
UNA VIA CONTRO LO STRESS di Monique Mizrahil
Una tesi fondamentale della bioenergetica è che il corpo e la mente sono funzionalmente identici: quel che accade nella mente, cioè, riflette quel che accade nel corpo, e viceversa. Così, ognuno di noi, nel corso della, sua vita, iscrive nel proprio corpo, oltre che nella propria mente, le emozioni, i sentimenti e i pensieri che via via lo attraversano in risposta agli stimoli che provengono dal mondo esterno…
UNA VIA CONTRO LO STRESS Monique Mizrahil
Una tesi fondamentale della bioenergetica è che il corpo e la mente sono funzionalmente identici: quel che accade nella mente, cioè, riflette quel che accade nel corpo, e viceversa. Così, ognuno di noi, nel corso della, sua vita, iscrive nel proprio corpo, oltre che nella propria mente, le emozioni, i sentimenti e i pensieri che via via lo attraversano in risposta agli stimoli che provengono dal mondo esterno.
Gli stimoli lievi lasciano segni passeggeri, ma gli eventi traumatici lasciano segni che non si cancellano facilmente: la mente può allontanarne il ricordo, il corpo, invece, non dimentica. Infatti, per difendersi da questi eventi traumatici, il corpo adotta delle “strutture” che gli consentono di non percepire sentimenti come il dolore, la paura o la rabbia, con i quali non riesce a convivere. Queste strutture, che rappresentano la memoria del corpo, e che in bioenergetica si chiamano significativamente armature caratteriali, non sono altro che contrazioni muscolari: dove c’è contrazione, infatti, non scorre energia, e dove non scorre energia noi non percepiamo il nostro corpo, e i sentimenti che lo animano.
II problema è che queste armature (ognuno di noi ne ha adottata una nel corso della propria infanzia) rimangono iscritte nel nostro corpo anche quando non sarebbero più necessarie, quando cioè gli eventi che le hanno rese indispensabili per la nostra sopravvivenza sono ormai lontani. L’armatura è infatti un sistema difensivo che si autosostiene, diventando cronico.
Un esempio?
Un bambino, per non sentire il dolore causatogli dal rifiuto della madre di accudirlo con amore quando lui si protende verso di lei, contrae di solito i muscoli delle braccia e del petto. Così facendo, infatti, “elimina” sia l’istinto di protendersi sia la percezione del dolore. Crescendo e diventando adulto, però, poiché non sente le sue braccia, continua a non potersi protendere per ottenere ciò di cui ha bisogno. Non protendendosi, non lo ottiene. E questa frustrazione giustifica il mantenimento dell’armatura caratteriale.
Le classi di esercizi bioenergetici
Ogni tensione muscolare, sia essa cronica (parte cioè della nostra. armatura), oppure generata da uno stress temporaneo di qualsiasi genere e gravità (un lutto, una lite, un viaggio, un trasloco) è un “buco” nella nostra capacità di sentire il nostro corpo, quindi di percepire noi stessi. Nella contrazione, infatti, rimane trattenuta l’energia dell’emozione “pericolosa” che ci siamo negati: di conseguenza, non solo non siamo più in grado di agirla (piangendo, urlando, ridendo, pestando i piedi) ma non siamo neppure più capaci di sentirla: non sappiamo se siamo tristi o arrabbiati, bisognosi di affetto o umiliati.
Non sappiamo chi siamo.
Ma l’energia intrappolata nei nostro corpo genera stress, anzi è stress (il termine inglese “stress” significa infatti tensione).
Le classi di esercizi di bioenergetica sono nate proprio con l’obiettivo di aiutare le persone a entrare in contatto con le tensioni presenti nel loro corpo e, diventando consapevoli delle emozioni in esse trattenute, liberarle.
Alle spalle delle classi di esercizi ci sono la teoria e la pratica dell’Analisi Bioenergetica messa a punto da Alexander Lowen.
