circa e le punte delle dita dei piedi rivolti leggermente verso l’interno, piegare entrambe le ginocchia senza mai sollevare i talloni, mantenendole allineate con le punte dei piedi. Posizionare le mani a pugno dietro le vertebre lombari, portando il bacino un po’ in avanti, ma senza scaricarlo completamente, e inarcare la schiena sopra i pugni, assicurandosi sempre che il peso del corpo rimanga sugli avampiedi. È importante sentire i glutei rilassati, l’ano aperto, il collo è rivolto leggermente all’indietro ma senza mai lasciarlo cadere completamente, perché questo determinerebbe una spezzatura in questa fascia corporea. La bocca è mantenuta aperta per facilitare la respirazione e l’emissione di suoni consoni ai vissuti e sensazioni personali.

Prima di entrare nel vivo dell’esercizio, ritengo importante descrivere brevemente la mia esperienza personale con l’arco bioenergetico. Paradossalmente ho scelto di trattare uno degli esercizi per me più difficili, faticosi e spesso dolorosi, ma che allo stesso tempo sento estremamente importante perché mi consente di stabilire un profondo contatto con il mio corpo e con i blocchi e le tensioni presenti.
Ritengo di essere una persona che ha difficoltà a sentire e soprattutto ascoltare il proprio corpo e che ne ha fatto troppo spesso uno strumento per nascondere un nucleo profondo molto fragile. Ho praticato lo sport a livelli agonistici, sottoponendo il mio corpo per molti anni a forti stress e dure prestazioni, non avrei mai pensato che degli esercizi, in apparenza così semplici, potessero farmi sentire in difficoltà… eppure è successo. L’arco è proprio uno di questi, forse l’esercizio che in assoluto mi ha messo in contatto con la mia fragilità. Ricordo che le prime volte in cui ho svolto l’esercizio dell’arco non riuscivo a mantenere la posizione per più di venti, massimo trenta secondi, perché immediatamente sentivo una fortissima tensione al collo, nella zona dei trapezi, e un bruciore talmente forte da non consentirmi di respirare. Oggi la mia esperienza dell’arco si è notevolmente modificata, e nonostante rimanga per me un esercizio molto impegnativo, riesco anche a godere del piacere dell’apertura e della vibrazione che scorre lungo il mio corpo. Proprio lo stato di vibrazione che oggi riesco a raggiungere, mi dice dei cambiamenti che sono avvenuti, dato che inizialmente la vibrazione rimaneva estremamente limitata alle gambe o comunque alla parte inferiore del mio corpo. Attualmente, durante l’esercizio dell’arco, sento che la vibrazione è più completa e che riesce ad attraversare il corpo in modo abbastanza fluido, nonostante sia consapevole che ancora rimane soffocata nella zona del collo e delle braccia. Le mie esperienze personali con l’arco sono state numerose, ma, sento che alcuni vissuti importanti si sono aperti proprio nel momento in cui si sono allentate alcune tensioni nel bacino, nel torace e nel collo, entrando così in contatto con la parte debole e a volte struggente della mia personalità. Tra questi vissuti quello che ritengo più profondo risale ad alcuni mesi fa, quando Maurizio durante l’esecuzione dell’arco in una classe di esercizi, si accostò a me toccandomi leggermente dietro la schiena e invitandomi a provare a tirare fuori un po’ di più il petto, che evidentemente tendeva a stare in una posizione collassata. Ricordo che tentavo di aggiustare la posizione con una immensa fatica, avvertendo dentro di me una sensazione di impotenza, ma ciò che si modificò immediatamente fu la mia voce: divenne spezzata, afona, discontinua. Sentivo la mia voce come la voce di una persona disperata, che sta soffocando e che non riesce a chiedere aiuto. Non riuscivo a respirare, gli occhi erano spalancati e l’ansia saliva, decisi di non spingere l’esercizio, ma sapevo che in un altro contesto questo mi avrebbe potuto portare oltre.Credo che quell’esperienza abbia rappresentato un momento di svolta nel mio percorso di crescita personale, al quale hanno fatto seguito molti altri vissuti, immagini e ricordi che mi hanno permesso di guardare un po’ oltre le mie difese, oltre una immagine di me costruita per gli eventi vissuti, e riconoscere l’insicurezza e la fragilità.

Fatta questa breve ricognizione della mia esperienza con l’arco bioenergetico, credo che sia arrivato il momento di addentrarmi nell’essenza e nel profondo significato di questo esercizio. L’esercizio
dell’arco è uno dei primi esercizi che fu sviluppato da Lowen con lo scopo di aumentare il grounding e quindi rafforzare il contatto con il suolo, accrescendo la sensazione di stare bene sulle proprie gambe e sui propri piedi. L’arco viene anche definito “posizione fondamentale di sforzo”[20] in quanto, come abbiamo potuto vedere dalla spiegazione dell’esercizio, il corpo inarcato all’indietro viene posto in una situazione di carica, in totale apertura ed espansione verso l’esterno, pronto a scoccare da un momento all’altro. Quando, nella posizione di arco, le parti del corpo sono bene equilibrate avviene che il punto centrale delle spalle si trova perfettamente sopra al punto centrale dei piedi, e la linea che immaginariamente li collega è un arco perfetto, carico e pronto all’azione. Nella realtà, però, non accade mai che si riesca a sviluppare immediatamente un arco perfettamente equilibrato, in quanto i disturbi corporei che normalmente tutti sviluppiamo impediscono di svolgere l’esercizio correttamente. Nello specifico, infatti, l’arco è utilizzato come strumento diagnostico, in quanto la forte posizione di stress e di apertura, fa emergere istantaneamente i principali blocchi corporei e la loro esatta ubicazione. Lowen, nel suo libro “Bioenergetica”, fa una precisa distinzione delle problematiche che frequentemente si riscontrano nella posizione di arco, suddividendole in tre categorie: rigidità diffusa, iperflessibilità della schiena, grave ritrazione della pelvi.
Nel primo caso, la grande difficoltà nello svolgere l’esercizio, risiede proprio nell’impossibilità di arcuare il corpo, a causa della rigidità diffusa che impedisce la flessibilità della schiena e la giusta
articolazione delle ginocchia e delle caviglie. Così accade che la linea immaginaria che congiunge il punto in mezzo alle spalle con il punto che sta in mezzo ai piedi è una linea retta. Il caso dell’iperflessibilità della schiena è esattamente l’opposto di quello precedente, infatti il busto è completamente scarico in avanti a causa della debolezza dei muscoli dorsali, la quale porta quasi ad una spezzatura esatta della linea dell’arco: “Il corpo e la personalità rigidi sono inflessibili; in questo caso invece il corpo e la personalità sono troppo malleabili”[21]. Nell’ultimo caso di esecuzione problematica dell’esercizio assistiamo proprio ad una rottura della linea dell’arco dovuta ad una grave ritrazione della pelvi, caso esattamente opposto a quello precedente in cui la pelvi era
completamente scarica in avanti.

Da questa posizione emergono le numerose frammentazioni del corpo, sintomo di un flusso interno a sua volta spezzato: in genere la testa e il collo sono inclinati verso un lato o l’altro del corpo, mentre il tronco tende ad andare verso il lato opposto, e lo stesso avviene per le gambe rispetto al tronco. Se consideriamo nuovamente la linea immaginaria che unisce il punto centrale delle spalle e quello dei piedi, essa sostanzialmente assume una forma a serpente. Queste forti frammentazioni e spaccature sono tipiche della struttura caratteriale schizoide o nella sua forma patologica dello schizofrenico: “Schizoide significa spaccato in due. Se c’è una spaccatura nella personalità, deve esserci anche a livello energetico nel corpo”[22]. Dalle spiegazioni di Lowen emerge chiaramente il potere diagnostico dell’arco, la sua capacità di palesare i disturbi corporei come quelli esposti precedentemente e i disturbi emotivi sottostanti, come l’incapacità di cedere e di dare nel rigido, la mancanza di assertività e autoaffermazione nei soggetti con il dorso collassato, e la totale mancanza di armonia negli schizoidi.