Tuttavia le classi di esercizi non sono gruppi terapeutici perché, anche se gli esercizi hanno una grande risonanza a livello emotivo e psicologico, nelle classi non è previsto un momento di integrazione analitica con il conduttore. Ciò non significa che i partecipanti siano abbandonati a loro stessi e alle loro emozioni: se per esempio una persona piange, il conduttore di solito le si avvicina e la invita a respirare profondamente, ma non entra nel merito delle ragioni del pianto. Il conduttore, che propone gli esercizi e vigila sui processi in atto, è insomma una presenza che garantisce contenimento al gruppo e sostegno alle singole persone che si trovino a vivere emozioni che da sole non riescono ad arginare.
Carica, scarica, rilassamento
Ogni classe di esercizi (che dura un’ora e mezza circa e ha cadenza settimanale) si articola in una sequenza di esercizi.
Ogni esercizio si sviluppa secondo un ciclo di contrazione ed espansione, che è il ciclo naturale dell’energia.
Nella fase di contrazione il muscolo (o il gruppo di muscoli) su cui si sta lavorando viene sottoposto a tensione. Quest’aumento di tensione, provocato volontariamente, è, in qualche modo, una cura di tipo omeopatico: sovrapponendo tensione (volontaria) a tensione (involontaria e preesistente) il corpo viene stimolato a reagire, rilasciando e liberando lo stress contenuto in quell’area. La liberazione della carica avviene tramite movimenti vibratori, che in genere si sviluppano involontariamente quando i muscoli raggiungono la tensione limite, ma può essere resa più immediata da un movimento espressivo.
Per esempio prendiamo i polpacci: se costretti con opportuni esercizi a tendersi e caricarsi, a un certo punto inizieranno spontaneamente a vibrare, e questo processo naturale può essere rafforzato invitando le persone a scalciare, o a battere i piedi per terra. Dopo la scarica, l’organismo può finalmente rilassarsi: scarica e rilassamento coincidono con il momento dell’espansione.
La tensione muscolare accumulata può essere paragonata a un’automobile che, bloccata in mezzo alla strada, impedisce il normale fluire del traffico: a poco a poco la circolazione ne risente, non solo in quella strada, ma in tutta la zona, e alla fine nell’intera città. Se si riesce a far partire l’auto, la circolazione riprende invece a fluire regolarmente.
Così dentro di noi: un blocco muscolare impedisce il normale fluire di energia, sangue e respiro, non solo nell’area interessata al blocco, ma in varia misura in tutto 1’organismo. Quando si consente alla tensione muscolare di scaricarsi, e quindi ai muscoli di rilassarsi, tutti i fluidi vitali riprendono a circolare liberamente, col risultato di rimetterci in contatto con il nostro corpo e le nostre emozioni (come abbiamo visto più sopra, infatti, dove non scorre energia noi non percepiamo il nostro corpo).
Mano a mano che in una classe di esercizi si lavora secondo questo ciclo energetico di carica, scarica e rilassamento, l’energia delle persone tende a salire: nonostante gli esercizi siano spesso faticosi, alla fine le persone si sentono meglio, perché sono ai tempo stesso più distese e più energiche: più vive.
Diventare persone con i piedi sulla terra
La posizione base dell’analisi Bioenergetica si chiama “grounding”. Avere grounding vuol dire avere i piedi sulla terra.
Il contatto con il terreno può essere sentito in modo più o meno profondo, a seconda delle persone e, nella stessa persona, da un momento all’altro della sua vita.
Ma avere grounding, in un senso più ampio, vuol dire anche essere in contatto con il proprio corpo, e con la verità della propria esistenza, anziché vivere “tra le nuvole”, soltanto nella propria testa e nei propri pensieri.
Ogni classe di esercizi prende il via da un esercizio di grounding, ma il grounding, nel suo senso più esteso, è l’obiettivo stesso della bioenergetica: un corso di esercizi potrebbe infatti essere definito come un processo di progressivo radicamento nella realtà della propria natura.
Il corpo, insomma, diventa uno strumento di consapevolezza per arrivare al centro di sé.
Negli esercizi di grounding, le persone si lasciando scendere, abbassano il proprio centro di gravità.