L’arco è inoltre definito strumento diagnostico in quanto “Non è una questione di pratica: è una posizione che non si può imparare. Non è una posizione statica”[23]. Detto ciò, vorrei soffermarmi su
un aspetto specifico fortemente implicato nell’esecuzione dell’esercizio dell’arco: la respirazione. L’arco, come abbiamo già detto, è un grounding che apre in modo completo la respirazione attraverso l’espansione e il rilassamento delle tensioni del bacino, del diaframma e del torace, favorendo così il libero fluire dell’energia nel corpo. È fondamentale, mentre si esegue l’esercizio, respirare pienamente e profondamente, cercando di mantenere l’integrità e il retto funzionamento del corpo anche mentre si è sotto sforzo.

La respirazione è la più vitale delle funzioni fisiologiche ed è anche l’unica funzione ad essere sia volontaria che automatica, ciò vuol dire che possiamo coscientemente controllare la respirazione nell’ampiezza, nella frequenza, possiamo accelerarla o rallentarla. Inoltre, la respirazione è anche tra le funzioni fisiologiche più profondamente connesse allo stato emotivo e al funzionamento della psiche. Non è un caso che l’individuo occidentale, così coinvolto nelle sue attività frenetiche, tenda a dissociarsi dal corpo, ignorando “la semplice verità che dice che per essere vivi si deve respirare e che meglio si respira e più si è vivi (…) la respirazione è una questione di vita o di morte o, per vederla da un punto di vista positivo, che la vita è una questione di respirazione”[24]. Non a caso, in tutte le tradizioni e civiltà antiche, il termine aria conteneva in sé anche il significato biologico e psicologico di  energia vitale, perché in realtà una respirazione agevole e libera consente una
profonda sensazione di essere pienamente vivi, di essere un’unità che si trasforma, che pulsa, che cambia.

Il pensiero di Carlos Briganti esprime bene questo concetto: “Con ogni movimento respiratorio avviene una trasformazione dello spazio interno. La respirazione è il movimento tramite il quale viene stabilita la consapevolezza del ritmo. Siamo una forma nuova in ogni istante e a ogni movimento. Spazio, ritmo e forma: le tre dimensioni che ci servono come punti di riferimento in ogni momento. Qui sta l’espressione dinamica di un sé che si organizza, si disorganizza e si riorganizza. Rottura, scissione e creazione in ogni istante”[25]. Briganti esprime benissimo il principio bioenergetico dell’identità funzionale corpo-mente e la ferma convinzione che un essere umano non possa essere mai scisso in due. Ciò vuol dire che qualsiasi cambiamento nel pensiero di una persona, nel suo
comportamento e nelle sue emozioni e sentimenti, è condizionato e implica, allo stesso tempo, un cambiamento nella funzionalità del proprio corpo.

In una persona che ha un conflitto emotivo, le funzioni della respirazione e del movimento sono inevitabilmente disturbate; questo emerge esattamente nell’esercizio diagnostico dell’arco, attraverso
il quale possiamo analizzare i principali blocchi corporei, come quello del bacino, del diaframma e del torace, e correlarli alle diverse patologie dell’apparato respiratorio che a loro volta esprimono specifiche strutture della personalità. Per approfondire questo discorso ritengo sia utile fare riferimento al libro di David Boadella e Jerome Liss La psicoterapia del corpo[26] , in cui gli autori riprendono e descrivono degli stili respiratori che Reich e Lowen avevano precedentemente trattato in alcuni loro capolavori.
Il primo tipo di respirazione trattata è la respirazione costretta dai muscoli, che Reich per primo aveva descritto come caratterizzata da una forte rigidità dei muscoli pettorali con una conseguente tensione della gabbia toracica e riduzione del movimento diaframmatico. Infatti, nella posizione dell’arco, uno dei blocchi facilmente individuabili è proprio quello toracico, che può esprimersi sia in una rigidità e immobilità del petto, sia in una eccessiva espansione o al contrario in un collassamento di questa parte del corpo. Il tipo di respirazione costretta dai muscoli, descritta da Reich, si riferisce sostanzialmente alla caratterologia rigida e muscolarmente corazzata di Lowen, la quale è caratterizzata da una forte tensione delle larghe fasce muscolari del corpo che riducono fortemente la respirazione rendendola superficiale: “La respirazione di questi individui è una respirazione insensibile (…) è ridotta dalle tensioni e non esprime profonde emozioni né reagisce ad esse”[27]. Reich afferma che: “l’espressione della corazza toracica è di autocontrollo e di freno. Le spalle, che sono spinte all’indietro, esprimono letteralmente il trattenersi. Insieme con la corazza del collo, la corazza del torace esprime disprezzo e ostinazione repressi”[28]. È un tipo di personalità che così come tende a controllare la respirazione entro i limiti imposti dalla pressione della cassa toracica e della parete addominale, allo stesso modo tende a porre sotto il controllo dell’io il cuore e l’affettività: “da bambino ha vissuto il rifiuto della sua ricerca di piacere erotico e sessuale, come un tradimento del suo protendersi verso l’amore (…) il suo cuore non è escluso dalla periferia”[29].

La respirazione intestinale, contrariamente a quella precedente, ha il suo centro di tensione nella pressione addominale. Molti soggetti, soprattutto nella nostra civiltà occidentale frenetica e totalmente dedita al fare, lamentano frequentemente molti fastidi all’addome che possono manifestarsi con sensazioni particolari come avere qualcosa nel ventre, sentire come una cintura che stringe, sentire una pressione allo stomaco, ecc, o addirittura con veri e propri disturbi fisici come coliti, gastriti, ulcere, stipsi, ecc…

Esistono moltissimi modi di usare l’intestino come mezzo per reprimere i sentimenti, essi vanno dalla contrazione per la pressione addominale, fino alla contrazione dello sfintere anale, ma, nello specifico, Reich discute di questo in relazione alla dinamica del vomito affermando che: “Il vomito è un movimento biologico espressivo la cui funzione ottiene esattamente ciò che esprime: l’espulsione convulsiva del contenuto del corpo (…) Un bambino che è costretto a vergognarsi o a sentirsi in colpa per l’espulsione del contenuto del corpo impara ad ingoiare i cattivi sapori e le cattive sensazioni piuttosto che a sputarli fuori, e impara a inibire i movimenti peristaltici del colon.

Egli spesso sviluppa un tipo particolare di respirazione che accompagna e sostiene la struttura antiperistaltica”[30]. Questo tipo di respirazione che fu descritta da Reich, viene invece definita da Lowen respirazione paradossale e caratterizzata da una inspirazione che è prodotta da un movimento verso l’alto piuttosto che verso l’esterno, come normalmente dovrebbe accadere, egli infatti scrive: “Il sollevarsi e l’espandersi del petto è favorito dall’innalzamento delle spalle che tira verso l’alto il diaframma e contrae la parete addominale. Così l’espansione del petto è accompagnata dal restringersi della cavità addominale. Qualche volta succede che il ventre venga risucchiato durante l’inspirazione e rilasciato nell’espirazione”[31]. Questo stile di respirazione, che Lowen riferì parlando di un soggetto masochista, si osserva, non a caso, in individui esposti a situazioni talmente nauseanti da stimolare il vomito, o in individui esposti a situazioni di umiliazione anale e di disgusto per il contenuto intestinale.