Nel nostro corpo, la metà inferiore è molto più simile, nelle sue funzioni, a quella di un animale (locomozione, escrezione, sessualità) che la metà superiore (pensiero, linguaggio e manipolazione dell’ambiente). Mentre quasi tutte le filosofie orientali riconoscono 1’importanza di avere il proprio centro (“hara”) nel basso ventre, gli occidentali sono di solito centrati nella parte superiore del corpo, soprattutto nella testa.
Ma la mancanza di contatto con la Madre Terra e con il ventre, che è letteralmente la sede della vita, produce insicurezza e angoscia.
Nella posizione base del grounding, le persone sono in piedi, con le gambe distanti tra loro quanto le ossa del bacino, i piedi paralleli e le ginocchia leggermente flesse.
Le ginocchia sono infatti degli ammortizzatori: se fossero rigide non lascerebbero scorrere 1′ energia e non assorbirebbero il peso del nostro corpo, che verrebbe intrappolato nel fondo schiena, con conseguenti disturbi nella zona lombosacrale.
A partire da questa posizione, si piegano e si raddrizzano leggermente le ginocchia, senza mai distenderle completamente, sintonizzando questo movimento con il respiro. Il ventre è in fuori: infatti la pancia risucchiata in dentro rende impossibile una corretta respirazione.
Non interferire con la propria respirazione
Una buona e profonda respirazione è uno degli strumenti indispensabili dell’analisi Bioenergetica: è attraverso la respirazione, infatti, che riceviamo l’ossigeno indispensabile per alimentare i nostri processi metabolici, che a loro volta ci forniscono l’energia di cui abbiamo bisogno. Non si tratta di imparare a respirare come un mantice: al contrario, si tratta di re-imparare a lasciarsi respirare naturalmente, come fanno i neonati e come da adulti non sappiamo più fare.
Una respirazione sana è un’azione di tutto il corpo. L’inspirazione è come un’onda che ha inizio nella parte profonda del bacino e scorre verso l’alto fino alla bocca, mentre le grandi cavità si espandono per lasciar entrare l’aria.
Spesso però, poiché abbiamo la pancia, il torace o la gola contratti, non possiamo respirare bene.
Nel corso delle classi di esercizi, accade di frequente che queste tensioni, acuite dall’aumento dell’energia in circolazione nel corpo, si liberino attraverso il pianto: come ci insegnano i neonati, infatti, il pianto e i singhiozzi sono sistemi molto efficaci per sciogliere la gola e il bacino quando la tensione diventa insopportabile.
Riappropriarsi dei propri suoni
Molti di noi, da bambini, sono stati inibiti nell’uso della propria voce.
“Non piangere! Non urlare! Parla piano! Non ridere. sono frasi che tutti ci siamo sentiti ripetere più volte. Alla fine quest’inibizione è diventata cronica, e noi non siamo più capaci di lasciar uscire i nostri suoni perché, per reprimerli, e ubbidire così ai messaggi culturali ricevuti, abbiamo creato una serie di tensioni nella zona della gola, del collo e della mascella. Anche questo è stress.
Ecco perché durante le classi di esercizi bioenergetica le persone sono invitate a lasciar uscire i loro suoni: che siano sospiri, gemiti, pianti o risate, se lasciati fluire liberamente, attraversano il corpo come una corrente vibratoria che ne allenta le tensioni, rendendolo più vivo.
Fare per sentire
Non c’è classe che non comprenda esercizi di grounding, e in cui i partecipanti non siano invitati a lasciarsi respirare e a lasciar uscire i loro suoni.
Ma, sulla base di queste costanti, ogni classe si sviluppa in modo originale, secondo sequenze di esercizi mirate di volta in volta a sciogliere armatura e contrazioni in determinate aree del corpo.
A differenza di quanto avviene nella ginnastica, però, il fine non è mai quello di eseguire “bene” l’esercizio, cioè di dare una perfetta prestazione. Bensì quello di sentire le sensazioni e le emozioni che via via si sviluppano nel nostro corpo, e di imparare a convivere con esse: con la gioia e con 1’amore come con la rabbia e il dolore, quando è necessario.