Se infatti andiamo a vedere la struttura masochistica descritta da Lowen nell’esecuzione dell’arco bioenergetico, ritroviamo un palese blocco a livello pelvico che si manifesta con un avanzamento di quest’ultima e, nello specifico, con una contrazione del sedere, che appare per questo motivo appiattito. Tenendo in dentro il sedere, inoltre, il corpo si piega a livello della vita e si accascia. Nell’eziologia del carattere masochista troviamo, infatti, una madre estremamente dominante e tendente al sacrificio, che opprime letteralmente il figlio: “Un fatto tipico è la grande importanza
attribuita al cibo e all’evacuazione. Questo indica pressione dall’alto e dal basso”[32]. Nelle pagine precedenti era stato detto che, nella posizione di arco, il blocco toracico poteva esprimersi con una rigidità, una espansione o, al contrario, un collassamento del petto. Questo ultimo caso è quello che si presenta nella respirazione come suzione, caratterizzata, infatti, da poca profondità del respiro correlata ad un basso livello energetico della personalità.Nella caratterologia di Lowen, questo tipo di respirazione appartiene al carattere orale, in cui “Una forte tensione muscolare pare assente nella parte anteriore del corpo, ma solo a causa dell’aspetto sgonfio del petto e dell’addome (…) è abbastanza facile individuare il riflesso endoreattivo che può essere dovuto a primitivi disturbi nell’alimentazione, con persistenti tendenze al vomito”[33].

Come afferma Lowen nel Il tradimento del corpo: “Ogni disturbo della suzione avrà una ripercussione immediata sulla respirazione”[34], infatti, se osserviamo questi soggetti nella posizione dell’arco bioenergetico, noteremo una estrema difficoltà nel portare in fuori il petto, inoltre molti di essi, nel momento in cui eseguono l’esercizio in questione aprendo la respirazione e spalancando la gola, avvertono frequentemente sensazioni di annegamento e soffocamento. Questi sono sintomi di esperienze primarie, risalenti ai primi mesi di vita, se non addirittura all’esperienza intrauterina. Infatti, molti studi hanno messo in evidenza che “i bambini allattati al seno di norma respirano meglio di quelli allattati col poppatoio perché la suzione dal seno è un processo più attivo dal succhiare da una tettarella di gomma (…) Le deprivazioni e le frustrazioni in questa zona li hanno spinti a rifiutare e a rinnegare l’impulso di suzione (…) Questi sentimenti e impulsi infantili vengono ridestati quando il paziente prova a respirare più a fondo. La sua reazione è di soffocarli come quando era bambino”[35].

Le tensioni al torace portano inevitabilmente anche a delle tensioni e blocchi nella fascia corporea del collo, comportando una forte contrazione della gola. Quest’ultima, normalmente
rappresenta un grande organo di assorbimento che porta l’aria nei polmoni, ma, quando questa è contratta, questa azione di assorbimento viene ridotta. La respirazione normale e salutare deve coinvolgere tutto il corpo, creando una sensazione di unità e di integrità: “il flusso respiratorio si dirige normalmente dalla bocca ai genitali. Nella parte superiore del corpo si trova in connessione con il piacere erotico della suzione e dell’allattamento. Nella parte inferiore, è legato al piacere e ai movimenti sessuali. La respirazione è la pulsazione basilare (espansione e contrazione)
di tutto il corpo; è quindi il fondamento dell’esperienza di piacere e dolore”[36].

La respirazione profonda attiva il corpo e lo riporta alla vita, ed è proprio questo l’obbiettivo che si vuole raggiungere in questo tipo di persone attraverso l’arco bioenergetico. Il loro livello energetico deve essere attivato e i loro corpi devono essere caricati, per cui attraverso l’arco è possibile, da un lato, rafforzare il radicamento portandoli a sperimentare la capacità di stare sulle proprie gambe, senza aggrapparsi agli altri, dall’altro lato è possibile riempirli energeticamente andando a colmare quel senso di vuoto interiore che li fa rimanere in una posizione di costante attesa che qualcuno arrivi a colmarlo.

In ultimo prendiamo in considerazione la respirazione come nascita e come rifiuto alla nascita, che viene descritto da Reich in relazione ad un caso di schizofrenia, e che ritroviamo in Lowen come il tipo di respirazione che caratterizza la struttura caratteriale schizoide. È stato detto, nelle prime pagine di quest’ultimo capitolo, che l’esercizio dell’arco mette in evidenza tutte le frammentazioni che caratterizzano il corpo schizoide e che sono a loro volta rappresentanti di profonde spaccature a livello della personalità e a livello energetico.

Lo schizoide mantiene l’unità corpo-mente con un filo sottile e fragile.Il corpo è in genere striminzito e contratto, soprattutto alla base del cranio, alle articolazioni delle spalle, delle gambe, della pelvi e intorno al diaframma dove la tensione è talmente forte da tendere a spaccare in due il corpo. Questa specifica strutturazione fisica fa si che la respirazione sia estremamente superficiale e che i movimenti respiratori siano ridotti al minimo; Reich afferma: “È una respirazione interiore, invisibile se paragonata a quella di chi respira con un atteggiamento fiducioso verso il mondo (…) La respirazione impercettibile non è un rifiuto dell’aria, ma del processo di respirazione stesso che è il requisito indispensabile per la vita extra uterina (…) è la respirazione di qualcuno riluttante o incapace di nascere”[37].

Alle sue spalle troviamo, infatti, una esperienza nella primissima infanzia, se non addirittura nella vita intrauterina, di rifiuto da parte della madre, vissuto come minaccia alla propria esistenza. Non a caso Lowen descrive un tipo di respirazione che, potremmo dire, rappresenta l’opposto di quello descritto da Reich, e che ben riflette questi vissuti antichi di paura: “Nella struttura schizoide l’espansione della cavità toracica è accompagnata da una contrazione della cavità addominale. Ciò impedisce al diaframma di scendere (…) In questa condizione lo schizoide e lo schizofrenico si sforzano di respirare con la parte superiore del torace, in modo da inspirare una quantità d’aria sufficiente”[38].

Questo specifico tipo di respirazione nasconde uno stato emotivo ben preciso; se proviamo a bloccare la respirazione durante l’inspirazione, sentiremo come una specie di rantolo mentre l’aria entra nei polmoni e sarà facile riconoscere una espressione di paura. Nel caso dello schizoide quindi, l’esercizio dell’arco ha il fondamentale compito di espandere e favorire la respirazione, aumentando quindi il flusso energetico interno che porta ad una maggiore identificazione con il proprio corpo e a sviluppare lentamente un vissuto di armonia e di maggiore integrità.

È giusto dire però, che aver condotto questa analisi dei vari stili respiratori in relazione all’esercizio dell’arco bioenergetico, risente di tutti quei limiti che generalmente caratterizzano le classificazioni e le schematizzazioni, soprattutto quando applicate alla personalità umana. E’ doveroso precisare che non è possibile classificare rigidamente i vari tipi di respirazione e considerarli come scompartimenti stagni da appioppare a specifiche personalità… sarebbe anti-umanistico.

Così come ogni persona è un insieme di più tratti che appartengono a diverse strutture caratteriali, anche i tipi di respirazione si intersecano e si incontrano nello stesso individuo, o al contrario, possono alternarsi gli estremi opposti quando viene superato il margine dello stress, o in condizioni di particolare angoscia e tensione.

(Dott.ssa Lucia Malandrino, educatore professionale, conduttore di Classi di Esercizi bioenergetici e Counsellor bioenergetico in formazione)

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